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Autore: Lou Asakura    04/02/2010    3 recensioni
C’era qualcosa di triste, -di devastante- in quella scena.
Nel modo in cui Kaoru continuava ad aprire e richiudere gli scatoloni che avrebbe dovuto sigillare, nel modo in cui Hikaru non andava ad aiutarlo preferendo invece rimare immobile a fissare una finestra [sigillata].
Nel modo in cui Mori-senpai non la smetteva un attimo di muoversi avanti e indietro trasportando i tavolini -lui sempre cosi torpido, cosi apatico-, ed Honey-senpai sulla sua spalla non abbracciava Usa-chan ma guardava fisso davanti a se, come pensando –una volta tanto- a qualcosa di troppo grande.
Haruhi guardò tutti loro, uno ad uno, guardò i soffici divanetti [vuoti], la finestra [sigillata] e, per ultimo, l’enorme pianoforte a coda che troneggiava in un angolo, semi nascosto da una spessa tenda rossa.
~[SPOILER!chapter 78; slightly TamaHaru]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruhi Fujioka
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Your best mistake {was luring me into this dream}

 

 And I’ll set apart my dream only to chase after you

SPOILER!ch78; slightly TamaHaru

 

 

 

«Haru-chan! Mi passeresti quello scatolone dietro di te, per favore?».

Fujioka Haruhi si riscosse dal flusso dei propri pensieri appena in tempo da scorgere un saltellante Honey-senpai sbracciarsi nel tentativo di attirare la sua attenzione.

«Haru-chaaan!», chiamò ancora, agitando freneticamente il braccino del suo coniglietto di pezza, «Usa-chan ha bisogno di quello scatolone!».

La studentessa speciale emise uno sbuffo sonoro, chiedendosi in che modo Honey-senpai –di ben due anni più anziano di lei- riuscisse ad apparire tanto simile ad un bambino delle elementari.

«Certo, certo. Ecco ad Usa-chan il suo scatolone».

Sentì Honey esultare, e subito dopo una voce più acuta e nasale coprire quella chiara e squillante dell’Haninozuka.

«Neh, Haruhi. Ancora nel mondo delle favole?».

«Non scherzare, Hikaru». Fece, seccamente. «A te va davvero bene? Intendo dire», e si voltò ad indicare col braccio teso la stanza dal soffitto alto ed affrescato che li accoglieva, «tutto questo. Ti va davvero bene cosi?».

Un’ombra scura attraversò il viso di Hikaru, che rispose in tono monocorde: «Ovviamente no, cosa credi?».

Le voci degli altri giungevano distanti, quasi attutite.

Haruhi si voltò a guardarli, ad abbracciare con lo sguardo la terza aula di musica che fino a pochi mesi prima aveva accolto i sorrisi ed i sogni di centinaia di ragazze e che adesso, chiusa tra le sue alte colonne e tra le pareti affrescate, stava tornando lentamente ad essere ciò che era stata prima.

Prima che un ragazzo cocciuto, stupido e narcisista, ma con quel cuore cosi immensamente enorme, arrivasse ad allargare il mondo di tutti loro.

Haruhi osservò le grandi finestre sbarrate, i tavolini spogli ed i servizi da thè stipati negli scatoloni, e sentì come un’orribile mana artigliata stringerle la gola e il petto.

Il mondo visto da dietro le lenti degli occhiali era cosi dannatamente stretto.

Poco più in la, in fondo alla sala spoglia, Kaoru si sforzava di sigillare le attrezzature del club con dello spesso nastro adesivo marrone. Mori-senpai teneva due tavolini –più Honey- sulle spalle, mentre Kyouya-senpai vegliava immobile ed austero sul lavoro di tutti, appuntando di tanto in tanto qualcosa sui suoi fogli e cancellando dalla lista gli oggetti già imballati.

C’era qualcosa di triste, -di devastante- in quella scena.

Nel modo in cui Kaoru continuava ad aprire e richiudere gli scatoloni che avrebbe dovuto sigillare, nel modo in cui Hikaru non andava ad aiutarlo preferendo invece rimare immobile a fissare una finestra [sigillata].

Nel modo in cui Mori-senpai non la smetteva un attimo di muoversi avanti e indietro trasportando i tavolini -lui sempre cosi torpido, cosi apatico-, ed Honey-senpai sulla sua spalla non abbracciava Usa-chan ma guardava fisso davanti a se, come pensando –una volta tanto- a qualcosa di troppo grande.     

Haruhi guardò tutti loro, uno ad uno, guardò i soffici divanetti [vuoti], la finestra [sigillata] e, per ultimo, l’enorme pianoforte a coda che troneggiava in un angolo, semi nascosto da una spessa tenda rossa.

Ne sfiorò i tasti uno ad uno, immaginando di produrre una meravigliosa melodia. [Che potesse calpestare quell’odioso silenzio opprimente]

Si sedette allo sgabello, pensando per l’ennesima volta che gli occhiali parevano gravarle innaturalmente sul viso, quasi fossero di piombo; ne avvertiva il peso schiacciarle il cervello e comprimere le iridi cosi grandi (Tamaki-senpai glielo diceva sempre), non più abituate ad uno spazio tanto ridotto.

Tamaki-senpai.

Lui, che li aveva invitati tutti in quel sogno meraviglioso, e che d’improvviso se l’era ripreso senza tante cerimonie.

Lui, che –Haruhi lo sapeva, lei che lo capiva più di tutti quanti- stava soffrendo più di tutti loro, chiuso nella prigione che la sua stessa stanza era divenuta, forse pensando con nostalgia ed affetto alla terza aula di musica o forse sognando maman, proprio come l’altra volta.

O magari suonando il piano per sua nonna, aspettando per l’ennesima volta che lei si decidesse ad aprirgli la porta della sua stanza e quella del suo cuore.

Con pazienza e dedizione, come ogni giorno.

La stessa dedizione con la quale aveva lentamente spalancato i cuori di tutti quanti loro, facendosi strada al loro interno e riunendoli in quella folle idea che era l’Host Club.

“Fare un Host Club in un aula di musica”, ricordava di essersi detta Haruhi. “Solo un folle potrebbe avervi pensato”.

Il pensiero riuscì a farla ridere, resasi conto in fondo di non essersi sbagliata. Era proprio folle, Tamaki-senpai. Folle e spaventosamente narcisista.

Eppure, -ed arrossì al pensiero, come ogni volta- se n’era stupidamente innamorata. Lo diceva quella stupida rivista che Mei-chan le aveva “prestato”, lo dicevano Hikaru e tutti gli altri e lo diceva il vuoto –simile ad una sensazione persistente di freddo sulla pelle- che provava adesso, nell’accarezzare i tasti di quel pianoforte solitario.

Allora, si ritrovò a pensare che se – e solo se- ciò sarebbe servito ad avere indietro il loro Tamaki, pronto a riempire di luce l’Host Club e le loro giornate semplicemente con un sorriso o una rosa, allora forse –e solo forse- per un attimo avrebbe potuto mettere da parte quei loro sogni.

 

Solo per quella volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice: Buon giorno, cari lettori del fandom di Hosuto Bu *__*. Uh, è sempre strano presentarmi ai lettori di un nuovo fandom xD. Ho scoperto Ouran Host Club da circa sei mesi, ma solo di recente ho intrapreso la lettura del manga. Che dire, me ne sono innamorata ≧∀≦.

Amo tutti i personaggi di questo manga\anime, ma come si è forse notato dalla fanfic- nutro un affetto particolare verso Tamaki-senpai, l’”artefice” in un certo senso di questa storia pazzesca. E amo il Tama\Haru, anche. Li trovo divertentissimi insieme, e [spoiler!] nel manga entrambi hanno confessato di provare sentimenti reciproci.

La fanfic è ambientata dopo il capitolo 78, l’ultimo uscito. Infatti abbiamo un Tamaki che tenta di farsi breccia nel muro alzato da sua nonna dopo il “tradimento” di Yuzuru, ed Haruhi alle prese con le ultime parole di Hikaruyou must tell tono that you love him”. Per chi segue la traduzione italiana, “tono” è Tamaki-senpai (=Lord).

Ho tentato di inserire nei pensieri di Haruhi qualche riferimento ai capitoli precedenti (ad esempio, è stata lei stessa ad affermare nel manga che Tamaki-senpai ha allargato il suo mondo, e che ogni giorno lui da cosi tanto agli altri senza neppure accorgersene). Ho anche pensato che, nonostante Yuzuru-kun abbia concesso l’autorizzazione a riprendere l’attività dell’Host Club, gli altri non l’avrebbero certamente fatto senza Tamaki (ciò è evidente anche dalla reazione di Kyouya nel capitolo).

E… e nulla, dovevo inserire almeno una citazione alla geniale rivista che Mei-chan lascia cadere casualmente davanti ad Haruhi, e grazie alla quale la ragazza capisce di amare un certo Lord. Adoro Mei-chan, ovviamente xD.

Ah, ed ora la spiegazione del finale. In uno dei capitoli del manga, Haruhi –ormai conscia dei suoi sentimenti- aveva deciso di non confessare nulla a Tamaki, ed aspettare che il suo sogno (diventare un avvocato) si fosse realizzato. Perché aveva ancora tante cose da imparare, o qualcosa del genere. Ebbene, ho provato ad immaginare le varie reazioni della ragazza all’ultima affermazione di Hikaru, e questo è ciò che mi è venuto in mente. Che forse, una volta tanto potrebbe decidere di mettere da parte il suo sogno e fare l’unica cosa (Hikaru l’ha capito) capace di riportare Tamaki indietro.

Eeeeh, che altro dire >___<. Spero di scrivere ancora su Host Club. E su Haruhi e Tamaki. Gud bai!

   
 
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