…per quanto sia difficile per me, in questo
periodo, scrivere qualcosa che abbia un minimo di senso compiuto, ho provato lo
stesso. Non so, ho solamente voglia di esprimere i miei pensieri attraverso le
parole, attraverso situazioni che non hanno né capo né coda… Forse, questa
fanfiction riflessiva non significa niente, in per sé, tuttavia vorrei che la
leggeste comunque.
Ho provato a rivalutare il personaggio di Kikyo, che personalmente non sopporto
proprio, scrivendo questa breve one-shot.
Nonostante la ritenga una figura ambigua e, a volte, puramente odiosa, per i
suoi atteggiamenti, c’è un *qualcosa*, in lei, il suo essere così fredda, cinica
e disperata, che mi ha spinto a dedicarle questa storia. Il titolo l’ho tratto
dall’omonima canzone di Ayumi Hamasaki (thanx to Jun, onee-chan^^), che
trovo assolutamente meravigliosa, come personale “colonna sonora” di questo
scritto.
Sta a voi giudicare come sia venuto…
*
…Chi sono io?
Un essere mosso dall’odio, inutile umana, questa sei tu…
Ma no…non sono così…
Già, Kikyo, la miko protettrice della Shikon no Tama, una volta non eri
così…Solo adesso, stolta creatura, te ne rendi conto…?
Fissò il suo pallido riflesso sulla superficie dell’acqua. La folta chioma
corvina era sciolta, ricadeva sulla bianca veste come seta, soffice e sinuosa.
Inginocchiata sulla nuda terra della riva, le mani affondate nel fango…E quei
neri occhi, nel trasparente liquido, ricambiavano lo sguardo. La stessa
espressione gelida e vuota, le stesse iridi profonde quanto un buco nero.
Immobile, imperturbabile…
Una volta, non avevo questo sguardo…
Hai ragione, creatura dannata.
…c’era qualcosa…una scintilla che lo illuminava…
Quindi, ricordi? Rimembri cosa fece spegnere la luce della tua anima? Cosa
macchiò la purezza del tuo spirito, Kikyo?
Potè quasi avvertire il ghiacciato sussurro della sua coscienza sul collo…
…l’odio, umana, solo questo. Forte, dilaniante, mai provato, eppure così
vivido e sincero…
Io…io non volevo odiare.
Di questo era sempre stata sicura. Mai, nella sua vita, aveva avuto certezza più
grande di questa.
C’era solo una cosa, che bramava più di tutte.
Io voglio solo…amare…
Strinse la terra fra le dita, senza distogliere gli occhi dal suo riflesso,
ancora fermo e imperscrutabile, sull’increspata superficie dello stagno.
Che cosa *ci* ha portato a questo…?!
Il fato, Kikyo. Non credi sia strano?
…
Stai zitta, donna? Non hai mai provato a pensare di essere solo lo sciocco
giocattolo nelle mani di qualcuno o qualcosa chiamato Destino?
Si alzò in piedi, lentamente. Si tolse la veste, i sandali, posò l’arco e le
frecce sulla riva fangosa. Avvertiva la pianta dei piedi nudi contro la terra,
l’aria che le provocava freddi brividi lungo la schiena, l’umidità della bianca
nebbiolina che le imperlava la pelle diafana di mille goccioline…
Una volta avevo una vita…Avevo qualcuno da cui tornare, qualcuno su cui
contare, con il quale condividere ciò che ogni giorno, quasi meccanicamente,
ripetevo…
Passato, ingenua creatura.
Ma io…
Non ti rendi conto che è stata proprio questa tua insana passione per
*lui* la causa di tutto?
Camminò verso l’acqua scura, saggiando la temperatura con un piede. Si addentrò
fino alla vita nel liquido trasparente, la gambe intorpidite dal freddo, come
mille aghi conficcati nella carne. Ma non era nulla il dolore che provava,
rispetto a ciò che *sentiva*…
Sono un essere umano, l’hai detto tu stesso. Sono debole, fragile…
Non è una giustificazione, lo sai, vero?
Ma avevo bisogno di amare… Volevo amare, proprio *lui*
E anche l’odio, donna? Di quello eri sicura averne bisogno? Pur sapendo che,
come miko, avresti dovuto perdonare, controllare i tuoi sentimenti…?
Si immerse fino al collo, acuendo la sensazione di abbandono che provava. La
nera chioma fluttuava, come se fosse viva, poco sotto il pelo dell’acqua,
carezzando gentilmente le sue dolci curve…
Non potevo perdonare chi mi aveva così crudelmente tradito…
La verità è un’altra, e anche questo lo sai.
…No, non è…
Sei così falsa da non voler ammettere nemmeno questo?
Chiuse gli occhi, cullata dal ritmico sciabordio dell’acqua contro il canneto,
mossa dalla sua discreta presenza nello stagno. Inclinò indietro la testa,
riaprendo quelle buie iridi verso il cielo stellato…
Bugiarda, donna, invero tu hai goduto fino in fondo l’odio che provavi
verso di *lui*
Io…ero furiosa, mi aveva ingannato…
Dicevi di conoscere quell’hanyou, eppure la fiducia che avevi in *lui* si
limitava a questo?
Non ho mai provato il bisogno di avere fiducia in qualcuno…
Quei piccoli, splendenti lumicini sembravano quasi fissarla, pulsanti
nell’infinita notte senza luna. L’ombra di un sorriso increspò le sue labbra
sottili. *Lui* spariva sempre nelle notti di novilunio, il motivo non lo aveva
mai voluto spiegare…Nemmeno a lei.
Anche *lui*…aveva cominciato ad odiarmi…Anche la sua fiducia in me si è
spenta all’istante…
Ma sei stata tu stessa ad ucciderlo, sigillandolo a quell’albero…Quindi,
perché continui a tornare in quel luogo, fragile umana? Osi forse negare che
quel malato amore che provi per *lui* si è spento?
…Non so cosa vuoi dire…
Ormai non è amore, ciò che senti in quel tuo corpo.
Mise la testa sott’acqua, trattenendo bruscamente il respiro. Aveva il terrore
di quello che stava per dire quella persistente ma veritiera vocina, annidata
nella sua testa.
Già, il tuo morboso sentimento per *lui*, Kikyo, non è altro che bramosa
smania di possesso…
No…
Il candido spirito che possedevi è rimasto nel corpo di quella ragazza…
No…!
Ormai, ti sazi solo del fiele che satura ogni poro del tuo corpo, eterna tua
prigione, eterno tuo vincolo in questo mondo, dove *lui* è ormai tra le braccia
di un’altra…
No!!
Infranse la superficie dello stagno con la lunga capigliatura, gettandola
indietro sulla schiena, impregnata dell’acqua nella quale era stata immersa. Due
ciuffi di quella cascata di seta nera ricaddero sul davanti, coprendo
pudicamente il petto nudo della donna. Il ritmico canto dei grilli era
assordante, nel silenzio della foresta…
*Lui* non ama lei…
Cullati in questa illusione, bestia rancorosa…
Quando la guarda, vede me nei suoi occhi, vede me nel suo viso…
…che la verità, per voi vulnerabili umani, è la cosa più dura da sopportare.
Le fronde degli alberi erano alte, fitte, soffocanti…Lambivano il cielo con le
loro foglie, quasi artigli rapaci sopra la sua testa, intrappolandola così in
quel piccolo stagno.
Si strinse le braccia, non sentendo alcun dolore. Sola, disperatamente sola…
Hai corpo di cenere e creta, anima dannata. Hai sguardo spento e freddo.
L’unico calore che ancora arde in te è il divampante fuoco dell’odio…
Ciononostante, vuoi ancora possederlo?
…si, *lui* mi appartiene…
Chiuse gli occhi, percependo la presenza di *qualcosa*. I suoi bianchi Shikigami,
custodi delle anime trafugate, erano tornati. Fluttuavano pigramente sulla riva
dell’acqua, i piccoli occhi nero pece rivolti a lei, un lucente fuoco fatuo
stretto tra le spire. Tese una pallida mano verso il più vicino di loro,
impaziente di ricevere quello spirito di cui tanto aveva bisogno, per continuare
a vivere.
Sono stata io a sedare la sua anima…E’ solo grazie a me se *lui* si fida
degli esseri umani.
Sempre bugie, Kikyo, unicamente menzogne escono dalla tua bocca. Quell’hanyou
l’aveva nel sangue, dimentichi forse cosa scorre nelle sue vene?
…non significa niente. La fiducia non nasce per via genetica.
Come osa la tua lingua maledetta parlare di fiducia…? Non sei stata forse tu
a negarti questa consolazione?
Uno di quei luminosi rettili le porse la veste. Uscì dall’acqua, avvolgendo il
corpo ancora bagnato nei vestiti, inumidendo la stoffa, che aderì alle sue
forme. Si sedette sull’erba, attorniata dalle creature da lei create. Le fissò
apatica, seguendo il loro circolare dondolio nell’aria della notte. Ormai, erano
solo quelle la sua compagnia…
Piangi te stessa, essere oscuro, compatisciti. Poiché fu il tuo odio a
consumarti…
E *lui*…non mi stette vicino.
Chi mai potrebbe amarti? Chi mai potrebbe capirti?
…
Senza parole? Non hai risposta a questo, donna infelice.
Io…
*Lo* desideri, io lo sento…*lo* vuoi ottenere ad ogni costo, soggiogarlo e
farlo tuo…
Chiuse gli occhi, portandosi una mano dove, una volta, c’era il suo cuore.
Quanto l’aveva amato…I suoi capelli argentei, le sue iridi calde color dell’oro,
il suo speziato e intenso profumo, impregnato nelle pieghe di quella rossa
veste, dove amava sprofondare e smarrirsi. Si sentiva…*bene*, per quanto banale
possa essere questa parolina.
Vorrei…che tutto tornasse come prima…
E’ impossbile, questo lo sai.
Allora…posso portarlo con me? Saremo felici, io *lo* amerò, devota a *lui* per
sempre e sempre…
Dimenticalo, umana egoista, lascialo vivere libero dalla tua ombra. Non
infangare il suo animo con il tuo maledetto rancore.
Si alzò in piedi, sorretta dagli Shikigami, le palpebre ancora serrate su quelle
minacciose iridi. Il pigro guizzo di un pesce increspò la superficie dello
stagno, facendola tornare cosciente. Aprì gli occhi, smarrita. Cominciò a
camminare, piano, i piedi ancora nudi sulla rugiada notturna, pizzicati
leggermente dai fili d’erba.
Perché nessuno riesce a comprendermi…?
Non fare la vittima, bestia dell’odio.
Sputano tutti sentenze, prima di sapere cosa significhi, veramente, essere me…Ma
forse…deve essere così…
Ed è giusto, sporca creatura.
I suoi passi l’avevano portata proprio nel luogo dell’inizio della fine. Quel
maledetto albero, dove *lo* aveva inchiodato al cuore con una freccia,
fissandolo spegnersi lentamente, come se si fosse semplicemente assopito nel
sonno…eterno… L’unica luce nel buio della foresta erano le anime ancora
intrappolate fra le zampe dei suoi rettili youkai, indissolubilmente votati a
lei.
Ancora qua, Kikyo? Non sei stanca di accumulare disprezzo verso te stessa,
verso colui che ti ha portato all’inesorabile distruzione…?
Prese l’arco dalla sua schiena, incoccando una freccia sulla corda tesa.
Carezzò le piume del sacro dardo con le dita che lo reggevano, caricando fino in
fondo, il braccio in tensione. Mirò all’imponente tronco, chiudendo l’occhio
sinistro sulla direzione…
Perché mai solo e soltanto io devo soffrire…?! Io, che *lo* seguii nella
morte, rinunciando alla vita che mi aveva estirpato dalla carne, con i suoi
stessi, candidi artigli…?
Tirò la freccia, che sibilò rapida nell’aria, conficcandosi dritta nel fusto
legnoso. E urlò…
Urlò disperata, facendo sentire finalmente la sua voce, che squarciò
l’assordante silenzio di quella buia notte. Cadde in ginocchio, lasciando
l’arco, fissando il dardo ancora ondeggiante nel tronco…
Urla, lurido essere, grida e disperati. Ma non sperare, neanche per un
istante, che tutto ciò basti al castigo che l’esistenza ti ha riservato…
E i suoi glaciali occhi, sempre seri, si offuscarono. Uno scintillante goccia
rigò la sua guancia destra, le labbra leggermente dischiuse, senza che una
parola né un lamento potessero uscire dalla sua gola. Si toccò la gota, umida,
fissando il liquido rimasto sulle dita sottili.
…cos’è, questa?
Si chiama *lacrima*, donna.
Lacrima…? Come mai riesco a…piangere?
Tu non piangi, Kikyo, non ne sei in grado. Il rancore che si annida nel tuo
animo ha gelato ogni altra emozione…
Gli Shikigami la issarono in piedi, nuovamente, esortandola ad andarsene da
quella radura. Sentiva anch’ella dei rumori, delle voci provenire dal sentiero
che aveva alle sue spalle. Raccolse la sua arma, fissando un’ultima volta quell’albero.
La condanna prevede la tua crudele immortalità. Destinata ad essere
lentamente consumata dall’odio che tu stessa generasti, non avrai alcuna
redenzione, alcun conforto altrui, se non la tua stessa consapevolezza di essere
nel torto. Non potrai toccare né bramare *colui* che amasti…
Ho accettato questa pena, non per mia volontà, ma la rispetterò fino in
fondo. Anche se…
Nascosta tra i cespugli, fissò le figure che erano appena giunte nella
radura. Identificò quella che più le interessava, ammirando la *sua* fisionomia
un’ultima volta, prima di sparire con i suoi youkai.
…non potrò mai adempiere all’ultima parte della mia punizione…
Lo so, Kikyo, l’ho sempre saputo.
Sparì così, nella tenue luce che precede l’alba, prima che *lui*
riacquistasse il suo fine odorato canino e la potesse così individuare.
…non avrebbe potuto resistere, qualora se lo fosse trovato d’innanzi…
.:Owari:.