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Autore: Cliar    09/02/2010    2 recensioni
"Death Note: The Heritage" narra la storia dei quattro successori di L. Sono passati tredici anni dalla risoluzione del caso Kira, eppure non è ancora stato trovato nessuno in grado di ereditare il nome di L, il detective di fama mondiale morto nel corso delle indagini. Nel frattempo, com'era da immaginarsi, è sceso sul suolo terrestre un altro Quaderno della Morte, e anche questa volta è stato raccolto da qualcuno che di certo non lo darà alla fiamme. Inizia così una serie di omicidi terribili e allucinanti: gente che si denuda e urina pubblicamente, persone che corrono per le strade urlando a squarciagola... tutte decedute per arresto cardiaco dopo aver compiuto queste bizzarre azioni. E' ovvio che non si tratta di coincidenze. Di fronte a questi decessi, L fa la scelta più saggia: decide di affidare la risoluzione del caso ai quattro studenti più brillanti della Wammy's House. Essi potranno fare ogni cosa in loro potere pur di liberare il mondo da questa piaga: aiutarsi, competere tra di loro, coinvolgere terzi. Avranno libertà totale d'agire, purché catturino il colpevole dei delitti. Però, poco prima di nominare i quattro possibili eredi, ecco che all'improvviso le morti cessano, e L si ritrova con un pugno di mosche. Il Quaderno della Morte ha cambiato possessore... e questi è ancor più spietato e diabolico del precedente Kira, Light Yagami. Ecco che ha così inizio "Death Note: The Heritage", una dura gara tra i quattro successori di L per trovare il nuovo Kira, una competizione che costringerà i ragazzi a mettere in gioco tutta la la loro abilità, la loro astuzia, la loro strategia, la loro perfidia, la loro crudeltà, la loro immoralità. E chissà... questa volta Kira sarà ancora catturato? Oppure i quattro nuovi L dovranno subire la peggiore delle sorti?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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PROLOGO

 


L entrò nell'aula magna; sul suo volto si leggevano stanchezza e un pizzico di depressione. Volse lo sguardo verso l'alto, verso i posti a sedere occupati dagli orfani della Wammy's House da lui convocati per quell'importante occasione. C'erano ragazzi e ragazze di tutti i tipi: alcuni dall'espressione seria e concentrata, altri evidentemente sovrappensiero ed altri ancora dallo sguardo impassibile e dagli occhi freddi. L non si rivide in nessuno di questi.

Preso posto al centro dalla sala, sotto gli occhi di tutti, non dovette aspettare a lungo perché il silenzio fosse tombale e l'attenzione collettiva rivolta a lui. Alla Wammy's House i bambini venivano educati nel migliore dei modi. Così L parlò.

«Buongiorno a tutti, bambini e bambine, ragazzi e ragazze. Come ben sapete, io sono L, e per quest'importante occasione ho deciso di mostrarmi a voi in volto.»

Notò come qualche bambino lo guardasse perplesso e incredulo. Per molti, poter vedere in volto il grande detective L era qualcosa di straordinario e irripetibile.

«Potete fidarvi, non è un inganno. Io sono il vero L. Comunque, anche se non lo fossi, ciò non avrebbe alcuna importanza. Qui siete voi quelli importanti. Siete stati chiamati qui perché siete gli studenti più brillanti di tutta la Wammy's House. Ora vi prego, prestate molta attenzione. Voi sapete qual è il vero motivo per cui siete stati convocati qui? Rispondete in maniera ponderata.»

Una ragazza seduta tra gli ultimi posti, in fondo, s'alzò all'improvviso e disse:«Tu non sei il vero L. Io me lo ricordo bene, il detective L. E tu non gli somigli per niente.»

L sospirò. Quella ragazza aveva fatto centro: lui non era il vero L.

«Hai ragione», disse, «Io non sono il vero L. Sai perché?»

La ragazza in un primo momento parve perplessa, poi il suo volto s'illuminò per un secondo, e infine divenne ancor più cupo di prima. «L è morto, non è così?»

«Già. L è morto ancora diversi anni fa», rispose L, «Però voi non ne siete stati avvisati. Alzi la mano chi aveva già capito che il vecchio L era deceduto. Vi prego di essere sinceri.»

Dei venti ragazzini presenti, ad alzare la mano fu solo una decina. L se ne rattristò.

«Chi non ha alzato la mano, è pregato di uscire dall'aula magna e di non proferire parola su quanto si è detto. Conto su di voi.»

Dieci volti tristi s'alzarono in piedi e lasciarono silenziosamente l'aula. Tuttavia, tra questi ve ne fu uno che si fermò sull'uscio e si volse in direzione di L. Era un ragazzino dall'aria determinata: il volto, visibilmente grasso, era contornato da una zazzera di capelli mori spettinati; i suoi occhi erano grandi e aveva due sottili occhiaie che tradivano qualche mancata ora di sonno.

«E tu cosa vuoi?», chiese L in tono cortese.

Il ragazzino lo fissò intensamente qualche istante, poi disse:«Sono sceso fin qui, vicino alla porta, solo per vederti meglio in volto e confermare i miei dubbi. È chiaro, tu non sei L.»

«E cosa te lo fa pensare?», gli domandò L curioso.

«Stai eretto», sentenziò il ragazzino.

«Come?»

«Tu... hai una postura quasi normale. L se ne stava sempre piegato in modo bizzarro. E poi, com'è che non mangi niente? Il vecchio L mangiava sempre dolci.»

L fu stupito da quell'affermazione. Forse quel bambino corrispondeva a ciò che stava cercando. «Dimmi una cosa: perché hai chiamato L “il vecchio L”?», gli fece, al colmo della curiosità.

Sugli occhi del ragazzino s'animò una fiamma. «Perché il vecchio L è morto, e tu non puoi che essere il suo sostituto. Però non mi piaci.»

«Tu invece mi piaci un sacco», disse L di rimando, «Ora vai a sederti, non voglia che tu esca. Ah sì, un'altra cosa... come ti chiami?»

«Erre.»

Erre gettò un'altra occhiata di fuoco a L, poi tornò a sedersi al proprio posto.

L era felice: forse aveva davvero trovato ciò che faceva al caso suo.

«Molto bene, ragazzi», cominciò, «Ora voglio che rispondiate alla mia domanda: perché, secondo voi, siete stati convocati qui?»

Ad alzare per prima la mano fu una ragazzina dai capelli candidi come la neve e dallo sguardo di ghiaccio. Pareva appena uscita da un inverno secolare.

«Tu, bimba», disse L, «Posso sapere come ti chiami?»

«Il mio nome è Snow», rispose quella. Alla Wammy's House era costume che ogni studente utilizzasse un nome fittizio, in modo che il proprio vero nome rimasse sempre incognito. «Secondo me», continuò la ragazzina, «Ci hai chiamati perché sei alle prese con un caso molto difficile e abbisogni del nostro parere.»

L sorrise tristemente. «Sbagliato, Snow. Sei pregata di lasciare l'aula.»

Snow balzò in piedi sulla sedia, gli occhi che mandavano scintille. «Cosa?! E perché dovrei andarmene? Solo perché ho dato la risposta sbagliata?»

«Non ci si può permettere di sbagliare», fu la risposta di L, «Un solo sbaglio, talvolta, porta alla morte. Tutti voi, tenetevelo bene a mente. Io sono qui per il meglio della Wammy's House.»

Imbufalita, Snow lasciò l'aula sbattendo le porte con forza.

«Ora siete in nove», fece L, «Vediamo chi di voi resisterà fino alla fine. Tornando alla domanda di prima: chi sa dirmi il vero motivo per cui vi ho chiamati qui?»

Adesso L era visibilmente triste e sconsolato; il suo sguardo studiava le piastrelle del pavimento senza alcun sincero interesse. Poi, d'improvviso, s'inginocchiò per terra, distese una gamba sul pavimento, mise una mano sopra il ginocchio alzato e fissò a uno a uno gli studenti:«Coraggio, sto aspettando. Ricordatevi che è di importanza vitale che voi rispondiate bene.»

Questa volta ad alzare la mano fu un ragazzo dai capelli mori e con un piccolo pizzetto, a prima vista sui sedici anni; portava un paio di occhiali spessi. Disse solo due parole: «Near. Alzati.»

L rimase scioccato da quell'affermazione, e non esitò a rimettersi in piedi. Sorrise al ragazzo. «Sì», affermò, «Sebbene io sia succeduto a L, io non sono L. Io sono Near. Complimenti, ragazzo. Come ti chiami?»

La risposta fu alquanto inaspettata:«Matt.»

Near sorrise. «Cosa mi sai dire di lui?»

«Ho indagato per conto mio», disse Matt, «Matt era il numero tre della Wammy's House, quando ci studiavi tu. Era amico intimo di Mello, il numero due, e morì nel corso del caso Kira, poco prima di lui.»

Il pensiero del passato caso Kira gettò una grande tristezza su di Near. «Esatto», rispose, «Matt era davvero un grande. Mi dispiace che sia morto così. Tuttavia anche lui, a modo suo, ha contribuito sensibilmente a risolvere il duro caso Kira. Chi di voi sa qualcosa sul caso? Matt, tu sei pregato di non rispondere. Di sicuro ne saprai molto.»

Con sorpresa di Near, ad alzare la mano fu la ragazza che per prima s'era accorta della morte del vero L. «Avevo quattro anni quando il caso fu risolto. Ne conservo ancora memoria. Il caso Kira è stato il caso più discusso in tutto il mondo, e che più di ogni altro ne ha scosso le fondamenta. Kira era Light Yagami, un ragazzo sui vent'anni entrato in possesso di un quaderno su cui bastava scrivere il nome di una persona per ucciderla. È per colpa sua che il primo L morì. Tuttavia, se non fosse stato per te e per Mello, a quest'ora sarebbe ancora vivo, e il mondo gli leccherebbe i piedi.»

Centro. Quella ragazza aveva delle doti che Near apprezzava grandemente: prontezza, curiosità, brama di conoscere, acutezza. Anche lei faceva al caso suo.

«Come ti chiami, ragazza?», le chiese.

«Sono Kall,» rispose quella.

«Kall, sei pregata di lasciare l'aula.»

«Io... come?! Perché?»

«Non t'avevo detto di parlare. Dovevi aspettare il mio consenso.»

«Cosa?! Mi mandi via solo per questo?»

«Inutile discutere, Kall. Va'.»

Kall guardò per qualche momento Near con gli occhi colmi di rabbia e incomprensione, poi parve calmarsi e lasciò silenziosamente l'aula.

 

Near sospirò. Quella ragazza era complicata, però probabilmente faceva al caso suo. Decise che l'avrebbe richiamata più tardi. Per il momento preferiva metterla alla prova.

 

Volse lo sguardo verso l'assemblea. Ora gli studenti lo fissavano sì perplessi, ma anche pieni di un interesse che prima non dimostravano. Tutti tranne uno.

«Ehi, tu», fece Near, «Che fai?»

La domanda era rivolta a un ragazzo dai capelli rossi che sedeva verso il fondo dell'aula (più o meno vicino a dove fino a poco prima stava seduta Kall). I suoi occhi, freddi e distanti, continuavano a scorrere lungo le pagine di un libro che stava leggendo con apparente coinvolgimento. Al richiamo di Near, lo chiuse con un colpo secco e alzò lo sguardo su di lui.

«Hai ascoltato quanto ho detto?», gli domandò Near già immaginando la risposta.

Il ragazzo sospirò:«Sì... certo.»

«Ah sì?», fece Near in tono di sfida, «Allora forse saprai anche rispondere alla mia domanda.»

«Il motivo per cui sei venuto qui?»

«Esatto.»

Il ragazzo si lasciò scappare un altro sospiro. Era visibilmente seccato per l'interruzione. Tuttavia, rispose ugualmente; però non fu a Near che parlò. «Matt, mi daresti una mano con le date? So che ci sei arrivato anche tu.»

A quella richiesta, Matt rispose senza esitazione:«Near, spero non ti dispiaccia. Gli do una mano perché lui non è molto bravo in matematica.»

Per quanto perplesso, Near fece un lieve cenno d'assenso.

«Allora», proseguì Matt, «L morì il 5 novembre 2004; in quel momento tu, che all'epoca avevi solo tredici anni, ne prendesti il posto. Nel 2010 morirono sia Mello che Matt, e tu rimanesti l'unico studente della Wammy's House a indagare nei casi di portata internazionale. Sono passati diciannove anni dalla morte di L, e tu ora hai trentun anni. Quindi, sono trascorsi tredici anni dalla risoluzione del caso Kira.

«Ora che ci penso, è curioso: succedesti a L a tredici anni, ed ecco che, tredici anni dopo la risoluzione del caso in cui L rimase ucciso, ti presenti qui a noi. Ad ogni modo... Xantia, ora tocca a te.»

Il ragazzo che prima stava leggendo il libro s'alzò in piedi e ringraziò Matt. Quindi, fissando intensamente Near, disse:«Come diceva Matt, sono passati tredici anni da quando hai risolto il caso Kira. È lampante che non tu non hai ancora individuato nessun successore. Sei qui perché speri di poter trovare qualcuno in grado di succederti sotto il nome di L.»

«Sei sveglio, Xantia», disse Near lieto. Anche quel ragazzino era adatto al ruolo. Forse ce l'aveva davvero fatta: forse avrebbe davvero trovato un degno successore.

«Bene, io qui credo di aver finito», disse rivolto a tutti i ragazzi e ragazze. «Domande?»

Un ragazzo dai capelli color sabbia, che sedeva al fianco di Matt, si scaldò improvvisamente. «Come? Tutto qui? Hai deciso che sarà Xantia il tuo successore, e a tutti gli altri chiudi le porte? Non sai ancora di cosa siamo capaci. Come puoi credere che non ci sia nessun altro in grado di ereditare il nome di L? Non ti sembra di essere un po' superficiale?»

«A dirla tutta, m'aspettavo una risposta del genere», ammise Near, «E non posso che dirti una cosa, ragazzino: devi lasciare l'aula.»

Per il ragazzino quell'affermazione fu come un fulmine a ciel sereno. «Cosa?!», fece, sconvolto, «Ma dai! Stai scherzando... come puoi... non puoi mandarmi via così!»

«Hai visto cos'è successo prima a Kall», disse Near di rimando, «Su, esci di qui.»

Con sua sorpresa, assieme al ragazzino s'alzò anche Matt. «Scusami, Near, ma io preferisco andare con lui», gli disse desolato.

Near fu comprensivo. «Sì, ti capisco. Va' pure con lui.»

I due ragazzi lasciarono l'aula nel silenzio più assoluto. Nei minuti che seguirono, nessuno si azzardò a parlare troppo schiettamente.

 

***

 

Mezz'ora più tardi, Near si trovava nella camera della Wammy's House che gli era stata riservata per quell'occasione. Se ne stava seduto sul pavimento a completare un puzzle monocromo, profondamente immerso nei proprio pensieri. Era riuscito a trovare quattro ragazzi che avrebbero forse potuto succederlo sotto il nome di L.

Da qualche anno, trovare un erede era sempre stato il suo chiodo fisso, e finalmente si era verificata l'occasione giusta per controllare le capacità degli studenti della Wammy's House.

All'improvviso, qualcuno bussò alla porta.

«Chi è?», fece Near.

«Sono Watari.»

«Prego, entra.»

La porta si aprì e Roger entrò nella stanza. Il suo volto era molto cambiato da tredici anni prima: ora era ancor più segnato dalle rughe, ed esprimeva stanchezza. Un po' come quello di Near.

«Dimmi, Roger.»

«Hai trovato ciò che cercavi, Near?»

«Credo di sì.»

«E di chi si tratta, se posso saperlo?»

«Mi dispiace, non posso dirtelo. Comunque sono quattro ragazzi in gamba. Ho intenzione di affidar loro questo nuovo caso. Potranno fare qualunque cosa pur di risolverlo: competere tra di loro, allearsi, coinvolgere terzi. Se riusciranno a venirne a capo, nominerò tra di loro il mio erede.»

Roger parve sconsolato: non nutriva troppe speranze nell'idea di Near. «Near», gli disse, «Sei sicuro che questi ragazzi siano in grado di risolvere il caso? Tu stesso hai ammesso che è molto difficile anche per te.»

«Proprio per questo ho deciso di affidarlo a loro», rispose Near prontamente, «Se devo trovare un successore, l'ideale è che sia migliore di me. Anche se dubito ci sarà mai qualcuno al livello di Ryuzaki o di Light Yagami.»

«Light Yagami... quel ragazzo non ti è più uscito dalla testa, eh?»

«Roger, come potrebbe uscirmi dalla testa?», disse Near, mentre collocava nel puzzle l'ultimo pezzo, «Light Yagami era superiore sia a me che a Mello. Forse era superiore persino a L.

«Ad ogni modo, ho ragione di pensare che questi ragazzi siano in grado di gestire il caso meglio di me. E poi, voglio vedere quanto tempo impiegheranno a scoprire l'arma dei delitti.»

«Near, stai giocando col fuoco», fece notare Roger con un sospiro, «Ricordati che mentre tu selezioni i quattro migliori studenti della Wammy's House, il colpevole si muove nell'ombra.»

Near prese il cartone su di cui aveva completato il puzzle e lo rovesciò sul pavimento. «Lo so», rispose ricollocando il primo tassello sul cartone ora vuoto, «Ma a quanto pare per adesso gli omicidi sono cessati. Credo proprio che il “colpevole” sia un altro, adesso: come tempo fa, l'arma del delitto è stata passata da una persona a un'altra.»

Roger si sedette su una sedia vicino a Near. Il suo volto esprimeva una grande tristezza: tristezza per la morte di Ryuzaki, innanzitutto. Ma il vecchio provava anche una profonda amarezza per Near, cui si sentiva molto vicino: dalla morte del primo L non aveva fatto altro che imitarne la personalità, per calarsi meglio nella parte... finendo però con il dimenticare la propria. Roger era terribilmente amareggiato per questo: la grande ombra del defunto Ryuzaki incombeva sull'intero orfanotrofio, e minacciava di schiacciarne tutti gli studenti per l'eternità, o per lo meno, fino a quando il primo L non sarebbe stato dimenticato.

«Roger», disse Near dopo qualche minuto, rompendo il silenzio che era calato sulla stanza, «Ti capisco. So cosa provi. E proprio per questo, ho una richiesta da farti.»

«Chiedimi tutto quello che vuoi», rispose prontamente Roger.

«Voglio che tu abbandoni il ruolo di Watari.»

Questa era di certo l'ultima richiesta che Roger si sarebbe aspettato.

«Sì... come vuoi, Near. Posso chiederti comunque il motivo di questa tua richiesta?»

«Perché il tuo tempo è passato. Non che tu sia vecchio, non intendo questo. È solo che... adesso tocca a me vestire i panni del principale contatto di L. Anche perché devo fare di tutto pur di nascondere i nomi e i volti di questi ragazzi.»

Nonostante tutto, Roger si dimostrò molto comprensivo:«D'accordo, Near. Ti capisco. In fondo, è sempre stato difficile sfuggire a un Quaderno della Morte.»

 

***

 

Dall'altra parte del mondo, una persona metteva per la prima volta in vita sua le mani su di un Quaderno della Morte. Alla vista del Dio della Morte fece un sorriso.

  
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