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Autore: Karyon    31/01/2010    1 recensioni
Joe sospirò «Come posso sapere se è lui, quello giusto voglio dire?»
Brian rise «Non essere idiota, non si sanno quelle cose! Al massimo le senti, ma è soggettivo…»
«Cazzo, è una fregatura!»
«Puoi dirlo forte!»
(Partecipa all'iniziativa "A year together" del Collection of Starlight).
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se c’era una cosa che odiava, era il ritardo.
Il ritardo con la vita, ecco cosa odiava. 
Il ritardo nel capire le cose – anche se le sentiva prima,
sempre troppo maledettamente presto. 
Era il cervello che girava male,
in ritardo.

E lui era quasi costretto a chiederlo,
se era quello il momento che stava aspettando 
con tutto se stesso.

 
Blue Light

Kurt aprì la porta raschiata di rosso cupo, buttando un’occhiata casuale al corridoio stretto dalle pareti a mattonelle scure e scrostate; sorrise, poi la spalancò totalmente, inclinando il capo su un lato.  guardarlo così, con le scarpe ormai sbiadite a ciondolare sul muretto e la felpa di tre taglie più grandi a fagocitarlo, faceva quasi tenerezza.
«Ehi, biondo...» chiamò, affondando le mani nei jeans strappati.
Joe si girò, sgranando per un attimo gli occhi – che lui sapeva essere di un azzurro chiaro, nonostante la luce blu che lo bagnava a intermittenza.
«Questa stupida lampada è rotta» fece con voce cupa, allungandosi le maniche della felpa grigia sulle mani sottili.
Kurt si scostò dalla parete, sempre col sorriso sulle labbra ma con un leggero cipiglio preoccupato sul volto stanco «Qualcosa non va?»
Joe scrollò il capo, in silenzio. 
«Andiamo, non sei stato così silenzioso nemmeno quando ti ho picchiato la notte che ci siamo conosciuti!» Esclamò Kurt, facendo scorrere una mano sul ripiano sgangherato dove l’altro era seduto; diamine quel posto cadeva a pezzi in ogni angolo.
«Guarda che mi hai colpito perché io ero occupato a salvare la vita a quella pover’anima che stavi pestando!» Sbottò, alzando finalmente la testa. 
La luce si spense per un attimo, lasciando il corridoio al buio, poi il blu tornò a inondarli. 
«Cristo, odio quella stupida cosa» commentò seriamente Joe, fissandolo negli occhi. 
Kurt rise, con quella sua risata tanto aperta e contagiosa, poi lo guardò a occhi luccicanti «Come al solito… non riesco mai a capire che accidenti ti passa nel cervello…»
Questa volta lo vide il colore degli occhi, quando si spalancarono di nuovo quasi a inghiottirgli il viso pulito «Perché? Mi sembra una constatazione giusta, dopotutto solo quella pazza di Denise può amare una luce così grezza» fece ingenuamente, mentre Kurt sbuffava roteando gli occhi. 
«Dimenticavo… l’esperto di eleganza e raffinatezza…»
Joe ghignò «Tu non parlare. Il tipico musicista dall’aria maledetta. E’ così démodé…» commentò, squadrandolo. Da bravo musicista, quello possedeva l’innata capacità di vestirsi peggio di quanto avrebbe potuto fare un procione al buio: jeans strappati, maglia bianca sgualcita, gilet che pareva aver visto secoli migliori e guanti di pelle.
«Sei vestito in modo orrendo».
«Sì, anch’io sono contento di vederti» replicò Kurt, poggiando i palmi aperti ai lati delle sue gambe, per poi tornare a fissarlo da vicino. Fin troppo, a pensarci bene.
Joe tossì, spostando lo sguardo verso la lampadina dal vetro blu, sfidandola a spegnersi proprio in quel momento – mentre era sicurissimo che quel bastardo sfrontato potesse sentirgli il cuore ballargli la samba.
E dire che di solito era lui quello sfacciato, che rompeva le palle con le sue calorose dimostrazioni di affetto; saltava, abbracciava, baciava, sfiorava e mordeva – talvolta – in momenti assolutamente imbarazzanti e non consoni, giusto per far casino. 
La metà delle volte, Brian lo mandava a uccidersi con un’occhiata di fuoco e Mia gli mollava un pugno, ma andava bene così; tuttavia non aveva mai considerato di finirci lui, dall’altra parte. 
E, soprattutto, non con un musicista incapace di abbinare i colori, con un pagliaio di capelli aggrovigliati in testa e un paio di bacchette da batteria infilate nei jeans del secolo passato.
«Ehi, sei ancora tra noi?» 
La voce divertita gli arrivò all’orecchio, proprio mentre la luce si spegneva di nuovo e per più tempo, ovviamente. Joe ebbe la sacrosantissima voglia di frantumargliela in testa, così si levava due problemi di torno. 
Il secondo problema, poi, sembrava alquanto silenzioso e la cosa accadeva talmente raramente che si fece coraggio e sospirò un «Kurt, sei vivo?», con la voce che gli usciva in patetici sussurri tremolanti.
«Sì» replicò l’altro, con tono rauco.
Ora che era buio, ora che il locale era vuoto e c’erano solo loro due, sentiva il cuore battergli in modo troppo assurdo per essere vero; probabilmente gli avrebbe sfondato le costole a breve.
«Credo che approverò la mozione di B. sulla distruzione di ogni lampada blu presente in un raggio di-» la voce gli sfumò in un sussulto - fermando i soliti vaneggiamenti folli -, quando si rese conto che i suoi polpastrelli gelidi gli stavano sfiorando la base del collo. «Non è stupido per voi musicisti indossare guanti a mezze-dita?» Gli venne fuori, prima che potesse mordersi la lingua e tranciarsela una buona volta.
La risata di Kurt fu bassa e vibrante e – manco a dirlo – gli scivolò direttamente sulla pelle, facendogli venire i brividi. Porca miseria, forse quell’idiota di Brian aveva ragione quando diceva che sembrava una ragazzina in piena tempesta ormonale.
Mentre la fredda pelle del guanto sinistro gli solleticava il collo, l’altra mano gli sfiorò un ginocchio, fino a piantarsi sulla coscia con abbastanza pressione da fargli avvertire il freddo attraverso il jeans nero. 
La luce tornò con un ‘beez’ acuto e il blu li bagnò con getto crudo, immobilizzandoli.
Probabilmente erano entrambi indecisi se scoppiarsi a ridere in faccia – avevano sicuramente delle facce da scemi entrambi – o fare finta di nulla.
Joe decise di stare semplicemente zitto, tanto per cambiare: era ancora troppo impegnato a controllare che il cuore non gli schizzasse fuori, così si mise a contare le pagliuzze verdi sparse qua e là negli occhi nocciola.
«Sì, è stupido» decise invece di rispondere Kurt, con un sorriso tanto dolce da fargli perdere quel dannato conto. Joe sorrise: se avesse usato la parola dolce associata al suo nome, lo avrebbe pestato. 
«Cos’hai da ridere tu?» Gli chiese l’altro, inarcando un sopracciglio mentre le dita salivano ad accarezzargli la mandibola.
«Beh, pensavo alla parola che "non-bisogna-nominare"» replicò il biondo, stringendo i polsini della felpa.
«Credi che i deliri da luce blu possano rassegnarsi per un attimo soltanto?» Domandò Kurt improvvisamente, senza staccare gli occhi da lui.
Joe tornò a guardarlo come attirato da una calamita e annuì in silenzio, mentre le loro labbra si sfioravano delicatamente; provò a guardarlo per un altro istante, poi serrò gli occhi e si lasciò andare dopo tanto tempo. 
Una mano salì ad affondargli nei capelli corti e i suoi fianchi gli sfiorarono le ginocchia, quando si avvicinò. Il bacio si approfondì, diventando più passionale. Tuttavia, allo stesso tempo, la ragione gli tornò a occupare la mente assieme a quel biglietto con un appuntamento e un’offesa, scritto con una calligrafia sregolata e cattiva.
Andrew Joceley, front-man degli Blind Eyes aveva dato appuntamento a Kurt per le prove "alle dieci in punto", aggiungendo poi se "non era per caso troppo impegnato con quella checca che si scopava". Nonostante quello che provava, nonostante avesse visto il biglietto per puro caso e la presunta omofobia di quel cazzone fosse ormai pubblica... non riusciva a farsene una ragione. 
Solo l'idea che Kurt scherzasse a quel modo su di lui o chinuque altro gli metteva i brividi.
Joe alzò una mano a stringergli il polso con un gemito sottile e Kurt si scostò lentamente, con un sospiro. 
«Io…» cominciò, mordendosi il labbro inferiore.
Kurt scrollò il capo, poi gli passò una mano ad arruffargli i capelli «Io vado a fare le prove, piccolo» lo interruppe.
Joe sorrise per un attimo a sentire quel soprannome che tanto amava e che pronunciato da lui assumeva sfumature completamente nuove, poi un pensiero tornò a oscurargli la mente e Kurt lo guardò severo «Io non sono Andrew, non scordarlo mai» gli fece, con una sola nota fredda. Ormai quel discorso era stato fatto e rifatto, sviscerato sotto qualsiasi angolazione possibile, eppure lui ancora non riusciva a fidarsi; cominciava quasi a pensare di doversi offendere.
Joe sussultò «Lo so» rispose saltando giù dal ripiano, per poi fermarsi: sapeva che lui non era come quello stronzo del suo cantante, però erano amici; come poteva fidarsi di uno che aveva come amico un omofobo della peggior specie?
Il sospiro pesante di Kurt lo distrasse, così alzò timoroso lo sguardo «Mi spiace» disse.
«Ho tre giorni per lasciare la band… o per farmi qualche puttana, in alternativa» rispose l’altro, ignorando le sue scuse.
«Che cosa?!»
Kurt lasciò aderire la schiena alle fredde mattonelle e fece un sorriso amaro «Già. Probabilmente pensano che non scopo abbastanza e che sia per questo che mi rivolgo agli uomini».
Joe appoggiò la schiena al ripiano, incrociando le braccia «Neanche mia madre ha questa visione della vita» grugnì, incazzato.
«Però a me non interessa particolarmente…»
«Mi spiace di essermela presa con te» replicò l’altro, avvicinandosi.
«Sono abituato alle tue accuse folli» rise Kurt «Ehi…» continuò, prendendogli una mano. «Credi che la tua relazione monogama con Brian possa sopportare qualche intrusione?» Gli chiese, mentre giocherellava con le sue dita.
Joe sorrise, sentendo la faccia andargli a fuoco «Tu…?»
«Io sono per le relazioni monogame, mi pareva di avertelo detto... e non voglio sentire altre storie, biondo!» Fece, baciandolo di nuovo.
Dio, non si sarebbe mai stancato dei suoi baci, pensò Joe tentando di ritrovare un minimo di dignità perduta tossendo.
«E mi piace pure il fatto che tu sia taaanto timido» gli soffiò all’orecchio con un sussurro, prima di tornare alla porta. 
Joe gonfiò le guance, reprimendo una rispostaccia, poi trasalì «Ma… aspetta un attimo! Quindi noi…» arrossì violentemente e si ritrovò improvvisamente regredito all’età di sedici anni, alle sue prime, schive cotte per qualche ragazzo; per la prima volta desiderò essere più… adulto.
«Sì, ‘noi due stiamo insieme’ e ora piantala di arrossire, scemo!» Esclamò Kurt e la sua risata lo seguì anche quando se ne andò verso la sala.
«Quanto lo odio…» borbottò e la luce si spense. Di nuovo. «E odio anche te, maledetta!» Sbottò alla lampadina crepitante che non ne voleva sapere di starsene accesa.
«Guarda che parlare con gli oggetti non è un grande segno di stabilità mentale…»
Una voce profonda e sarcastica gli arrivò alle spalle, facendogli produrre il solito ‘squeek’ da scoiattolo impaurito. «E ormai ti spaventi così tanto che non c’è più gusto».
Joe roteò gli occhi, per poi piantarli sull’uomo più rompicoglioni che conoscesse.
«Ma smettila! Poi dici che io passo tutto il tempo a giocare…» bofonchiò, mettendo il broncio.
Brian ghignò, spostando la spalla dalla parete sulla quale era appoggiato, e si tolse gli occhiali da sole «Oho, chiedo perdono uomo maturo, non mi ero reso conto che a qualcuno fossero cresciute le palle nel frattempo…» commentò, mentre gli si avvicinava baldanzoso e arrogante come suo solito.
L’altro alzò gli occhi al cielo «Seh. Comunque. Dovremmo cambiare questa maledetta roba» fece, indicando la lampada che intanto spediva le solite luci a singhiozzo, inondandoli di tanto in tanto di blu cupo. 
Brian guardò dove gli indicava e finse un’aria assorta «Uhmmsì…» approvò, poi gli lanciò un’occhiata. «Che hai?»
«Niente» replicò lui, senza guardarlo.
«Oh, certo. E come mai ho visto il Grande Musicista uscire da questa stanza?»
Joe arrossì vagamente «Ti odio» sospirò. «E ti ho tradito…» fece, così piano che l’altro dovette sporgersi per sentirlo. 
Ci fu qualche istante di silenzio, poi Brian si passò una mano tra i lunghi capelli scuri «Beh, finalmente! Credevo non ce l’avresti mai fatta dopo… come si chiamava il tizio del Kansas?»
«Scemo…» grugnì Joe, lasciandosi nuovamente andare sul ripiano. 
Brian gli passò una mano nei capelli e ghignò nuovamente «Ok, sei troppo sconvolto persino per i tuoi standard da donnicciola in crisi ormonale, quindi sputa il rospo ragazzino!»
Il biondo provò per un attimo a eludere il discorso, ma quegli occhi scuri e dannatamente profondi piantati addosso non lo aiutavano; alla fine si arrese, con uno sbuffo impotente «Non dovresti arrabbiarti?»
«Ehi, non prendermi per il culo. E’ con me che stai parlando…» gli sussurrò lui a denti stretti. Dal modo in cui stringeva le palpebre si stava decisamente arrabbiando e non era una grande mossa, visto come poteva facilmente piantarlo al pavimento. Cosa che tra l'altro già faceva tutte le sante volte che discutevano.
«Uff è che non so spiegarti… non è tipo l’idiota del Kansas… è più… più come Jamie e Chris, ecco» provò a dire, buttando lì i due nomi della "coppia perfetta" del locale, balbettando come uno scemo e per giunta incespicando con la lingua; tra l’altro si accorse con orrore di avere un eccesso di saliva e, come se non bastasse, il cuore cominciava a rimbalzargli in gola.
Perché dire una cosa così semplice al suo caro amico Super-Etero doveva essere così complesso?
Brian stacco le mani dal ripiano e lo squadrò con aria perplessa «Oddio, intendi tipo ‘stare tutta la vita insieme’? Tipo Amore?» Sbottò e Joe si morse il labbro inferiore, socchiudendo gli occhi. 
Poi la risata profonda di Brian riempì il corridoio e il suo braccio scuro gli circondò il collo «Scemo ti prendo in giro, sono felice per te» gli soffiò in un orecchio. 
Joe batté le palpebre «Non sei incazzato?»
«Tesoro, non posso essere incazzato perché quell’imbecille di Kurt si è finalmente reso conto di come gli sbavi dietro…» cominciò, mentre lui s'indignava. «… e di che persona fantastica sei, naturalmente. Casomai m' incazzerò quando farà qualcosa di altamente stupido» concluse, togliendosi il giaccone di pelle e portandoselo sulla spalla.
«Ma…» cominciò Joe, mentre lui usciva.
«Bimbo non usarmi come scusa perché hai paura… goditela! Oh, e di' al signor ‘Guanto di Pelle’ che se osa spezzarti il cuore gli faccio ingoiare le bacchette» fece, fermandosi sulla soglia. «Non voglio essere costretto a raccoglierti i pezzi…»
Joe sospirò «Come posso sapere se è lui, quello giusto voglio dire?»
Brian rise «Non essere idiota, non si sanno mai quelle cose! Al massimo le senti, ma è soggettivo…»
«Cazzo, è una fregatura!»
«Puoi dirlo forte!» Replicò Brian, mentre si spostava per la sala. «Ora piantala con le domande da adolescente rompipalle che ho bisogno di una doccia bollente!» Gli urlò dietro. 
Dall’altra stanza, Joe rise «Vuoi una mano per insaponarti la schiena?»
«Ma spero proprio di no!» Fece  Kurt con un grugnito, mentre tornava dall’esterno con un piatto da batteria. 
Brian sbuffò, alzando due dita in segno di saluto «Rassegnati tu, sarai sempre secondo» commentò con l’ultimo ghigno, prima di defilarsi con una canzoncina stonata.
 
 
 
Note autrice
 
Oh quanto mi son divertita a scriverla! Magari non è proprio perfetta, né particolarmente originale, però io adoro questi qua - decisamente.
Ricordo per la centesima volta che Brian, Joe e – da oggi – pure Kurt sono miei, quindi non provatevi a toccarli o vi affaturo (L).
Dunque, a voi a capirci la situazione, comunque spero che il prompt sulla luce blu intermittente, sia almeno un po’ visibile. Io credo di sì.
E’ un po’ come presentare il nuovo fidanzato alla famiglia, ma qualcosa che va oltre. 
Dopotutto il rapporto tra Brian e Joe non saprei spiegarvelo a parole neanche in una giornata intera. xD
Il titolo è pessimo ma non mi veniva altro al momento, ignoratelo ù.ù
Come al solito spero in commenti e critica che possano aiutarmi.
Grazie ^O^
 
   
 
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