Joe e Nick non mi appartengono (peccato) e questa storia non è a scopo di lucro.
I commenti sono graditi! =DDDDD
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LEARNING
TO BREATHE
Il rumore delle gomme sulla
strada sterrata rimbombò nel silenzio di quella notte. Una
leggera nuvola di
polvere si alzò dal terreno, andandosi a posare sulla
carrozzeria nera di
quella Range Rover, che aveva appena accostato lungo il ciglio della
strada,
opacizzando la sua lucentezza. Il ragazzo chiuse con forza la portiera,
facendo
alzare in volo alcuni uccelli che si erano accovacciati su un raro
albero nelle
vicinanze. Si fissò attorno per un attimo, alla ricerca di
qualcosa, alla
ricerca di lei. Sapeva che doveva
essere da quelle parti, sapeva che l’avrebbe trovata
lì: era il suo posto
fuori dal mondo.
Si incamminò lungo il
sentiero
che portava verso la cima di quella collina; fece attenzione a limitare
i
rumori mentre saliva, ma sapeva che, se lei era lì, lo aveva
già sentito
arrivare.
Un ultimo passo e un’infinita
distesa di luci si presentò davanti a lui: Los Angeles era viva. Si immaginò le strade
gremite e i locali aperti: suoni,
colori, profumi della città in cui era cresciuto. Chiuse gli
occhi per un
attimo, ma quando li riaprì la sua concentrazione fu
completamente attratta da
lei. Era lì in piedi chissà da quanto tempo, che
scrutava la distesa di case e
palazzi che andava sfumando man mano che si avvicinava
all’orizzonte.
Era voltata di spalle e il
ragazzo notò in quel momento quanto potesse sembrare piccola
e indifesa in quel
suo corpo minuto davanti a tanta grandezza. I capelli castani erano
racchiusi
in una coda arruffata e venivano mossi dalla leggera brezza estiva che,
di
tanto in tanto, soffiava sul suo corpo.
Si avvicinò alla ragazza,
finché
non fu a pochi centimetri da lei e poté sentire
distintamente il suo respiro
regolare.
Alzò una mano e senza esitare
la
poggiò sulla sua spalla scoperta.
{Brivido.}
La ragazza non si mosse: sapeva
di chi era quella mano ruvida e sicura, ma nella sua mente continuava
ad
esserci lui in tutte le sfumature,
in
tutte le sue espressioni, in tutti i suoi pregi, in tutti i suoi
difetti.
«Nick?»
sussurrò debole e senza
un filo di sicurezza. La sua voce cristallina si perse
nell’eco di quella
notte.
Il ragazzo non rispose.
Avvicinò
il viso al suo collo e con un rapido gesto appoggiò le sue
labbra calde nel suo
punto più sensibile. La ragazza incurvò
imprudentemente la schiena, non sapendo
quanta soddisfazione procurava al ragazzo quel suo piccolo gesto.
La sua mano dalla spalla scese
lungo il braccio, percorrendo una linea invisibile con le dita, fino a
catturare la sua, piccola e delicata, in una scottante stretta.
«Lo sai meglio di me che Nick
non
tornerà.» soffiò il ragazzo, quasi con
un tono di disgusto. «Ti ha ferito. Non
ha pensato a te, ma solo a lei.
È
scappato.» fece una pausa, probabilmente d’effetto.
«Aveva paura. Paura
dell’amore. Del tuo
amore.»
La ragazza trattenne il respiro.
Quelle parole sussurrate che non aveva voluto pronunciare a voce alta
bruciavano nella sua mente. Continuavano a ripetersi, come se qualcuno
continuasse a premere i pulsanti rewind
e play. Ma era la
verità, quella che
ferisce e non consola e che lascia irrimediabilmente un solco nel tuo
cuore.
Sospirò profondamente. «Non.. non è
vero. Lui mi amava. Me lo ripeteva sempre.»
«Dire è diverso da
pensare.
Questo lo sai bene. Vero, piccola Liz?» sussurrò
vicino al suo orecchio.
«Io ci credevo.»
biascicò. «E ci
credo ancora.»
«Non mentire a te
stessa.» esordì
il ragazzo con voce ferma, facendola girare.
Liz si ritrovò la faccia di
Joe a
pochi centimetri dalla sua; i suoi occhi la scrutavano indagatori,
scorrendo
sul suo viso per assorbirne ogni dettaglio: gli occhi color cielo
grandi e
senza un filo di trucco, arrossati per colpa delle lacrime che da ore
solcavano
il suo volto; il naso alla francese, che lei tanto odiava; quella
bocca, quelle
labbra così invitanti.. Joe riportò lo
sguardo sui suoi occhi, prima
che la rimanente parte del suo autocontrollo andasse completamente
distrutta.
«Joe, tu non puoi capire come
mi
sento.» sbottò la ragazza, cercando di
divincolarsi dalla sua presa, sempre più
ferrea.
«Io capisco molto
più di quello
che pensi.» mormorò Joe in un sospiro, poggiando
due dita sotto il mento di Liz
e facendole alzare il viso, cosicché i loro sguardi si
incrociassero.
Si fissarono per secondi che
parve ore; nessuno dei due osava rompere quel silenzio che si era
venuto a
creare.
Joe si mosse di qualche
centimetro, azzerando la distanza fra i due corpi e avvolgendola in un
abbraccio. Liz si appoggiò al suo petto e ascoltò
i battiti regolari del
ragazzo.
Quasi come Nick.
Fu questione di un attimo e quel
pensiero
che era comparso nella sua mente se ne andò, così
come era apparso. La ragazza
scosse la testa, facendo ondeggiare la sua chioma spettinata. Joe
abbassò il
viso e appoggiò le sue labbra fra i suoi capelli, inspirando
a fondo il suo
profumo.
«Io ci credevo.»
ripeté in un
sussurro contro il petto di Joe, quasi per convincere se stessa. Il
ragazzo
rafforzò la presa, non sapendo cosa dire in quel momento.
Liz stringeva
quel giornale spasmodicamente; era questione di secondi e
quella pagina si sarebbe strappata.
Seduta su quel
letto fissava le immagini che si ripetevano, mostrando
ogni particolare di quella coppia di giovani, seduti su una panchina di
un
parco.
Scaraventò
il giornale a terra e fissò il muro davanti a sé.
«Stronzo.»
Sibilò.
E fu
l’unica cosa che le venne da dire.
Non una
chiamata, non un messaggio: a più di un mese dalla sua
partenza, non si era ancora fatto sentire.
E per
completare l’intero, non rispondeva neppure ai suoi tentativi
di
contattarlo, cosicché aveva smesso di provarci, aspettando
che fosse lui a
smuovere la situazione.
Si
raggomitolò sul letto e chiuse gli occhi. Magari era solo un
fraintendimento, magari quello stupido giornale da ragazzine aveva
ingigantito
la storia, magari quelle nuove canzoni erano ancora sue.
Ma forse poteva
avere anche ragione lei.
La porta
cigolò e Liz si girò a vedere chi fosse. Fermo
sulla soglia,
Joe osservava la ragazza, ma appena si accorse del giornale a terra,
cambiò espressione.
«L’hai..
L’hai già visto?» biascicò.
La ragazza fece
finta di non aver sentito. «Come sei entrato in
casa?»
Joe
alzò le spalle e si mise le mani nelle tasche della felpa
grigia
che indossava, dirigendosi verso di lei. «Nascondi sempre la
chiave nel vaso di
fianco alla porta: me lo avevi detto tu. Così, in caso di
emergenza, posso
entrare senza problemi. E visto che avevo bussato e non rispondevi,
sono
entrato.» Si sedette sul bordo del letto e lanciò
uno sguardo eloquente alla
ragazza. «A me puoi dirlo, hai visto le foto?»
Liz
sospirò e annuì con la testa; si mise seduta e
portò le ginocchia
al petto. «Tu lo sapevi?» chiese, guardandolo fisso
negli occhi.
Joe
abbassò lo sguardo, incapace di mentirle. «Gli ho
telefonato
stamattina, dopo aver visto il servizio. Mi ha detto di non dirti nulla
e che
ti avrebbe telefonato.»
«Aspettare
una sua chiamata è tempo perso. Non ha il coraggio di
dirmelo.» Era calma, dopottutto. “Troppo
calma” pensò Joe. Non era da Liz
comportarsi in quel modo, solitamente lei esplodeva subito.
«Forse mi
richiamerà per dirmi che non è come sembra,
no?» continuò, con un sorriso
sarcastico.
Joe non sapeva
come comportarsi, c’era qualcosa che non andava nel suo
comportamento.
«Lui
tornerà da me.» concluse. «Mi ama.
L’ha sempre detto.» Il tremolio
della sua voce fece sfumare le ultime parole. Gli occhi erano lucidi,
ma le lacrime non
erano pronte a scendere.
Si
alzò dal letto con uno scatto e uscì fuori dalla
camera.
Joe rimase
fermo nella stessa posizione e aspettò che tornasse. Credeva
fosse andata in bagno, per non piangere di fronte a lui.
Ma non
tornò.
E Joe era
così concentrato a rimettere al proprio posto i vari
tasselli
del puzzle, che non si accorse della porta che sbatteva.
***
Liz sbatté le palpebre,
mentre,
ancora intontita dal sonno, cercava di mettere a fuoco il luogo dove si
trovava. Percepiva distintamente il rumore della pioggia che si
abbatteva sulla
macchina. Pioveva raramente a Los Angeles e, naturalmente, questa era
una delle
rare volte. La ragazza riorganizzò i pensieri e
aprì di colpo gli occhi quando
si rese conto di trovarsi su una macchina, senza sapere come ci era
finita.
I ricordi della notte precedente
erano opachi e senza un minimo di senso: forse il cervello aveva deciso
di
cancellarli, forse si era ubriacata, forse aveva solo sognato.
Eppure quel braccio caldo dietro
la sua schiena non era una sua impressione; si girò
lentamente su un fianco e
osservò il profilo della persona accanto a lei: non era
stato un sogno, purtroppo. Lui era
lì che respirava regolarmente,
sembrando quasi un bambino. Lui era lì con gli occhi che
accennavano dei minimi
movimenti: chissà cosa stava
sognando.
Lui era lì le mascelle un poco contratte e il braccio che di
tanto e in tanto
la stringeva, come se volesse sapere se lei fosse ancora lì.
Allungò la mano per
spostargli un
ciuffo nero che era caduto sulla sua fronte e accidentalmente, il plaid
che
stava comprendo entrambi cadde con un fruscio e Liz si trovò
ad osservare le
sue gambe nude intrecciate con i jeans del ragazzo, addormentato
accanto a lei.
Lasciò correre lo sguardo lungo tutto il suo corpo,
finché non si rese conto
che lui non indossava nessuna maglia, ma era lei che indossava la felpa
grigia
che era appartenuta al proprietario di quegli addominali scolpiti.
«Buongiorno..»
disse la voce calda del
ragazzo, impastata dal sonno.
Liz si girò a guardarlo,
mentre
attimi della notte precedente le tornavano velocemente in mente.
«Joe?»
Non sapevano in
che modo si erano ritrovati a terra, ma Joe teneva
ancora saldamente Liz fra le sue braccia e le accarezzava i lunghi
capelli,
quando lei alzò il viso e appoggiò la fronte a
quella del ragazzo.
«C..
cosa stai facendo?» chiese Joe, colto alla sprovvista, ma pur
sempre febbricitante al solo pensiero di quel contatto.
Liz
sospirò e lo guardo fissò negli occhi: vedeva la
stessa scintilla
che aveva sempre visto in quegli di Nick quando la fissavano; quella
scintilla
che voleva dire di tutto, tranne che amicizia.
«Tu
mi vuoi?» chiese decisa la ragazza.
«Liz,
non sai quello che dici.» La allontanò un poco e
passò una mano
sulle sue gote arrossate. «Hai bevuto?»
La ragazza
alzò le spalle e si sdraiò di fianco a Joe.
«Allora?»
L’erba
secca le pizzicava le spalle e sembrava che quei piccoli aghi si
fossero insinuati anche nella sua gola, ma era soltanto il residuo
dell’alcool
che aveva in corpo da quel pomeriggio.
«Allora
cosa?» domandò vago Joe.
«Mi
vuoi?» ripeté determinata lei, girandosi su un
fianco e facendo
leva sul suo gomito appoggiato a terra.
Il ragazzo
esitò. «Con ogni cellula del mio corpo.»
ammise.
Il ragazzo si alzò da quella
posizione e si passò una mano tra i capelli scompigliati.
Quel sedile posteriore era piccolo,
decisamente troppo piccolo, per loro due. I loro corpi era
così vicini da
sentire il calore emanato l’uno dell’altro.
Liz si morse il labbro inferiore
in prende alla disperazione.
«Joe?
Cos’è successo ieri notte?»
chiese tremante.
Il ragazzo abbassò la testa e
non
rispose.
Liz non ci
pensò due volte e le sue labbra si scontrarono con quelle
carnose di lui.
Forse era
masochista, forse era solo desiderosa di sentire il sapore
del fratello del suo ormai ex ragazzo, perché, per
chissà quale assurdo motivo,
le avrebbe potuto ricordare Nick. Ma in quel momento non
badò a troppo alla sua
parte razionale e si lasciò completamente andare tra le mani
di Joe.
Pian piano i
vestiti vennero lanciati lontano e i loro corpi bruciavano
al solo contatto dell’uno sull’altro.
«Dimmi che non è
come credo»
continuò la ragazza, afferrando la mano di Joe.
«Per favore.»
Lui alzò la testa e la
fissò a
lungo. «Mi dispiace.» Fu tutto ciò che
riuscì a dire.
Liz si abbandonò lungo il
sedile.
«Non sarà mai più lo stesso.»
«Per me, non è mai
stato lo
stesso.» dichiarò Joe; prese velocemente una
maglia, aprì la portiera e si
lanciò sotto la pioggia torrenziale.
La ragazza si rivestì in
fretta,
ma la felpa non se la tolse. Inspirò a lungo il suo profumo
e lo seguì fuori
dalla macchina. Doveva assolutamente
chiarire.
«Ti..
ti amo.» disse in un sospiro Joe, mentre era chino sopra di
lei.
La ragazza
sbarrò gli occhi, poggiò le labbra
nell’incavo del suo collo
e fece finta di non aver sentito.
«Ti
amo.» insisté lui, più sicuro.
«Joe..»
mormorò Liz, prendendogli il viso tra le mani.
«Non posso.»
Il ragazzo si
accasciò di fianco a lei, entrambi ancora accaldati e
umidi di sudore. «Non puoi cosa?» chiese lui
malinconico, intuendo la risposta.
«Non
posso.. amarti.»
Rimasero fermi
lì, in quella posizione ad osservare il cielo stellato
di quella notte californiana, mentre il mondo scorreva veloce intorno a
loro.
Joe era seduto sotto
quell’albero
centenario che, dimenticato, si trovava sulla cima della collina che
dava su
Los Angeles. Uno spesso strato di umidità si alzava dal
terreno e sembrava che
tutto fosse diventato astratto.
Liz si sedette di fianco a lui,
incrociò le gambe e appoggiò la schiena al tronco.
«Io non volevo
farlo.» incominciò
la ragazza. «La verità è che ho
desiderato per un momento che tu fossi Nick. Ma
non lo sei,» gli strinse la mano, appoggiata a terra, senza
essere ricambiata.
«sei sempre stato il mio amico, il mio confidente, la mia
spalla ed ora.. ho
rovinato tutto.» Sbatté le palpebre, lasciando
cadere quella lacrima solitaria.
Il ragazzo rimase impassibile. Lo
sguardo fisso sull’orizzonte, sfumato dal vapore.
«Avrei dovuto dirtelo tempo
fa.»
disse tutto ad un tratto. «Non sei mai stata solo
un’amica per me. Non puoi immaginare quanto abbia
invidiato
Nick per tutto il tempo in cui siete stati insieme e quanto lo abbia
odiato
quando ti ha lasciato. Odio vederti soffrire. È stato
più forte di me: mi sono
innamorato di te e non posso farci nulla.»
Liz ritirò la mano, ferita da
quelle parole così profonde. Mai aveva sentito Joe parlare
in quel modo ed era
anche colpa sua. «Cosa facciamo?»
sussurrò.
Il ragazzo rimase in silenzio,
come se stesse rielaborando i pensieri. «Io non voglio
allontanarmi da te.» Si
girò e la fissò per la prima volta negli occhi.
«Quando sono vicino a te è come
se riprendessi a vivere. Tu mi hai insegnato a respirare. Non posso
dimenticarti.»
«Devi.»
disse determinata Liz, rimpiangendo subito quella parola.
Joe abbassò le spalle.
«Allora,
quando scenderemo da questa collina..»
«..Ognuno prenderà
la sua strada.»
concluse la ragazza, veloce. Prima lo diceva, meno era il dolore che le
procurava.
Lo scroscio della pioggia
continuava imperterrito.
I due ragazzi silenziosi si
guardarono per un istante: la realtà è che non
volevano scendere dalla collina.
Loro si erano sempre appartenuti, anche se con sentimenti diversi.
[5 anni dopo]
Liz sorrideva. Un sorriso
sincero. Guardava negli occhi il suo futuro marito, che davanti
all’altare
tremava di emozione, quasi quanto lei.
Avanzava lungo la navata, nel suo
vestito bianco con un lungo strascico. Avanzava lentamente, gustandosi
attimo
per attimo.
Quando mancarono pochi metri,
voltò lo sguardo verso i testimoni: Joe annuì con
un sorriso, facendole
l’occhiolino. Era quello giusto.
Il tempo sembrò prendere
velocità. Il momento fatidico era arrivato.
«Vuoi tu, Elizabeth Hood,
prendere Nicholas Jonas come tuo legittimo sposo?»
esordì il pastore.
«Lo voglio.» disse
sicura.
«E vuoi tu, Nicholas Jonas,
prendere Elizabeth Hood come tua legittima sposa?»
«Lo voglio.»
I'm learning
to breathe.
I'm learning to crawl.
I'm finding that You and You alone can break my fall.
I'm living again, awake and alive.
I'm dying to breathe in these abundant skies.
I'm learning to crawl.
I'm finding that You and You alone can break my fall.
I'm living again, awake and alive.
I'm dying to breathe in these abundant skies.