One shot ispirata a Whatsername, canzone n° 13 di American Idiot, Green Day.
Erano solo le cinque quando JOS l’incontrò davanti al Seven Eleven. L’alba rendeva ogni cosa illuminata ma mal definita: la luce era poca e al ragazzo sembrava quasi di trovarsi in un sogno; solamente anni dopo capì quanto desiderasse che tutto ciò che accadde dopo il loro gioco di sguardi si fosse rivelato un sogno, un prodotto del suo subconscio più maligno e perfido.
“hey..” Salutò lei.
“hey..”
“.. Uhm.. Ti starai domandando perché ti ho chiesto di venire qui a quest’ora..” Tartaglio la ragazza, visibilmente imbarazzata. Lui si limitò ad annuire, silente.
“bè, ecco.. Vedi, ero ad una festa con.. Ah, non ha importanza con chi fossi..” Inizio a spiegare “.. Ero lì in mezzo alla festa e Steve ci ha provato.. Spudoratamente.. Mi ha portata di peso in uno sgabuzzino ed ha iniziato a pretendere che mi lasciassi toccare.. Voleva andare avanti..” Fece una pausa, al fine di poter calibrare le emozioni che si rincorrevano in quel momento sul volto del ragazzo: stupore, gelosia, rabbia.
“ma io sono riuscita a respingerlo.. Era ubriaco, ma nonostante lui mi desideri anche da sobrio, non mi sentivo affatto felice o lusingata.. Ero come vuota dentro, come se mi mancasse qualcosa.. E poi l’ho capito..non era lui che volevo, e non lo voglio neppure ora.. Io non vorrò mai nessun’altro uomo che non sia tu perché..” La frase le si spense in gola. I suoi occhi azzurri, che per attimi eterni li avevano fissati a lungo e da lontano, ora non volevano incontrare quelli di JOS; erano intimiditi e imbarazzati da ciò che avrebbero potuto dirgli, da ciò che il ragazzo poteva intuire.
Prima di incrociare quello sguardo maschile così prepotente, i suoi occhi vagarono ovunque: il desolato panorama che si stagliava oltre la strada, i cespugli secchi, i propri anfibi.
Poi, quando meno JOS se l’aspettava, lei l’inchiodò al muro dell’edificio con il solo sguardo.
“è che io ti amo.. E non so cosa diavolo fare..”
“direi che, per ora, la cosa più fottutamente sensata che potresti fare sarebbe.. Baciarmi..” Sospirò JOS, e in pochi attimi le mani della ragazza gli incorniciarono il viso e le loro fronti strusciarono.
“uhm.. Tu dici?”
“già.. Io dico..”.
Fu il bacio più bello che si fossero mai scambiati.
Desiderio e passione, dolcezza e rabbia, concretezza e consapevolezza, dolore e gioia, il tutto suggellato da un piacevole senso di vertigine. Lei accarezzava con trasporto il volto di quel ragazzo, mentre lui la stringeva a sé, definendone con le mani le copiose forme, nascoste sotto il vestito leggiadro.
Restarono così per ore, sino a che un raggio di sole si impose al mondo, donando al cielo un colorito roseo e saturando l’aria di freschezza. La luce rendeva ora quella collisione di due corpi più reale, benché inadatta a quel luogo.
“devo partire.. Io.. Devo..” Iniziò lei, con le lacrime agli occhi. Da lui venne solo un profondo silenzio pieno d’incertezze.
“.. Devo trasferirmi.. Studierò a Berkeley.. È, io.. Potrei non venire più qui, devo impegnarmi perché mio padre ha fatto molti sacrifici e..” Le parole le morirono sulle labbra, labbra rosse e preziose.
JOS la strinse ancora di più a sé, sprofondando il viso nei suoi lunghi capelli e annusandone il delicato profumo.
Era così dolce, così indifesa, così bella..
Non sprecarono più le parole.
Rimasero abbracciati per un periodo di tempo che parve loro infinito; eppure, quando lei prese ad allontanarsi, sembrava fosse trascorso solo un attimo. Un attimo doloroso e malinconico.
Lei mosse qualche passo, ma la mano di JOS l a trattenne “aspetta.. Fa freddo.. Prendi..” Disse e le porse il suo giubbotto di pelle.
Lei l’indossò e sorrise, pur con le lacrime agli occhi.
Non ti dimenticherò mai, piccola.. Magari il tuo nome si perderà nel vento, scorrendo via con i secondi.. Ma il tuo viso, quello rimarrà per sempre impresso nella mia mente.. E nel mio cuore.