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Autore: fleacartasi    17/07/2005    9 recensioni
Bellatrix parve vacillare, aggrappandosi alle sue spalle. L'oleandro le cadde dalle mani, accarezzando il legno del pavimento. "Non lasciare che sposi Rodolphus Lestrange" Sirius scosse il capo. "Mi dispiace. Con lui sarai più felice…" "Ma io non lo amo!" Esclamò, con voce strozzata. Lui le sorrise. Un sorriso amaro come il veleno degli oleandri. "Ma non ami neanche me"
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You had me in deep with the devil in your eyes'
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*White Oleander*

 

Note [1]

Una piccola fic…finalmente mi è tornata un po' di ispirazione!

Il titolo è stato tratto dall'omonimo libro di Janet Fitch…libro che mi è piaciuto tantissimo, soprattutto perché secondo me l'autrice scrive in modo fantastico!

In questa one-shot, la fuga di Sirius da casa è posticipata. Secondo i libri, scappa di casa dopo il quinto anno, ma qui lo fa dopo la fine di Hogwarts. Questo perché, in questa storia, Bella e il cugino sembrano un po' troppo "adulti" per essere solo dei quasi-sedicenni…

E poi c'è un altro motivo…però lo scoprirete leggendo ^^"

 

 

 

*White Oleander*

 

 

Una serata di fine giugno. Un caldo pomeriggio che stava morendo, il sangue delle sue ferite che tingeva il cielo di rosso cupo. Il sole che spariva all'orizzonte, sfiorando con le dita d'oro la sua sposa. La luna, donna sfuggente e bellissima, che gli sorrideva, prima di iniziare il suo viaggio. 

Non si sarebbero mai incontrati, il sole e la luna.

La notte avanzava serafica, coprendo il mondo con le sue sfumature di tempera blu, nera, viola scuro. Le stelle d'estate baciavano con i loro deboli bagliori i prati, i fiori che chiudevano timorosi le loro corolle, i bambini che correvano in casa dai genitori, i gatti neri che si muovevano leggiadri come ombre.

Erano figli delle ore notturne, i gatti.

Una ragazza sedeva di fronte ad uno specchio incorniciato di madreperla ed intarsi di gemme preziose. La sua stanza era rischiarata da candele che galleggiavano nell'aria carica di elettricità, le fiamme di crema che tremavano disegnando arabeschi sulle pareti immacolate. Un elfo domestico le spazzolava i lunghi capelli neri, sfiorandoli appena con le dita bitorzolute. Lei, di tanto in tanto, sollevava lo sguardo e sorrideva al suo riflesso.

Non doveva fissare a lungo i suoi occhi, o si sarebbe innamorata di se stessa.

 

*

 

Gli oleandri bianchi erano ovunque, nella grande sala.

Fiori immacolati in raffinati vasi di cristallo trasparente. Fiori immacolati raccolti in mazzi sistemati all'ingresso. Fiori immacolati che si arrampicavano grazie alla magia sulle colonne di marmo. Fiori immacolati sulla scalinata che conduceva ai piani superiori.

Sapeva che doveva averli scelti lei.

Il candore della stanza da ballo quasi lo accecò, quando vi fece il suo ingresso. Non era ancora uscito dalla sua camera, quel giorno. Mosse qualche passo, e subito si sentì soffocare. Ovunque volgesse lo sguardo, c'erano perle, guanti di tessuto impalpabile, sete preziose, diamanti che brillavano. Le fragranze più costose si mescolavano nell'aria vischiosa di giugno: rosa selvatica, ylang-ylang, legno di cedro, ambra.

Una smorfia sofferente, irrisoria, di disprezzo. Attorno a lui, l'elite della società magica calpestava il pavimento splendente, bevendo champagne francese e addentando tartine al caviale. Non voleva rimanere un solo istante di più, ma doveva farlo. Dopotutto, quello era il suo dovere.

Dopotutto, alla fine di quella serata se ne sarebbe andato, per non tornare mai più.

 

*

 

Era in ritardo. Riusciva ad immaginare il viso contratto di sua madre, mentre osservava con discrezione il mare di invitati, cercandola. Riusciva ad immaginare suo padre mentre scrollava le spalle, cercando di calmare la moglie prima che qualche dama pettegola notasse la scheggia sulla perfezione d'avorio dei suoi genitori. E riusciva ad immaginare sua sorella mentre arrotolava intorno al dito una ciocca di capelli biondi, pensando alla ramanzina che le avrebbe sussurrato in tono stizzito, nascondendosi dietro al suo calice di vino.

Sorrise.

Amava essere in ritardo.

 

*

 

Quando il maggiordomo annunciò il suo arrivo, molti sguardi si posarono, in attesa, sulla scalinata che collegava il salone da ballo ai piani superiori. Ricche donne che fremevano di curiosità, pronte a criticare un vestito troppo audace o un passo troppo affrettato. Importanti membri del Ministero e facoltosi uomini d'affari ansiosi di spogliarla discretamente con gli occhi, reprimendo istinti che dovevano essere celati. I genitori che attendevano orgogliosi, ma anche preoccupati.

Sapevano che lei era imprevedibile come un temporale d'agosto.

Il suono sottile di un paio di tacchi fece calare un silenzio di sogno. Lei avanzava senza imbarazzo, come se fosse stata sola, sola con i suoi pensieri più misteriosi. Ogni persona la osservava, senza riuscire a distogliere gli occhi dai suoi movimenti misurati, calmi.

Bellatrix Rigel Black riusciva ad incantare chiunque senza utilizzare la bacchetta.

 

*

 

Da quando aveva sceso l'ultimo gradino, ed era stata accerchiata da parenti ed invitati, non era riuscito a distogliere la sua attenzione da lei.

Lei, perfetto simbolo della ricchezza sfarzosa dei Black.

Un abito di raso bianco dalle spalline sottili, lungo fino ai piedi, che la avvolgeva come una nuvola di cipria. Sandali dal tacco alto e sottile, tempestati da piccoli cristalli. I capelli raccolti in un'elaborata acconciatura. Gli orecchini raffinati, due lunghi fili di oro bianco incastonati di diamanti. Gli occhi resi ancora più intensi da una scintillante polvere d'argento, e le labbra lucide.

Appoggiò il bicchiere vuoto sul vassoio di un cameriere, che offriva costosi liquori e vini rari, e poi si diresse verso di lei.

Era Bellatrix il fiore d'oleandro più bello, quella sera.

 

*

 

Quando lo vide avanzare verso di lei, sorrise impercettibilmente, fingendo di ascoltare la conversazione fra sua madre e i coniugi Malfoy.

Camminava a testa alta, orgoglioso come solo un Black sapeva essere, eppure distaccato, nauseato da quella ostentata manifestazione di ricchezza e di ipocrisia, come solo un ribelle sapeva essere.

I capelli corvini che gli incorniciavano il volto, gli occhi blu annoiati, le labbra imbronciate, la pelle quasi trasparente alla luce dei lampadari di vetro soffiato e cristallo. L'abito scuro e la camicia bianca, indossati con una naturalezza invidiabile. E quella cravatta nera, dal nodo allentato.

L'irriverenza di Sirius Hersohel Black che affiorava da un lembo di tessuto.

 

*

 

"Buon compleanno, Bellatrix" Sirius prese un altro bicchiere di vino, e lo sollevò in direzione della cugina.

Bellatrix sgranò per un istante gli occhi chiari ed inarcò un sopracciglio, interdetta.

"Sei sorpresa, Bella? Non è questo il motivo per cui siamo tutti riuniti a villa Black?" Sirius incrociò le braccia, ben consapevole degli sguardi dei Malfoy puntati con avida insistenza su di lui.

La ragazza gli sorrise. "Hai ragione, Sirius, è proprio questo il motivo" Rispose, con voce calma.

Un gatto che giace nell'ombra, pronto a graffiare in caso di pericolo.

"Il diciottesimo compleanno della secondogenita di casa… Un'altra promettente rampolla dell'alta società magica, orgoglio della famiglia insieme a Narcissa…Per fortuna non tutti i Black sono dei ribelli traditori del sangue puro, a quanto sembra" Cantilenò lui, con evidente sarcasmo.

Uno stiletto che versa sangue, una mano ribelle che esige una sottile vendetta.

Frederick Malfoy non risparmiò un sorriso compassionevole, mentre sua moglie Verity finse di non aver udito nulla, complimentandosi ad alta voce per la musica.

Un pianoforte ed un'arpa incantati eseguivano melodie raffinate, perfetto sottofondo per le chiacchiere velenose degli invitati, protetti da maschere di ammirazione e signorile contegno.

Catherine Simenon Black fulminò il nipote con lo sguardo, nascondendo gli occhi scuri dietro il suo calice. Il liquido color rubino al suo interno si agitò, lambendone i bordi decorati. "Bellatrix, perché non mostri a tuo cugino il parco? Ci sono delle bellissime luci fatate, quelle che desideravi" La donna scoccò un'occhiata eloquente alla figlia, spingendo una ciocca di capelli lucidi dietro l'orecchio, adornato da un brillante.

Una stratega che salva le apparenze, governando con abilità fili nascosti di marionetta.

"D'accordo, madre" Bellatrix non poté sottrarsi a quella richiesta di aiuto. A quell'ordine di aiuto.

I Black erano già stati macchiati dallo scandalo della fuga di Andromeda. Non potevano permettere che anche un secondo membro della figlia gettasse fango sul loro puro, rispettabile nome. Loro dovevano essere perfetti. Prerogativa della nobiltà. Privilegi che comportavano obblighi precisi.

"Andiamo, Sirius?" La ragazza gli tese la mano. I suoi occhi brillarono per un attimo, divertiti, prima di tornare seri.

Lui rise.  Senza preoccuparsi di farlo a bassa voce. Senza preoccuparsi dell'ira che balenava negli occhi della zia. "Certo, andiamo…Così mi togli di torno per un po'! Senza il ribelle cattivo in libertà saranno tutti più tranquilli, sicuri che non mi aggiri fra gli ospiti rivelando segreti o dicendo cose sconvenienti…" Sirius fissò i Malfoy, sfidandoli a mostrare un segno di sorpresa o di indignazione.

"Adesso basta, Sirius" Catherine strinse più forte il bicchiere. Sembrava sul punto di rompersi, intrappolato fra quelle mani curate, dalle unghie laccate di bianco.

Laccate di petali d'oleandro.

"Cosa c'è, zia? Hai paura che mi metta ad insultare questi signori?" Le sue dita d'avorio si sollevarono, accusatrici. "Frederick Malfoy e Verity Doyle Malfoy…I Malfoy sono amici dei Black da generazioni, non potrei mai! Presto ci sarà un matrimonio combinato fra Narcissa Black e Lucius Malfoy, che non si sono quasi mai visti! Come potrei non essere felice per loro?" La sua voce era aspra, amara come fiele.

"Sei ubriaco per caso?" La donna lo afferrò per un braccio, le labbra truccate strette in una linea sottile, i lineamenti contratti per la rabbia e l'imbarazzo. "Torna subito nella tua stanza adesso! Scusatelo, non sa quello che dice…"

Una flebile scusa. Parole pronunciate velocemente, con irritazione crescente.

Verity annuì, con fare comprensivo.

Sirius rise ancora. "Lei mi compatisce, non è vero? Povero Sirius Black…lui è solo un piccolo pazzo, uno spostato come sua cugina Andromeda…bisogna avere pietà di lui!" Si avvicinò alla signora Malfoy, scrutandola con gli occhi chiari. "Non è forse così?"

Lei non rispose, mentre le sue guance si tingevano di rosso.

"Sirius, vai subito via di qui, o sarò costretta ad usare le maniere forti. Stai disonorando la famiglia!"

"E cosa farai, zia? Mi lancerai un Avada Kedavra, oppure mi frusterai? Rischieresti di sporcare questo stupendo pavimento di marmo italiano, sarebbe un peccato…"

"Sirius, mi hai stancata!" Catherine alzò la voce, e numerose teste si voltarono in sua direzione da ogni parte del salone.

Subito le donne più blasonate, ricche ed in vista d'Inghilterra iniziarono a sussurrare, indicando da dietro i ventagli di piume e pizzi la signora Black ed il suo bellissimo ed indomabile nipote Sirius. Catherine finì in un solo sorso il suo vino, perfettamente consapevole di tutti gli sguardi che si concentravano con insistenza su di lei. Un attimo dopo, un sorriso di circostanza si dipinse sulle sue belle labbra.

Un membro della famiglia Black non perdeva mai la calma in pubblico.

"Sirius, caro…Per favore, adesso smettila, va bene?" Pronunciò quelle parole in tono accondiscendente, calmo, misurato. Come se non stesse ordinando, ma suggerendo con gentilezza.

Sirius le rivolse un'occhiata carica di disgusto. "Sei solo schiava delle apparenze, zia Catherine. Mi fai pena"

Il ragazzo iniziò a camminare a testa alta, senza mai voltarsi. Poteva sentire le chiacchiere nervose e troppo allegre di sua zia, che cercava di non dare peso ad un episodio che avrebbe fatto parlare dei Black per giorni, forse settimane, nei salotti di Londra e delle case di campagna.  

Al suo passaggio, un mormorio indistinto, quasi avido, si levò fino al soffitto, decorato da preziosi stucchi e dipinti.

Sirius Black se ne andò, cercando di memorizzare i particolari di quella stanza che aveva amato ed odiato, e che probabilmente non avrebbe mai più rivisto. La stanza di una casa dove aveva trascorso le vacanze estive per molti anni, e che eppure era sempre stata a lui estranea. 

Sirius Black lasciò la sala da ballo, senza accorgersi dei tacchi sottili e dell' abito di raso bianco che lo seguivano a pochi passi di distanza.

 

 

*

 

Il giardino era deserto, la quiete estiva interrotta soltanto dal canto solitario di qualche grillo ed illuminata dalle lucciole, che punteggiavano i cespugli ed i prati curati dai giardinieri.

Gli oleandri occhieggiavano ovunque, pericolose e bellissime corone bianche.

Le luci fatate era sparse lungo i vialetti di ghiaia candida, sugli steli dei fiori, sui tronchi nodosi degli alberi, sui balconi della villa che si intravedevano sullo sfondo blu scuro del cielo. Manciate e manciate di diamanti dei poveri, come amava definirli. Perline che gettavano bagliori cangianti, e che evocavano immagini di fate e creature eteree.

Immagini di luoghi che non sarebbero mai esistiti.

Sirius si diresse verso il gazebo, nascosto dalla vegetazione lussureggiante. Un trionfo di arabeschi, spirali, complessi disegni di ferro battuto e particolari laccati d'oro. Il ragazzo si lasciò scivolare sul grande divano di vimini, si tolse la giacca e la cravatta gettandole a terra con noncuranza e si accese subito una sigaretta. Aveva sempre con sé le sigarette, ultimamente. Loro non l'avrebbero mai tradito…Una triste, rassicurante certezza nella sua vita che non aveva punti di riferimento. Un anello di fumo volteggiò verso l'alto, mescolandosi all'aria tiepida, carica del profumo dei fiori d'arancio e dei gelsomini. Sirius lo osservò dissolversi, affascinato.

"Sapevo che ti avrei trovato qui"

Lui spostò lo sguardo, senza fretta, fino ad incontrare gli occhi gemelli di sua cugina Bellatrix, ferma sulla soglia del gazebo.

Si era sciolta i capelli, che ora danzavano liberi sulle sue spalle ed accarezzavano la stoffa del vestito. In mano reggeva una bottiglia di costoso champagne e due flûte di cristallo, con lo stemma di famiglia inciso sugli steli.

"Come hai fatto, Bella?"

Lei scrollò le spalle, avvicinandosi e sedendosi accanto a lui. "Non è stato difficile…Venivamo sempre qui a giocare, da piccoli. Tu, io, Narcissa e Andromeda, ti ricordi? È sempre stato il tuo posto preferito" Appoggiò la bottiglia sul tavolino di marmo di fronte a lei, e versò il vino nei bicchieri, porgendone uno a Sirius.

Il ragazzo lo afferrò, sorridendo. Non era un sorriso di scherno, ironico o cinico. Era un sorriso che da tempo non compariva sul suo viso. "Mi conosci troppo bene" Ammise, aspirando una lunga boccata di fumo. "Immagino che tu sia venuta qui per conto di tua madre. Per ricordarmi che posso dimenticare i miei diritti di eredità sul patrimonio dei Black, dopo questa sera…Come se me ne importasse qualcosa"

Un'ombra attraversò gli occhi di lei. "Ti stai sbagliando. Nessuno mi ha mandata qui, sono venuta di mia spontanea volontà" Si tolse i sandali, calciandoli lontano. "Devo ringraziarti, sai?"

Sirius si voltò verso di lei, guardandola con aria interrogativa. "Ringraziarmi?"

Bellatrix annuì. "Ringraziarti, per aver reso la mia festa di compleanno più interessante"

L'altro rise. "Ti sei divertita?"

"Abbastanza da far infuriare mia madre" Spiegò, mentre continuava a bere il suo champagne. "Sai, è stata abbastanza attenta da notare i miei sorrisini durante il tuo…spettacolo"

Sirius rise ancora. "Sai, non volevo insultarti prima…Scusami" Disse. Poi si fermò all'improvviso, tenendo in mano il mozzicone che stava per gettare a terra. Aveva pronunciato quelle parole senza rendersene conto…

"Tu che mi chiedi scusa, Sirius Black? Dovrei compiere diciotto anni tutti i giorni, per fare in modo che tu sia gentile con tua cugina?" Ribatté la ragazza, ironica.

"E io dovrei dare spettacolo davanti a tutta l'alta società tutti i giorni, per farei in modo che tu mi ringrazi?"

Bellatrix si alzò, i piedi nudi che facevano scricchiolare leggermente il pavimento di legno chiaro. "Quando eravamo piccoli eravamo così felici…Te lo ricordi, Sirius? È passato così tanto tempo…Sono cambiate molte cose da allora"

Sirius si alzò a sua volta, raggiungendola. Le stelle parevano imprigionate nei decori di ferro battuto, brillanti schiave lontane. "Già, sono cambiate molte cose. Non giochiamo più insieme, adesso. Non possiamo. Andromeda è fuggita, Narcissa presto si sposerà con Malfoy…"

"E noi, Sirius? Cos'è cambiato fra di noi?" Bellatrix prese il pacchetto di sigarette che lui teneva nella tasca della camicia, e ne accese una. I suoi occhi di zaffiro erano fissi su quelli del cugino, identici ai suoi.

Sirius tornò a guardare il cielo. "Noi siamo troppo diversi. Io…io sono il ribelle, la pecora nera della famiglia. Tu invece…tu sei destinata ad onorare il nome dei Black, Bella"

"Anche tu potresti farlo, Sirius. Non è troppo tardi, e lo sai. Pensa alla vita che potresti condurre, ai privilegi! Se solo…"

Lui la zittì, posandole un dito sulle labbra. "No, non continuare. Io non sarò mai come te, è inutile. Io non sarò mai…"

"Cosa non sarai mai, mh?" Lo interruppe, con rabbia. "Una testa di cazzo schifosamente ricca? Una persona che pensa soltanto alla magia nera, al sangue puro o a come umiliare gli altri?"

"Bella…"

"E' questo che pensi di me, Sirius? Pensi che diventerò così?" Spense la sigaretta sullo schienale di una poltroncina, lasciando un piccolo cerchio nero sul vimini intrecciato.

"Se rimarrai con la nostra famiglia non avrai scelta, è questo che penso. Non ne hai mai avuta"

"E tu?" Bellatrix posò le sue mani sulle spalle del cugino, stringendo con forza. "Tu, che ti diverti così tanto a fare il ribelle…Cosa farai? Avanti, dimmelo! Tu sei così bravo con le parole…Entri nella sala da ballo, e ti metti a fare il paladino della giustizia, il ragazzo maltrattato da tutti, l'incompreso che vuole rivoluzionare il mondo! Ma poi?" La sua voce era sempre più alta, quasi stridula. I suoi occhi brillavano, come se stesse per piangere. "Te lo dico io. Alla fine non hai avuto il coraggio di cambiare davvero. Sei rimasto qui, con i tuoi familiari che odi tanto…Sei solo un vigliacco, Sirius Black"

Sirius si liberò dalla sua stretta, i capelli corvini che gli ricadevano sul volto. "Stasera me ne vado, Bellatrix"

La ragazza rimase immobile, mentre lui tornava a sedersi sul divano e si versava altro vino. "Cosa hai detto?"

"Stasera vado via. Vado via da questa casa, via dai Black…Tua zia e mia madre saranno felici, non dovranno più preoccuparsi dei miei colpi di testa. E anche tu sarai contenta…"

Bellatrix strinse i pugni, le nocche delle dita che si sbiancarono all'istante. "Non te ne andare"

Lui inarcò un sopracciglio. "Come?"

La ragazza continuò a rimanere girata, dandogli la schiena e fingendo di osservare le stelle. "Quando eravamo bambini, eravamo sempre insieme…Io pensavo che nulla sarebbe cambiato, anche quando fossimo cresciuti. Credevo che tu, Narcissa, Andromeda ed io ci saremmo sempre stati l'uno per l'altra, che saremmo rimasti amici!"

"Tutto cambia, è la vita"

"Possibile che tu non capisca?" Gridò, furente, voltandosi di scatto. "Andromeda mi ha abbandonata, Narcissa farà altrettanto quando sposerà Malfoy…Mi sei rimasto solo tu, Sirius"

Sirius afferrò la bottiglia, bevendo direttamente da essa. "Non cambierò idea, Bellatrix. Mi dispiace"

"Sei un egoista…Uno stronzo!"

"E tu? Tu non lo sei? Vuoi che rimanga solo perché non sopporti l'idea della solitudine, vuoi che rimanga solo per fingere che ci vogliamo bene e che siamo amici, anche se sai meglio di me che non è affatto vero! Tu mi disprezzi come tutti gli altri, non sei differente da loro"

Lei lasciò per qualche minuto il gazebo, camminando a piedi nudi in giardino. L'erba iniziava a coprirsi di un sottile manto di rugiada, ed era fresca sotto la pelle.

Quando Sirius iniziò a pensare che se ne fosse andata, ricomparve, simile ad una fata. Nella mano sinistra aveva un fiore d'oleandro.

"L'oleandro può essere letale, sai? Qualche goccia del suo veleno fa cessare i battiti del cuore, porta la morte…Così rapidamente…" Mentre parlava, continuava a toccare i petali candidi, e a spezzettare le foglie appuntite come pugnali.

Lui le corse incontro. "Smettila di giocare"

"Io non sto giocando affatto, Sirius" Rispose, con una luce folle nello sguardo. "Potrei morire adesso, basterebbe che mi leccassi le dita…non so che sapore abbia, l'oleandro" Sollevò le mani, umide di linfa, e le avvicinò alle labbra.

"Smettila Bellatrix!" Urlò, cercando di strapparle il fiore di mano.

"Rimani qui, Sirius, non andare via…E io non farò nulla"

"Stai cercando di ricattarmi? Io non rimarrò, non posso rimanere"

Lei gli cinse il collo con le braccia. "Ti prego" Sussurrò, prima di posare le labbra su quelle del cugino.

Sirius si separò da lei dopo pochi istanti. "Vai via, Bella" Le disse, a bassa voce. Sembrava stanco, esausto. Il vino si agitava nel suo sangue, e gli faceva girare la testa.

"Ti ricordi quando ci siamo baciati, Sirius Black?" Gli domandò, avvicinandosi. "Avevamo undici anni, prima di andare a Hogwarts…non avevamo mai baciato nessuno, prima di allora"

"Cosa stai cercando di fare, mh? Vuoi convincermi a non fuggire rievocando momenti che non torneranno più?" Sirius accese un'altra sigaretta. Si accorse che le mani gli tremavano, mentre reggeva l'accendino babbano che gli avevano regalato gli altri Marauders.

"E quando abbiamo fatto l'amore? Ti ricordi anche quello? Avevamo solo quattordici anni, faceva così caldo, e ci annoiavamo…Questo gazebo era vuoto, quel giorno. Il giorno del mio compleanno"

"Ti ho detto di andartene!" Gridò Sirius. "Cosa credi di fare, di commuovermi? Di riuscire a stregarmi, come fai con tutti gli altri? Io non sono un burattino, Bella"

Lei strinse di più il suo fiore d'oleandro. I petali erano stropicciati come vecchi fogli di carta, anneriti dal contatto con la pelle. "Non lo fare…Non lo fare, Sirius. Rimani, e ci sposeremo"

Il ragazzo la guardò, senza vederla realmente. "Tu stai delirando…Tua madre non permetterà mai che sposi me, un povero filobabbano che ha macchiato la reputazione dei Black!"

"Mia madre preferirà che sposi te, piuttosto che un estraneo" Ribatté Bellatrix, incatenando i suoi occhi di zaffiro a quelli di lui.

"Non posso sposarti, Bella"

"Sposiamoci, Sirius. Sposiamoci, e ti giuro che ce ne andremo da qui, ce ne andremo da Grimmauld Place e dai Black. Saremo felici, insieme. Non lasciare che diventi come Narcissa, costretta a vivere per sempre con una persona che nemmeno conosco…Ti sto scongiurando, Sirius, perché non vuoi capire?"

Per un momento, lui rimase in silenzio. Sua cugina era di fronte a lui, bella come la luna, e stava mostrando una fragilità che aveva sepolto per anni sotto una spavalda maschera. Sua cugina era di fronte a lui, e stava per piangere. Sua cugina era di fronte a lui, e gli stava offrendo la sua vita. Sua cugina era di fronte a lui, e stava cercando di incantarlo…

Ma il sole e la luna non avrebbero mai potuto incontrarsi.

"Non potremmo mai vivere insieme, io e te. Non potremmo essere felici"

Bellatrix parve vacillare, aggrappandosi alle sue spalle. L'oleandro le cadde dalle mani, accarezzando il legno del pavimento. "Non lasciare che sposi Rodolphus Lestrange"

Sirius scosse il capo. "Mi dispiace. Con lui sarai più felice…"

"Ma io non lo amo!" Esclamò, con voce strozzata.

Lui le sorrise.

Un sorriso amaro come il veleno degli oleandri.

"Ma non ami neanche me"

La baciò sulle labbra, sfiorandole appena. Profumavano di fumo e di champagne.

"Addio, Bellatrix. Buon compleanno"

Lei era stata la prima che aveva baciato. Lei era stata la prima con cui aveva fatto l'amore. Lei era stata la prima che gli aveva rivelato un mondo nuovo, un mondo in cui c'era spazio anche per le menzogne, per le frasi mai pronunciate, per gli inganni, per la spregiudicatezza.

Lei era stata la prima per cui aveva provato un sentimento simile all'amore.

Ma tutto questo non sarebbe bastato, e lo sapeva.

Sirius si voltò ancora una volta.

Bellatrix gli rivolse un'occhiata vuota, vitrea. Un'occhiata che conteneva molte parole, ed un giuramento. Da quel momento, non avrebbe mai più aperto il suo cuore a nessuno.

Sirius iniziò a camminare. I cespugli di oleandro sembravano aprirsi al suo passaggio, stillando lacrime venefiche. Presto scomparve alla vista, inghiottito dai fiori e dalle stelle.

Bellatrix si lasciò scivolare sul divano. Accanto a lei c'erano la sua giacca e la sua camicia, e a terra c'era il pacchetto di sigarette. Lei lo afferrò, e ne accese una. Osservò le volute di fumo danzare nell'aria, mentre la prima, vera lacrima della sua vita le scendeva sulla guancia.

"Addio, Sirius"

 

*

 

The end

 

*

 

Note [2]

 

Non so se gli oleandri crescono in Inghilterra, ma è una piccola licenza che mi sono presa ^^" E poi ho esagerato tutta la questione della nocività del veleno, per adattarla alla storia e alla "melodrammaticità" di Bellatrix…non credo che sia pericoloso a tal punto, anche se di sicuro può provocare la morte!

 

Anche il secondo nome di Bella è il nome di una stella, che tra l'altro si trova nella stessa costellazione in cui c'è Bellatrix stessa, cioè Orione ^_^

Il secondo nome di Sirius invece è preso da uno dei crateri lunari…lo so, non è poetico, ma mi piaceva troppo! ^^"

Per quanto riguarda la madre di Bella…Siccome non è originaria della famiglia (a meno che non fosse una Black anche da nubile) non le ho dato il nome di una stella, ma un nome "banale"…e poi mi piace pensare che il suo cognome da non-sposata fosse di origine francese, fa molto "ragazza di famiglia purosangue/nobile/ricchissima"! Va bene, forse sono pazza…--"

 

Come avrete capito, il motivo principale per cui Sirius non è fuggito prima dalla sua famiglia è proprio Bella…non ce la faccio, li adoro da morire come coppia! ^_^ E non riesco a non immaginarmi Sirius come una specie di "Bellatrix addicted"! o_o

 

Poi mi sono immaginata un Sirius meno impulsivo, per una volta…Un ragazzo che per quanto odi la sua famiglia capisce che, in fondo, può rimanere a casa fino al termine della scuola perché non ha in mano nulla, per poi tagliare definitivamente i ponti con quelle persone che sente ormai come estranee. Un ragionamento che si può definire egoista, ma che tutto sommato nasconde anche un po' di affetto per chi, con tutti i suoi difetti, lo ha cresciuto…non penso che sia facile abbandonare la famiglia, anche se non è quella perfetta!

 

Bene, ora sparisco…spero che questa one-shot vi sia piaciuta! I vostri pareri mi fanno sempre piacere, positivi o negativi che siano…mi aiutano a migliorare, quindi grazie a chi mi recensisce ^_^ E anche a chi legge e basta, ovviamente…:P

 

Bye!

-Fleacartasi-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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