Quello che non ti ho mai detto.
Fuori dalla finestra lasciata semi
aperta, pioveva.
Ultimamente, quando aveva voglia di
pensare o ne era costretto, si rendeva conto che fuori si scatenava
l’inferno.
L’acqua cadeva ferocemente
schiaffeggiando la città.
Spifferi gelati gli attraversavano il
corpo e alcune gocce riuscivano ad infilarsi nella fessura bagnando la
tenda
non più candida.
Era davanti a quel dannato computer da
più di due ore e la pagina di Word lo fissava, bianca.
Non era riuscito a scrivere neanche due
righe in croce e questo lo stava irritando più del solito.
Appena appoggiava le dita sopra la
tastiera nera del piccolo pc portatile le parole si bloccavano nei
polpastrelli
e si ritrovava a scrivere frasi senza senso, che venivano cancellate
dopo pochi
secondi.
Kiba guardò di nuovo
fuori dalla
finestra.
Invece di calmarsi, la tempesta sembrava
ancora più arrabbiata con la sua città e con lui.
Non si ricordava di aver mai
fatto nulla di sbagliato contro il cielo.
Eppure ultimamente continuava a
piangergli sopra qualche colpa della quale non sentiva di essersi
macchiato.
Non era qualche articolo commissionato
dal suo redattore.
Aveva bisogno che quelle di parole gli
uscissero, piccoli segni neri che camminano sul bianco. Tante formiche
messe in
fila che procedono pagina dopo pagina verso un posto che nessuno
conosce.
Ne aveva veramente bisogno.
La cancellò senza aspettare che
compiesse due minuti di vita.
Il foglio era di nuovo candido, come se
nulla l’avesse mai intaccato.
Era quello che gli piaceva e che nello
stesso lo inquietava dello scrivere al computer. Bastava premere tante
volte lo
stesso pulsante ed era come se non ci fosse mai stato scritto nulla.
Il suo backspace era logorato e la
freccetta quasi non si leggeva. Lui cancellava continuamente:
parole,
emozioni, persone.
Ehilà! Come
va’? era troppo da quindicenne?
Cancellato.
Salve. faceva pensare
all’invito per un colloquio di lavoro. Non voleva apparire
troppo serio, si
disse mentre respirava il sapore vanigliato della sigaretta castana che
stringeva tra il medio e l’indice. Cancellato.
Ciao.
Non ci trovava niente di sbagliato nella
parola ciao. Era informale,
diretta,
sobria e simpatica.
«Ciao.» scandì tra sé le
poche lettere
quasi fosse uno strano termine straniero, cercando di assorbirne il
significato. Suonava bene.
So
che probabilmente ti chiederai il perché di queste mie righe
che stai per
leggere.
Sappi
che non hanno un senso. Sono solo parole che non ti ho mai detto.
Gli piacevano le parole che aveva appena
scritto, come di getto.
Non pretendeva che l’ispirazione fosse
tornata, sapeva che quella bastarda arrivava sempre nei momenti
peggiori e che
quando la si cercava scappava come una dannata, nascondendosi.
Il foglio però era più carino con quelle
poche abbozzate al margine.
Chiuse gli occhi e si lasciò travolgere
dalle piccole, rigeneranti gemme di vita che lo risanavano.
Sentiva le gocce scivolargli lungo il
viso, arrivare fino al mento e colare sulla camicia. I capelli castani
iniziavano a cadergli sugli occhi, appiccicandosi fastidiosamente.
Faceva freddo. Sentiva tutto il suo
corpo che rallentava mentre i muscoli della faccia, ormai completamente
ed
inevitabilmente zuppi, erano bloccati in un’espressione di
totale beatitudine.
Se lo avesse visto in quel momento cosa
gli avrebbe detto? In mente non gli veniva nulla perché
forse lui sarebbe stato
zitto, si sarebbe messo di fianco a lui e avrebbe aspettato.
Poi gli sarebbe piaciuto muoversi
per sciogliere l’intorpidimento che lo aveva
assalito e abbracciarlo.
Avrebbe voluto stringerlo forte, fino a
fargli male.
Avrebbe voluto baciarlo ancora e ancora.
Ovunque, senza permettergli di parlare.
Avrebbe voluto che lui si ribellasse,
che prendesse l’iniziativa e che lo spingesse sul divano a
pochi passi da loro,
ormai completamente fradicio.
Avrebbe voluto rivedere l’espressione
innamorata sul suo volto e guardare nello specchio dei suoi occhi la
propria. E
ridere della sua strana voglia d’agire solo quando si
trattava di tenerlo sotto
di sé.
Avrebbe voluto prenderlo in giro.
Spogliarlo. Amarlo. Farsi amare, profondamente e intensamente fino a
farlo
urlare. Fino a implorare di rimanere così per sempre, fino a
perdersi l’uno
nell’altro sperando di rimanere una cosa sola per tutta
l’eternità.
Era un bisogno così impellente da
sentire l’anima tremare.
Si confusero calde con l’acqua fredda
che finalmente iniziava a rallentare il suo ritmo.
La voce gli uscì inaspettatamente
fredda, mentre parlava con lui.
Tirò
su col naso, sicuro di essersi preso l’ennesimo raffreddore
della stagione.
Gli occhi fissavano le nuvole che
andavano diradandosi, e rise.
Corse alla sedia in pelle e si sedette
bagnandola tutta, e con foga iniziò a scrivere tutto quello
che aveva nel
cuore.
Chissà
se anche ora, ovunque tu sia, riesci a guardare le nuvole.
Fine.
Voi che leggete, che ne pensate?
Non capisco perché ci siano sempre abbastanza persone che leggono e poi nessuno che commenta .-. a me va bene anche una recenzione negativa, basta che mi diciate cose ne pensate u_u
Un bacio a Sacchan che mi ha betato i miei orroracci.
Un bacio a tutte.
Nacchan <3