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Autore: Cydonian Kid    24/01/2010    4 recensioni
tratto atrocemente da Romeo e Giulietta del sublime Messer Scuotilancia, ma senza troppi riferimenti alla storia originale...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfic è stata lievemente ispirata da Romeo e Giulietta, di Shakespeare; non ha la pretesa di eguagliarla, ne di imitarla. Ne è solo un prodotto malsano della mia mente.

 

 

 //Juliet 

C’è un locale, lungo la via che porta ai Mulini.

È in aperta campagna e solo in pochi ne conoscono l’esistenza. Un giorno ho sentito una strana storia, riguardante quel posto; dicevano che nella Lista, tra gli alcolici e gli stuzzichini, vi erano infilati cocktail mortali e chiunque poteva ordinarli tranquillamente, come se niente fosse.

Una notte, al bancone si presentò una ragazza.

Aveva lo sguardo più languido e macilento che si fosse mai visto, carico di odio, amore e disperazione. Quando il barista le chiese cosa volesse, ella rispose con tono enigmatico e confuso, ma allo stesso tempo superiore e consapevole: “Voglio la fine. Non desidero la decadenza del mio battito o del mio respiro, ma farò in modo che le mie membra smettano di vivere, se ciò porrà fine alla sofferenza che mi grava in cuore..”.

Il barista la fissò con un’aria assorta, cercando di capire se quella ragazza fosse per caso già ubriaca o fatta.

“Cosa devo portarti?” chiese, in cerca di una risposta meno incomprensibile.

“Un Bacio della Morte andrà più che bene..” sospirò la giovane.

Nel frattempo, nella parte opposta del locale, un ragazzo stava giocando una partita al biliardo, quando si accorse della luce emanata dalla giovane donna seduta al bancone. A passo sicuro si incamminò verso di lei e le sedette accanto.

“Posso offrirti qualcosa?” le domandò gentilmente. Lei lo fissò con occhi sgranati, come se non l’avesse neanche sentito arrivare. “Ho patito già abbastanza in questa vita, per poter desiderare altro..” aveva la voce tremante e il tono sicuro di chi sa cosa sta dicendo. Eppure gli occhi erano offuscati da un’ombra ignota alle conoscenze del ragazzo, un’emozione segreta che solo la ragazza sembrava poter provare. “Ehm.. due Limoncelli, per favore..” ordinò confuso il ragazzo.

La ragazza sprofondò sul bancone, le braccia tremanti e le lacrime traboccanti dallo sguardo.. perso? No, non lo si poteva certo definire così. Più che altro, era uno sguardo che aveva perso qualcosa, un concetto così importante da rendere quei due occhioni cerulei vuoti, nonostante il guazzabuglio di colori che li abitava: la ragazza aveva smarrito la speranza.

I liquori arrivarono molto prima che il Bacio della Morte; il Destino aveva regalato alla giovane qualche minuto in più, forse nella vana speranza che si rendesse conto di ciò che stava per fare e di ciò che aveva fatto. “Avanti, bevi almeno un sorso.. ti tirerà su..” l’incitò il ragazzo, sempre più sconcertato dalla depressione che avvolgeva la ragazza come un pesante velo di velluto.

“No..” protestò lei, manifestando per la priva volta in quella sera un certo interesse per il mondo al di fuori di lei.

Sbuffò. Sbatté più volte le palpebre. Ma alla fine cedette e lasciò che il sapore di limone le bruciasse la gola; tossicchiò, perché bere non era certo sua abitudine.

“Ecco, visto? Non era così orribile come sembrava..” rise genuinamente il ragazzo. Non fece altro che ridere e per pochi istanti li occhi della giovane scintillarono, resi nuovamente sereni da quella risata dolce. Quella mezzaluna sottile lasciò che la sorpresa riempisse il desolato volto della ragazza, risollevandola dalle sue pene.

Ma durò solo un istante, neanche il tempo di far scattare la complicata, quanto istantanea, chimica dell’amore. Il barista richiamò la sua attenzione: era arrivato il Bacio.

La ragazza sospirò, prese il calice cesellato di preziosi e ne sorseggiò rapida il contenuto.

Il Bacio le scivolò in gola dapprima caldo e bruciante, poi mieloso e denso. Sentì il dolciastro correrle lungo le vene, sentì la testa divenire leggera e deliziosamente vuota, sentì.. il freddo pavimento del locale. Sbatté la testa. L’ultima cosa che vide fu lo sguardo incredulo e sconcertato del ragazzo; non si era resa conto di quanto fossero belli quegli occhi..

  

Le pulsava la testa.

Perché riusciva ancora a pensare? Perché respirava’ Perché non era morta??

Mentre prendeva coscienza di sé, la ragazza sentì che qualcosa le stringeva forte la mano. Aprì gli occhi ed il suo sguardo collisionò con quello del ragazzo. “Avanti, apri gli occhi..” le sussurrò con la voce carica di tensione. Cercò di capire dove fossero; forse in un’ambulanza?

“Uhm.. io.. morta..” sospirò lei, rendendosi conto di quanto le risultasse difficile parlare “No, non sei morta! E non morirai, te lo giuro! Non permetterò a niente e a nessuno di farti del male..” la rassicurò il giovane. “M..ma io DEVO  morire..” il tono pacato e autoritario con cui la ragazza pronunciò quelle parole gelò i sangue al giovane.

“Nessuno merita di morire.. tantomeno un angelo come te..”

“No, tu sei solo stolto e hai la vista annebbiata dai sentimenti.. io voglio andarmene di qui, ora che il mio cuore non ha più di che bearsi, devo andarmene, per far spazio a nuove anime..” chiarì la ragazza.

Vi furono attimi di lungo silenzio.

Il battito cardiaco della giovane si stava affievolendo e mancava ancora molta strada prima dell’ospedale. Avrebbe vinto il Bacio della Morte.

“Come ti chiami?”

“Se la rosa avesse un altro nome perderebbe forse il suo profumo o la sua bellezza?”

“Stai per morire e citi Shakespeare.. sei un tipino davvero strano, tu..” ridacchiò lui, cercando di tenerla sveglia il più possibile.

“..già..” concordò lei “Juliet..”

“Come?”

“Mi chiamo Juliet. È il mio nome..”

“E dov’è il tuo Romeo?”

“Sepolto sotto un salice a Roses Hill” rispose lei pacata, ma con un leggero magone.

“Oh” fece lui, rimasto basito e senza parole “Non volevo.. insomma.. stavo solo facendo dell’ironia e invece.. mi dispiace..”

“Non avertene a male. E poi non si chiamava Romeo.”

“Ah, no? E come, allora?”

“Jack..” bisbigliò Juliet, beandosi nell’udire il suono di quel nome e dei ricordi da esso provocati “Jacob Ron Montages.. francese..”.

“Sai, è curioso, perché io mi chiamo..”

“No! Non rivelarti, te ne prego!” lo bloccò lei.

“Perché?”

“Perché se ora sapessi qual è il tuo nome, passerei l’eternità a struggermi nel pentimento di non averti conosciuto abbastanza e di essermi persa ciò che sarebbe potuto essere.. ma senza un nome a cui aggrapparmi, rimarrebbe solo il ricordo del tuo bel viso..”.

“Maledizione! Levatevi di mezzo!” strillò isterico il conducente ad un ingorgo di macchine.

“No, no, no!”

“Calmati.. come vedi, sono destinata alla morte..”

“Smettila di dire fesserie, tu virai!”

“Solo se ne avrò il desiderio. E ora, caro amico, voglio solo riunirmi al mio Jack.. addio, ragazzo ignoto..” disse Juliet, poco prima di spirare.

Un elettrocardiogramma piatto.

Un elettroshock.

Un’anima che abbandona il corpo per andare in un posto più consono a lei.

Una lacrima sul volto del ragazzo, il cui nome, tristemente, era quello di Romeo.

  
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