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Autore: Ernil    27/01/2010    12 recensioni
« Davvero – anche questo fa parte della tua educazione Purosangue? »
« Taci » sibila Bellatrix.
« Non credo, mi piace il suono della mia voce ».
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Sommario: « Davvero – anche questo fa parte della tua educazione Purosangue? »

« Taci » sibila Bellatrix.

« Non credo, mi piace il suono della mia voce ».

Pairing: Severus/Bellatrix, I suppose *fischietta con fare innocente e guadagna la porta*

Rating: bah, direi Giallo. Un po’ di schizzi di sangue e queste cose qua, quindi se avete lo stomaco delicato non entrate, tesori di mamma *___*

Disclaimer: faccio la carità e dormo sotto un ponte in una scatola di cartone; pensate davvero che io guadagni qualcosa da quel che scrivo? ç__ç (Ok, ho mentito sulla scatola di cartone, lo ammetto.)

Beta: Geilie (ancora una volta frustrata a sangue per betare cosucce het XD)

Note dell’Autrice/1: angst! Angst! Angst! *corre in circolo* Bene, lettore avvisato, mezzo salvato XD Allora, vediamo un po’ di chiarire come mai io abbia scritto qualcosa di het (sì, di nuovo... sigh). Beh, me lo ha chiesto un’amica *alza le spalle* Questa shot (angst!angst!angst!) è per Astry :). 

 

 

[Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E tu scruterai a lungo in un abisso, e l’abisso scruterà dentro di te.

 

Nietzsche]

 

 

Il vino ondeggia nel bicchiere a stelo alto. Le dita che cingono il vetro sono lunghe, sottili, dalle punte cosparse di strane macchie che sembrano residui di reagenti.

La mano è nervosa, pallida, come se vedesse raramente il sole. Il polso che si muove in cerchio, facendo oscillare il vino nel bicchiere, è magro e aguzzo. Le ossa si possono vedere, come se volessero sbucare fuori dalla pelle tesa; si potrebbe dire che, in certi punti, l’ abbiano già lisa.

Sembrerebbe il braccio di un cadavere, se non fosse che il bicchiere continua a rollare lentamente. 

Il resto è coperto. La veste è nera e lunga; l’altra mano è sepolta all’interno delle pieghe scure del tessuto; la punta degli stivali neri è visibile sul tappeto di un morbido color panna.

Nell’angolo del tappeto, ci sono tre rotonde gocce di sangue. Sono cadute dal corpo dell’ultima vittima che è stata portata via.

Perché in mezzo al tappeto c’è un tavolo, che più che un tavolo è un mattatoio. È di ferro; le sue gambe sono attaccate con bulloni neri e placche d’argento.

Ai quattro lati del tavolo, ci sono delle catene.

Dall’altra parte del tavolo, direttamente davanti all’uomo seduto, c’è Bellatrix.

Severus continua a far ondeggiare il vino.

Il silenzio sembra stranamente bucato, dopo che l’aria è stata riempita per tutti i minuti precedenti da quelle urla.

A Severus piace quel silenzio. È quando tutte le voci tacciono, anche quelle di quelli che sono morti molti anni prima. Smettono di bisbigliare. 

No, non fare quello!

Attento! Attento, non farlo cadere!

Ne hai messo troppo. Ora morirà. Ora non morirà.

Hai sbagliato. Passa dal via, paga il fio, hai perso le gambe nella foresta delle perdizioni (1). 

Invece, quando l’esperimento del giorno è finito... quando il corpo viene portato via... le voci si ritirano nei loro antri segreti, e lasciano vuota la sua mente.

« Questa ha funzionato, almeno? »

La voce di Bellatrix è aspra e stona fortemente nel piccolo concerto di silenzi che si era fatto Severus. Alza lo sguardo dal vino, disturbato.

« No » risponde, freddo. Non funzionano. Non ne funziona nessuna.

Grazie al cielo, grazie a lui, non ne funziona nessuna.

« Non sembri deluso ».

« Nemmeno tu » sogghigna Severus, e la faccia di Bellatrix si contorce come se avesse insieme, dentro di sé, ira e odio abbastanza da riempire il ventre della terra. Lo guarda con le labbra sollevate a svelare un ringhio.

Severus inclina la testa, e alzando il bicchiere le dedica un brindisi e un sorriso sardonico.

« Attento a te, Snape » sibila Bellatrix. « Se stai falsificando le pozioni, attento a te. O finirai molto male, e capiterà il giorno in cui non ti sarà concesso di scendere dal lato sbagliato del letto (2) ».

« Quel giorno » dice Snape indolente, « berrai il veleno dalle mie labbra, Bellatrix ». 

Bellatrix soffia come una gatta arrabbiata. Severus non china la testa per celare il brillio ironico del suo sguardo. Non stacca gli occhi da Bellatrix, anche portando con lentezza il bicchiere alle labbra.

Bellatrix ha afferrato i bordi del tavolo di ferro. Le sue mani si sporcano del sangue che cola, ma tanto, pensa Severus, è qualcosa a cui tutti loro sono abituati.

Sembra si stia trattenendo dal saltare addosso a Snape e cavargli gli occhi con le unghie.

Severus si chiede se opporrebbe resistenza, in caso. Sarebbe bello non avere più qualcosa con cui vedere, delle finestre sul mondo, e sarebbe un modo abbastanza stupido di morire.

O di sopravvivere, pensa Severus, guardando la donna di fronte a lui con l’interesse vago dello scienziato. 

I capelli di Bellatrix sono lunghi e appassiti come rami di un salice morto. Si attorcigliano nell’aria, e sfiorano il sangue che si secca sulla superficie metallica del tavolo.

Severus si versa attentamente un altro bicchiere di vino. Sa che Bellatrix lo sta guardando. Può sentire gli occhi neri e folli di rabbia su di sé.

Il silenzio sembra gocciolare su di loro poco a poco. 

« Quando scopriranno che sei solo una lurida spia, mi occuperò personalmente della tua tortura » ringhia Bellatrix all’improvviso, fra gli ansiti del suo petto che sale e scende, sale e scende.

« E sarebbe? » chiede Severus. « Rendimi partecipe dei tuoi piani di morte, sono sicuro che sono già a buon punto. Forza » continua. « Quali sono le tue idee per me? Farmi ascoltare le tue farneticazioni giorno e notte? Supplicherò la morte, questo è poco ma sicuro ».

Il sibilo della bacchetta che viene estratta si perde nel ringhio di Bellatrix. Severus guarda con indifferenza i dodici pollici di legno di quercia che gli vengono puntati contro.

Dopo aver spiegato, in ginocchio, i suoi motivi a Lord Voldemort parlando per tre ore con la bacchetta del Signore Oscuro puntata fra gli occhi, Bellatrix non può fargli molta impressione. 

« Il Signore Oscuro si fida di me » dice Severus noncurante, ignorando la bacchetta a favore del vino. Ripetere la stessa discussione ogni giorno è stancante. Smette di essere divertente. Diventa ripetitiva. Diventa come il moto perpetuo delle onde del mare, che Severus imita facendo ondeggiare il vino nel bicchiere.

« No ». Bellatrix sembra oltraggiata. « Non è vero. Lui si serve di te, non ripone in te alcuna... »

« E tu pensi davvero, Bellatrix, che il Signore Oscuro si farebbe ingannare da uno strumento difettoso? »

« Le tue imperfezioni sono ancora nascoste, Snape. Le vedrà ». Bellatrix sibila come un animale sulla difesa.

« Nulla sfugge all’occhio senza palpebre, d’altronde (3) » mormora Severus. Nasconde il ghigno dietro il bicchiere. Poi, il bicchiere gli esplode in mano.

Le dita vengono ricoperte di gocce rossastre. Severus fa una smorfia, pulendo con noncuranza la mano sul tessuto del divano.

« Davvero – anche questo fa parte della tua educazione Purosangue? »

« Taci » sibila Bellatrix.

« Non credo, mi piace il suono della mia voce ». Snape crea un altro bicchiere dal nulla e versa nuovo vino.

« Preferisco quando gridi ».

Severus alza lo sguardo su di lei. Come la sua carne bianca e le sue dita magre, sembra quello di un morto. Ma le labbra sono attaccate a fili e gli angoli si alzano da soli, tirati da un macchinario invisibile.

« Anch’io ti preferisco quando gridi » dice, sapendo che lei capirà.

Al silenzio si mischia un certo vago sentore di ricordi, di tempi passati che protendono le loro mani dagli stanzini bui.

Severus non è di quegli uomini che credono sia bene far prendere aria ai ripostigli delle proprie memorie; non ce n’è bisogno perché comunque essi filtreranno dalle fessure, roderanno qualsiasi protezione – Severus può sentire, in quel silenzio, il rumore delle tarme che rosicchiano.

Continua a guardare Bellatrix, e le sue labbra pallide sono ancora curvate all’insù. Vale la pena aprire di uno spiraglio quelle porte, per colpire Bellatrix, vedere gli occhi baluginare da sotto le palpebre pesanti e gli anni che sono passati.

Infine Bellatrix fa un passo avanti, e un altro ancora, fino a portarsi davanti a Severus. La sua bacchetta è ancora in mano.

L’aria da pazza, quella ce l’ ha sempre.

« Non sei curioso di sapere se cambiato è qualcosa da allora? »

Le tre gocce di sangue sul tappeto sembrano occhi che seguano la scena; aperti e spalancati. Curiosi di vedere come andrà a finire.

Sono i soli. I soli nella segreta ad essere curiosi.

Severus sa come andrà a finire; abbassa lo sguardo con un sorriso di chi la sa più lunga e fa roteare il vino nel bicchiere, guardando le onde rosse della morte infrangersi contro il vetro, lasciando una breve traccia umida quando si ritirano e vanno a colpire l’altro lato curvo.

Severus non è curioso. Sente sulle spalle il peso degli anni; non i suoi anni, ovviamente. I suoi sono pochi e, per quanto pesanti, Severus ha le spalle larghe abbastanza per reggerli tutti. Uno ad uno.

Trentasette sacchetti di sassi sulle sue spalle.

Non solo i suoi anni. Non solo i suoi, o Severus sarebbe tanto leggero da poter quasi volare; camminare senza toccare, forse così in alto da nemmeno vedere, il sangue che ha sparso e che da terra grida vendetta.

No, non solo i suoi. Severus ha sulla schiena un sacchetto di sassi per ogni anno di ogni vittima.

Sono tanti; così tanti che Severus si sente curvo, fino a toccare terra con la fronte. E vede fin troppo bene il sangue sul pavimento, le chiazze sui tappeti delle loro coscienze; è schiacciato ventre a terra e vedrà quel sangue fino a che o il sangue verrà assorbito dal terreno... o lui morirà.

Se quando tutto questo sarà finito Severus non sarà ancora morto, ha fatto un voto sulla terra smossa delle fosse comuni; ha fatto il voto che si trascinerà nel fiume di Spinner’s End e si lascerà cadere nelle acque dense come petrolio.

Quando incontrerà dio – c’è, Dio? C’è qualcuno, in casa? – gli andrà incontro su un tappeto rosso. Rosso sangue.

« No » risponde, freddo e con un tocco di sarcasmo. « Non sono curioso ».

Le labbra di Bellatrix un tempo erano state piene e morbide; ora, sembra che i vermi abbiano mangiato la sua carne. Ma poco male.

Quando Bellatrix lo bacia, ciò che Severus pensa è poco male. Poco male se il ricordo è sgusciato da sotto la porta e si innalza e si erige davanti a lui, davanti a loro. Poco male.

Le cose non cambiano, nonostante quel bacio. 

E quando verrà il momento, la ucciderò.

Per il momento, pensa, facciamole credere che ciò che è cambiato sia così poco che lei possa recuperare facilmente il tempo, il passo, la vita. Teniamocela buona. Per questo le passa un braccio attorno alla schiena e la fa sedere accanto a sé, sul divano, continuando nella mano sinistra a tenere il bicchiere, dove il vino continua a roteare.

Mentre la bacia, pensa che potrebbe continuare per molto tempo a baciarla; liberarsi di lei adesso potrebbe essere pericoloso.

Peggio, però, è che potrebbe stargli passando una qualche malattia. Ma non c’è nessuna malattia che Severus non abbia.

Le sue labbra sono fredde e vuote e Severus, per quanto cerchi, non trova nulla di quelli che erano stati i loro incontri. Dopotutto, sono passati sedici anni.

Si stacca da lei, chiedendosi perché ancora una volta ci sia ricascato.

« Ho detto che non sono curioso » dice, e butta giù il bicchiere di vino, cercando di risciacquarsi dalla bocca il sapore di morte e putrefazione.

Il sapore di Bellatrix.

Bellatrix lo guarda appoggiata allo schienale del divano. Sembra una regina di un qualche regno dimenticato. I suoi capelli aggrovigliati sono neri, e non ci sono tracce di grigio. Senza pensarci, anche Severus si porta una mano ai capelli, in un gesto quasi impercettibile.

Nemmeno nei suoi ci sono tracce di grigio. Forse è una prerogativa dei malvagi. Nulla, nemmeno la vecchiaia, verrà a sbiancare i loro capelli.

Non hanno nulla che possa essere reso anche di un solo grado più bianco.

« Ma io sì » sorride Bellatrix, che, ricorda Severus, è abituata a ottenere quello che vuole. Come una bambina capricciosa.

Ciò che non ha ancora avuto è il Signore Oscuro, ma prima o poi otterrà anche quello. (Segretamente, Severus spera di sì. Vederlo morto le spezzerebbe il cuore, e Severus vuole davvero spezzarle il cuore. In millepiccoli - pezzi).

« Vedo che non sei cambiata » commenta caustico. « Ancora impuntata sugli stessi piccoli vizi. Alla tua età » aggiunge sogghignando, « l’unica cosa di cui dovresti essere curiosa è la morte ».

« Curiosa della morte? » La risatina di Bellatrix porta Severus così indietro negli anni, che per un attimo pensa che il tempo si sfalderà sotto l’ondata di ricordi.

Ricorda quando le aveva chiesto, molto tempo prima, come si diventasse seguaci dell’Oscuro Signore.

Prendendo dei voti di fedeltà.

Le aveva chiesto se questi voti potessero essere infranti. E la risposta era stata: No.

« Sì » dice. Si solleva nuovamente a sedere, così da poterla scrutare dall’alto al basso. « Curiosa della fine, Lestrange? »

Bellatrix sorride; per un attimo si intravede la bellezza che Severus ricorda; lo splendore delle sue ciglia, la morbidezza delle sue guance.

Poi l’attimo passa, e Bellatrix torna a sorridergli dal presente, da sotto le palpebre pesanti e quasi chiuse.

« No. Non vale la pena di essere curiosa per qualcosa che non conoscerò mai, Snape ».

Severus beve un sorso del suo vino, poi riprende a farlo roteare nel bicchiere. Quando rotea il polso, sente contro l’osso il manico del pugnale legato all’avambraccio. Sa che è lì.

« Non conoscerai mai la morte? » chiede, indifferente.

« Nessuno di noi conoscerà mai la morte » risponde Bellatrix, e Severus distoglie lo sguardo dal vino per gettarle un’occhiata di cui deve nascondere il disgusto, perché nella voce di Bellatrix c’è il fanatismo, e nel fanatismo si nasconde...

Cosa?

Severus è riluttante a finire il pensiero. Beve un altro sorso di vino.

Bellatrix tira le gambe sul divano e si accovaccia come una leonessa (4). Lo scruta da sotto la selva di capelli neri.

Una volta erano il suo vanto. Ora sembrano una massa aggrovigliata, un rovo inestricabile.

Forse, pensa Severus guardandola, i capelli sono la metafora della vita di una persona. Forse, pensa poi, ho bevuto troppo vino.

Facendo roteare il bicchiere, guarda la bottiglia sul tavolino nell’angolo. Nella penombra della camera delle torture – Voldemort la chiama camera degli esperimenti, ma Severus sputa su quelle gentilezze – nella penombra, il rosso del vino sembra sangue.

« Noi non moriremo, Snape ». La voce di Bellatrix è un sussurro concitato, come di chi stia rivelando un grande segreto, una verità che non è per tutte le orecchie (5). « Il nostro Signore ci donerà un’esistenza senza fine. Se gli sarai fedele ».

Merlino, spero di no, pensa Severus, e deve stare attento a non soffocarsi col vino, perché gli viene da ridacchiare.

Deglutisce e ingoia il vino, la risata e, per dovere, un po’ d’aria.

« Senza fine » ripete Bellatrix, ed è così vicina al collo di Severus, che Snape può sentirne il respiro sulla pelle.

Prima o poi, si dice, mentre si volta a guardarla e trova i suoi occhi troppo vicini, prima o poi chiarirà cosa c’è fra loro.

Perché Bellatrix lo insulti e poi lo venga a cercare; perché lui la odi e poi non rifiuti mai abbastanza velocemente. Perché la porta dei loro ricordi non riesca a restare chiusa, e da dentro una forza continui a premere, spaventosamente grande, orrenda e potente. 

Lei vuole tenerlo d’occhio; lui vuole tenerla buona.

« Cosa vuoi, Bella? » chiede, indifferente. Avrebbe dovuto mettere la bottiglia di vino più vicina. In compenso, ha il pugnale nella manica.

Potrebbe tirarlo fuori e piantarglielo in petto. Far sparire il corpo sarebbe un giochetto; il sangue passerebbe come quello dell’ultima vittima sacrificale. Il suo profumo si annullerebbe nell’odore di morte di quelle segrete. Nessuno sa che è lì.

Potrebbe ucciderla.

Un vero peccato che non sia nei piani. Potrebbe farlo – e poi pensa a quanti anni può avere Bellatrix. L’ ha appena schernita sull’età, ma non lo sa veramente.

Quanti nuovi sacchetti sulle spalle?

Meglio aspettare. Vuole vedere che le si spezza il cuore alla morte di Voldemort, no?

Sì.

Torna a guardarla in tempo per vederla sorridere; o sogghignare, la differenza è talmente poca.

« Non ho tempo da perdere » sibila. « Cosa vuoi, Bellatrix? »

« Metterti in guardia, Snape ».

« Un pensiero toccante ». Severus beve un sorso di vino e sogghigna di rimando. Nel suo caso, non c’è dubbio né margine di errore: non sorride mai. « Ma dimentichi che quelli come me sono sempre in guardia ».

Quando ruota il bicchiere, sente ancora il pugnale contro l’avambraccio. Ma Bellatrix è già sulla soglia, e un attimo dopo scompare sulle scale di nuda pietra.

Severus stringe appena le labbra. Sarà per la prossima volta.

 

 

(1) Citazione da Kuroshitsuji

(2) “You'd better keep it in check / Or you'll end up a wreck”, da “Narcoleptic” dei Placebo.
(3) Riferimento a Sauron, “l’occhio senza palpebre”.

(4) Probabilmente da Genesi, 49, 9

(5) Da “Il nome della rosa”, di Umberto Eco

 

 

Note dell’Autrice:

Nulla da dichiarare, dopotutto non è colpa mia *rotola*

   
 
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