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Autore: Me91    13/02/2010    3 recensioni
Inghilterra 1800. Edgar è un affascinante vampiro sadico e senza scrupoli, continuamente in cerca di divertimento. Da un po’ tempo, però, nei suoi sonni durante il dì, fa l’apparizione una donna bellissima; pare un angelo sceso in terra. Nel sogno, la bella è l’unico punto di luce in tanta oscurità e la visione è completamente immersa nel silenzio. L’unico suono che si ode è un nome pronunciato dalla stessa ragazza: Artemisia.
Il vampiro se ne innamora immediatamente e inizia a cercarla. Quando infine la incontrerà si presenterà a lei, proponendole di diventare a sua volta un vampiro per vivere per sempre insieme. Ma la giovane ha dei principi e, inizialmente, farà di tutto per liberarsi di quel mostro... fino a che si accorgerà di essersene innamorata.
Secondo posto nel contest "Original contest - vampiri e immagini"
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Artemisia

Capitolo 1

To die, to sleep;
To sleep: perchance to dream: ay, there's the rub

(“Hamlet”, W. Shakespeare)

 

Il vento scuote l’erba, facendola oscillare, e ballare, bagnata di quella liquida e argentea luce lunare.
Il buio inghiotte il prato; opprimente, invalicabile.
Ma lei è là, là al centro. Una visione di bianco; una candida veste al vento.
I capelli, grano maturo, velati d’argento di luna, si muovono come vessilli nell’aria.
Nessun suono. Il vento tace e l’erba e l’abito e la chioma d’oro ballano in silenzio.
La sua pelle, immacolata neve, risplende di bianca luce, in quel buio.
I suoi occhi, cerulei zaffiri, son fissi in avanti, attenti, sereni.
Allora muove appena le rosee labbra, sussurrando qualcosa. E’ il vento a trasportare la voce, dolce, soave, che poi risuona per il prato come una bella melodia.
Un nome. Solo un nome.
... Artemisia.

 
Artemisia...
Apre gli occhi; i suoi occhi grigi, intensi.
L’ha sognata di nuovo.

Artemisia, Artemisia... Oh, pena del mio cuore, terra di salvezza, mela che desidero. Ti ho amato, e t’amo in sogno, e ti cerco, e ti cercherò in veglia, mio angelo bianco. Chi sei? Perché non ti sveli? Perché continui a chiamarmi, ma non riesco a trovarti? Ti diletta vedermi penare, angosciarmi, consumarmi... io, che così tanto ti bramo? Maledetta, maledetta e bellissima agonia del mio spirito, riuscirò a trovarti, riuscirò a farti mia... Presto consumerò la mia vendetta; sarai al mio fianco, opprimente e rassicurante Artemisia. Mia pena, mio amore.    
Si alza, scansando le morbide coperte rosso cupo, e poi inizia a vestirsi lentamente, con in volto un’espressione pensierosa.
Mentre si abbottona la camicia candida, il suo sguardo è perso fuori, oltre i vetri della finestra di quella lussuosa camera.
Scruta la notte, sorvolando con lo sguardo le fitte chiome del bosco, e poi fissa la luna, rimirando la sua struggente bellezza.
Non può non pensare ancora a lei, Artemisia. Quante notti passate a cercarla, quanti sonni inquieti, più inquieti del solito. E che agonia dentro di sé, ad ogni alba contemplata senza lei accanto, perché quel dì sarebbe stato un ennesimo sogno tormentato.
Indossa il mantello nero, nero come i suoi folti e lucidi capelli, nero come il suo abito, nero come il suo spirito.
Corruga leggermente la fronte, stringendo un po’ i pugni mentre di nuovo il volto di lei torna ad assillare la sua mente.

Se non ho più un’anima, come posso ancora amare? Perché non si sono portati via anche il mio cuore? Quante sofferenze, quanti dolori mi sarei potuto risparmiare...
Attraversa fluidamente e silenzioso varie stanze del suo castello sontuoso, illuminato appena dalla fioca luce offerta da tante candele, e si ferma nel salone centrale.
Si avvicina al tavolo e va ad afferrare tranquillamente la busta sigillata posata sul legno. La scruta in silenzio, assorto nei suoi pensieri, poi la apre, scoprendo così un invito ufficiale per un ballo in una villa di un nobile. Lo aveva con sé l’uomo da cui si era nutrito la notte precedente.

Un ballo... un ballo importante.
Ci riflette un attimo, rileggendolo. E’ per quella sera.
Allora si apre pian piano in un sorriso compiaciuto, mostrando appena i suoi canini affilati, così innaturali.
E’ ora di cena. 

Inghilterra del 1800.
Non si era mai fermato a riflettere su quanti anni avesse ormai. Però ora, immobile nel buio con lo sguardo fisso sulla luminosa villa in festa in fondo al vialetto davanti a sé, mentre osserva le ultime giovani dame dirigersi verso la casa ridacchiando tra di loro, non può fare a meno di ripensare alla sua gioventù, quando ancora era un ragazzo come altri, perennemente in cerca di donne e svago. Improvvisamente, i suoi anni - quanti? Non ricorda - gli pesano gravemente sulle spalle. Da quando, in quegli ultimi mesi, Artemisia ha iniziato a fargli visita in sonno, la vita gli è parsa più vuota che mai. Giovinezza eterna, è vero, ma che farsene se si è soli? Vivere per sempre, ma come si può senza di lei? Senza Artemisia, come potrebbe ancora esistere?
Chiude gli occhi, irrigidendo i tratti del viso. Cerca di ritrovare la calma e la concentrazione; impiega qualche istante, poi può riaprire gli occhi, rilassato.
Ora non è il momento per le pene d’amore.
Un ennesimo sorriso eccitato gli si dipinge in viso.
Una festa lo aspetta.
Si avvia per il vialetto, con una camminata elegante e fluida. Lo osservano tutti, attratti dal suo passo sicuro e silenzioso, dal suo aspetto affascinante e seducente, dal suo odore ammaliante. Tutti, uomini e dame, incantati.
«Il vostro invito, signore?» chiede una guardia all’ingresso della villa.
Lui sorride appena, abbagliandolo con il suo tenebroso fascino, e gli allunga la busta aperta con un delicato movimento della mano. La guardia, stregata da tanta grazia e bellezza, senza parlare, né afferrare la busta, si sposta di lato per lasciarlo passare.
Lui fa un leggero inchino con il capo, sorridendo ancora, ed entra con calma.
Al suo passaggio, gli invitati si voltano a guardarlo, gustando la sensazione di pace e di tranquillità che sembra irradiare intorno a sé. Tutto in lui, dal suo aspetto al suo odore, al modo in cui si muove nella sala, attrae e affascina. La musica leggera che aleggia nella stanza sembra accompagnare il suo morbido passo, come un tributo a quell’armonia.
Si ferma accanto un tavolo con addobbi floreali e cibo, continuando ad osservare gli invitati intorno a lui che ancora al passaggio non possono fare a meno di voltarsi a guardarlo. E quindi lui sorride delicatamente alle dame e china rispettosamente il capo agli uomini, rimanendo immobile al suo posto.

Sciocchi. Sciocchi e ciechi che non riuscite a veder oltre la mia apparenza. Se solo sapeste dove si trova ora la mia anima... Provo compassione per voi, insignificanti esseri incapaci di comprendere quanto sia vuota la vostra vita. Sarò caritatevole; vi libererò da questa pena. Molti di voi verranno graziati dal mio morso di morte, mediante il quale potrete finalmente dire addio a questo nulla che continuate a chiamare vita. Altri, invece, continueranno a vivere e soffrire, e io rimpiango queste vostre povere anime destinate a vagare ancora per questa terra, vuote e senza scopo.
Io sono il Dio di questo mondo mortale. Solo chi riterrò degno verrà liberato dalla maledizione della carne. Non pregatemi, non sfuggitemi... non potete farlo.
Avrebbe agito a momenti, all’ora del valzer finale.
Socchiude gli occhi, concentrandosi. Dal suo corpo freddo inizia a propagarsi un’aria gelida, che invade pian piano la grande sala. Le luci delle candele tremolano tutte insieme, come infreddolite da quell’improvviso gelo. Mentre parte il valzer, e i primi invitati iniziano a lamentarsi per il freddo, le candele si spengono contemporaneamente. Diviene buio.
Si alza qualche gridolino spaventato, la musica si ferma e gli invitati iniziano ad agitarsi.
Lui rimane ad occhi chiusi, gustando quel miscuglio di sensazioni che percepisce chiaramente invadere i corpi delle persone intorno a lui. Irritazione, sorpresa, agitazione, paura. Sospira di piacere e freme appena. E’ eccitato, come sempre prima di agire.
Riapre gli occhi grigi, riuscendo a vedere anche meglio al buio. Distingue chiaramente le sagome degli invitati, ogni particolare caratteristica dei loro abiti, anche le rughe più sottili sui loro volti. Arriccia lievemente il labbro superiore, scoprendo i canini affilati, vagando con lo sguardo tra la gente per scegliere il primo da graziare con la sua misericordia.
E’ in quel momento, in quel preciso momento, che vede lei.

Artemisia...
Percepisce i muscoli del corpo irrigidirsi come pietra, mentre il cuore, anche se fermo da anni, sembra aver ripreso a battere all’improvviso. E batte più forte che mai, togliendogli il respiro; anche se, in realtà, lui non respira più da parecchio tempo. I sensi sembrano offuscarsi di un colpo, lasciandolo confuso, smarrito. L’espressione è sorpresa e colpita da tanto splendore.
Nel buio, lei sembra irradiare luce e grazia. Indossa un abito di un rosso cupo, quasi nero, lucido e brillante, decorato con rose in rilevo sulla stoffa; i capelli dorati, raccolti, cadono in pochi e morbidi ricci sulle spalle; sul viso angelico è dipinta un’espressione calma, forse solo gli occhi color del cielo sono sorpresi da quell’improvviso buio sceso sulla sala. Si trova tra la folla, visibilmente per nulla turbata, al contrario degli altri vicino a lei.

Artemisia...
Arretra d’istinto un paio di passi, non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso. Ora che finalmente l’ha trovata, ne sembra spaventato. O forse è solamente meravigliato.

Sei proprio tu, Artemisia? ... E come potresti non esserlo? Angelo che cammini tra così tanti dannati, rosa fresca tra queste spoglie pietre, oh, non riesco a credere ai miei occhi. La tua bellezza è così fulgida che temo che la mia mente mi stia ingannando. Può esistere a questo mondo un essere così magnifico? Artemisia, incantevole creatura celeste dagli occhi cerulei, perché mai sei scesa dal cielo, allontanandoti dai tuoi compagni, per giungere qui, in questo mondo maledetto? Perché mai soffrire tra così tante anime vuote e penose, tu, che di cotanta luce risplendi? Oh, Artemisia... Desidero così tanto salvarti che donerei nuovamente la mia anima agli Inferi, per te. Riuscirò a farti mia, liberando il tuo spirito dalla sofferenza di questa carne mortale, e ci ameremo per sempre, mio fulgido angelo.
Si muove rapidamente verso l’uscita della sala, sparendo presto fuori, nel buio, non notato.
E’ turbato e ancora sorpreso da quell’apparizione. Ha bisogno di ritrovare la lucidità.
Appena uscito dalla stanza, l’aria ritorna tiepida e piacevole. Scompaiono la paura e l’agitazione, anche se rimane il buio. Mentre i domestici si danno da fare per riaccendere le candele, lei, sospirando con un’aria stanca, si dirige alla porta, intenzionata ad andarsene.
«Lady Green, ve ne andate? Non trovate sia troppo presto?» la ferma lord Baker sfiorandole un braccio con le dita.
Lei gli volge lo sguardo e risponde tranquillamente:
«Scusatemi, lord Baker, ma sono veramente stanca. E’ stata una bellissima festa. Ancora auguri per l’incarico ricevuto da sua maestà in persona.» china rispettosamente il capo.
«Non vorrà andarsene a causa di questo imprevisto.» insiste lui, sorridendole e alludendo al buio sceso in sala «E privarmi così della vostra splendida visione.»
Lei sorride appena, facendo brillare i suoi bellissimi occhi.
«Mi lusingate, davvero.»
«Il vostro sorriso è in grado di illuminare anche l’oscurità più fitta.» sussurra lord Baker, avvicinandosi ancor più e prendendole una mano. Gliela bacia delicatamente sul dorso, senza staccare gli occhi scuri da quelli splendenti di lei. Lady Green ritira quindi la mano lentamente, con un gesto elegante, e dice infine con la sua voce soave:
«Perdonatemi ancora, ma devo andare.»
«Certo.» sussurra lord Baker, sorridendole.
E’ tornata tutta la luce.
Lady Green non aggiunge altro, si volta ed esce dalla sala. 

Il suo sguardo azzurro è perso fuori, verso la luna alta nel cielo. Le mani posate sull’elaborata balaustra di pietra del piccolo balcone della sua stanza e addosso solo un abito da notte di seta bianca. Aderisce al suo corpo, mostrandolo perfetto e immacolato, come la stoffa dell’abito.
I capelli, sciolti, danzano dolcemente all’aria, disegnando forme indefinite ed astratte.
Abbassa le palpebre, godendo di quella piacevole e fresca sensazione della brezza sulla sua pelle.
Sul volto si dipinge un’espressione serena.
C’è silenzio tutt’intorno, spezzato solamente dal canto della notte che si alza dagli alberi del grande giardino della casa assopita.
E lui là, là sul tetto, che la osserva. Seduto sulle tegole, con un ginocchio alzato su cui ha posato il braccio, lo sguardo intenso fisso su di lei. Il mantello scuro fruscia appena nella brezza e i suoi capelli neri seguono la stessa dolce danza di quelli oro di lei.
La osserva e non può farne a meno. E’ come rivivere il suo sogno, che così tanto lo tormenta. Ed è una sensazione meravigliosa sapere che non si tratta solamente di un sogno. Artemisia è vera, vera, più vera che mai. E’ vero il suo corpo, il suo profumo incantevole; sono veri i suoi morbidi capelli, i suoi occhi color del mare, del cielo. Ed è vero, e tangibile, l’amore che prova per lei.

Mia bella Artemisia...
Distoglie gli occhi da lei, attratto dal suono di passi leggeri che si stanno avvicinando al balcone. Così nota la giovane domestica in abito da notte affacciarsi di fuori e dire con preoccupazione:
«Lady Green, non dovreste stare qui... Vostro padre si è molto raccomandato; per la vostra salute cagionevole sarebbe meglio che non prendeste freddo.»
«Sto bene.» la rassicura lei, rimanendo ad occhi chiusi e mostrando ancora quell’espressione rilassata.
«Ma lady, davvero, non vorrei...» prova ancora a dire la ragazza, a disagio.
Lei sospira e rialza le palpebre, per poi voltarsi verso la domestica.
«D’accordo, vengo dentro. Effettivamente avrei bisogno di riposare.» afferma con ancora quell’aria stanca e ritorna in camera, seguita subito dall’altra ragazza.
Lui corruga leggermente la fronte, meditabondo.

Mia Artemisia, sei dunque malata? Questa terra immonda sta inquinando la tua anima così tanto da farti star male? Oh... angelo del mio cuore... Non sai quanta pena mi porta saperti sofferente...
Si sporge silenziosamente dal tetto della casa, solo per riuscire a sentir meglio cosa stiano dicendo, lady Green e la domestica, dentro la camera. Grazie al suo fine udito, nonostante le due stanno parlando a mezza voce per non svegliare nessuno, riesce a sentirle chiaramente come se si trovasse nella stanza con loro.
«E’ stata una bella festa?» domanda la domestica, preparando un bicchiere d’acqua per lady Green che sta scostando le morbide coperte del letto.
«Noiosa.» asserisce l’altra con aria seccata, sedendosi sul materasso e posandosi la trapunta leggera sulle gambe «Troppo formale.»
«Era una festa importante. In onore di lord Baker.» la domestica le porge il bicchiere.
«Ah, evita di nominarlo.» beve un istante con una smorfia irritata «Che uomo insistente. E assillante, direi. La sua presenza, il suo odore perfino, mi toglie il fiato.»
«Sembra un uomo per bene, di ottima famiglia.» le ricorda la ragazza, sistemando bicchiere e brocca su un vassoio «Vostro padre sarebbe onorato di vedervi in sposa a lord Baker.»
«Non è ciò che desidero, però.» le fa notare lei, decisa «Non ho mai conosciuto uomo più viscido e meschino. Mi domando come potrei, piuttosto, liberarmene...»
«Basterebbe trovare un uomo altrettanto adatto da entrare nelle grazie di vostro padre.»
Lady Green scuote la testa in un chiaro segno sconsolato.
«Non è affatto semplice soddisfare mio padre...»
«Oh, lady, non so che dirle...»
«Non dire nulla.» fa un gesto con la mano per far intendere di voler chiudere lì la questione «Lasciami riposare.»
«Certo.» la ragazza china un po’ il capo «Buona notte, lady.» esce poi dalla camera.
Lei invece sospira, esausta, e posa il capo sui cuscini, fissando i teli del suo letto a baldacchino. Con aria pensierosa, torna infine a volgere lo sguardo al cielo, appena visibile attraverso il piccolo spiraglio concesso dalle candide tende della finestra.
 Eh... l’Amore. Nulla di più impossibile da ottenere in questa triste e grigia città. Il velo di malinconia che ricopre il mio cuore si fa sempre più spesso. Nessun uomo è stato ancora in grado di scostarlo e far così respirare il mio spirito per la prima volta. E ho sempre meno tempo... La mia anima è inquieta e tormentata; smaniosa di trovare l’Amore, la cosa che più bramo al mondo. Ma il mio corpo è stanco... Le membra sono sempre più pesanti e a volte prendere fiato è una pugnalata al petto e un dolore fitto e terribile. So già che arriverà il giorno in cui invocherò disperatamente la morte con le mani alzate al cielo. Spero solo che Dio sarà abbastanza misericordioso da concedermela senza farmi soffrire oltre ciò che posso ancora sopportare...
Si assopisce. 

E’ ancora notte fonda e quindi lui è lì, nella stanza, e la osserva.
A pochi passi dal letto, ha lo sguardo fisso sul suo viso; sta contemplando la sua straordinaria bellezza.
Lei dorme; il respiro leggero e calmo e un’aria pacata. E’ una visione.

Mio spirito bianco e puro... Rimarrei per sempre qui, solamente a guardarti. Sei bella, bella oltre ogni dire. E il tuo odore, perfino il tuo nome, mi infondono un calore forte nel petto... Mi sento vivo. Vivo come sono stato, forse, un tempo, ma nemmeno un tempo mi sono mai sentito così bene. E pronuncerei il tuo nome continuamente, al vento, alle stelle, solo per godere del suo suono così dolce. Il tuo nome, semplicemente il tuo nome, sussurrato nella notte, al buio, nel silenzio, come un’armonia di un’arpa, come il canto di un uccello, come il vento su di un campo di grano. Il tuo nome... solo il tuo nome...
Si china verso di lei e avvicina le labbra al suo orecchio, per poi mormorare con voce calda:
«Artemisia...»
Lei alza le palpebre, svegliata da quel sussurro ignoto.
Ha ancora il volto verso la finestra, è così che nota che è aperta. Le tende frusciano, mosse dalla brezza notturna, e il canto dei grilli si diffonde chiaro per la camera.
Sorpresa, scosta con calma le coperte e scende poi dal letto. Si avvia a piedi nudi alla finestra e la chiude. Scruta la luna per un’ultima volta, poi si gira per dirigersi al letto.
Sobbalza e reprime un grido a stento, notando lui sdraiato sul materasso, di fianco, con un gomito sulla trapunta e il capo posato sul palmo della mano per tenerlo rialzato. Le rivolge uno sguardo intenso, grigio cenere, e la sta osservando con aria assorta.
«Mio Dio, chi siete?» chiede subito lady Green, punta e ancora un po’ spaventata «Da dove siete entrato?»
Lui sorride appena, con ironia, come se la cosa fosse ovvia, e risponde con un tono calmo e suadente:
«Dalla finestra.»
Lei lancia uno sguardo stupito ai vetri, poi torna a rivolgerlo al suo “ospite”, mostrandosi irritata.
«Siete pregato di andarvene immediatamente.» dichiara con aria decisa «Mi metterò ad urlare a momenti e voi verrete arrestato.»
«Con quale accusa?» domanda tranquillamente lui, rimanendo calmo, quasi impassibile.
«Vi siete introdotto nella mia camera per rubare qualcosa o magari rapirmi.» afferma lei, aggrottando le sopracciglia e indicandolo con l’indice «Poco cambia. Alle guardie basterà sapere che siete entrato senza il mio permesso.»
«Perdonatemi, allora. Non sono stato cortese ed educato.» si alza dal letto con un unico movimento fluido che lascia lady Green meravigliata.
Le si avvicina e le si ferma a pochi passi di distanza, guardandola negli occhi; lei arretra d’istinto, colpita da quella sensazione rassicurante e calda che sembra emanare. Ogni cosa di lui, dal modo in cui la guarda al profumo dolce che lo circonda, l’attrae e la confonde. Rimane spiazzata, senza parole.
«Posso darti del “tu”?» chiede quindi lui, chinando appena il capo.
Lei sembra riprendersi e risponde immediatamente, infastidita:
«Naturalmente no. Che cosa fate ancora qui? Andatevene prima che...»
«Che?» la incita muovendosi in avanti e fermandosi a qualche centimetro dal suo viso.
Lei arretra ancora, fino a toccare il muro alle sue spalle. Perde sicurezza in presenza di quell’uomo.
«Che... che chiami qualcuno.» riesce a concludere, tirando un po’ le labbra, a disagio.
«Perché non l’hai già fatto, dunque?» le sorride lievemente, con una strana espressione intensa, mostrando un po’ i suoi candidi denti.
«Perché...» esita lei, fissando i canini acuminati. Percepisce il cuore accelerare i battiti, capendo.
Si sente gelare dentro per l’orrore.
«Voi siete...» mormora, la voce un poco mossa «Un non-morto. Un demone... Un essere immondo.»
«Mi riempi di complimenti.» commenta lui senza cambiare espressione «Vampiro va più che bene.»
Lady Green soffoca a stento un gemito spaventato.
Lui percepisce chiaramente la sua paura e un po’ ne gode, come fa sempre, ma subito se ne preoccupa. E’ la donna che ama, non vuole che sia spaventata da lui.
«Non temere, mia bella Artemisia.» abbassa il tono, socchiudendo gli occhi e avvicinandosi con le labbra al collo della ragazza, che si irrigidisce «Senza il tuo permesso non oserò ferirti in alcun modo. Se tu lo vorrai, invece...» mostra un po’ i denti, pericolosamente vicino alla pelle di lei, che infatti percepisce il suo fiato caldo su di sé.
«Non lo voglio!» afferma decisa lady Green, prendendo coraggio e scivolando via da lui, che rimane fermo nella sua posa, immobile, osservandola con la coda dell’occhio tornare al letto e sedersi sulla sponda, per poi portandosi una mano al petto. Fissa il pavimento, più bianca del solito. Sembra però avere meno paura di prima. Forse ha capito... che lo ha in pugno.
Lui rimane tranquillo, raddrizzandosi e voltandosi appena verso di lei.
«Non desideri una vita immortale?» le domanda con voce calda, alzando leggermente un sopracciglio.
Lei rialza gli occhi, fissandoli sui suoi coraggiosamente. Si fa seria, quando dice con risolutezza:
«Perché mai dovrei volerla?»
«Suvvia, Artemisia... tutti i mortali desiderano cambiare il proprio destino!» sospira lui con un’aria furba «Io lo so bene...»
«Io il mio destino l’ho accettato.» dichiara lei con forza, guardandolo con un’espressione decisa «Non sono una codarda.»
«Non ti rimane molto da vivere. Io ci penserei bene... Ti offro la possibilità di cambiarlo.» insiste lui con voce suadente.
«Solo chi non crede in Dio, o chi ci crede ma ha un’anima troppo sporca per salvarsi, ha paura di morire.» ribatte lady Green con calma e fermezza «Voi vi siete lasciato tentare. Avevate così tanta paura di morire?» si zittisce, rimanendo un po’ tesa. Forse ha calzato troppo la mano...
Ma lui rimane impassibile, anche quando chiede dopo qualche attimo di silenzio:
«Perché... tu non ne hai nemmeno un po’?»
«Ho fiducia nella mia fede. Ella mi salverà.» afferma la ragazza fieramente.
«La fede... già...» mormora lui, socchiudendo appena gli occhi.
«Non potete capirmi, perché non credete in Dio.»
«Chi ti dice che non vi creda?» il tono è ironico «So perfettamente dov’è andata a finire la mia anima... Ora brucia tra le orrende fiamme dell’Inferno, schernita dagli altri dannati come me. Non l’avrò mai più indietro...»
Lei corruga lievemente la fronte.
«E questo non vi spaventa? Non è maggiormente terribile questo, che il fatto di dover morire al termine di una vita piena? Io non vi capisco... Che senso ha continuare ad esistere in questo modo? E’ orribile...»
«Artemisia, non porti domande retoriche.» scuote appena il capo «Pensi davvero che se avessi avuto la certezza di salire in cielo avrei scelto questa “vita”? ... No... il fatto è che la mia anima era già dannata da molto tempo.»
Lady Green tira un po’ le labbra, comprendendo, e non risponde. Si corruccia invece un po’, confusa, e chiede:
«Perché continuate a chiamarmi “Artemisia”?»
Lui rimane visibilmente spiazzato a questo punto.
«E’ il tuo nome.» afferma con convinzione.
Lei alza un sopracciglio.
«Vi siete mal informato.» dice con un’aria vagamente sarcastica «Il mio nome è Helen, mio padre è lord Green. E comunque, vi ricordo di non avervi dato il permesso di darmi del “tu”.»
«Helen?» ripete lui, abbassando lo sguardo pensieroso e confuso «Non è possibile...» rialza gli occhi su di lei «Eppure... eppure sei la stessa persona... ne sono sicuro.» ignora completamente l’ultima frase pronunciata dalla ragazza.
«Di che parlate?» chiede Helen Green, increspando lievemente la fronte.
«Parlo di Artemisia.» si avvicina, fermandosi di fronte a lei con un ginocchio a terra e afferrandole una mano «Parlo di te
La sua pelle è gelida; al contatto, Helen rabbrividisce.
«Non capisco...» si irrigidisce un po’, a disagio a così poca distanza da lui «Non...»
«Sei tu.» insiste, guardandola con intensità negli occhi «Sei tu quella meravigliosa visione che popola i miei sogni... Come potrei sbagliarmi? Non posso. Sei proprio tu.»
«Mi... mi avete sognata?» sembra perplessa.
Lui annuisce con il capo.
«E ti sogno ancora, giorno dopo giorno. Riempi poi la mia mente per tutta la veglia. Non hai idea da quanto tempo ti sto cercando...»
«Cercavate me?» ripete lei, sorpresa «Per questo siete qui? Per incontrarmi di proposito?»
«Proprio così.» le stringe più forte le mano «Artemisia è il nome che sento aleggiare nell’aria delle mie visioni. L’unico suono tra tanto silenzio...»
«Ma non è il mio nome. Mi confondete con un’altra.» prova a ritirare la mano, ma lui la ferma, serrando ancor di più la presa.
«Invece sono sicuro di non sbagliarmi.» dichiara con convinzione «Helen o Artemisia non fa differenza. Sei comunque la donna che ho scelto di amare.»
«Voi mi amate?» mormora lady Green, turbata.
Lui continua a guardarla con un’intensità struggente. Va a socchiudere gli occhi, senza staccare lo sguardo dal viso di lei, poi sussurra delicatamente:
«Ti ho amata dalla prima volta che ti ho sognata. Ti amo solo come si può amare una boccata di aria fresca dopo attimi di apnea; come si possono amare le stelle in cielo dopo un temporale; come si ama la parte di anima che sentiamo ci manca... Io, che son morto e poi tornato ad esistere, sono riuscito finalmente a vivere di nuovo ora che ti ho incontrata. Sei come l’aria che non respiro più da anni; il mio cuore è tornato a battere in tua presenza. Sono vivo, di nuovo, ed è come se avessi ritrovato la mia anima perduta, perché con te non mi sento più vuoto dentro. Sei l’angelo che mi ha ridato la vita, come potrei non amarti?»
Lei tira un po’ le labbra, sentendo il cuore batterle all’impazzata.

Mi ama... Mi ha sognata e mi ama...
Si sente confusa più che mai. Quelle parole che le ha detto... sono bellissime. Nessuno le si era mai dichiarato così. Come si può amare in quel modo? Non lo sa; non ha mai amato in vita sua e non sa, quindi, cosa si provi di preciso. Ma davvero l’amore è così bello? Davvero merita di essere amata in quel modo? Lui nemmeno la conosce, come può essersi innamorato così solamente da un sogno? E poi... poi lui è un vampiro.
Un brivido percorre la schiena di lady Green.
Un vampiro si è innamorato di lei. Vorrebbe sprofondare, morire, al solo pensiero. Amarlo significherebbe solamente soffrire perché presto se ne sarebbe andata, mentre lui avrebbe continuato a vivere. Per rimanere con lui, invece, avrebbe dovuto dannarsi... E come avrebbe potuto farlo? Dio non avrebbe mai compreso una cosa simile. E lei ha paura delle fiamme dell’Inferno.
Per questo ritira subito la mano dalla stretta dell’altro e si alza in piedi, fermandosi accanto la finestra con lo sguardo puntato in basso. Gli dà le spalle.
Lui si rialza lentamente, guardandola con un’espressione attenta.
Dopo qualche attimo di silenzio, Helen mormora:
«Non devi amarmi, invece.»
Lui si corruccia un po’, chiedendole:
«E perché mai?»
«Perché io non intendo rischiare la dannazione eterna per te.» dichiara lei, fissando il cielo stellato con un’aria pensierosa.
«Vorresti dire che non vuoi nemmeno provare ad amarmi?» domanda, incupendosi.
«Pensavi di impietosirmi o altro venendo qui, dicendomi che mi stai cercando da moltissimo tempo e confessandomi il tuo amore?» il tono è un po’ punto «Pensi che sono una donna così facile? Ho i miei principi.»
Lui non risponde subito.
Rimangono a fissarsi negli occhi, con un’incredibile intensità. E’ lei a distogliere lo sguardo per prima, dirigendolo altrove.
Lui è serio e composto, ma non sembra affatto turbato o altro. E’ freddo e quasi impassibile, come una statua pensierosa.
Dopo un po’, raddolcisce l’espressione del viso, tranquillo.
«Sai, Artemisia, penso che tu abbia solamente bisogno di tempo. Ti desidero così tanto che non credo mi arrenderò facilmente. Alla fine cadrai anche tu nel baratro senza fondo dell’Amore, agonizzante, come lo sono io ogni volta che ti penso ma tu non sei al mio fianco.»
Lei storce leggermente le labbra, commentando con disappunto:
«Sembra orribile... Per questo starò attenta e non commetterò il tuo stesso errore.»
Lui accenna appena un sorriso, forse divertito.
«E poi non chiamarmi Artemisia. Ti ho già detto che non è il mio nome.» ribadisce lady Green, tornando seria.
«Perdonami, ma per me sei e rimarrai sempre Artemisia.» ribatte alzando le spalle con noncuranza.
Helen sembra un po’ infastidita da quelle parole e quindi non attende a dire:
«Ti sei presentato qui, in camera mia, svegliandomi in piena notte e spaventandomi a morte; mi dici che mi ami come se nulla fosse; non mi porti rispetto, fai l’arrogante... e io non so nemmeno il tuo nome.»
«E’ vero, hai ragione!» si prostra in un elegante inchino, facendo oscillare il mantello «Scusami, Artemisia, ma in tua presenza, abbagliato e annebbiato com’ero da tanta bellezza, mi sono dimenticato le buone maniere.» torna a guardarla, notando con piacere che lei è lievemente arrossita.
Continua a guardarla, dicendo con tono affabile:
«Chiami pure Edgar.»
«Edgar...» ripete lei, con aria pensierosa «Avrai pure un cognome, no? Un casato, una famiglia...»
«Il nome di famiglia l’ho perso da anni, forse secoli. Non sono nemmeno sicuro di riuscire a ricordarmelo.» sospira lui con disinvoltura «Sono solamente Edgar, adesso.»
«Un vampiro senza nemmeno un nome...» la sua voce è lievemente ironica «Interessante...»
«Tutto di me è interessante.» afferma Edgar con sicurezza, con un’aria forse di scherno.
«Ma non mi dire...» commenta lei con tono piatto.
Lui torna immediatamente freddo e, in un movimento rapidissimo, che lei riesce appena a notare, le si avvicina, fermandosi alle spalle.
Helen rabbrividisce e sente il suo corpo irrigidirsi quando Edgar, dietro di lei, avvicina le labbra al suo orecchio, sussurrando:
«Avrai modo di scoprirlo.»
«Chi ti dice che voglia rivederti?» mormora lei, con i battiti del cuore impazziti.
Lui le va a cingere delicatamente la vita con le braccia, rispondendo avvicinando le labbra al suo collo:
«Fidati.»
Lei rabbrividisce di nuovo e posa quindi le mani su quelle di lui.
«Lasciami...» mormora con voce lievemente tremante. Avrebbe voluto dirlo con più forza e convinzione, ma la vicinanza di Edgar pare come annebbiare i suoi sensi.
Lui rialza con calma il capo, annusandole i capelli con gli occhi chiusi, come in estasi; non sembra affatto intenzionato a lasciarla.
«Smettila.» Helen pare abbia riacquistato un po’ più di lucidità.
Lui riapre gli occhi e si stacca lentamente da lei, che si gira immediatamente a guardarlo.
«Vattene, ora.» gli ordina guardandolo con decisione, ma il suo corpo ancora un po’ tremante la smentisce.
Edgar se ne accorge quindi accenna un sorriso compiaciuto.
«Sì, vado per questa notte. Tra poco farà l’alba e ho bisogno di riposo.»
Si avvia alla finestra, aprendola ed uscendo sul balcone. Si volta infine indietro, osservando lady Green sull’uscio con le braccia incrociate per proteggersi un po’ dal freddo della notte, un po’ da quella forte emozione che sembra invadere il suo petto.
Si guardano negli occhi.
«Tornerò domani notte, Artemisia.» le annuncia con calma «Mi attenderai?»
«No, non credo.» dichiara lei, ma con poca risoluzione.
«Ti troverò ovunque andrai.» afferma Edgar, con un’aria quasi sofferente e tormentata «Non posso perderti.»
Lei increspa lievemente la fronte, tirando un po’ le labbra.
Edgar sale quindi sulla balaustra di pietra e, dopo averle lanciato un ultimo sguardo, salta giù, atterrando silenziosamente nel giardino e allontanandosi.
Lady Green non accenna a voler rientrare.
Ha lo sguardo fisso in avanti, nel punto in cui si trovava lui fino a pochi istanti fa.
Il cuore non ha ancora smesso di battere all’impazzata.

Il destino si prende gioco di me... Si diverte a vedermi soffrire. Continua a sferzare i suoi colpi su questo cuore stanco, indebolendomi sempre di più. Non so cosa fare...
Si lascia scivolare di spalle contro il muro e finisce quindi seduta a terra, lentamente. Punta lo sguardo in basso, con un’espressione persa.
Le ritornano in mente le parole del vampiro, la sua aria tormentata e sofferente.
Certo non aveva mai pensato a quanto fosse doloroso amare.
Il cielo va intanto a schiarirsi e lei rialza quindi gli occhi, osservando il sole spuntare dietro gli alberi.
Abbassa le palpebre, desiderando di morire all’istante.
Meglio la morte che la sofferenza, questo è certo. 

L’alba.
Edgar è in piedi sopra un tetto di una vecchia casa della periferia e osserva il sole nascere; lo sguardo pensieroso puntato sul disco dorato e in volto un’espressione serena.
L’alba non è mai stata così dolce e amara allo stesso tempo.
E’ la prima che osserva con la certezza che finalmente potrà riposare più tranquillo. Però, allo stesso modo, sa che il suo spirito sarà comunque tormentato, perché non potrà vedere lei finché non giungerà nuovamente la notte.
Non può restare fuori troppo a lungo; la luce del sole lo ferisce. Non che gli bruci la pelle, come si crede, ma gli procura comunque un dolore intenso, come se fosse arso vivo.
Ma l’alba quel giorno è particolarmente bella.
Resterà ancora un po’ a rimirarla.

Continua...

Beh, eccomi qua con la mia prima fic sui vampiri... Spero vi piaccia! =)
Lascio l'indirizzo del concorso a cui ho partecipato, nel caso vogliate dare un'occhiata anche alle storie delle altre concorrenti. ^^

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8773987&p=1

Questo contest consisteva nel scegliere una frase e/o un'immagine e inserire entrambe (o, appunto, una delle due) nella storia, che chiaramente doveva parlare di almeno un vampiro.
La frase che ho scelto è questa: "Hai mai desiderato qualcuno al punto di smettere di esistere?
L'immagine, invece, è questa qua: http://it.tinypic.com/view.php?pic=10h7ebs&s=3

La fic ha vinto anche altri premi, ovvero: "La migliore interpretazione della frase e immagine scelta"; "La fic più originale"; "Il miglior stile"; "La preferita dalla giuria"; "La fic più triste".

Aggiornerò ogni due o tre giorni; ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno. ^^ 
Alla prossima!

  
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