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Autore: Paloma    23/02/2010    2 recensioni
Due labbra avevano, invano, cercato di unirsi in un bacio alle loro gemelle per sangue da troppe albe, e due file di denti avevano, inutilmente, tentato di lacerare le proprie simili da ormai venti lunghi anni.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due labbra avevano, invano, cercato di unirsi in un bacio alle loro gemelle per sangue da troppe albe, e due file di denti avevano, inutilmente, tentato di lacerare le proprie simili da ormai venti lunghi anni.


Il vento freddo trapana il cervello. Il gelo scoppia la testa. Ogni suono triplica, rimbomba, e anche solo pensare diventa una tortura. Gli occhi bruciano. Le lacrime solidificano come taglienti stalattiti, su guance color sangue. I capelli si agitano, irrequieti, come fruste, senza pietà... e Scevra rimane lì, ferma, con le nocche secche affondate nelle tasche del cappotto, a guardare il porto.
C'è odore di mare; di sale; di pesce. Una barca sgangherata, la vernice scrostata sulle strisce rosse, bianche e blu del legno, scivola poco lontano e quando una goccia di acqua giunge alle labbra, la lingua, veloce, guizza fuori per acchiapparla.
C'era sapore di mare; di sale; di pesce, su altre labbra di un non recente pomeriggio. Ora invece c'è solo il gelo che si infila dentro le ossa, a tradimento, e la foschia silenziosa di Ottobre.
L'alba è ormai sorta, l'aria si colora di arancio-rosa e Scevra, inspirando a pieni polmoni, cammina sulla strada che, seguendo il rettilineo degli ormeggi, la porta dritta a casa.
Sulle note di una famosa canzone avanza passo dopo passo, con lentezza estenuante, sino a giungere nei pressi di una villa. Tutto ciò non coperto da arazzi floreali ormai morti, è ampie finestre in stile gotico. Vetro fuso nasconde l'interno della casa.
Stanze vuote, è l'unica cosa che Scevra sente, oltrepassando l'ingresso spoglio di quell'immenso labirinto...
“Sei tornata.”

Quell'insaziabile voce, quante volte l'avrebbe ancora tentata.

Non si volta. Non questa volta, neanche la precedente e neppure quella prima ancora.

“Guardami.”
Dannata.

Si volta. Questa volta, la precedente e anche quella prima ancora.

È come esser ciechi per una vita intera e poter, poi, guardare all'improvviso la luna.
Si, perché lui non sarà mai il sole. Quel posto spetta alla figura scattante che fugge verso la grande scalinata, arpionata per un polso e sbattuta brutalmente al muro.
“Sarebbe tutto molto più facile, se solo tu la piantassi di fuggire.” La voce aveva sussurrato, calcando le parole con astio e lussuria, come ogni giorno a quella stessa ora.
“Lasciami.”
“Prima o poi mi stancherò di te, ricordalo, e allora non sarò altrettanto clemente.”
“Aspetto con ansia il giorno in cui potrò seppellire il tuo cadavere nel giardino di queste mura... ricordalo.”
La voce ride maligna.
“Ti aspetto al solito posto. Sbrigati.”
Victor e Scevra, nemesi sin da quando entrambi avevano gareggiato per il primo gemito infantile.



“Hai da accendere?” le chiede Victor.
“Non dovresti fumare” risponde lei piatta.
“Se è per questo, nemmeno tu.”
Scevra sorride.
“Pensi che sospettino qualcosa?”
“Si, ma se davvero gli importasse, a quest'ora non saremmo qui.”
“Se lo dici tu...”
“Se lo dico io non vuole dire che sia vero, Scev, perciò butta quella cicca prima che ti vedano.”
La ragazza aspira un lunga boccata e poi getta la sigaretta per terra, calpestandola con la punta delle sue ballerine blu.
“Com'era il mare questa mattina?”
“Identico sin dall'era di Noè, e smettila di chiedermelo, Victor.”
“Per quale assurdo motivo dovrei farlo?”
“Perchè sai quanto io odi le tue domande.”


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Credo che la continuerò, per adesso rimarrà una one-shot fin quando non svilupperò bene la trama. Se siete giunti sin quaggiù, lasciate una recensione, e anche se non lo farete avete ugualmente i miei ringraziamenti.
  
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