Flowers in the Snow
Nevica. Un turbine bianco sbatte contro
la finestra, un turbine bianco portato da un vento gelido, originario
di chissà quale posto lontano. I fiocchi sono grandi come
pezzi di cotone. Mi piacerebbe sapere se sono altrettanto morbidi. Mi
piacerebbe sapertelo dire.
Che strana ironia, che assurda presa in
giro. Nevica proprio oggi, oggi che non puoi guardare. Ti sarebbe
piaciuta la neve. Non dicevi sempre che avresti voluto vederla, un
giorno o l'altro?
Magari la fotografo. Così,
quando ti svegli la vedrai e ti arrabbierai per essertela persa.
Anzi, no. Farò un video. Così, quando ti sveglierai, lo
guarderemo tutti assieme.
Quando ti sveglierai... uno stupido
nodo mi stringe la gola. Il fatto è che non posso fare a meno
di pensare “se ti sveglierai”.
Vorrei tanto andare alla finestra, ma
proprio non ce la faccio. Una strana forza mi tiene costretta su
questa sedia, accanto a te. Che stupida. Io non sono costretta da
nessuna parte.
Se tu, che... che lo sei.
Mi incanto a guardare quel turbine
bianco. Mi sembra di non essere qua. Mi sembra di non essere in
nessun posto. È così che ti senti tu? In mezzo fra due
mondi, solo in un mare informe?
Dammi la mano. Fatti stringere la mano.
È così strano, vederla senza il tuo bracciale. Quando
ti sveglierai, avrai da dire anche per questo. Già me la
immagino la scena. Tu, che urli come un forsennato: perché mi
avete tolto il bracciale? Non lo sapete che è un portafortuna?
Volete privare della fortuna un ragazzo in...
Sono passate settimane, ma ancora non
riesco a dire quella parola. Coma.
È solo una parola, ma è più difficile di quanto
sembri. Quattro lettere che hanno cambiato la vita a un sacco di
persone.
Lo sai, ho paura
degli ospedali. Tutti quei dottori in camice bianco, tutta questa
pulizia, l'odore del disinfettante mi hanno sempre dato la nausea.
Per me è
sempre stato un luogo di morte.
Ora è un
luogo di speranza. Ogni volta che vedo un dottore, spero che mi
dicano qualcosa in più, ma mi devo accontentare di sorrisetti
compassionevoli. Chissà se loro capiscono il dolore che provo.
No, forse sono diventati insensibili... loro hanno l'ascia, loro
hanno le bende. Loro non possono decidere come e quando usare l'una o
l'altra. E anche l'odore di disinfettante e l'ambiente asettico mi
rassicurano.
Questa stanza,
però, mi fa ancora paura. Ho, abbiamo cercato di decorarla, di
renderla un po' più umana, un po' più viva, ma non ci
siamo riusciti bene. Solo qualche foto, un cartellone per te e una
pila di lettere sul comodino. Sai, questa pila cresce di giorno in
giorno. E tu che dicevi che nessuno ti vuole veramente bene... vedi,
sei uno stupido.
Forse ti starai
chiedendo perché non ci sono fiori, nella tua stanza. Il fatto
è che io mi sono opposta. I fiori si danno agli spacciati. O
ai guariti. Tu non sei né spacciato né guarito.
Tu non sei né
di qua, né di là.
Basta, fammi
prendere la macchina fotografica dalla borsa. So che ti piacerebbe
vedere la neve.
Ecco, ora vado alla
finestra e faccio un bel video.
Fatto. Non è
un granché, quasi non si vede nulla, ma sono certa che
apprezzerai. Sì, fra le lamentele, ma apprezzerai.
Un'occhiata
all'orologio mi dice che il mio orario di visita sta quasi finendo.
Tra non molto, i dottori verranno a dirmi di tornare domani, che si
occuperanno loro di te. E io andrò a bermi una cioccolata al
bar. Così. Per riscaldarmi dal gelo che sento dentro ogni
volta che ti lascio solo al tuo destino.
Ma questa è
la vita, no? È così che va. E bisogna farsi forza.
Sarebbero queste le
parole che mi diresti se potessi parlare.
Un impeto di follia
mi pervade. Ti punto addosso la macchina fotografica e ti scatto una
foto. Trattengo le lacrime e guardo come sei uscito. Sembri un
angelo, un meraviglioso angelo. Le ali non ti sono ancora spuntate,
ma qualcosa, in me, mi suggerisce che non manca molto.
Non so da dove
venga tutto questo pessimismo, non me lo chiedere.
Forse è
perché adesso anche fuori è tutto bianco. La neve. È
lei che mi spaventa così. Lo sai, io non sono una persona
superstiziosa, ma credo nel destino, e questa è una
coincidenza davvero troppo inquietante.
C'è
qualcosa, all'altezza della bocca dello stomaco, che mi dice: non
andartene, lotta con lui.
Io lo so, lo so che
devo lottare con te. Io lo so, lo so che oggi morirai.
Lo so, lo so e
basta.
Non ci sono motivi,
non ci sono basi, ma lo so. E ora spero solo di sbagliarmi. Spero che
le mie sensazioni siano sbagliate, spero, spero...
Il turbine, là
fuori, si è fatto più forte. Gira, gira, chiama il tuo
nome. Io ti tengo la mano, non voglio lasciarti andare via. Mi sento
così debole ed esausta... è quello che provi anche tu?
La porta si apre ed
entra il primario. Non è stupito da trovarmi qui. Credo che a
questo punto si stupirebbe del contrario.
«Signorina...».
Non finisce la
frase. Mi ha vista, ha visto il mio, il tuo, il nostro dolore e non è
riuscito ad andare avanti. Mi accorgo di avere il viso completamente
bagnato di acqua e sale. Che sciocca, non mi ero accorta di aver
iniziato a piangere.
Non ho bisogno di
dire altro al primario. Ha capito. Chissà quante scene come la
nostra ha visto, nella sua brillante carriera. Lo vedo andarsene, le
spalle ricurve, per niente desideroso di dover prendere in mano la
falce. Però sa che dovrà farlo. Non sarà lui ad
ucciderti, ma si sentirà colpevole come, in un certo senso, mi
sentirò io.
La linea del
monitor cambia. Il vento che porta la neve sembra voler sfondare la
finestra. Mi sta dicendo di lasciarti andare. Prenderò io
l'inverno che ora si cela dentro di te. Ti donerò la
primavera.
Mi chino su di te.
Un bacio, leggero come un soffio, prima di dirti addio. E che ti amo.
«Portate dei fiori».
For two special people.
In life, and in life in
my heart.
Thank you, guys.