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Autore: Slits    30/01/2010    6 recensioni
Il passato del biondo riaffiora fra ricordi di neve e sangue.
« Cuoco! » i passi del biondo rallentarono fino ad arrestarsi del tutto. Almeno questo, si ritrovò a pensare, glielo avrebbe dovuto concedere.
« Sintetico, spadaccino. »
« Attento a non perderti. »

Solo pezzi infinitesimali. A Zoro non sarà concesso nient'altro per salvarlo.
[Zoro/Sanji]
[!Angst]
{~ Moving into the past: #1}
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Step on memories.


- E'… grande! No, no! E’ immensa! E’ immensamente grand… -
- Dacci un taglio, idiota. Il fatto che sia così grande va tutto a tuo svantaggio, fidati. –
- … -
- Che c’è adesso? –
- Grazie per avermi portato con te alla fine. -
- …
Stammi vicino, principino. Non vorrei tornare alla villa senza la regale scorta questa sera. –



Le cose da allora erano cambiate.
Il tempo aveva trasformato quelle mura gravide di vita in un fitto intrico di vie e stradine, insolitamente tortuose. Si incrociavano come una ragnatela raggiungendo ogni angolo dell’isola, insinuandosi serpentine nelle pieghe dei monti per poi uscire nuovamente nelle valli, ricongiungendo interi centri.
Non esisteva più la città, le piazze gremite di mercanti erano adesso vuote, il vociare spento. Come una bolla l’intera popolazione si era lasciata lentamente risucchiare dagli eventi fino ad atrofizzarsi all’ombra dello splendore di un tempo. La cenere della sigaretta ora sporcava un’aria che altrimenti avrebbe saputo di qualcosa andata irrimediabilmente a male, il suo respiro gelava un vento già freddo.
Il biondo alzò appena un po’ di più lo sguardo, verso i tetti sporchi di fuliggine e bruciato, ed inconsapevolmente si scoprì subito dopo a chinare il capo.
Era frustrante ammettere l’ascendente che quell’indecoroso spettacolo avesse ancora su di lui. Era frustrante il semplice credere di stare provando, ancora una volta, sensazioni che un pirata non avrebbe nemmeno dovuto conoscere.
Un sentimento insensato perché, in fondo, lui quella città l'aveva disconosciuta anni ed anni prima. Ed alla frustrazione allora si univa la rabbia.
E gli sembrava quasi di sentirla gorgogliare dentro di sé, fargli prudere le mani a tal punto da costringerlo a tenerle premute in tasca per il timore che potessero prendere vita propria e sporcarsi per la prima volta di sangue.
Di tanto in tanto capitava poi che gli si serrassero fra la stoffa, con forza, quando, giunto ad una nuova via, si scopriva a riconoscere un nuovo pezzo di qualcosa che oramai credeva aver dimenticato. Speranze sciocche perché ad ogni ricordo rovinato se ne sommava uno ancora più antico, sgualcito come il cotone che le sue dita ostinatamente continuavano a grattare dall'interno della giacca.
Semplici contorni ad una genesi che prima avrebbe raggiunto e meglio sarebbe stato per la sua mente.
Troppo pesante adesso, troppo piena per poter anche solo sperare di riuscire ad andare avanti con quella ridicola farsa.

- Merda… -



- Una libreria! Guarda! Guarda là! La vedi anche tu? La vedi, vero?! -
- Il fatto che non stia saltando come un idiota non implica il fatto che non possa vederla. -
- Allora possiamo entrarci? Possiamo, no?! -
- Che ci devi fare? -
- Possiamo sì o no? -



Quell'imprecazione era uscita senza il consenso dei pensieri dalle sue labbra. Era stato un istinto spontaneo in sin dei conti.
I suoi passi - passi stanchi, passi quasi non calcolati per quanto assenti, lo avevano portato inevitabilmente alla prima breccia in grado di mostrare le sue ferite al di sotto di quella maschera. E la mente, discorde come qualsiasi altra volta, si era limitata semplicemente ad esprimere la sua.
Il succo della questione si sarebbe potuto racchiudere in questo.
Mosse i primi passi fra colonne portanti e scaffali del pianterreno, ammassati in un unico angolo della villetta quasi come in attesa che qualche anima pia si levasse dai detriti ed incominciasse a separarli nuovamente, mandandone le une ai piani superiori e gli altri, invece, nell'androne. Un'entrata sporca, buia ed insolitamente infestata dal lerciume. Eppure anche gravida di memorie, talmente piena da creder quasi di potere scoppiare.
Il biondo scosse la testa, cercando inutilmente di ritrovare un senso fra i pensieri. In quel posto, ne era certo, vi era stato un'unica volta, anni ed anni prima.
Cedere così facilmente, a qualcosa di così lontano, non era di certo ciò che si sarebbe aspettato quel giorno.
Strinse con rabbia la sigaretta fra gli incisivi e spingendo ancor più le mani nelle tasche ricominciò a camminare. Passi silenziosi, passi felini.
Soliti passi in quel locale che più guardava e più sentiva storcergli le viscere, quasi come se mosso da volontà propria.
- Merda. - questa volta le sue parole erano risuonate un pò più concise, in qualche assurdo modo vagamente sicure.
L'edera davanti a sé se ne sporcò appena le foglie, facendole oscillare mestamente sotto il peso scostante del suo respiro.
In una complessa protezione il rampicante avvolgeva l'intero casolare, pochi ruderi ancora in piedi, penetrando dai vetri rotti delle finestre sin dentro le camere più esposte.
L'intonaco ancora visibile al di sotto delle piante era invece rosso acceso, vivo. Come una fiamma ardente si limitava a berciare ampi spazi di fogliame, facendo capolino fra le pareti scrostate ed i grandi fori dei primi mattoni.
Non era un colore comune, non era stato ideato per adornare e basta.



- E' fatto per pulsare, un pò come il sangue che ti scorre nelle vene e ti tiene in vita. Qualcosa di metaforico, insomma… Capisci, ragazzo? -
- Credo di sì, signora. Però continua a farmi un pò impressione… -
- E nonostante questo sei entrato nel mio negozio? Devi essere un ometto coraggioso allora! -
- Umph… -
- Gli schiavi non sono ammessi qui dentro. Aspetta il tuo padroncino fuori, tu. -
- … -
- Allora, piccolo, dimmi un pò! Che libro posso venderti oggi? Sai, mi è appena arrivata un’enciclopedia sui frutti del diavolo. Oppure, se preferisci le avventure, ho anche un nuovo libro sulle meraviglie dell’All Blue…-
- …
Mi sono appena ricordato di non aver portato il borsellino con me. La ringrazio, ma sarà per la prossima volta, signora. -



Scostò con il piede alcuni detriti, in un movimento assente, e rimase ad osservare immobile l’insignificante fazzoletto di mondo che quel gesto era riuscito a portare allo scoperto.
Un ammasso informe di legno marcio e fogli ingialliti si limitò a rispondere atono al suo tocco, scivolando sul pavimento della stanza fino ad arrivare alla minuscola uscita secondaria, di emergenza probabilmente, nascosta appena dietro il pesante bancone.
Lo seguì con lo sguardo, socchiudendo gli occhi quando un tonfo sordo gli fece intuire che l'esile uscio doveva aver resistito nonostante tutto, come a voler ridicolizzare gli anni e le intemperie trascorse.



- Un principe senza regno… chi mente ai propri sudditi. -
- Io non dico le bugie! -
- No, dici semplicemente stronzate. Hai ragione, principino. -
- Si può sapere che cavolo ti prende? -
- Perchè non hai comprato quel libro? -
- Perchè non avevo soldi con me! -
- Perchè non hai comprato quel libro, Sanji? -
- …
 Perchè non mi è piaciuto come quella signora ti ha trattato… -



Fu sufficiente una leggera pressione delle dita per farlo spalancare.
L’immenso parco su cui in passato si sarebbe affacciato adesso era rovinato, intrappolato in una fitta rete di rovi e piante a fusto lungo, ghiacciate dalle radici sino alla cima a causa del gelo.
In una grottesca immagine si limitavano a riempire ogni singolo spazio vuoto nella maestosità di quel giardino, fondendosi con l’edera in un caleidoscopio di colori spenti. Aridi.
Il biondo chinò appena un po’ di più lo sguardo, verso la pesante lastra di marmo ai suoi piedi e ne tastò con un movimento di punta la consistenza. Era denigrante pensare come, a dispetto di tutta la voglia di vivere di coloro che l’avevano limata, fosse rimasta la sola cosa in quell’insulsa città a rimanere ancora integra.
Ma fu unicamente nell’istante in cui si mise a sedere, arpionandosi con le dita alla pietra pur di non scivolare, che si rese conto di quanto i suoi sensi l’avessero voluto far sbagliare. Non un centimetro, non un singolo frammento di roccia viva era rimasto illeso alla furia di quelli ultimi undici anni.
Le crepe, seppur talmente sottili da dare l’illusione di appartenere ad un unico strato di polvere, si erano ramificate con continua insistenza, assorbendo pacatamente ogni colpo sino a diradarsi. Lì, immobili in quel misero fazzoletto di mondo da oltre un ventennio, attendevano unicamente il colpo di grazia per andare in frantumi.



- Siediti. -
- Ma il marmo qui è freddo! Non possiamo tornare a camminare? –
- Non te lo ripeterò un’ultima volta: siediti, dannato idiota. -



Un ventennio… e dire che era sicuro che quella merdosa pietra ne avesse appena la metà, di quelli anni.


- Privare un sadico del suo spettacolo non è mai una buona cosa. -
- Non capisco… -
- Credi che quella vecchia si sia limitata a seguire le leggi sbattendomi fuori di lì? Lo ha fatto perché la cosa, lo spettacolo, la divertiva. E tu, agendo da perfetto idiota quale sei, andandotene l’hai privata di un compagno con cui poter ridere. –
- Ma… -
- Hai agito seguendo la tua idiozia, lo so. Ma così facendo non hai potuto comprare quel fottuto libro, no? Era lo scopo per cui mi hai trascinato fino a questo buco e te lo sei lasciato sfuggire.
Quindi adesso ascoltami bene, principino, perché fuori di qui, in quel mondo di bastardi, non incontrerai più nessuno pronto a ripetertelo; se perdi di vista i tuoi obiettivi, non importa per chi, non importa per cosa, finirai schiacciato. Chiaro? –
- Ma, t… -
- Chiaro? –
- Sì. –



Si accese nervosamente una sigaretta quando la consapevolezza di ricordare persino il benché minimo – ed oltremodo stupido, particolare di quel giorno incominciò a farsi strada dentro di sé.
Ogni suo buon proposito si era ritrovato ad andare al diavolo dal momento in cui era entrato in quel posto.
Aveva voluto fingersi forte, sfidare quelle ombre e dimostrarsi una volta per tutte di averle lasciate chilometri e chilometri dietro di sé.
Gli era bastato tuttavia sedersi su un gradino rovinato ed attendere che la realtà lo investisse nuovamente, dura ed ispida come le gomene, per capire quanto ogni suo tentativo non fosse stato che una sciocca presunzione. Aveva voluto mostrarsi forte.
Tutto ciò che era riuscito a raccogliere, invece, era stato un insieme infinitesimale di cocci.
Pezzi minuscoli, poco più grandi della brina che ad ogni sibilo di vento nella sua direzione sentiva innalzarsi e colpirlo con rinnovata insistenza.
Rimase immobile per alcuni istanti, con lo sguardo fisso oltre la vetrata infranta del locale ed un braccio stupidamente penzoloni lungo i fianchi, di tanto in tanto scosso da un involontario brivido di freddo.
Costatare come, nonostante il passare degli anni, quel casolare riuscisse ancora a solleticare la sua curiosità era stata forse la cosa che maggiormente fosse riuscita a colpirlo quel gelido pomeriggio. Credeva di essere cambiato, e tanto anche.
Ma invece, in un profondo che per troppo tempo si era riproposto di ignorare, era rimasto lo stesso bambino di undici anni prima. Il moccioso che credeva nei sogni che faceva ed in quelli che gli dicevano; che, in maniera morbosa ed innegabilmente infantile, pensava che al mondo non vi fosse sofferenza, che le persone fossero buone e che chi gli era accanto non lo avrebbe mai potuto ferire.



- Tsk, sognatore. -
- Solo perchè non l'hai visto con i tuoi occhi non vuol dire che non esista! Mamma dice sempre che… -
- Tua madre non è Dio, sempre a patto che ve ne sia uno. Non può di certo sapere se un mare simil… -
- Quel mare, il miracoloso, esiste! Io lo so! -
- E cosa te lo dice? -
- Il mio istinto! -
- …
Ti basta semplicemente quello per credere ad un' idiozia simile? -
- Sì! E… e non è un'idiozia! E' la pura verità!-
- … -
- Che hai da sorridere adesso? -
- Non sei cambiato affatto da quando ti ho conosciuto, Sanji. Sempre lì, a fantasticare sulle cose… -
- E piantala di prendermi in giro! -
- Sperare in qualcosa di meglio non è sempre un difetto, principino. -



Speranze. Sciocche ed inutili speranze.
Dov’erano quando ingenuamente aveva sperato che piangere potesse acquietare il fuoco? Quando le mani, le dita ed i palmi erano affondati in cumuli e cumuli di cenere riuscendone sporchi di carne e lapilli?
Quando i nervi del sinistro avevano incominciato a bruciare e bruciavano, bruciavano da far male, mentre erano solo ombre le sole cose che riuscisse a scorgere intorno a sé? Le speranze erano lì, a rider di lui probabilmente e ricordargli quanto fossero inutili.
Ecco dove.
Spense lentamente quell’ultima paglia.
E rimase immobile ancora per alcuni istanti, beandosi del sapore acre della cenere sulle labbra, bruciante sulla pelle scoperta delle mani dove lentamente era scivolata senza che neanche se ne accorgesse. Poi si alzò, gettando lontano da sé il filtro con un movimento annoiato delle dita.
- Che diavolo…qui sto soltanto perdendo tempo. – non disse nient’altro.
Non vi era nient’altro di cui dovesse convincersi, del resto.



---
R
ingraziamenti speedo perché, disgraziatamente, ho una dannata fretta addosso.
Colgo quindi l’occasione per ringraziare dalla parte più nascosta e pulsante del mio cuoricino d’amianto tutte le persone che hanno recensito, seguito e preferito la storia.

E sì, anche tu visitatore occasionale che mi segui semplicemente.
Grazie, grazie davvero a tutti.

   
 
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