Artemisia
To sleep: perchance to dream: ay, there's the rub
(“Hamlet”,
W. Shakespeare)
Il buio inghiotte il prato; opprimente, invalicabile.
Ma lei è là, là al centro. Una visione
di bianco; una
candida veste al vento.
I capelli, grano maturo, velati d’argento di luna, si
muovono come vessilli nell’aria.
Nessun suono. Il vento tace e l’erba e l’abito e la
chioma
d’oro ballano in silenzio.
La sua pelle, immacolata neve, risplende di bianca luce, in
quel buio.
I suoi occhi, cerulei zaffiri, son fissi in avanti,
attenti, sereni.
Allora muove appena le rosee labbra, sussurrando qualcosa.
E’ il vento a trasportare la voce, dolce, soave, che poi
risuona per il prato
come una bella melodia.
Un nome. Solo un nome.
... Artemisia.
Artemisia...
Apre gli occhi; i suoi occhi
grigi, intensi.
L’ha sognata di nuovo.
Artemisia,
Artemisia... Oh, pena del mio cuore, terra di
salvezza, mela che desidero. Ti ho amato, e t’amo in sogno, e
ti cerco, e ti
cercherò in veglia, mio angelo bianco. Chi sei?
Perché non ti sveli? Perché
continui a chiamarmi, ma non riesco a trovarti? Ti diletta vedermi
penare,
angosciarmi, consumarmi... io, che così tanto ti bramo?
Maledetta, maledetta e
bellissima agonia del mio spirito, riuscirò a trovarti,
riuscirò a farti mia...
Presto consumerò la mia vendetta; sarai al mio fianco,
opprimente e
rassicurante Artemisia. Mia pena, mio amore.
Si alza, scansando le morbide
coperte rosso cupo, e poi inizia a vestirsi lentamente, con in volto
un’espressione pensierosa.
Mentre si abbottona la camicia
candida, il suo sguardo è perso fuori, oltre i vetri della
finestra di quella
lussuosa camera.
Scruta la notte, sorvolando con lo
sguardo le fitte chiome del bosco, e poi fissa la luna, rimirando la
sua
struggente bellezza.
Non può non pensare ancora a lei,
Artemisia. Quante notti passate a cercarla, quanti sonni inquieti,
più inquieti
del solito. E che agonia dentro di sé, ad ogni alba
contemplata senza lei
accanto, perché quel dì sarebbe stato un ennesimo
sogno tormentato.
Indossa il mantello nero, nero
come i suoi folti e lucidi capelli, nero come il suo abito, nero come
il suo
spirito.
Corruga leggermente la fronte,
stringendo un po’ i pugni mentre di nuovo il volto di lei torna ad assillare la sua mente.
Se
non ho più un’anima, come posso ancora amare?
Perché non
si sono portati via anche il mio cuore? Quante sofferenze, quanti
dolori mi
sarei potuto risparmiare...
Attraversa fluidamente e
silenzioso varie stanze del suo castello sontuoso, illuminato appena
dalla fioca
luce offerta da tante candele, e si ferma nel salone centrale.
Si avvicina al tavolo e va ad
afferrare tranquillamente la busta sigillata posata sul legno. La
scruta in
silenzio, assorto nei suoi pensieri, poi la apre, scoprendo
così un invito
ufficiale per un ballo in una villa di un nobile. Lo aveva con
sé l’uomo da cui
si era nutrito la notte precedente.
Un
ballo... un ballo importante.
Ci riflette un attimo, rileggendolo.
E’ per quella sera.
Allora si apre pian piano in un
sorriso compiaciuto, mostrando appena i suoi canini affilati,
così innaturali.
E’ ora di cena.
Inghilterra del 1800.
Non si era mai fermato a
riflettere su quanti anni avesse ormai. Però ora, immobile
nel buio con lo
sguardo fisso sulla luminosa villa in festa in fondo al vialetto
davanti a sé,
mentre osserva le ultime giovani dame dirigersi verso la casa
ridacchiando tra
di loro, non può fare a meno di ripensare alla sua
gioventù, quando ancora era
un ragazzo come altri, perennemente in cerca di donne e svago.
Improvvisamente,
i suoi anni - quanti? Non ricorda - gli pesano gravemente sulle spalle.
Da
quando, in quegli ultimi mesi, Artemisia ha iniziato a fargli visita in
sonno,
la vita gli è parsa più vuota che mai. Giovinezza
eterna, è vero, ma che
farsene se si è soli? Vivere per sempre, ma come si
può senza di lei? Senza
Artemisia, come potrebbe
ancora esistere?
Chiude gli occhi, irrigidendo i
tratti del viso. Cerca di ritrovare la calma e la concentrazione;
impiega
qualche istante, poi può riaprire gli occhi, rilassato.
Ora non è il momento per le pene
d’amore.
Un ennesimo sorriso eccitato gli
si dipinge in viso.
Una festa lo aspetta.
Si avvia per il vialetto, con una
camminata elegante e fluida. Lo osservano tutti, attratti dal suo passo
sicuro
e silenzioso, dal suo aspetto affascinante e seducente, dal suo odore
ammaliante. Tutti, uomini e dame, incantati.
«Il vostro invito, signore?»
chiede una guardia all’ingresso della villa.
Lui sorride appena, abbagliandolo
con il suo tenebroso fascino, e gli allunga la busta aperta con un
delicato
movimento della mano. La guardia, stregata da tanta grazia e bellezza,
senza
parlare, né afferrare la busta, si sposta di lato per
lasciarlo passare.
Lui fa un leggero inchino con il
capo, sorridendo ancora, ed entra con calma.
Al suo passaggio, gli invitati si
voltano a guardarlo, gustando la sensazione di pace e di
tranquillità che
sembra irradiare intorno a sé. Tutto in lui, dal suo aspetto
al suo odore, al
modo in cui si muove nella sala, attrae e affascina. La musica leggera
che
aleggia nella stanza sembra accompagnare il suo morbido passo, come un
tributo
a quell’armonia.
Si ferma accanto un tavolo con
addobbi floreali e cibo, continuando ad osservare gli invitati intorno
a lui
che ancora al passaggio non possono fare a meno di voltarsi a
guardarlo. E
quindi lui sorride delicatamente alle dame e china rispettosamente il
capo agli
uomini, rimanendo immobile al suo posto.
Sciocchi.
Sciocchi e ciechi che non riuscite a veder oltre
la mia apparenza. Se solo sapeste dove si trova ora la mia anima...
Provo
compassione per voi, insignificanti esseri incapaci di comprendere
quanto sia
vuota la vostra vita. Sarò caritatevole; vi
libererò da questa pena. Molti di
voi verranno graziati dal mio morso di morte, mediante il quale potrete
finalmente dire addio a questo nulla che continuate a chiamare vita. Altri,
invece,
continueranno a vivere e soffrire, e io rimpiango queste vostre povere
anime
destinate a vagare ancora per questa terra, vuote e senza scopo.
Io
sono il Dio di questo mondo mortale. Solo chi riterrò
degno verrà liberato dalla maledizione della carne. Non
pregatemi, non
sfuggitemi... non potete farlo.
Avrebbe agito a momenti,
all’ora
del valzer finale.
Socchiude gli occhi,
concentrandosi. Dal suo corpo freddo inizia a propagarsi
un’aria gelida, che
invade pian piano la grande sala. Le luci delle candele tremolano tutte
insieme, come infreddolite da quell’improvviso gelo. Mentre
parte il valzer, e
i primi invitati iniziano a lamentarsi per il freddo, le candele si
spengono
contemporaneamente. Diviene buio.
Si alza qualche gridolino
spaventato, la musica si ferma e gli invitati iniziano ad agitarsi.
Lui rimane ad occhi chiusi,
gustando quel miscuglio di sensazioni che percepisce chiaramente
invadere i corpi
delle persone intorno a lui. Irritazione, sorpresa, agitazione, paura.
Sospira
di piacere e freme appena. E’ eccitato, come sempre prima di
agire.
Riapre gli occhi grigi, riuscendo
a vedere anche meglio al buio. Distingue chiaramente le sagome degli
invitati,
ogni particolare caratteristica dei loro abiti, anche le rughe
più sottili sui
loro volti. Arriccia lievemente il labbro superiore, scoprendo i canini
affilati, vagando con lo sguardo tra la gente per scegliere il primo da
graziare con la sua misericordia.
E’ in quel momento, in quel
preciso momento, che vede lei.
Artemisia...
Percepisce i muscoli del corpo
irrigidirsi come pietra, mentre il cuore, anche se fermo da anni,
sembra aver
ripreso a battere all’improvviso. E batte più
forte che mai, togliendogli il
respiro; anche se, in realtà, lui non respira più
da parecchio tempo. I sensi
sembrano offuscarsi di un colpo, lasciandolo confuso, smarrito.
L’espressione è
sorpresa e colpita da tanto splendore.
Nel buio, lei sembra irradiare
luce e grazia. Indossa un abito di un rosso cupo, quasi nero, lucido e
brillante, decorato con rose in rilevo sulla stoffa; i capelli dorati,
raccolti, cadono in pochi e morbidi ricci sulle spalle; sul viso
angelico è
dipinta un’espressione calma, forse solo gli occhi color del
cielo sono
sorpresi da quell’improvviso buio sceso sulla sala. Si trova
tra la folla,
visibilmente per nulla turbata, al contrario degli altri vicino a lei.
Artemisia...
Arretra d’istinto un paio di
passi, non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso. Ora che finalmente
l’ha
trovata, ne sembra spaventato. O forse è solamente
meravigliato.
Sei
proprio tu, Artemisia? ... E come potresti non esserlo?
Angelo che cammini tra così tanti dannati, rosa fresca tra
queste spoglie
pietre, oh, non riesco a credere ai miei occhi. La tua bellezza
è così fulgida
che temo che la mia mente mi stia ingannando. Può esistere a
questo mondo un essere
così magnifico? Artemisia, incantevole creatura celeste
dagli occhi cerulei,
perché mai sei scesa dal cielo, allontanandoti dai tuoi
compagni, per giungere
qui, in questo mondo maledetto? Perché mai soffrire tra
così tante anime vuote
e penose, tu, che di cotanta luce risplendi? Oh, Artemisia... Desidero
così
tanto salvarti che donerei nuovamente la mia anima agli Inferi, per te.
Riuscirò a farti mia, liberando il tuo spirito dalla
sofferenza di questa carne
mortale, e ci ameremo per sempre, mio fulgido angelo.
Si muove rapidamente verso
l’uscita della sala, sparendo presto fuori, nel buio, non
notato.
E’ turbato e ancora sorpreso da
quell’apparizione. Ha
bisogno di
ritrovare la lucidità.
Appena uscito dalla stanza, l’aria
ritorna tiepida e piacevole. Scompaiono la paura e
l’agitazione, anche se
rimane il buio. Mentre i domestici si danno da fare per riaccendere le
candele,
lei, sospirando con
un’aria stanca,
si dirige alla porta, intenzionata ad andarsene.
«Lady Green, ve ne andate? Non
trovate sia troppo presto?» la ferma lord Baker sfiorandole
un braccio con le
dita.
Lei gli volge lo sguardo e
risponde tranquillamente:
«Scusatemi, lord Baker, ma sono
veramente stanca. E’ stata una bellissima festa. Ancora
auguri per l’incarico
ricevuto da sua maestà in persona.» china
rispettosamente il capo.
«Non vorrà andarsene a causa di
questo imprevisto.» insiste lui, sorridendole e alludendo al
buio sceso in sala
«E privarmi così della vostra splendida
visione.»
Lei sorride appena, facendo
brillare i suoi bellissimi occhi.
«Mi lusingate, davvero.»
«Il vostro sorriso è in grado di
illuminare anche l’oscurità più
fitta.» sussurra lord Baker, avvicinandosi
ancor più e prendendole una mano. Gliela bacia delicatamente
sul dorso, senza
staccare gli occhi scuri da quelli splendenti di lei. Lady Green ritira
quindi
la mano lentamente, con un gesto elegante, e dice infine con la sua
voce soave:
«Perdonatemi ancora, ma devo
andare.»
«Certo.» sussurra lord Baker,
sorridendole.
E’ tornata tutta la luce.
Lady Green non aggiunge altro, si
volta ed esce dalla sala.
Il suo sguardo azzurro è
perso
fuori, verso la luna alta nel cielo. Le mani posate
sull’elaborata balaustra di
pietra del piccolo balcone della sua stanza e addosso solo un abito da
notte di
seta bianca. Aderisce al suo corpo, mostrandolo perfetto e immacolato,
come la
stoffa dell’abito.
I capelli, sciolti, danzano
dolcemente all’aria, disegnando forme indefinite ed astratte.
Abbassa le palpebre, godendo di
quella piacevole e fresca sensazione della brezza sulla sua pelle.
Sul volto si dipinge
un’espressione serena.
C’è silenzio tutt’intorno,
spezzato solamente dal canto della notte che si alza dagli alberi del
grande
giardino della casa assopita.
E lui là, là sul tetto, che la
osserva. Seduto sulle tegole, con un ginocchio alzato su cui ha posato
il
braccio, lo sguardo intenso fisso su di lei. Il mantello scuro fruscia
appena
nella brezza e i suoi capelli neri seguono la stessa dolce danza di
quelli oro
di lei.
La osserva e non può farne a meno.
E’ come rivivere il suo sogno, che così tanto lo
tormenta. Ed è una sensazione
meravigliosa sapere che non si tratta solamente di un sogno.
Artemisia è vera, vera, più vera che mai.
E’ vero il suo
corpo, il suo profumo incantevole; sono veri i suoi morbidi capelli, i
suoi
occhi color del mare, del cielo. Ed è vero, e tangibile,
l’amore che prova per
lei.
Mia
bella Artemisia...
Distoglie gli occhi da lei,
attratto dal suono di passi leggeri che si stanno avvicinando al
balcone. Così
nota la giovane domestica in abito da notte affacciarsi di fuori e dire
con
preoccupazione:
«Lady Green, non dovreste stare
qui... Vostro padre si è molto raccomandato; per la vostra
salute cagionevole
sarebbe meglio che non prendeste freddo.»
«Sto bene.» la rassicura lei,
rimanendo ad occhi chiusi e mostrando ancora
quell’espressione rilassata.
«Ma lady, davvero, non vorrei...»
prova ancora a dire la ragazza, a disagio.
Lei sospira e rialza le palpebre,
per poi voltarsi verso la domestica.
«D’accordo, vengo dentro.
Effettivamente avrei bisogno di riposare.» afferma con ancora
quell’aria stanca
e ritorna in camera, seguita subito dall’altra ragazza.
Lui corruga leggermente la fronte,
meditabondo.
Mia
Artemisia, sei dunque malata? Questa terra immonda sta
inquinando la tua anima così tanto da farti star male? Oh...
angelo del mio
cuore... Non sai quanta pena mi porta saperti sofferente...
Si sporge silenziosamente dal
tetto della casa, solo per riuscire a sentir meglio cosa stiano
dicendo, lady
Green e la domestica, dentro la camera. Grazie al suo fine udito,
nonostante le
due stanno parlando a mezza voce per non svegliare nessuno, riesce a
sentirle
chiaramente come se si trovasse nella stanza con loro.
«E’ stata una bella festa?»
domanda la domestica, preparando un bicchiere d’acqua per
lady Green che sta
scostando le morbide coperte del letto.
«Noiosa.» asserisce l’altra con
aria seccata, sedendosi sul materasso e posandosi la trapunta leggera
sulle
gambe «Troppo formale.»
«Era una festa importante. In
onore di lord Baker.» la domestica le porge il bicchiere.
«Ah, evita di nominarlo.» beve un
istante con una smorfia irritata «Che uomo insistente. E
assillante, direi. La
sua presenza, il suo odore perfino, mi toglie il fiato.»
«Sembra un uomo per bene, di
ottima famiglia.» le ricorda la ragazza, sistemando bicchiere
e brocca su un
vassoio «Vostro padre sarebbe onorato di vedervi in sposa a
lord Baker.»
«Non è ciò che desidero,
però.» le
fa notare lei, decisa «Non ho mai conosciuto uomo
più viscido e meschino. Mi
domando come potrei, piuttosto, liberarmene...»
«Basterebbe trovare un uomo
altrettanto adatto da entrare nelle grazie di vostro padre.»
Lady Green scuote la testa in un
chiaro segno sconsolato.
«Non è affatto semplice soddisfare
mio padre...»
«Oh, lady, non so che dirle...»
«Non dire nulla.» fa un gesto con
la mano per far intendere di voler chiudere lì la questione
«Lasciami
riposare.»
«Certo.» la ragazza china un po’
il capo «Buona notte, lady.» esce poi dalla camera.
Lei invece sospira, esausta, e
posa il capo sui cuscini, fissando i teli del suo letto a baldacchino.
Con aria
pensierosa, torna infine a volgere lo sguardo al cielo, appena visibile
attraverso il piccolo spiraglio concesso dalle candide tende della
finestra.
Eh...
l’Amore. Nulla di più impossibile da ottenere in
questa triste e grigia città.
Il velo di malinconia che ricopre il mio cuore si fa sempre
più spesso. Nessun
uomo è stato ancora in grado di scostarlo e far
così respirare il mio spirito
per la prima volta. E ho sempre meno tempo... La mia anima è
inquieta e
tormentata; smaniosa di trovare l’Amore, la cosa che
più bramo al mondo. Ma il
mio corpo è stanco... Le membra sono sempre più
pesanti e a volte prendere
fiato è una pugnalata al petto e un dolore fitto e
terribile. So già che
arriverà il giorno in cui invocherò
disperatamente la morte con le mani alzate
al cielo. Spero solo che Dio sarà abbastanza misericordioso
da concedermela
senza farmi soffrire oltre ciò che posso ancora sopportare...
Si assopisce.
E’ ancora notte fonda e
quindi lui
è lì, nella stanza, e la osserva.
A pochi passi dal letto, ha lo
sguardo fisso sul suo viso; sta contemplando la sua straordinaria
bellezza.
Lei dorme; il respiro leggero e
calmo e un’aria pacata. E’ una visione.
Mio
spirito bianco e puro... Rimarrei per sempre qui,
solamente a guardarti. Sei bella, bella oltre ogni dire. E il tuo
odore,
perfino il tuo nome, mi infondono un calore forte nel petto... Mi sento
vivo.
Vivo come sono stato, forse, un tempo, ma nemmeno un tempo mi sono mai
sentito
così bene. E pronuncerei il tuo nome continuamente, al
vento, alle stelle, solo
per godere del suo suono così dolce. Il tuo nome,
semplicemente il tuo nome,
sussurrato nella notte, al buio, nel silenzio, come
un’armonia di un’arpa, come
il canto di un uccello, come il vento su di un campo di grano. Il tuo
nome... solo
il tuo nome...
Si china verso di lei e
avvicina
le labbra al suo orecchio, per poi mormorare con voce calda:
«Artemisia...»
Lei alza le palpebre, svegliata da
quel sussurro ignoto.
Ha ancora il volto verso la
finestra, è così che nota che è
aperta. Le tende frusciano, mosse dalla brezza
notturna, e il canto dei grilli si diffonde chiaro per la camera.
Sorpresa, scosta con calma le
coperte e scende poi dal letto. Si avvia a piedi nudi alla finestra e
la
chiude. Scruta la luna per un’ultima volta, poi si gira per
dirigersi al letto.
Sobbalza e reprime un grido a
stento, notando lui sdraiato sul
materasso, di fianco, con un gomito sulla trapunta e il capo posato sul
palmo
della mano per tenerlo rialzato. Le rivolge uno sguardo intenso, grigio
cenere,
e la sta osservando con aria assorta.
«Mio Dio, chi siete?» chiede
subito lady Green, punta e ancora un po’ spaventata
«Da dove siete entrato?»
Lui sorride appena, con ironia,
come se la cosa fosse ovvia, e risponde con un tono calmo e suadente:
«Dalla finestra.»
Lei lancia uno sguardo stupito ai
vetri, poi torna a rivolgerlo al suo “ospite”,
mostrandosi irritata.
«Siete pregato di andarvene
immediatamente.» dichiara con aria decisa «Mi
metterò ad urlare a momenti e voi
verrete arrestato.»
«Con quale accusa?» domanda
tranquillamente lui, rimanendo calmo, quasi impassibile.
«Vi siete introdotto nella mia
camera per rubare qualcosa o magari rapirmi.» afferma lei,
aggrottando le
sopracciglia e indicandolo con l’indice «Poco
cambia. Alle guardie basterà
sapere che siete entrato senza il mio permesso.»
«Perdonatemi, allora. Non sono
stato cortese ed educato.» si alza dal letto con un unico
movimento fluido che
lascia lady Green meravigliata.
Le si avvicina e le si ferma a
pochi passi di distanza, guardandola negli occhi; lei arretra
d’istinto,
colpita da quella sensazione rassicurante e calda che sembra emanare.
Ogni cosa
di lui, dal modo in cui la guarda al profumo dolce che lo circonda,
l’attrae e
la confonde. Rimane spiazzata, senza parole.
«Posso darti del “tu”?» chiede
quindi lui, chinando appena il capo.
Lei sembra riprendersi e risponde
immediatamente, infastidita:
«Naturalmente no. Che cosa fate
ancora qui? Andatevene prima che...»
«Che?» la incita muovendosi in
avanti e fermandosi a qualche centimetro dal suo viso.
Lei arretra ancora, fino a toccare
il muro alle sue spalle. Perde sicurezza in presenza di quell’uomo.
«Che... che chiami qualcuno.»
riesce a concludere, tirando un po’ le labbra, a disagio.
«Perché non l’hai già fatto,
dunque?» le sorride lievemente, con una strana espressione
intensa, mostrando
un po’ i suoi candidi denti.
«Perché...» esita lei, fissando i
canini acuminati. Percepisce il cuore accelerare i battiti, capendo.
Si sente gelare dentro per
l’orrore.
«Voi siete...» mormora, la voce un
poco mossa «Un non-morto.
Un
demone... Un essere immondo.»
«Mi riempi di complimenti.» commenta
lui senza cambiare espressione «Vampiro
va più che bene.»
Lady Green soffoca a stento un
gemito spaventato.
Lui percepisce chiaramente la sua
paura e un po’ ne gode, come fa sempre, ma subito se ne
preoccupa. E’ la donna che ama, non vuole che sia spaventata
da lui.
«Non temere, mia bella Artemisia.»
abbassa il tono, socchiudendo gli occhi e avvicinandosi con le labbra
al collo
della ragazza, che si irrigidisce «Senza il tuo permesso non
oserò ferirti in
alcun modo. Se tu lo vorrai, invece...» mostra un
po’ i denti, pericolosamente
vicino alla pelle di lei, che infatti percepisce il suo fiato caldo su
di sé.
«Non lo voglio!» afferma decisa
lady Green, prendendo coraggio e scivolando via da lui, che rimane
fermo nella
sua posa, immobile, osservandola con la coda dell’occhio
tornare al letto e
sedersi sulla sponda, per poi portandosi una mano al petto. Fissa il
pavimento,
più bianca del solito. Sembra però avere meno
paura di prima. Forse ha
capito... che lo ha in pugno.
Lui rimane tranquillo,
raddrizzandosi e voltandosi appena verso di lei.
«Non desideri una vita immortale?»
le domanda con voce calda, alzando leggermente un sopracciglio.
Lei rialza gli occhi, fissandoli
sui suoi coraggiosamente. Si fa seria, quando dice con risolutezza:
«Perché mai dovrei volerla?»
«Suvvia, Artemisia... tutti i
mortali desiderano cambiare il proprio destino!» sospira lui
con un’aria furba
«Io lo so bene...»
«Io il mio destino l’ho
accettato.» dichiara lei con forza, guardandolo con
un’espressione decisa «Non
sono una codarda.»
«Non ti rimane molto da vivere. Io
ci penserei bene... Ti offro la possibilità di cambiarlo.» insiste lui con
voce suadente.
«Solo chi non crede in Dio, o chi
ci crede ma ha un’anima troppo sporca per salvarsi, ha paura
di morire.»
ribatte lady Green con calma e fermezza «Voi vi siete
lasciato tentare. Avevate
così tanta paura di
morire?» si zittisce, rimanendo un po’ tesa. Forse
ha calzato troppo la mano...
Ma lui rimane impassibile, anche
quando chiede dopo qualche attimo di silenzio:
«Perché... tu non ne hai nemmeno
un po’?»
«Ho fiducia nella mia fede. Ella
mi salverà.» afferma la ragazza fieramente.
«La fede... già...» mormora lui,
socchiudendo appena gli occhi.
«Non potete capirmi, perché non
credete in Dio.»
«Chi ti dice che non vi creda?» il
tono è ironico «So perfettamente
dov’è andata a finire la mia anima... Ora
brucia tra le orrende fiamme dell’Inferno, schernita dagli
altri dannati come
me. Non l’avrò mai più
indietro...»
Lei corruga lievemente la fronte.
«E questo non vi spaventa? Non è
maggiormente terribile questo, che il fatto di dover morire al termine
di una
vita piena? Io non vi capisco... Che senso ha continuare ad esistere in questo modo? E’
orribile...»
«Artemisia, non porti domande
retoriche.» scuote appena il capo «Pensi davvero
che se avessi avuto la
certezza di salire in cielo avrei scelto questa
“vita”? ... No... il fatto è
che la mia anima era già dannata da molto tempo.»
Lady Green tira un po’ le labbra,
comprendendo, e non risponde. Si corruccia invece un po’,
confusa, e chiede:
«Perché continuate a chiamarmi
“Artemisia”?»
Lui rimane visibilmente spiazzato
a questo punto.
«E’ il tuo nome.» afferma con
convinzione.
Lei alza un sopracciglio.
«Vi siete mal informato.» dice con
un’aria vagamente sarcastica «Il mio nome
è Helen, mio padre è lord Green. E
comunque, vi ricordo di non avervi dato il permesso di darmi del
“tu”.»
«Helen?» ripete
lui, abbassando lo sguardo pensieroso e confuso «Non
è possibile...» rialza gli occhi su di lei
«Eppure... eppure sei la stessa
persona... ne sono sicuro.» ignora completamente
l’ultima frase pronunciata
dalla ragazza.
«Di che parlate?» chiede Helen
Green, increspando lievemente la fronte.
«Parlo di Artemisia.» si avvicina,
fermandosi di fronte a lei con un ginocchio a terra e afferrandole una
mano
«Parlo di te.»
La sua pelle è gelida; al
contatto, Helen rabbrividisce.
«Non capisco...» si irrigidisce un
po’, a disagio a così poca distanza da lui
«Non...»
«Sei tu.» insiste, guardandola con
intensità negli occhi «Sei tu quella meravigliosa
visione che popola i miei sogni...
Come potrei sbagliarmi? Non posso. Sei proprio tu.»
«Mi... mi avete sognata?» sembra
perplessa.
Lui annuisce con il capo.
«E ti sogno ancora, giorno dopo
giorno. Riempi poi la mia mente per tutta la veglia. Non hai idea da
quanto
tempo ti sto cercando...»
«Cercavate me?» ripete lei,
sorpresa «Per questo siete qui? Per incontrarmi di
proposito?»
«Proprio così.» le stringe
più
forte le mano «Artemisia è il nome che sento
aleggiare nell’aria delle mie
visioni. L’unico suono tra tanto silenzio...»
«Ma non è il mio nome. Mi confondete
con un’altra.» prova a ritirare la mano, ma lui la
ferma, serrando ancor di più
la presa.
«Invece sono sicuro di non
sbagliarmi.» dichiara con convinzione «Helen o
Artemisia non fa differenza. Sei
comunque la donna che ho scelto di amare.»
«Voi mi amate?» mormora lady
Green, turbata.
Lui continua a guardarla con
un’intensità struggente. Va a socchiudere gli
occhi, senza staccare lo sguardo
dal viso di lei, poi sussurra delicatamente:
«Ti ho amata dalla prima volta che
ti ho sognata. Ti amo solo come si può amare una boccata di
aria fresca dopo
attimi di apnea; come si possono amare le stelle in cielo dopo un
temporale;
come si ama la parte di anima che sentiamo ci manca... Io, che son
morto e poi
tornato ad esistere, sono riuscito finalmente a vivere di nuovo ora che
ti ho
incontrata. Sei come l’aria che non respiro più da
anni; il mio cuore è tornato
a battere in tua presenza. Sono vivo, di nuovo, ed è come se
avessi ritrovato
la mia anima perduta, perché con te non mi sento
più vuoto dentro. Sei l’angelo
che mi ha ridato la vita, come potrei non amarti?»
Lei tira un po’ le labbra,
sentendo il cuore batterle all’impazzata.
Mi
ama... Mi ha sognata e mi ama...
Si sente confusa più che mai.
Quelle parole che le ha detto... sono bellissime. Nessuno le si era mai
dichiarato così. Come si può amare in quel modo?
Non lo sa; non ha mai amato in
vita sua e non sa, quindi, cosa si provi di preciso. Ma davvero
l’amore è così bello?
Davvero merita di essere amata in
quel modo? Lui nemmeno la conosce, come può essersi
innamorato così solamente
da un sogno? E poi... poi lui è un vampiro.
Un brivido percorre la schiena di
lady Green.
Un vampiro si è innamorato di lei.
Vorrebbe sprofondare, morire, al solo pensiero. Amarlo significherebbe
solamente soffrire perché presto se ne sarebbe andata,
mentre lui avrebbe
continuato a vivere. Per rimanere con lui, invece, avrebbe dovuto
dannarsi... E
come avrebbe potuto farlo? Dio non avrebbe mai compreso una cosa
simile. E lei
ha paura delle fiamme dell’Inferno.
Per questo ritira subito la mano
dalla stretta dell’altro e si alza in piedi, fermandosi
accanto la finestra con
lo sguardo puntato in basso. Gli dà le spalle.
Lui si rialza lentamente,
guardandola con un’espressione attenta.
Dopo qualche attimo di silenzio,
Helen mormora:
«Non devi amarmi,
invece.»
Lui si corruccia un po’,
chiedendole:
«E perché mai?»
«Perché io non intendo rischiare
la dannazione eterna per te.» dichiara lei, fissando il cielo
stellato con
un’aria pensierosa.
«Vorresti dire che non vuoi
nemmeno provare ad
amarmi?» domanda,
incupendosi.
«Pensavi di impietosirmi o altro
venendo qui, dicendomi che mi stai cercando da moltissimo tempo e
confessandomi
il tuo amore?» il tono è un po’ punto
«Pensi che sono una donna così facile? Ho
i miei principi.»
Lui non risponde subito.
Rimangono a fissarsi negli occhi,
con un’incredibile intensità. E’ lei a
distogliere lo sguardo per prima,
dirigendolo altrove.
Lui è serio e composto, ma non
sembra affatto turbato o altro. E’ freddo e quasi
impassibile, come una statua
pensierosa.
Dopo un po’, raddolcisce
l’espressione del viso, tranquillo.
«Sai, Artemisia, penso
che tu abbia solamente bisogno di tempo. Ti
desidero così tanto che non credo mi arrenderò
facilmente. Alla fine cadrai
anche tu nel baratro senza fondo dell’Amore, agonizzante,
come lo sono io ogni
volta che ti penso ma tu non sei al mio fianco.»
Lei storce leggermente le labbra,
commentando con disappunto:
«Sembra orribile... Per questo starò
attenta e non commetterò il tuo stesso errore.»
Lui accenna appena un sorriso,
forse divertito.
«E poi non chiamarmi Artemisia. Ti
ho già detto che non è il mio nome.»
ribadisce lady Green, tornando seria.
«Perdonami, ma per me sei e
rimarrai sempre Artemisia.»
ribatte
alzando le spalle con noncuranza.
Helen sembra un po’ infastidita da
quelle parole e quindi non attende a dire:
«Ti sei presentato qui, in camera
mia, svegliandomi in piena notte e spaventandomi a morte; mi dici che
mi ami
come se nulla fosse; non mi porti rispetto, fai
l’arrogante... e io non so
nemmeno il tuo nome.»
«E’ vero, hai ragione!» si prostra
in un elegante inchino, facendo oscillare il mantello
«Scusami, Artemisia, ma
in tua presenza, abbagliato e annebbiato com’ero da tanta
bellezza, mi sono
dimenticato le buone maniere.» torna a guardarla, notando con
piacere che lei è
lievemente arrossita.
Continua a guardarla, dicendo con
tono affabile:
«Chiami pure Edgar.»
«Edgar...» ripete lei, con aria
pensierosa «Avrai pure un cognome, no? Un casato, una
famiglia...»
«Il nome di famiglia l’ho perso da
anni, forse secoli. Non sono nemmeno sicuro di riuscire a
ricordarmelo.»
sospira lui con disinvoltura «Sono solamente Edgar,
adesso.»
«Un vampiro senza nemmeno un
nome...» la sua voce è lievemente ironica
«Interessante...»
«Tutto di me è interessante.»
afferma Edgar con sicurezza, con un’aria forse di scherno.
«Ma non mi dire...» commenta lei
con tono piatto.
Lui torna immediatamente freddo e,
in un movimento rapidissimo, che lei riesce appena a notare, le si
avvicina,
fermandosi alle spalle.
Helen rabbrividisce e sente il suo
corpo irrigidirsi quando Edgar, dietro di lei, avvicina le labbra al
suo
orecchio, sussurrando:
«Avrai modo di scoprirlo.»
«Chi ti dice che voglia
rivederti?» mormora lei, con i battiti del cuore impazziti.
Lui le va a cingere delicatamente
la vita con le braccia, rispondendo avvicinando le labbra al suo collo:
«Fidati.»
Lei rabbrividisce di nuovo e posa
quindi le mani su quelle di lui.
«Lasciami...» mormora con voce
lievemente tremante. Avrebbe voluto dirlo con più forza e
convinzione, ma la
vicinanza di Edgar pare come annebbiare i suoi sensi.
Lui rialza con calma il capo,
annusandole i capelli con gli occhi chiusi, come in estasi; non sembra
affatto
intenzionato a lasciarla.
«Smettila.» Helen pare abbia
riacquistato un po’ più di lucidità.
Lui riapre gli occhi e si stacca
lentamente da lei, che si gira immediatamente a guardarlo.
«Vattene, ora.» gli ordina
guardandolo con decisione, ma il suo corpo ancora un po’
tremante la smentisce.
Edgar se ne accorge quindi accenna
un sorriso compiaciuto.
«Sì, vado per questa notte. Tra
poco farà l’alba e ho bisogno di riposo.»
Si avvia alla finestra, aprendola
ed uscendo sul balcone. Si volta infine indietro, osservando lady Green
sull’uscio con le braccia incrociate per proteggersi un
po’ dal freddo della notte,
un po’ da quella forte emozione che sembra invadere il suo
petto.
Si guardano negli occhi.
«Tornerò domani notte, Artemisia.»
le annuncia con calma «Mi attenderai?»
«No, non credo.» dichiara lei, ma
con poca risoluzione.
«Ti troverò ovunque andrai.» afferma
Edgar, con un’aria quasi sofferente e tormentata
«Non posso
perderti.»
Lei increspa lievemente la fronte,
tirando un po’ le labbra.
Edgar sale quindi sulla balaustra
di pietra e, dopo averle lanciato un ultimo sguardo, salta
giù, atterrando
silenziosamente nel giardino e allontanandosi.
Lady Green non accenna a voler
rientrare.
Ha lo sguardo fisso in avanti, nel
punto in cui si trovava lui fino a
pochi istanti fa.
Il cuore non ha ancora smesso di
battere all’impazzata.
Il
destino si prende gioco di me... Si diverte a vedermi
soffrire. Continua a sferzare i suoi colpi su questo cuore stanco,
indebolendomi sempre di più. Non so cosa fare...
Si lascia scivolare di spalle
contro il muro e finisce quindi seduta a terra, lentamente. Punta lo
sguardo in
basso, con un’espressione persa.
Le ritornano in mente le parole
del vampiro, la sua aria tormentata
e
sofferente.
Certo non aveva mai pensato a
quanto fosse doloroso amare.
Il cielo va intanto a schiarirsi e
lei rialza quindi gli occhi, osservando il sole spuntare dietro gli
alberi.
Abbassa le palpebre, desiderando
di morire all’istante.
Meglio la morte che la sofferenza,
questo è certo.
L’alba.
Edgar è in piedi sopra un tetto di
una vecchia casa della periferia e osserva il sole nascere; lo sguardo
pensieroso
puntato sul disco dorato e in volto un’espressione serena.
L’alba non è mai stata così dolce
e amara allo stesso tempo.
E’ la prima che osserva con la
certezza che finalmente potrà riposare più
tranquillo. Però, allo stesso modo,
sa che il suo spirito sarà comunque tormentato,
perché non potrà vedere lei
finché non giungerà nuovamente la
notte.
Non può restare fuori troppo a
lungo; la luce del sole lo ferisce. Non che gli bruci la pelle, come si
crede,
ma gli procura comunque un dolore intenso, come se fosse arso vivo.
Ma l’alba quel giorno è
particolarmente bella.
Resterà ancora un po’ a rimirarla.
Continua...
Beh, eccomi qua con la mia prima
fic sui vampiri... Spero vi piaccia! =)
Lascio l'indirizzo del concorso a cui ho partecipato, nel caso vogliate
dare un'occhiata anche alle storie delle altre concorrenti. ^^
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8773987&p=1
Questo contest consisteva nel
scegliere una frase e/o un'immagine e inserire entrambe (o, appunto,
una delle due) nella storia, che chiaramente doveva parlare di almeno
un vampiro.
La frase che ho scelto è questa: "Hai mai desiderato qualcuno al
punto di smettere di esistere?"
L'immagine, invece, è questa qua: http://it.tinypic.com/view.php?pic=10h7ebs&s=3
La fic ha vinto anche altri premi, ovvero: "La migliore interpretazione della frase e immagine scelta"; "La fic più originale"; "Il miglior stile"; "La preferita dalla giuria"; "La fic più triste".
Aggiornerò ogni due o
tre giorni; ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno.
^^
Alla prossima!