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Autore: Hi Ban    17/02/2010    2 recensioni
Si era ritrovato solo, non sapeva né come né quando.
Faceva freddo, ma non se ne accorgeva più.
Non aveva paura però.
Si guardava intorno e vedeva solo contorni sfumati, tratti indefiniti a cui non riusciva a dare un significato. La nebbia che lo avvolgeva tutto lo soffocava, era opprimente.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shino Aburame
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Il viandante sul mare di nebbia


Si era ritrovato solo, non sapeva né come né quando.
Faceva freddo, ma non se ne accorgeva più.
Non aveva paura però.
Si guardava intorno e vedeva solo contorni sfumati, tratti indefiniti a cui non riusciva a dare un significato.
La nebbia che lo avvolgeva tutto lo soffocava, era opprimente.
Non aveva più percezione del suo corpo, non sapeva se era seduto o sdraiato.
Vivo o morto.
L’unica cosa di cui Shino si era reso conto, era che vedeva tutto per com’era: davanti ai suoi occhi non vi era lo strato di oscurità che lo aveva accompagnato da tempi immemori, che gli aveva impedito di vedere i veri colori che lo circondavano.
Non ricordava, però, cos’era che aveva dettato quella condizione nella sua vita, sapeva solo che c’era quel cambiamento e si sentiva libero.
Continuava a non capire da cosa.
Quella foschia era insana, disturbava i suoi pensieri, non gli permetteva di vedere.
Forse però non c’era niente da vedere, c’era solo lui e nient’altro.
Poi qualcosa era cambiato.
Si sentiva indolenzito, aveva coscienza di quel suo corpo che riconobbe come abbandonato al suolo che non aveva percepito prima, come se non esistesse. Un suolo che non sapeva di che luogo fosse. Ricordava che era andato in missione, aveva sopportato le stupidaggini di Kiba, aveva ascoltato le direttive di Kurenai Sensei, aveva rassicurato Hinata.
Dov’era però in quel momento? Che fine aveva fatto l’abbaiare irritante di Akamaru? Si erano forse dimenticati di lui?
Non sarebbe stata una cosa da ritenersi strana o, almeno, era quello che credeva l’Aburame, che non si era ancora alzato da terra.
Le braccia lungo i fianchi si erano poi alzate, bramante di sapere se gli occhiali c’erano. Se era libero o se si stava immaginando tutto. Aveva realizzato di avere gli occhi aperti solo quando si era visto la sua stessa mano dinanzi alla faccia, immobile e pallida.
Attorniata dalla bruma anch’essa.
La contemplò a lungo, sperando che quello fosse solo uno scherzo dei suoi occhi, che quella nebbia che continuava a soffocarlo fosse falsa, irreale. Non era indifferente alla situazione in quel frangente e non poté non cadere vittima di una muta irritazione rendendosi conto che era in mezzo al nulla. Non ricordava come si faceva a parlare Non era in nessun luogo, attorno a lui vi era solo il buio sconfinato, ma lui riusciva a vedere la nebbia.
Forse era morto.
Era solo anche nella morte allora?
Non ricordava di essere stato ferito durante la missione e tantomeno di essere caduto vittima di qualche trappola.
Non ricordava cos’era successo fino a poco prima, fino a prima che cadesse in quell’oscurità senza inizio.
Non ricordava.
Era impossibile che fosse un sogno, non poteva esserlo. Quella era la realtà, ma non sapeva quale. Si alzò, facendo forse sulle braccia, ma gli parve di compiere un gesto impossibile, si sentiva pesante, tutto era più difficile.
Era sempre quella foschia?
E continuava a non vedere niente, era cieco su ciò che non c’era e tutto gli sembrava irrealmente vero, era tutto troppo perfetto in quel mare di sfocate sagome.
Era nero, ma la nebbia era chiara.
Come faceva a vedere se non vi era luce?
Non poteva essere la realtà, allora. Doveva essere morto, ma non lo credeva, quella possibilità non lo convinceva, non quietava il suo animo. Non perché la paura di poter essere morto lo spaventava, ma semplicemente perché non aveva senso. Non ricordava com’era morto, non gli sembrava di essere esanime.
Dov’erano poi i suoi occhiali? Anche se fosse morto perché gli occhiali non dovevano più esserci? Non ricordava neanche più lui quand’era l’ultima volta che aveva fatto caso a se stesso senza quelle provvidenziale lenti che gli impedivano di vedere tutto per quel che era. Non ricordava neanche la faccia di suo padre senza di essi né quella dei suoi parenti, tantomeno la sua.
Tutti i colori offuscati, come se le verità fossero nascoste.
La verità che mancava nella sua vita, poiché i misteri che lo avvolgevano erano come la nebbia che ora lo soffocava, spezzava i suoi ricordi in continuazione, facendogli perdere il senno.
Un unico segreto che valeva più degli altri aveva catturato la sua vita, costringendolo a crescere in balia di esso.
Che senso aveva, poi? Non avrebbe mai avuto una risposta, inutile tormentarsi.
L’aveva mai chiesta, in fin dei conti?
Chi era sua madre?
Non lo ricordava. Il suo ricordo era un’infinità oscurità.
Com’era stata sua madre?
Non la ricordava. Nella sua mente era solo una vaga illusione, inutili contorni sfocati che non lo liberavano dalla curiosità di ricordarsi di lei.
Suo padre non lo diceva, non la nominava, non la ricordava.
E lui passava gli anni senza sapere, senza ricordare, senza conoscere chi era la sua figura materna. La reminescenza di lei era come un’immagine vista dai suoi occhiali, ma più scura.
Non la vedeva, non la sentiva, non la ricordava.
Ora gli occhiali non li aveva però.
Era libero, vedeva la realtà così com’era, così come sarebbe sempre stata.
Intorno a lui però continuava a non vedere niente, vi era solo l’infinito e ciò che lo succedeva. Mosse dei passi, in quel mare di nebbia che lo circondava, che gli faceva spazio nell’infinito, mostrandosi meno al suo passaggio. Non ricordava come facesse a richiamare gli insetti e non li sentiva dentro di sé. Sembrava tutto morto, ma lui sapeva che non era così.
Sapeva chi era, sapeva da dove veniva, ma non sapeva dov’era.
Shino Aburame vagava senza meta, facendo immani sforzi per compiere un passo e ne aveva già fatti molti, perciò era trascorso molto tempo.
Tempo che trascorreva lontano dalla realtà che conosceva, tempo che sprecava lì, senza poter vedere senza quelle lenti scure. Aveva una possibilità che non poteva sfruttare.
Si guardò intorno cercando qualcosa a cui appigliarsi in quel mare di nulla, poiché l’assenza di ciò che non aveva mai visto per intero, accontentandosi suo malgrado, lo inquietava.
Se quello era il paradiso, perché non poteva rivedere sua madre?
Una sola immagina gli bastava per placare la curiosità, per fermare la ricerca che portava avanti silenziosa.
Nessuno nel clan parlava di lei, era come se non fosse mai esistita; non sapevano dirgli nulla che potesse diradare quella nebbia che avvolgeva i suoi ricordi, che potessero sbloccarli dal ghiaccio in cui erano incastonati.
Era morta, perché smettere di farla conoscere al mondo?
Continuava a camminare, passo dopo passo, continuando a pensare a ciò che aveva turbato la sua mente in ogni singolo istante di pace.
Il tempo passava, ma Shino non sapeva dire come.
Teneva gli occhi fissi dinanzi a sé e osservava la nebbia, non trovandovi niente che gli impedisse di proseguire, niente che gli desse un aiuto per poter capire dov’era.
La nebbia non cambiava, restava uguale, la sua vita altrettanto, le risposte che voleva galleggiavano nel vuoto, in attesa che lui le cogliesse, ma quello non accadeva.
Aveva bisogno di aiuto, non aveva più gli occhiali dalle lenti scure a proteggerlo dalla verità che cercava, poteva vedere.
Poteva conoscere.
Ricordare.
Smettere di nuotare nella nebbia, ma sovrastarla.
Shino si fermò, osservò a lungo un punto che poi prese forma, la nebbia si condensò fino a creare l’immagine che il ragazzo aveva cercato a lungo, che aveva messo a tacere l’unica sua domanda, incompiuta.
Conosceva quella donna che a passo lento si avvicinava a lui, ricordava il suo volto.
Finalmente.
Non tentò di fermarla, quando gli sorrise e lo sorpasso; non si chiese come avesse fatto a rivederla. Era solo felice di aver potuto ricordare sua madre.
La nebbia era tornata a circondarlo, a inondare quell’infinita oscurità e Shino la vide offuscarsi sempre più.
Le lenti scure avevano forse ripreso posto dinanzi ai suoi occhi?
Lui, però, ora la sovrastava, era sulla nebbia.

Shino si stupì quando il padre gli disse che aveva dormito per diversi giorni sotto l’effetto di un veleno.
Non ricordava niente a riguardo. Aveva vissuto in un’illusione, niente era stato reale seppur tutto glielo avesse fatto credere. Quella foschia che lo soffocava era più che verità, lo aveva sentito, provato.
Non poteva essere una finzione, non poteva aver sognato tutto, lui l’aveva vista.
L’aveva riconosciuta, era proprio lei, la donna di cui aveva tentato di scoprire il mistero, che aveva tentato semplicemente di ricordare.
La ricordava ora, era vivida nella sua mente l’immagine di sua madre, non era più sommersa dal buio, offuscata dal tempo tiranno.
Gli aveva permesso di mettere in pace il suo animo, di vedere tutto per ciò che era.
Aveva diradato la nebbia, facendo in modo che il suo vagabondare in essa cessasse e lui vi navigasse al di sopra.
Non era stata un inganno dei sensi; aveva riconosciuto sua madre non avendola mai vista, non poteva esserlo.
Ricordava sua madre.


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Nihal, goditi questa merdaccia mia nuova opera che ho deciso di dedicarti perché sono stronza e ti voglio far soffrire ti voglio bene! Avrei voluto scrivere su Sasuke, ma Shino si è attirato la mia ispirazione!^^

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Salve!^^'
Premetto subito che è la prima volta che scrivo su Shino e che trovo che la sua introspezione sia davvero complessa... degna del personaggio abbastanza complesso qual è e poco trattato nel manga. L'unica volta i cui ho parlato di lui è in una mia storia, ma è una comica e oltre a fare la parte del personaggio random, fa anche quella del compagno di team in lutto e che brama vendetta!_-_
Tolto questo, spero tanto di non aver scritto qualche mia solita cavolata e credo sia anche abbastanza non sense. In verità, io un senso ce lo vedo, ma io vedo cose ovunque, quindi sì: avete davanti una visionaria!ù_ù
Ho preso il titolo dal quadro di Caspar David Friedrich creato nel 1818. Mentre mia sorella (Nihal) studiava ci ho fatto caso e sono stata subito rapita da questo titolo e di conseguenza sono andata a vedere l'opera. Opera che per altro ho trovato davvero molto bella; non posso fare altro che consigliarvi di vederla, in caso non lo aveste già fatto perché merita.
Inizialmente, prima che vedessi il quadro, pensavo di scrivere qualcosa su Sasuke, ma vedendolo mi è venuto subito in mente Shino.
Unica cosa che spero è quella di non aver storpiato troppo il suo carattere, che è la mia paura più grande. Timore che ho con tutti i personaggi, ma soprattutto con Shino ed altri personaggi precisi. In caso servisse l'avvertimento OOC fatemelo sapere, anche se, mio modesto parere che mi tirerete dietro, l'ho trovato abbastanza IC.
Detto questo e vado a dare un'ultima occhiata a latino!xD
A presto!^_^
  
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