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Autore: aki_penn    28/01/2010    1 recensioni
Alberto poteva tollerare un sacco di cose. Poteva tollerare la filosofia yoga di suo zio, il fatto che trenta teppisti dormissero in soggiorno, o che la sua casa avesse un muro in meno del dovuto, di avere una cotta per la sua professoressa, e con un po' di camomilla poteva anche sopportare che il marito geloso tantasse di ucciderlo. Ma c'era una cosa che davvero non poteva tollerare: sbarellare per una ragazzina scialba e decisamente inutile, e per di più "grafocollerica". Non aveva idea di cosa significasse, ma di sicuro, quella era la goccia che faceva traboccare il vaso!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Non riesco a stare lontana da questo sito per molto… eh eh eh… Avverto subito che questa storia è tendenzialmente assurda, o meglio, per quanto io mi occupi quasi sempre di personaggi tendenzialmente caricaturali in questo caso credo di aver calcato ancora di più la mano.

Gli affitti e le convivenze difficili sono un espediente strausato, e su EFP ne ho già viste parecchie, ma è un argomento che alla lontana ho già toccato e che mi ha sempre fatto ridere, così alla fine mi sono decisa a scrivere qualche cosa incentrato proprio su questo pretesto.

Sono rimasta parecchio indecisa sulla sezione da attribuire a questa storia (romantico o commedia?) per adesso sta qui, poi più avanti vedrò se per caso non sia meglio spostarla per via dell’evolversi della trama (potrebbe succedere qualsiasi cosa, le storie non vanno mai del tutto come le pianificoXD).

Ne approfitto per ringraziare tantissimo chi ha commentato l’ultimo capitolo di Im20mq, mi avete fatto davvero piacere, volevo rispondere con una mail, ma mi sentivo pedante, perciò ringrazierò così.

Spero che Nel dubbio Nega via piaccia ^.^

 

 

 

Nel Dubbio Nega

Capitolo Primo

In Principio fu l’Acqua

 

 

Alberto si svegliò con la bruttissima sensazione di essersi preso una sbronza colossale il giorno prima. E con un odio incredibile per la luce che filtrava dalla finestra, che stupidamente aveva lasciato aperta prima di andare a letto.

E se fosse stata una sbronza, la causa di tutto ci sarebbe potuto anche passare sopra, ma tutto quel malessere era solo ed unicamente colpa dello studio.

Colpa degli stupidi libri che lo avevano tenuto sveglio fino alle quattro di notte.

Si mise faticosamente a sedere sbattendo le piante dei piedi nudi sul pavimento umido.

In quella stupida casa era sempre perennemente umido. Alberto si chiedeva come facesse il parquet a non essersi ancora imbarcato. Se lui fosse stato nel parquet si sarebbe imbarcato per protesta, per ottenere un cavolo di deumidificatore.

Ma quello svitato di Zio Mino non avrebbe mai accettato una rivolta da parte del pavimento. Anzi, si sarebbe messo lì convinto che con una buona e sana chiacchierata con delle assi di legno si sarebbe risolto tutto, e che anche l’umidità sarebbe giunta alla conclusione che sarebbe stato più ovvio che lei se ne fosse andata da sola.

Era proprio così che andava in quella cavolo di casa. A volte si pentiva di non aver fatto il pendolare, almeno a casa sua era meno umido, e dato che suo fratello Paolo se ne sarebbe andato a giorni avrebbe anche avuto una camera tutta per sé.

Si  passò le mani tra i capelli biondo cenere, anch’essi umidi, e cercò di aprire gli occhi per visualizzare cosa ci fosse intorno a lui.

Fu accecato dalla luce e li richiuse, sospirando scocciato e distrutto. Maledetta università.

Si alzò tenendo gli occhi socchiusi, in modo da non essere accecato, ma non rischiare neanche di andare a sbattere contro gli spigoli.

 Casa di Zio Mino era famosa per i suoi spigoli.

A guardarla distrattamente non l’avresti mai detta così stracolma di insidie, ma non potevi azzardarti a perdere l’equilibrio se non volevi trovarti crocifisso a una quantità esorbitante di spigoli e ganci spuntati lì come per magia.

A passi lenti e pesanti si trascinò fino al bagno, aveva decisamente bisogno di mettere la testa sotto il getto dell’acqua fredda, per svegliarsi, per riprendersi, un po’ come se avesse davvero avuto una sbronza.

Aprì il rubinetto del lavandino e… non uscì nulla.

Un urlò fece tremare la casetta dagl’infissi bianchi.

ZIIIIOOO!!!

 Zio Mino del canto suo, vestito di bianco come per accomunarsi alla sua dimora, lo ignorò bellamente e continuò i suoi respiri zen con la gamba dietro al collo, seduto sotto l’arancio. Ignorava il fatto che stesse piovendo a dirotto, poteva benissimo ignorare anche un nipote isterico.

Poco dopo Alberto uscì con un salto dalla finestra della cucina urlando e finendo con entrambi i piedi nudi dentro una pozzanghera.

Avrebbe potuto usare la porta d’ingresso. Avrebbe potuto usare la porta del retro. Ma gli era venuta una tale rabbia addosso, che la prima apertura che aveva trovato l’aveva presa per buona.

“Zio! Perché cavolo non esce l’acqua dal rubinetto?” sbraitò arrivandogli alle spalle, mentre la pioggia fredda iniziava a bagnarlo e il bordo dei pantaloni finiva nel fango.

Zio Mino rimase immobile, solo le narici si allargarono un po’ più del solito, in un respiro zen un po’ più profondo. Suo nipote aspettava una risposta con le mani sui fianchi. Lui non lo vedeva, ma lo immaginava un po’ come sua madre quando da piccolo non voleva fare i compiti di matematica, non gli era mai piaciuta la matematica, proprio no!

Si mise l’altra gamba dietro il collo riportando a terra la prima e disse “Forse qualche giorno fa mi è arrivata una lettera del comune che diceva che mi avrebbero tolto l’acqua, ma non sono sicuro di ricordarmi bene, Luigino…

“Eh? Come non sei sicuro? E poi perché ci dovrebbero togliere l’acqua scusa?”sbraitò Alberto isterico. Un po’ perché lo zio si ostinava a non ricordarsi il suo nome, un po’ per il suo atteggiamento nei confronti del problema era alquanto menefreghista.

“Non ho pagato la bolletta…”disse tranquillo con un respiro profondo. Se la pressione di zio Mino era la più sana del rione, quella di suo nipote si stava alzando a dismisura.

“Come sarebbe a dire che non hai pagato la bolletta dell’acqua? E come hai intenzione di fare adesso scusa?” sbottò iracondo.

“Beh, intanto piove, approfittane” rispose pacato suo zio.

“Starai scherzando spero!” esclamò il ragazzo irritato. Fu allora che Mino gli fece la cortesia di mettersi in una posizione normale e di guardarlo.

Il suo sguardo era perentorio, se si poteva definire così. Alberto si mise composto sostenendo l’occhiata sbieca dello zio.

“Non avevo soldi per pagarla, mi pare ovvio, Gino”spiegò.

“Per forza, non fai nulla! Dovresti trovarti un lavoro!” esclamò scaldandosi.

“Io ce l’ho un lavoro” rispose pacato lo zio “Sono uno psicologo

“Sì, uno psicologo disoccupato!” sbottò stizzito Alberto distogliendo lo sguardo da suo zio per fissare la strada fradicia.  Fece qualche passo avanti e indietro, con le mani ficcate in tasca, indeciso sul da farsi.

“Non potresti trovarti un lavoro? Che so fare il commesso al supermercato, almeno così potresti pagarti la bolletta dell’acqua” disse poi in un sussurro che somigliava più a una supplica.

“Perché invece non te lo trovi tu un lavoretto mio caro Alfonso?” rispose suo zio per la prima volta vagamente irritato.

“Perché io sto studiando per l’università! Ho studiato fino alle quattro sta notte! E ho la testa che mi scoppia! Dimmi come potrei fare a mettermi pure a lavorare scusami?” sbottò nuovamente adirato il nipote.

Mino batté un pugno sulla terra umida e disse in tono esasperato “E va bene, troverò una soluzione, troverò dei clienti e…

“Che clienti vuoi trovare zio? Mica cadono dal cielo i clienti depressi!” lo rimbeccò Alberto.

Mino si passò la mano tra i pochi capelli rimasti “Allora subaffittiamo” concluse “Subaffittiamo” ripeté per essere sicuro che Alberto avesse sentito.

“Subaffittiamo!” esclamò il ragazzo con fare strafottente “Subaffittiamo!” concluse sempre più convinto avviandosi verso casa.

“Fatti una tisana alla rosa, è ottima per le sbronze”esclamò poi mentre il nipote se ne andava infilandosi una gamba dietro alla testa.

“Non ho una sbronza!” esclamò Alberto sulla soglia.

“Una sbronza da studio… è la stessa cosa…”disse con un sorrisetto tra sé, lo psicologo.

 

Quando zio Mino arrivò in salotto, più tardi, bagnato fradicio, trovò suo nipote seduto sul divano a fiori con lo sguardo perso e una sigaretta appesa distrattamente tra indice e medio.

si avvicinò asciugandosi le mani che erano ripetutamente finite nel fango.

Il suo vestito bianco era rimasto immacolato. Alberto si chiedeva sempre come facesse ad andare in giro tutto l’anno vestito di candore senza mai sporcarsi.

Zio Mino era alto, con le spalle larghe, e la sua magrezza  non lo faceva sembrare fragile, piuttosto attirava l’attenzione la sua pelle eccessiva. Non erano rughe, era come se fosse dimagrito troppo velocemente, e ce ne fosse in eccesso.

I capelli erano radi e castani , se ne andava in giro vestito di cotone bianco e infradito.

Mino diede un colpetto leggero al profumo per ambienti e quello fece uno spruzzo alla violetta.

Si poteva rinunciare all’acqua corrente, ma al profumo per ambienti no, in quella casa.

Che ci si poteva fare, Mino odiava il fumo, e da quando Alberto era arrivato in quella casa non faceva altro che fumare.

Sarebbe stato più comodo chiedergli di uscire in giardino, ma a Mino non erano mai piaciute le cose semplici, o ovvie, o semplicemente sensate.

“A che stai pensando?”chiese Mino pacato versandosi del tea ormai freddo in una tazza rimasta sul tavolino del salotto da tempo.

“A quanta gente possiamo subaffittare…” disse Alberto senza guardarlo e dando una boccata distratta alla sigaretta.

“E a conclusione sei arrivato?” domandò tranquillo portando la tazza alla bocca e guardandolo da sotto le ciglia lunghe con aria civettuola.

“Beh, che se tu vieni a dormire in camera mia la tua stanza potremmo affittarla a tre o quattro persone…poi avremmo quell’altra stanzetta in fondo al corridoio… bisognerà schiodare la finestra… ma direi che anche lì in due ci si può stare…” decretò.

“E poi c’è la soffitta” aggiunse suo zio compunto sorbendo un po’ di tea.

“Ma sei pazzo?” sbottò Alberto “A parte il fatto che c’è da prendersi il tetano solo a guardarla quella soffitta, poi è bassissima, io non riuscirei nemmeno a starci in piedi!” esclamò.

“Questo è perché tu sei alto, prendi nota che la soffitta dovremmo affittarla a qualcuno più basso di un metro e ottanta” concluse.

Alberto si passò le mani sulla faccia. Suo zio era assurdo. Lo sapeva, era meglio fare il pendolare, in fondo Russi non era così lontano da Bologna, sì avrebbe dovuto fare il pendolare, invece di trasferirsi dal quello zio fuori di zucca.

Alle feste di famiglia non si era mai reso conto del tutto di che cosa fosse quello zio, e a quel punto ne stava pagando le conseguenze.

“Bisognerà preparare dei volantini…” disse poi non volendo più pensare alla questione della soffitta.

“Già, e nel frattempo, prima di prendere il nostro primo affitto bisognerà farci rimettere l’acqua”disse Mino con aria strana, senza guardarlo.

Alberto si irrigidì fiutando il pericolo.

Suo zio alzò le sopracciglia con fare eloquente.

“Non chiederò un prestito alla mamma ok? Non lo farò! Sia chiaro!” sbottò alzandosi e andando via.

Mino alzò le spalle e diede un cricco al profumatore per ambienti che sbuffò fumo alla violetta.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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