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Autore: Salice    27/01/2010    5 recensioni
Erano giovani all’epoca, e lui era convinto che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Compreso ottenere il cuore della ragazza di cui era segretamente e perdutamente innamorato. E proprio nell’ovattato silenzio delle mura di Hogwarts nelle vacanze invernali, quando la neve fuori ricopriva tutto come morbida glassa, aveva amato, anche se per un breve periodo, il Natale.
3^ Classificata al contest "Teachers in Red!" di FanfictionContest
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Serpens in fabula'
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Verde e argento è l’agrifoglio




Il suo studio nel sotterraneo era fiocamente illuminato dal fuoco acceso nel caminetto. Sulle fiamme rossastre un calderone sobbolliva in maniera lenta e un ricciolo di fumo si sollevava pigramente, perdendosi in spire sul soffitto umido.
Severus Piton scrutava la pozione con espressione corrucciata, quasi la stesse sfidando a muoversi dal suo posto. Dopo alcuni minuti, il suo sguardo si spostò verso la porta. Sullo stipite stava, sbilenco, un festone che Silente lo aveva convinto ad appendere. Aveva perso il conto di quanti Natali aveva trascorso ad Hogwarts, e non gli piaceva rammentarli.
Molti di quei ricordi si portavano dietro una sgradevole sensazione di dolceamaro.
Al suo primo anno da studente aveva odiato dover rimanere a scuola, tra i corridoi deserti, mentre gli altri ragazzi partivano per raggiungere le loro famiglie. Mentre lei partiva con il treno, lasciandolo solo in compagnia di vecchie armature e i libri polverosi della biblioteca. Eppure anche quello era stato a suo modo un periodo felice.
Nella Magia aveva trovato la sua collocazione, il suo posto nel mondo. Nelle pozioni la sua passione. Nella solitudine delle grandi sale vuote poi, aveva imparato ad amare il riflesso di Lily nel Natale.
Lei gli lasciava sempre un pacchettino, prima di partire. A volte una fialetta con il tappo ornato da un nastro scarlatto, a volte una piuma nuova di zecca, altre invece un libro di pozioni oppure un biglietto incantato. Tutte cose che custodiva ancora, sebbene le nascondesse agli occhi di tutti, compresi i suoi. Non che servisse a lenire il vuoto della perdita, o a dimenticare. Però a volte riusciva a non pensarci.
Erano giovani all’epoca, e lui era convinto che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Compreso ottenere il cuore della ragazza di cui era segretamente e perdutamente innamorato. E proprio nell’ovattato silenzio delle mura di Hogwarts nelle vacanze invernali, quando la neve fuori ricopriva tutto come morbida glassa, aveva amato, anche se per un breve periodo, il Natale.
I festoni rossi sui rami d’abete riprendevano i colori di Lily, i suoi occhi e i suoi capelli di fiamma. Gli ricordavano le loro sciarpe attorcigliate, quando passeggiavano, ancora bambini, sulle sponde del lago. Allora, nonostante la malinconia, aveva amato gli abeti addobbati e quei piccoli pacchetti confezionati da mani gentili.
Adesso che le delusioni della vita avevano scavato una piega amara sulla sua bocca, rimpiangeva di aver provato tanto astio e tanta rabbia in quegli anni tutto sommato dorati. Se scavava abbastanza nei ricordi ricordava il profumo dei dolci alla cannella, le risate e le palle di neve scagliate verso le finestre della biblioteca; i piccoli abeti animati che frusciavano e si illuminavano al percepire un movimento. Erano piccolezze apparentemente, ma tutte portavano come un’impronta il caldo sorriso di Lily; erano in un certo senso marchiate da lei. A lei appartenevano e lui aveva vissuto per qualche tempo in quel fulgore di rosso, verde, oro e argento che erano i loro colori, e al contempo le sfumature del cuore della ragazza che aveva sempre amato. La sola e l’unica.
Ora per lui quei colori sfavillanti e quelle canzoni allegre erano dolore. Quando riusciva ad ignorarle, fastidio.
Senza neanche rendersene conto aveva preso a fissare con espressione truce il festone sghembo, che vibrò appena dopo alcuni colpi sul legno della porta. Colto alla sprovvista, assottigliò maggiormente lo sguardo, prima di schiarirsi la gola e pronunciare un’unica parola con voce atona.
- Avanti. -
Da dietro la porta fece capolino una testa castana e un volto intimidito.
- Si, signorina Bonell? – Chiese, scrutando la studentessa. Era la vigilia di Natale e non era così frequente ricevere visite da parte degli studenti. Di solito preferivano rintanarsi nelle loro sale comuni, o fare a palle di neve nel cortile della scuola. La ragazzina avanzò socchiudendo la porta. Era una studentessa del quarto anno di Serpeverde, e, appuntato sul maglione dell’uniforme, portava un rametto d’agrifoglio. Le bacche, anziché avere il colore rosso lacca tipico della pianta, erano state trasfigurate di un bell’argento brillante, e parevano sfere di mercurio liquido. Colori che si adattavano molto bene alla cravatta Serpeverde.
- Il Preside mi ha chiesto di dirle di far portare la sua pozione direttamente nelle cucine… - Annunciò timidamente lei, sbirciando con palese interesse verso il paiolo, in cui ormai bolliva intensamente un liquido di un giallo luminoso. Piton arricciò il naso in un moto di fastidio. Sicuramente a quest’ora Vitius stava incantando quei doxie che Hagrid aveva sottratto dai recinti del professore di Cura delle Creature magiche, per trasformarle in graziosi esserini dalle ali di cristallo che cantavano a squarciagola carole di natale.
Fece un gesto brusco verso la studentessa, che smise immediatamente di sbirciare il calderone e si mosse con un passo all’indietro indietro, con espressione colpevole.
- Non si impicci dei preparativi della festa, signorina Bonell! – Le intimò in tono severo. Dopo neanche un istante da fuori si udì una voce femminile alta e decisa.
- Ateeeeenaa! Sbrigati a venire o ti perderai gli gnomi che la McGranitt sta trasfigurando in tanti Babbo Natale! – Dopo un istante di breve imbarazzo Atena Bonell ridacchiò, indietreggiando verso la porta. Severus Piton, suo malgrado, si trovò a stirare le labbra in un sogghigno.
- Credo che stiano chiamano lei. –
- Credo anche io, professore! Mi scusi il disturbo! E, per quel progetto della pozione… - Piton la interruppe, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi al caminetto.
- Parleremo della sua pozione quando riprenderanno le lezioni, Signorina Bonell, ora vada, perché come mi ha ricordato un attimo fa’, ho da fare. – La studentessa annuì e corse via, sbattendo la porta. La decorazione, che gia pendeva indecorosamente prima, rovinò a terra con un fruscio depresso. Piton non la degnò di uno sguardo, ma si chinò invece sul suo Elisir dell’Euforia, richiestissimo ingrediente speciale per il pranzo del giorno successivo. Con un piccolo mestolo se ne versò un assaggio, che valutò con attenzione sulla punta delle lingua prima di inghiottirlo. Era ora di portarlo nelle cucine. Sospirò, mentre fuori dalla porta le risatine delle due ragazzine si mischiavano ad un chiacchiericcio insistente e allegro.
Aveva appena fatto levitare il calderone verso la porta, quando dal corridoio, al ritmo di passi che si allontanavano, si udì un’allegra canzoncina cantata in duetto, seguita da una cascata di risate:
- Verde e argento è l’agrifoglio, Falalalà, lalà lalà! -
Complice forse la pozione che aveva appena assaggiato, il professore si trovò nuovamente a sorridere nell’arco di pochi minuti. E mentre riassestava con un colpo di bacchetta il festone al suo posto, gli sfuggirono le rime tra le labbra:
- Quanta gioia in un germoglio… - Erano poco più di un sussurro, e quasi si stupì nell’udirle dalle sue labbra. Stava per varcare la porta con il calderone fluttuante al seguito, quando fece un passo indietro, come colpito da un pensiero improvviso. Dopo aver lasciato a mezz’aria il paiolo, sussurrò alcune brevi parole e dalla bacchetta scaturirono scintille argentate che colpirono l’agrifoglio appeso al legno; in un istante tutte le bacche mutarono il loro colore in un grigio metallico e rilucente. Le osservò con espressione quasi soddisfatta, e tornò verso il corridoio.
Tra le pareti di pietra rimbombava l’eco delle voci giovanili e argentine che si allontanavano verso la sala grande:
- … Falalalà, lalà lalà. Questo giorno è speciale…-
Senza neppure rendersi conto che le sue labbra erano ancora, impercettibilmente, appena piegate all’insù, si incamminò verso un passaggio segreto. Non lo si sarebbe potuto definire un sorriso, forse. Ma chiunque lo conoscesse da abbastanza tempo, si sarebbe subito accorto che era quanto di meglio un Natale potesse offrire a Severus Piton.







"Verde e argento è l’agrifoglio" di Salice
1. Lessico; grammatica: a) correttezza verbale - b) punteggiatura: 8.5
Non sono stati trovati errori di grammatica o di punteggiatura, anche se in alcuni punti dei vocaboli stonano con il resto della storia. Tuttavia ecco segnalati un paio di accorgimenti: […], Falalalà, lalà lalà, il motivetto segue una virgola e non un punto, pertanto quella maiuscola è errore; un attimo fa’, l’apostrofo su fa non va messo.

2. Originalità e svolgimento della trama: 8
Molto ben sviluppata la prima parte sui pensieri di Piton, forse non esattamente originale, ma sicuramente analizzata e scritta con cura. Un piccolo dubbio nasce sulla seconda parte: non si capisce cosa c’entri la pozione della signorina Bonell, che era entrata per riferire un messaggio del preside, non parlare di sé. Per il resto la trama è lineare, il cambiamento di umore di Severus giustificato, se non altro, dalla pozione assaggiata, anche se ci si chiede se davvero nella casa di Serpeverde gli studenti osino rivolgersi in un certo modo a compagni a colloquio con Piton.

3. Utilizzo degli obblighi: 7.5
Sviluppata con sapienza la linea dei pensieri di Severus riguardo a Lily e ai suoi ricordi del passato, che vengono descritti con una minuzia particolare. La storia doveva, tuttavia, concludersi con una strofa di una canzone, e non, come nella tua storia, con un intero paragrafo (perché non si tratta di una riga o di due parole, bensì tre frasi).

Punteggio finale: 24/30

   
 
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