Oggi nevica.
I fiocchi di neve cadono sul
terreno e formano un manto bianco.
Il colore dei miei capelli.
I fiocchi di neve cadono
deboli dal cielo.
Deboli, come sono io.
Oggi splende il sole.
L’asfalto della strada brucia sotto i
suoi raggi caldi e dorati.
Il colore dei suoi capelli.
I forti raggi del sole inondano tutto.
Forti, com’era lui.
Qui a Winchester il tempo non
è mai stato dei migliori…
Piove sempre ed oggi… oggi
nevica.
Mi ritrovo davanti alla Wammy’s House.
Il posto in cui siamo cresciuti.
Qui a Los Angeles il tempo è sempre
magnifico.
Le giornate si illuminano
di un sole brillante come oggi, quasi tutto l’anno.
Mi trovo davanti ad un bar.
Il posto dove ci siamo
conosciuti.
Davi tutto ciò che avevi per
superarmi.
La competizione e l’orgoglio
da difendere erano tutto per te.
Era tutto un gioco, una
sfida, per te.
E così oggi mi sento ancora più solo.
L’”eterno secondo”, ti soprannominavi.
Dietro al tuo impeto nascondevi minuziosamente
e scrupolosamente, la tua grande insicurezza.
Ma alla fine,
sei uscito vincitore.
Però oggi mi
manchi così tanto…
Non posso dimenticare che ti
devo la vita.
Senza il tuo sacrificio, io
non avrei potuto portare avanti il nome di Elle e
fargli giustizia.
Io non sono il degno
successore di Elle.
Ma noi lo siamo.
Ci hai salvati
tutti.
Con il tuo ardimentoso, ma rischioso
gesto, hai salvato l’intera umanità.
Il mondo intero ti deve la vita e la
libertà.
Forse non te ne sei mai reso conto.
Matt.
Il tuo compagno di sempre.
Fin da bambini, ti ha sempre
seguito ovunque tu andassi, qualunque cosa facessi.
Credeva nei tuoi ideali con grande fervore.
Morto in maniera indegna…
Quella zazzera rossa…
L’ho visto spesso, insieme a te.
Sacrificato per la causa in cui credeva…
Un’altra vita cancellata inutilmente.
Maniaco di videogiochi.
Tutta la vita era un gioco
per lui…
… come lo era per te.
Ma la realtà fa molto più male.
Mi hai parlato di lui, un giorno.
Il tuo
compagno d’avventure, sempre pronto a rischiare pur di provare il gusto
dell’adrenalina.
Ma rischiando
troppo, si perde tutto.
E quando si
perde ogni cosa, non si può più tornare indietro.
Chissà cosa significa,
rischiare tutto…
Non ho mai rischiato
qualcosa, nella mia piatta vita.
Come Elle, tu adoravi il rischio.
In questo, siete così simili…
Una vita piena di avventure.
Mi raccontavi che era sempre stato il
tuo sogno.
Dicevi che Elle osava spesso e
volentieri.
Ma alla fine…
lui è stato sconfitto da Kira, mentre tu hai vinto.
Sfrontato, impulsivo,
violento.
Da quando ti conosco sei
sempre stato così diverso da me.
Invidioso, competitivo,
immaturo.
Ma alla fine sei cresciuto e hai dato il meglio di te,
in questa lotta contro Kira.
Insicuro, ma testardo.
Non sarei mai riuscita a convincerti a
desistere.
Coraggioso e con un grande
senso della giustizia.
Valoroso eroe di questa tremenda
battaglia.
°°°°°
Apro l’enorme cancello grigio
ed entro, senza più indugiare.
Alla porta di legno
intarsiato, ma con evidenti segni che il tempo porta con sé, busso due volte.
Mi viene ad aprire
un’inserviente, che mi squadra dall’alto in basso, con gli occhi grigi e
spenti.
-Le serve qualcosa?- gracchia
con voce stridula.
-Vorrei incontrare il
direttore- rispondo.
L’inserviente sembra riflettere per qualche secondo, poi mi lascia
passare.
Mentre attraversiamo i corridoi scuri e vuoti, sento il suo
sguardo su di me.
Con l’indice, comincio ad
arricciarmi una ciocca di capelli, sentendo che i ricordi s’impossessano di me
come un’onda sulla battigia.
Sento quasi l’eco di alcune grida, di alcune risate e rivedo passare i nostri
compagni, correndo, per i corridoi bui.
Ma è solo la mia immaginazione.
La Wammy’s
House ora è un normale orfanotrofio di Winchester.
Senza più Roger e Watari alla direzione, è perfettamente inutile continuare a
cercare altri eredi di Elle.
Alla mia scomparsa…
Un giorno forse cercherò con
cura un degno direttore per la Wammy’s House che
creerà il mio successore.
Il ricordo di
Elle non dovrà mai svanire.
Ho ancora solo vent’anni, ma
m’impegnerò per portare avanti il suo nome…
… da solo.
Finalmente il suono dei
tacchi dell’inserviente si ferma.
In piedi, di fronte ad una
grossa porta che conosco così bene, la donna bussa e chiede permesso.
Poi entra e svanisce
nell’antro della porta.
Mentre aspetto, incomincio un altro ricciolo.
È troppo vivido il ricordo di
quando Roger mi aveva convocato per comunicarmi la
morte di Elle.
Senza aspettarmelo, un
brivido mi percorre la schiena.
Voltandomi, noto che una
finestra è semi-aperta e lascia entrare uno spiffero d’aria gelida.
Alla Wammy’s
House non c’era mai stato freddo.
Dentro si pativa sempre un
gran caldo.
Mi avvicino, così, alla
finestra e la chiudo, interrompendo il soffio del vento freddo che entrava.
Appena mi volto, trovo dietro
alla mia schiena una bambina.
Avrà avuto circa otto anni.
Con i grandi occhi castani,
mi fissa, immobile.
Anch’io rimango a guardarla, senza staccare lo sguardo.
Poi le
domando: -5 per 4?-
Lei mi fa un grande sorriso e con la voce squillante mi risponde: -20!-
Mi giro del tutto verso di
lei.
-45 per 7?-
Lei continua a sorridere.
-315-
-239 diviso
172?-
Non passa un secondo, che mi
risponde prontamente:
-1,389535-
Sorrido anch’io, sta volta.
Ma una voce ci distrae e chiama il mio nome.
Così mi separo dalla bambina
e raggiungo l’uomo davanti alla porta.
Ha baffi e capelli neri, ma
qua e là spuntano ciuffi bianchi.
-Lei è il
grande Elle, non è così?-
Ha una voce molto bassa.
Mi porge la mano, ma io non
lo imito, limitandomi ad arricciarmi la terza ciocca di capelli.
-Sì, sono io.-
-È un grande onore rivederla
qui. Ho conosciuto molto bene il suo tutore, il signor Roger e sono onorato di
dirigere questo grande orfanotrofio. In cosa posso servirla? Sono a sua
completa disposizione.-
-Niente in particolare,
signor Dulaine. Sono solamente tornato a visitare la
mia vecchia casa.-
L’uomo sospira, guardandosi
intorno.
-Scommetto che ne sentiva la
mancanza.-
-Sono sette anni che non torno
qui e in questo lasso di tempo ho vissuto la mia vita
come più desideravo. Questa casa per me è stata la mia prigione.-
Il signor Dulaine
deglutisce a vuoto.
-Però i ricordi che l’abitano
sono tanti- gli concedo, -ed è comunque stato il luogo
in cui ho vissuto la mia infanzia. Mancanza o no, mi sono sentito in dovere di
tornare qui.-
Il direttore rimane zitto,
finché il silenzio non viene rotto da un rumore a me
così familiare.
Questa volta non è la mia
immaginazione, ci sono veramente due bambini che corrono verso di noi.
Ci raggiungono
in fretta e senza fare caso a me, si rivolgono al direttore.
-Signor Dulaine,
Larry mi ha preso l’aeroplanino
telecomandato e non vuole restituirmelo!-
Il bimbo di nome Larry, al suo fianco, da uno spintone al bambino che aveva
parlato e s’intromette, esclamando: -L’ho visto prima
io! Quindi ora è mio!-
L’uomo separa i due, sgridando
Larry e restituendo il giocattolo al primo bambino.
Come una lama che squarcia la
carne, provo una fitta lancinante al fianco destro.
Non credevo che i ricordi
facessero così male.
-Ora, bambini
tornate in sala, devo discutere di questioni importanti con questa
persona.-
I due ragazzini mi rivolgono
un’occhiata curiosa e Larry chiede al signor Dulaine: -Chi è questo bambino? Non ha l’aria molto
sveglia! E poi perché è ancora in pigiama?- ridacchia.
Il direttore diventa rosso di
collera e grida: -Portagli rispetto, stupido screanzato! Non sai con chi stai parlando!-
-Non importa, signor Dulaine. Sono abituato ad essere insultato e preso in giro,
soprattutto in questo luogo…-
Intanto, la fitta si fa
sempre più dolorosa.
Sento che è ora di lasciare
quella casa.
-Direttore, grazie per
l’ospitalità. Ora devo lasciarla e ritornare velocemente al mio quartier
generale. Ho molto lavoro da sbrigare.-
L’uomo si drizza di scatto,
come sull’attenti.
-Oh, certo, comprendo
perfettamente. Ma… posso dirle solamente un’ultima cosa?-
Mi fermo, ma rimango voltato
di spalle.
-Prego, mi dica.-
L’uomo assume un’aria
solenne.
-Mi hanno comunicato che ha
risolto un caso importantissimo, l’anno scorso, in Giappone. Volevo
congratularmi con lei per il lavoro svolto superbamente. Lei è il degno
successore di Elle.-
Stringendo un pugno, ribatto:
-La ringrazio davvero per le
lodi, ma non è stato solamente merito mio ed, inoltre, io non sono il degno
successore di Elle. Lo pensavo… ma mi sbagliavo.-
Il direttore parve molto
stupito.
-E chi meriterebbe, se non
lei, le mie lodi?-
Io abbasso lo sguardo sulle
mattonelle scure.
-I degni successori di Elle erano due. Purtroppo io sono l’unico ad essere
rimasto in vita.-
Improvvisamente, il signore
parve ricordarsi.
-Già, Roger me ne aveva parlato! In realtà, i successori di
Elle erano due, ma uno ha perso la vita durante il caso… Se posso saperlo,
quando è morto il secondo successore?-
Ricominciando a camminare,
rispondo: -Un anno fa.-
Rincorrendomi, l’uomo mi
accompagna alla porta.
-Esattamente un anno fa?-
-Sì.-
-Allora sarete sicuramente
già andato a fargli visita, non è così?-
Mi fermo improvvisamente,
sulla soglia.
No… Non l’ho fatto.
Sono davvero un ingrato.
A esser sinceri, ci avevo pensato, ma avevo rinunciato.
-Scusi direttore, sa dirmi
che ore sono?-
-Salve, bella signorina, dove vai tutta
sola?-
Mi volto lentamente verso colui che ha parlato e gli rivolgo un’occhiata raggelante.
-Non è giornata, amico.-
Lui scoppia a ridere scompostamente e mi
appoggia una mano sulla spalla.
-Mi piacciono le donne con un bel
caratterino. Entra, ti offro da bere!-
Un brivido mi scuote tutto il corpo e le
mie gambe s’immobilizzano, a quella proposta.
-No… no, non voglio entrare. Non mi
piace quel posto.-
Il ragazzo mi guarda, un po’ sorpreso
per la mia reazione.
-Sei sicura? Come mai ti fa schifo,
questo pub?-
Non mi fa schifo…
Mi piace.
Anzi, mi piace tantissimo.
Fino a due anni prima ci andavo tutti i
giorni.
Ma…
-Su, non farti pregare! Il sole è
cocente, andiamo a rinfrescarci con un bel bicchierino.-
Quasi quasi…
Alzo gli occhi verso il cielo blu, senza
una nuvola e penso:
“Guardami bene! Questa è la mia
vendetta!”
Con decisione, prendo sottobraccio il
ragazzo che, sempre più confuso, mi segue all’interno del locale.
Appena varco la soglia del bar, sento la
nausea salirmi su per la bocca dello stomaco, ma faccio finta di nulla e vado
avanti.
Il nodo che mi stringe la gola è così
doloroso che respiro affannosamente.
Dopo qualche istante, che mi è parso un’eternità, raggiungiamo il bancone.
Il ragazzo si siede su una sedia e
m’invita a seguire il suo esempio.
Ma ormai i miei
occhi non riescono a guardare nient’altro che quella sedia…
Ormai il ragazzo sta perdendo la
pazienza.
-Hai finito di contemplare quello sgabello?
Ti puoi sedere ora?-
-Sì… scusami.-
Come per scherzo, l’unica sedia rimasta vuota… è proprio quella.
Tremando come una foglia, mi siedo.
Il ragazzo mi guarda ancora di sbieco.
Ma dopo un po’
si riprende e mi chiede:
-Beh, posso sapere il tuo nome?-
Come una molla appena caricata,
scatto e rispondo freddamente:
-Non ti riguarda!-
Ma poi mi
pento…
-Scusa… ma io odio veramente tanto
questo bar- mento.
Il cuore mi batte ancora così forte.
È da un anno che non entro in questo
posto.
Da quel giorno non mi sono nemmeno più
avvicinata a questo quartiere.
Ho cercato di stargli
alla larga.
…per non risvegliare in me troppi
dolorosi ricordi.
Eppure oggi… oggi ho sentito in me il
forte bisogno di tornare qua.
Ma appena ho
rivisto l’insegna al luminol e, attraverso le grandi
finestre, i tavoli e la gente al bancone, il gelo del panico si è impossessato
del mio corpo e della mia mente.
Poi ho incontrato questo tipo…
Quel giorno, di tre anni fa, io ero
seduta sulla sedia sopra cui ora sta il ragazzo.
Ero triste,
ero tremendamente depressa dopo esser stata licenziata dal
dipartimento di polizia di Los Angeles.
Quindi stavo
annegando il mio dispiacere nel gin.
Ma
improvvisamente è entrato lui.
Quel giovane ragazzo dai capelli biondi,
così particolare.
Diventammo subito amici.
Il ragazzo di fronte a me mi riporta sulla Terra.
-Se vuoi che ce ne andiamo,
non c’è problema…-
-No. Ora che sono
riuscita ad entrare, voglio restare!-
Il barista, impaziente, ci chiede se
vogliamo bere qualcosa.
-Sì,- esclamo
-dammi una vodka.-
Il barista acconsente e si allontana per
prepararmelo.
Quel giorno, lui ordinò per sé una
vodka.
Mi disse che non l’aveva mai provata.
Alla fine non gli piacque e la dovetti
bere tutta io.
Per fortuna ho una buona resistenza
all’alcool.
Lui non mi aveva mai giudicata…
Anche quando ho deciso di proteggere e
servire il suo nemico numero uno nella gara per diventare successori di Elle.
Certo, potevamo vederci di rado, poiché
ero immersa nel lavoro.
Ma non ha mai
deciso di voltarmi le spalle.
Eppure sta volta è
stato così…
…ha deciso di andarsene per sempre e di
voltarmi le spalle.
Gli occhi mi si appannano, mentre guardo
il bicchiere.
-Facciamo un brindisi!-
Eccomi tornata nuovamente al presente.
In quel posto, non posso fare a meno di
esser catturata dai flashback.
-Sì… brindiamo.-
-Brindiamo al
nostro incontro!- sorride il ragazzo.
Una lacrima mi scorre giù per la
guancia.
-Queste sono state le sue parole…-
mormoro.
Alzo lo sguardo sul soffitto con travi
di legno e alzo il bicchiere.
-Questo brindisi è per te…-
E con un grande
sorso finisco metà bicchiere.
-…tu che mi hai lasciata
sola.-
Io e il ragazzo appoggiamo
contemporaneamente il bicchiere sul tavolo.
Lui mi guarda e sorride.
-Sai, non mi ero accorto che i tuoi
occhi avessero il colore del mare. Io non ho mai visto
il mare di persona… e tu?-
A queste parole, il cuore mi fa un
balzo.
Mi alzo violentemente e sbatto un pugno
sul tavolo.
-Chi diavolo sei tu?- grido,
senza riuscire a fermare le lacrime.
Lui ride, più cortesemente, e mi fa
cenno di sedermi e di calmarmi.
-Non ti spaventare. Forse non ti
ricordi, ma io ho servito in questo locale per cinque anni di fila… e ti
conosco abbastanza bene. Venivi spessissimo qui.-
Adesso che lo guardo meglio, in effetti mi pare di riconoscerlo un poco.
-Ti chiedo scusa se ti ho trattata così scioccamente prima… e ti chiedo scusa per aver
origliato le vostre discussioni, tempo fa.- mormora, con un sorrisetto
divertito.
Io ci trovo ben poco da ridere.
-Ora che ci penso, è da un anno che tu e
quel biondino non venite più qui, o sbaglio?-
Io torno a guardare il mio bicchiere
mezzo vuoto, mentre rispondo.
-No, non sbagli.-
Lui mi fissa ancora un
po’, poi si avvicina un poco con lo sgabello.
-Non sei più venuta per una ragione
precisa, vero? Prima ho fatto davvero fatica a farti entrare qui, ma ce l’ho fatta!- sorride, sornione.
Lui sapeva tutto.
-E il biondino?
Come mai non è insieme a te?-
Stringo forte l’orlo della mia gonna,
per impedirmi di piangere ancora.
Il ragazzo cerca di scorgere il mio
sguardo.
-Vi siete lasciati?-
Io non trattengo una piccola risata e
specifico che non siamo mai stati insieme.
Poi torno subito seria.
-È morto.- mormoro, prima di accasciarmi
sul tavolino.
Il ragazzo si alza dalla sua sedia e
corre a consolarmi.
Ma io non sto
piangendo.
Sto pensando a lui.
E basta.
-Scommetto che oggi è l’anniversario
della sua morte, non è così?- mi domanda lui.
Io annuisco da sotto le braccia.
-Allora, se vai a trovarlo portagli i
miei saluti, mi raccomando.-
Salutarlo…
Perché non ci avevo
pensato prima?
Era la soluzione che cercavo!
Dovevo correre da lui, SUBITO!
-Ti prego… dimmi che sono ancora in
tempo per prendere l’aereo per il Giappone!-
Sono le sei e mezza di pomeriggio.
L’aria di primavera porta con sé
mille profumi.
La distesa d’erba si muove al ritmo
deciso dal vento.
Intanto il sole sta calando.
Il tramonto è da cartolina.
Il cielo è rosa e arancione e non
c’è freddo.
Nel campo vi sono tante lapidi.
Ma l’atmosfera non è tenebrosa, anzi,
è rilassante.
Qui le anime dei morti riposano in
pace.
All’orizzonte si scorge un puntino.
Questo diventa sempre più grande,
fino a formare una sagoma.
È una persona.
Più precisamente una donna, che sta
correndo.
È molto bella e ha lunghi capelli
d’oro che cadono sulle spalle.
Sembra stremata dalla lunga corsa.
Finalmente giunge sul campo e
riprende fiato.
C’è un’altra figura, che si
avvicina.
Però cammina lenta, senza fretta.
È un ragazzino, che dimostra molti
meno anni di quelli che in realtà porta.
I capelli color dell’avorio, sono
mossi dal venticello fresco.
Si ferma per qualche attimo, notando
la donna, ancora piegata in due.
Poi ricomincia a camminare e le si avvicina.
Quando la donna alza il capo e vede il
ragazzino, sgrana gli occhi per lo stupore.
-…Near!-
-Halle Lidner.-
I due rimangono a guardarsi ancora
un po’, senza parlare.
Poi Halle
si volta verso una pietra.
-Non pensavo di trovarti qua…-
-Stavo per dirti la stessa cosa.-
Anche Near si gira verso la lapide.
-È già passato un anno.-
-Già… come vola il tempo, quando ci
si sente soli…-
La ragazza si accuccia davanti alla
lapide e la sfrega un po’ dalla polvere e dalle foglie che la ricoprono.
Poi legge ciò che vi è scritto
sopra.
-Chi ha pensato alla lapide?-
-Ho pensato a tutto io.-
-La sua salma non è qui, vero?-
Near scuote la testa, facendo
oscillare i riccioli bianchi.
-Il suo corpo è stato completamente
carbonizzato, non ricordi?-
Lidner fa segno di sì con la testa, anche
se lo sapeva già perfettamente.
Quando il capannone era andato in fiamme,
un anno prima, lei era spettatrice di quel lugubre spettacolo.
Era arrivata troppo tardi.
Near si avvicinò ad un’altra lapide,
di fianco alla prima.
-Invece il corpo di Matt lo hanno sotterrato qui… anche se io avevo insistito di farlo
seppellire a Winchester.-
-Che stupidaggine seppellirli nel
paese in cui sono morti…-
-La penso esattamente come te.-
-Che stupida che sono stata….
Non gli ho nemmeno portato dei
fiori.-
Halle Lidner,
ancora chinata, non riuscì più a trattenere i singhiozzi.
-Scusa Near, non dovrei piangere, lo
so perfettamente…-
si scusa lei.
-Non siamo al lavoro ora. È anche
per questo che ci diamo del tu.-
Lei sorride, pensando che il ragazzo
non riuscirà mai a trattenersi dall’essere freddo, ma riuscirà sempre benissimo
a trattenere le proprie emozioni.
Dopo qualche minuto di silenzio, Lidner si alza.
-Si sta facendo buio e io dovrei
essere ancora a Los Angeles a completare la mia missione.-
Near sospira.
-Ed io devo tornare ad assumere il
ruolo di Elle… da solo.-
Near e Lidner
si scambiano un’occhiata complice.
Entrambi appoggiano
una mano sulla fredda pietra su cui vi è inciso:
Mihael Keehl
13-12-1989
26-01-2010
“Temperamental
Emotional
Uncontrollable
Competitive
Strong
Brave
Unbreakable”
-Justice will prevail now and forever…-
Detto questo, i due ragazzi voltano
le spalle alle due lapidi e s’incamminano per il sentiero.
°°°°°°°
Eccomi tornata con una nuova fic,
dedicata solamente ed interamente al nostro amato Mello!^^
Ci tenevo davvero moltissimo a scrivere una one-shot su di lui, oggi che è
proprio il 26 gennaio 2010, cioè il giorno della sua morte.
Ho subito pensato che il paesaggio adatto a questo
giorno sarebbe stato un paesaggio nevoso. Infatti all’inizio
della fic ho specificato che a Winchester nevicava. Ed ecco il miracolo: si è messo a nevicare anche qua! Ho
guardato fuori dalla finestra e ho pensato che fosse
accaduto un vero miracolo!xD
Ragazzi… HO FATTO NEVICAREEEEE!!!
Per precisare, le frasi incise sulla lapide le ho prese da un’immagine che ho trovato su Internet e ho
capito che erano le parole giuste da scrivere sulla lapide del nostro caro Mello!
Mi dispiace solamente di aver
riservato così poco spazio al povero Matt…ç_ç Spero
mi perdonerai!
Alla prox, bacioni! YO!^^