Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Ale_Jackson 86    16/02/2010    5 recensioni
In questa FanFiction sarà lo stesso Michael a condurci per mano attraverso i suoi ricordi di giovinezza.Ci racconterà del suo incontro casuale con Alex,una giovane ragazza di colore con la quale vivrà una bellissima storia d'amore che segnerà la vita di entrambi.Un viaggio nel tempo attraverso "le parole di Michael" che ci porteranno indietro negli anni(ma soprattutto nei"ricordi",appunto) e più precisamente subito dopo il successo di "Thriller". (Questa storia è nata dal desiderio di regalare,a chi si appresta a leggerla, un'immagine del "Michael Jackson/Uomo" pensata secondo la mia personale considerazione nei confronti di una delle più grandi star di tutti i tempi,ma soprattutto di uno degli uomini più buoni al Mondo)Buona lettura!!
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Memories...
.1.


[La solitudine scompare 
quando siamo a nostro agio
in sua presenza]

La prima volta che la vidi rimasi come folgorato.
Non nella maniera che si può immaginare,almeno.
Direte:è stato amore a prima vista!!Oh...no....Vi sbagliate di grosso!
Alex nemmeno sapeva che la vedevo.
Se ne stava sempre lì,dietro quella grande veranda in stile vittoriano,un pò decadente,ma graziosa.
Viveva in una villetta modesta,ad Encino,non distante da casa mia.
La vedevo sempre quando passavo da lì e mi soffermavo dietro la staccionata bianca con quella buffa cassetta della posta,tutta colorata, e sempre così vuota.
Dipingeva....a tutte le ore e se non c'era la luce del giorno accendeva una lampada accanto al cavalletto.Si vedeva molto bene dalla strada.
Mattina,pomeriggio o sera lei stava lì e la cosa che mi colpì così tanto fu quel senso di solitudine che aleggiava intorno a tutta la casa.
La stessa solitudine che provavo io quando,disperato,uscivo a passeggiare cercando di svagarmi,di non pensare che ero la persona più famosa e più sola, allo stesso tempo, di tutto il pianeta Terra.
E' un paradosso,lo so,ma quando arrivavo all'imbocco di quella stradina che portava da lei,dentro me,sentivo alleviare il mio senso di solitudine che costantemente m'attanagliava l'esistenza,mi soffocava.
Tutto questo perchè sapevo che forse non ero il solo ad essere......solo.

Era come un leggero sollievo.Un conforto,sì.
Quella graziosa ragazza nera mi consolava,inconsapevolmente.

Ricordo ancora bene la prima volta che girò il suo sguardo fuori da quella grande finestra e mi vide.
Ho impresso nella memoria il suo viso dolce e malinconico,assorto in chissà quali pensieri.Nessun sorriso.Nessuna espressione sorpresa nel vedere che ero IO.

Ero così incessantemente assalito da mille ammiratori che con il loro affetto e calore,con i loro larghi sorrisi e i fogli per gli autografi,mi fermavano per strada,quando mi vedevano uscire da casa ed io avevo invece solo voglia di piangere.
Nessuno mi capiva:io volevo evadere dalla mia gabbia dorata,volevo provare ad essere una persona normale,anonima,come tutti...perchè non lo sono mai stato.
Avevo un immenso bisogno di trovare un amico.
Non aveva importanza se fosse stato uomo,donna,piccolo o grande....volevo solo un amico vero con cui parlare.
Semplicemente parlare.

Ho avuto sempre la piacevole e crudele condanna di chiamarmi Michael Jackson.
Eppure non potevo chiedere di meglio,dalla vita.tutto ciò che avevo sempre sognato mi si era materializzato davanti agli occhi.
"Thriller" era appena uscito e senza fatica era balzato ai vertici delle Hit mondiali.
Non aveva avuto nemmeno la difficoltà di scalarle,quelle classifiche,perchè era entrato direttamente "dalla porta principale".

Ma c'erano giorni in cui,ritrovandomi da solo nella mia camera senza nemmeno più un fratello con cui condividerla,cominciavo a pensare che tutto questo era infondo immensamente triste.
Se "The Jacksons" non fossero andati via.....se non si fossero sposati....se....
Ero proprio solo.Impazzivo.Piangevo spesso.
Dovevo uscire,correre fuori e trovarmi con urgenza un amico.
IMPOSSIBILE.

Mettere un piede fuori casa,per me, era un'idea assurda e anche molto pericolosa,ma forse,guidato dall'ultimo briciolo d'incoscienza dei miei venticinque anni,trovavo il coraggio di farlo.
Non c'era mattina che non mi svegliavo con la voglia di evadere da lì e camminare per poter arrivare a quella stradina che,già soltanto all'imbocco,mi ossigenava e mi tranquillizzava.

Mi piaceva anche guardare quella staccionata così candida,infondeva pace nel mio grande e caotico stile di vita.
Non c'era un grosso cancello come nella villa dei miei,no.
C'era solo quel bianco recinto,così semplice,così facile da scavalcare sia con lo sguardo che con il corpo,ma poi mi si parava davanti il muro invisibile della solitudine che non mi permetteva di farlo e si scontrava con la mia,di solitudine.
Al contrario di ciò che potreste pensare,quell'ostacolo,non mi scoraggiava,anzi: la mia caparbietà,mia virtù e difetto innato,mi spingeva ad insistere,come un minuscolo piccone che batteva incessantemente su quei mattoni trasparenti fino a sbriciolarli lentamente.

Fu così che riuscii a conoscere Alex,ma mi ci vollero mesi prima che riuscissi ad abbattere del tutto quel muro che ci separava.

  
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