Non riesco a stare
lontana da questo sito per molto… eh eh eh… Avverto
subito che questa storia è tendenzialmente assurda, o meglio, per quanto
io mi occupi quasi sempre di personaggi tendenzialmente caricaturali in questo
caso credo di aver calcato ancora di più la mano.
Gli affitti e le
convivenze difficili sono un espediente strausato, e su EFP
ne ho già viste parecchie, ma è un argomento che alla lontana ho
già toccato e che mi ha sempre fatto ridere, così alla fine mi
sono decisa a scrivere qualche cosa incentrato proprio su questo pretesto.
Sono rimasta
parecchio indecisa sulla sezione da attribuire a questa storia (romantico o
commedia?) per adesso sta qui, poi più avanti vedrò se per caso
non sia meglio spostarla per via dell’evolversi della trama (potrebbe
succedere qualsiasi cosa, le storie non vanno mai del tutto come le pianificoXD).
Ne approfitto per
ringraziare tantissimo chi ha commentato l’ultimo capitolo di Im20mq, mi avete fatto davvero piacere, volevo rispondere
con una mail, ma mi sentivo pedante, perciò ringrazierò
così.
Spero che Nel dubbio Nega via piaccia ^.^
Nel Dubbio Nega
Capitolo Primo
In Principio fu
l’Acqua
Alberto
si svegliò con la bruttissima sensazione di essersi preso una sbronza
colossale il giorno prima. E con un odio incredibile per la luce che filtrava
dalla finestra, che stupidamente aveva lasciato aperta prima di andare a letto.
E
se fosse stata una sbronza, la causa di tutto ci sarebbe potuto anche passare
sopra, ma tutto quel malessere era solo ed unicamente colpa dello studio.
Colpa
degli stupidi libri che lo avevano tenuto sveglio fino alle quattro di notte.
Si
mise faticosamente a sedere sbattendo le piante dei piedi nudi sul pavimento
umido.
In
quella stupida casa era sempre perennemente umido. Alberto si chiedeva come
facesse il parquet a non essersi ancora imbarcato. Se lui fosse stato nel
parquet si sarebbe imbarcato per protesta, per ottenere un cavolo di
deumidificatore.
Ma
quello svitato di Zio Mino non avrebbe mai accettato una rivolta da parte del
pavimento. Anzi, si sarebbe messo lì convinto che con una buona e sana
chiacchierata con delle assi di legno si sarebbe risolto tutto, e che anche
l’umidità sarebbe giunta alla conclusione che sarebbe stato
più ovvio che lei se ne fosse andata da sola.
Era
proprio così che andava in quella cavolo di casa.
A volte si pentiva di non aver fatto il pendolare, almeno a casa sua era meno
umido, e dato che suo fratello Paolo se ne sarebbe andato a giorni avrebbe
anche avuto una camera tutta per sé.
Si passò le
mani tra i capelli biondo cenere, anch’essi umidi, e cercò di
aprire gli occhi per visualizzare cosa ci fosse intorno a lui.
Fu
accecato dalla luce e li richiuse, sospirando
scocciato e distrutto. Maledetta università.
Si
alzò tenendo gli occhi socchiusi, in modo da non essere accecato, ma non
rischiare neanche di andare a sbattere contro gli spigoli.
Casa di Zio Mino era famosa per i suoi
spigoli.
A
guardarla distrattamente non l’avresti mai detta così stracolma di
insidie, ma non potevi azzardarti a perdere l’equilibrio se non volevi
trovarti crocifisso a una quantità esorbitante di spigoli e ganci
spuntati lì come per magia.
A
passi lenti e pesanti si trascinò fino al bagno, aveva decisamente
bisogno di mettere la testa sotto il getto dell’acqua fredda, per svegliarsi,
per riprendersi, un po’ come se avesse davvero avuto una sbronza.
Aprì
il rubinetto del lavandino e… non uscì nulla.
Un
urlò fece tremare la casetta dagl’infissi
bianchi.
“ZIIIIOOO!!!”
Zio Mino del canto suo, vestito di bianco
come per accomunarsi alla sua dimora, lo ignorò
bellamente e continuò i suoi respiri zen con la gamba dietro al collo,
seduto sotto l’arancio. Ignorava il fatto che stesse piovendo a dirotto,
poteva benissimo ignorare anche un nipote isterico.
Poco
dopo Alberto uscì con un salto dalla finestra della cucina urlando e
finendo con entrambi i piedi nudi dentro una pozzanghera.
Avrebbe
potuto usare la porta d’ingresso. Avrebbe potuto usare la porta del
retro. Ma gli era venuta una tale rabbia addosso, che la prima apertura che aveva
trovato l’aveva presa per buona.
“Zio! Perché cavolo non esce l’acqua dal
rubinetto?” sbraitò arrivandogli alle spalle, mentre la pioggia
fredda iniziava a bagnarlo e il bordo dei pantaloni finiva nel fango.
Zio
Mino rimase immobile, solo le narici si allargarono un po’ più del
solito, in un respiro zen un po’ più profondo. Suo nipote
aspettava una risposta con le mani sui fianchi. Lui non lo vedeva, ma lo
immaginava un po’ come sua madre quando da piccolo non voleva fare i
compiti di matematica, non gli era mai piaciuta la matematica, proprio no!
Si
mise l’altra gamba dietro il collo riportando a terra la prima e disse
“Forse qualche giorno fa mi è arrivata una lettera del comune che
diceva che mi avrebbero tolto l’acqua, ma non sono sicuro di ricordarmi
bene, Luigino…”
“Eh? Come non sei sicuro? E poi perché ci
dovrebbero togliere l’acqua scusa?”sbraitò Alberto isterico.
Un po’ perché lo zio si ostinava a non ricordarsi il suo nome, un
po’ per il suo atteggiamento nei confronti del problema era alquanto menefreghista.
“Non
ho pagato la bolletta…”disse tranquillo con un respiro profondo. Se
la pressione di zio Mino era la più sana del rione, quella di suo nipote
si stava alzando a dismisura.
“Come sarebbe a dire che non hai pagato la
bolletta dell’acqua? E come hai intenzione di fare adesso scusa?” sbottò
iracondo.
“Beh,
intanto piove, approfittane” rispose pacato suo zio.
“Starai
scherzando spero!” esclamò il ragazzo irritato. Fu allora che Mino
gli fece la cortesia di mettersi in una posizione normale e di guardarlo.
Il
suo sguardo era perentorio, se si poteva definire così. Alberto si mise
composto sostenendo l’occhiata sbieca dello zio.
“Non
avevo soldi per pagarla, mi pare ovvio, Gino”spiegò.
“Per forza, non fai nulla! Dovresti trovarti un
lavoro!” esclamò scaldandosi.
“Io
ce l’ho un lavoro” rispose pacato lo zio “Sono uno psicologo”
“Sì,
uno psicologo disoccupato!” sbottò stizzito Alberto distogliendo
lo sguardo da suo zio per fissare la strada fradicia. Fece qualche passo avanti e indietro, con
le mani ficcate in tasca, indeciso sul da farsi.
“Non potresti trovarti un lavoro? Che so fare il commesso al
supermercato, almeno così potresti pagarti la bolletta
dell’acqua” disse poi in un sussurro che somigliava più a
una supplica.
“Perché
invece non te lo trovi tu un lavoretto mio caro Alfonso?” rispose suo zio
per la prima volta vagamente irritato.
“Perché io sto studiando per
l’università! Ho
studiato fino alle quattro sta notte! E ho la testa che mi scoppia! Dimmi come potrei fare a mettermi pure a lavorare scusami?”
sbottò nuovamente adirato il nipote.
Mino
batté un pugno sulla terra umida e disse in tono esasperato “E va
bene, troverò una soluzione, troverò dei clienti e…”
“Che clienti vuoi trovare zio? Mica cadono dal cielo i clienti
depressi!” lo rimbeccò Alberto.
Mino
si passò la mano tra i pochi capelli rimasti “Allora
subaffittiamo” concluse “Subaffittiamo” ripeté per
essere sicuro che Alberto avesse sentito.
“Subaffittiamo!”
esclamò il ragazzo con fare strafottente “Subaffittiamo!”
concluse sempre più convinto avviandosi verso casa.
“Fatti
una tisana alla rosa, è ottima per le sbronze”esclamò poi
mentre il nipote se ne andava infilandosi una gamba dietro alla testa.
“Non
ho una sbronza!” esclamò Alberto sulla soglia.
“Una
sbronza da studio… è la stessa cosa…”disse con un
sorrisetto tra sé, lo psicologo.
Quando
zio Mino arrivò in salotto, più tardi, bagnato fradicio,
trovò suo nipote seduto sul divano a fiori con lo sguardo perso e una
sigaretta appesa distrattamente tra indice e medio.
si
avvicinò asciugandosi le mani che erano ripetutamente finite nel fango.
Il
suo vestito bianco era rimasto immacolato. Alberto si chiedeva sempre come
facesse ad andare in giro tutto l’anno vestito di candore senza mai
sporcarsi.
Zio
Mino era alto, con le spalle larghe, e la sua magrezza non lo faceva sembrare fragile,
piuttosto attirava l’attenzione la sua pelle eccessiva. Non erano rughe,
era come se fosse dimagrito troppo velocemente, e ce ne fosse in eccesso.
I
capelli erano radi e castani , se ne andava in giro
vestito di cotone bianco e infradito.
Mino
diede un colpetto leggero al profumo per ambienti e quello fece uno spruzzo
alla violetta.
Si
poteva rinunciare all’acqua corrente, ma al profumo per ambienti no, in
quella casa.
Che
ci si poteva fare, Mino odiava il fumo, e da quando Alberto era arrivato in
quella casa non faceva altro che fumare.
Sarebbe
stato più comodo chiedergli di uscire in giardino, ma a Mino non erano
mai piaciute le cose semplici, o ovvie, o semplicemente sensate.
“A
che stai pensando?”chiese Mino pacato versandosi del tea ormai freddo in
una tazza rimasta sul tavolino del salotto da tempo.
“A
quanta gente possiamo subaffittare…” disse Alberto senza guardarlo
e dando una boccata distratta alla sigaretta.
“E
a conclusione sei arrivato?” domandò tranquillo portando la tazza
alla bocca e guardandolo da sotto le ciglia lunghe con aria civettuola.
“Beh,
che se tu vieni a dormire in camera mia la tua stanza potremmo affittarla a tre
o quattro persone…poi avremmo quell’altra stanzetta in fondo al
corridoio… bisognerà schiodare la finestra… ma direi che
anche lì in due ci si può stare…” decretò.
“E
poi c’è la soffitta” aggiunse suo zio compunto sorbendo un
po’ di tea.
“Ma
sei pazzo?” sbottò Alberto “A parte il fatto che
c’è da prendersi il tetano solo a guardarla quella soffitta, poi
è bassissima, io non riuscirei nemmeno a starci in piedi!”
esclamò.
“Questo
è perché tu sei alto, prendi nota che la soffitta dovremmo
affittarla a qualcuno più basso di un metro e ottanta” concluse.
Alberto
si passò le mani sulla faccia. Suo zio era assurdo. Lo sapeva, era
meglio fare il pendolare, in fondo Russi non era così lontano da
Bologna, sì avrebbe dovuto fare il pendolare, invece di trasferirsi dal quello zio fuori di zucca.
Alle
feste di famiglia non si era mai reso conto del tutto di che cosa fosse quello
zio, e a quel punto ne stava pagando le conseguenze.
“Bisognerà
preparare dei volantini…” disse poi non volendo più pensare
alla questione della soffitta.
“Già,
e nel frattempo, prima di prendere il nostro primo affitto bisognerà
farci rimettere l’acqua”disse Mino con aria strana, senza
guardarlo.
Alberto
si irrigidì fiutando il pericolo.
Suo
zio alzò le sopracciglia con fare eloquente.
“Non chiederò un prestito alla mamma
ok? Non lo farò! Sia chiaro!” sbottò alzandosi e andando via.
Mino
alzò le spalle e diede un cricco al profumatore per ambienti che
sbuffò fumo alla violetta.