C'è stato un momento in cui ho pensato: "Ti amo".
Eravamo in uno di quei tanti bar sul lungo mare, sedute fuori sotto
l'ombrellone giallo e bianco, tu davanti una granita ai gelsi, io una
granita al limone, perchè tutte le altre granite non hanno
senso.
Avevi questi occhiali enormi che ti coprivano tutta la faccia, il
lucidalabbra l'avevi sistemato accanto alle sigarette, mangiavi la
granita e giocavi con l'accendino che, di comune accordo, dividiamo
dato che te lo scordi sempre da qualche parte.
E parlavi di Venezia come se abitassi lì da sempre, come se
conoscessi alla perfezione ogni piccolo particolare; mi parlavi del tuo
cappotto pesante, beige, e di quanto ti costasse tenerlo addosso per
tutta la giornata; mi parlavi della gente e delle aspettative che
avevi, dei progetti che avevi fatto mentre l'areo ti portava, per la
prima volta, nella tua nuova casa. Parlavi a ruota quel giorno.
Non sei mai stata una tipa ciarliera, ti sei sempre limitata a buttare
le tue verità sul pavimento, te ne fregavi se qualcuno le
calpestava, tanto sapevi che avevi colpito dove dovevi. Sei un tipo
caustico.
Fai male di proposito perchè vuoi che la gente che non ti
conosce ti lasci in pace.
La tua è una cerchia di amici che esiste dalle elementari.
Nessuno può entrare. Un po' è anche la mia, ma io
non ho mai avuto problemi a crearmi degli amici, o conoscenti come li
chiami tu.
Tu si. Perchè tu hai delle pretese e vuoi essere
accontentata.
Mi sorpresi quando ti sentii parlare dei tuoi colleghi e di quanto
fossero disponibili, di quanto fossero adorabili e intelligenti e colti
e tutte le stronzate che piacciono a te, quali conto in banca
inesauribile e unghie perfette.
Tu non sei amichevole. Sei ambigua, lo so che lo sai e lo sai che io lo
so; sarebbe strano se non conoscessi ogni piccolo anfratto del tuo
essere. Noi che abbiamo condiviso la culla, noi che abbiamo studiato
insieme dall'asilo al liceo.
Io sarei dovuta venire con te a Venezia, per studiare lì.
Non ho potuto.
Ma in quel momento, nel momento in cui ti sei tolta gli occhiali da
sole e mi hai guardato, in quel momento ho pensato che ti amo.
Nel modo più innocente del termine, quello più
delicato che è quasi una carezza.
No, io non sono lesbica anche se a te piacerebbe e no, non voglio
toccarti come ti hanno toccato altre. Voglio conservarti
così.
Bella con i capelli sciolti e gli occhiali da sole in testa, il kajal
un po' sbavato, lo smalto non perfetto. Così come voglio io,
come dico io. E lo sappiamo entrambe che finiremo per farci male, ci
siamo colpite tante di quelle volte che non riesco a ricordare chi ha
colpito per ultima.
Tu sei la mia anima gemella.
Perchè non
mi ascolti quando parlo e quando lo fai è solo per riuscire
a darmi torto; perchè non parli a sproposito, non usi la
lingua per sport e quando vai contro una persona, lo fai solo se sei al
110% sicura di poterla distruggere; perchè sei dolce;
perchè l'ho deciso in quel momento lì.
L'ho deciso quando ti sei presentata a casa mia, quella volta che
avevamo brutalmente litigato fino a tirarci i capelli, e mi hai chiesto
perdonami,
non scusami, e io ho sentito lo stomaco fare un salto mortale e restare
al contrario.
No.
Non avrò mai le palle per dirtelo, più per paura
che tu mi salti addosso che per altro, ma già so che, in
fondo, l'hai sempre saputo. E' che sei troppo fine per sputtanarmi
pubblicamente.
In ogni caso sei mia.
Mia com'è mia la tastiera, com'è mio il
pianoforte, com'è mia la granita al limone, com'è
mia la sigaretta che ti sei appena fregata. Mia.