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Autore: Tynuccia    23/02/2010    4 recensioni
[Gundam SEED Destiny] "Ho creato un mostro,” borbottò Yzak mentre si sporgeva per prendere un fazzoletto di carta.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Infermiera

 

*

 

Shiho Hahnenfuß camminava con passo spedito in direzione della loro camera da letto, tra le mani un vassoio con un piatto colmo di brodo, un altro con un petto di pollo e verdure e, tanto per chiudere in bellezza, un budino al cioccolato.

 Sorrise radiosa quando vide il dottor Whitman in procinto di uscire dalla stanza e lo chiamò con un filo di voce.

 “Maggiore,” il medico si mise sull’attenti, mentre con l’altra mano teneva la porta spalancata. “Ha bisogno di una mano? Mi sembra piuttosto impedita.”

 “Ma lei è impedita! In ogni caso!” urlò una voce nasale dall’interno della camera.

Shiho roteò gli occhi, ma continuò a sorridere al dottore con fare gentile. Scosse il capo e preferì non soffermarsi a domandare ulteriori informazioni sullo stato di salute del suo innamorato.

 “La ringrazio per la cortesia.”

Whitman annuì e spiò curiosamente gli alimenti posati sul vassoio. Dietro gli occhialetti gli si illuminò lo sguardo mentre annuiva con fare ammirato.

 “Sono certo che tutta questa roba gli farà bene. È stata preparata con amore, immagino. Diventerà un’ottima moglie, Maggiore.”

Il soldato avvampò fino a diventare un tutt’uno con la sua scarlatta divisa e lo congedò con un cenno del capo, prima di entrare nella stanza buia a grandi passi. Quando sentì la porta chiudersi alle sue spalle tenne il vassoio in equilibrio su una mano con maestria e si portò quella destra davanti alla fronte, facendo scattare i tacchi degli stivali bianchi.

 “Shiho Hahnenfuß a rapporto, Comandante Joule.”

Appoggiato ai cuscini del loro letto, Yzak ringhiò e sventolò la mano. Il suo volto era illuminato scarsamente da una lampada sul comodino e, con quel suo tipico cipiglio arrabbiato, sembrava il protagonista della più paurosa delle storie dell’orrore.

 Magari anche l’uomo nero in persona, ma i suoi capelli argentei, gli occhi cobalto e la pelle diafana erano decisamente poco credibili.

 “Shiho…” mormorò stancamente. “Non sono in servizio e sono il tuo fidanzato, quindi fammi la cortesia di non comportarti come una menomata mentale!”

 “Lei potrà anche essere a riposo, signore,” ribattè lei mentre poggiava il vassoio sulla sedia vuota a fianco del letto. “Ma io no, quindi rispetto la gerarchia. Proprio come mi ha ordinato lei in più frangenti.”

 “Ho creato un mostro,” borbottò Yzak mentre si sporgeva per prendere un fazzoletto di carta. Se lo portò al volto e soffiò il naso rumorosamente. Udì la sua dolce metà ridere divertita e la guardò impazientemente. “Smettila di fare la spiritosa o potresti pentirtene!”

Shiho spalancò le tende e la finestra dopo aver spento la luce e si appoggiò al davanzale, incrociando le braccia sotto il seno.

 Babba bia, ghe paura,” gli fece il verso, continuando a ridere come una pazza. “Te lo giuro, l’ultima cosa che mi aspettavo di vedere nella mia vita era il grandissimo e magnifico Comandante e Consigliere Yzak Joule con il raffreddore. Ora posso anche morire felice.”

 “HAHNENFUß!” urlò lui, sbattendo il pugno sulla gamba. “Non è colpa mia! Io sono un Coordinator favoloso, per tua informazione! Ma l’aria della Terra, che sia disintegrata, evidentemente mi manda a puttane l’organismo.”

 “Io sto alla grande,” gli fece notare Shiho con un ghigno sarcastico mentre si accomodava sulla sedia ed accoglieva in grembo il vassoio.

Erano a Carpentaria per una missione di scarsa importanza e, cinque minuti dopo essere scesi dallo shuttle, l’albino aveva iniziato a vomitare l’impossibile e la sua fronte, solitamente gelida, aveva preso a scottare come un fornello rovente.

 “Sono stati gentili a darci una camera matrimoniale,” notò per la prima volta lei, facendo vagare gli occhi per la stanza. Sul comodino vide un’invidiabile collezione di pillole e sciroppi ed il suo sguardo s’intenerì quando scorse la punta del naso arrossata del suo fidanzato.

 “Il nostro annunciato matrimonio è stato sulle prime pagine della cronaca rosa per mesi,” le fece presente il comandante con fare scocciato. “Era il minimo. Piuttosto, cos’è quel cibo?”

 “Il tuo pranzo.”

Yzak sgranò gli occhi e poi li ridusse a due fessure, guardando ora il vassoio, ora il volto della sua innamorata.

 “L’hai preparato tu?”

 “Non per niente ero la prima del corso di economia domestica del mio anno.”

L’albino sospirò e si soffiò nuovamente il naso. Lui, invece, aveva sempre avuto voti pessimi e ad ogni lezione l’insegnante gli batteva delle pacche d’incoraggiamento sulla schiena, dicendogli che non tutti nascevano con certe sopraffine abilità. Dearka, invece, sembrava uno chef fatto e finito e l’unica cosa che non gli aveva fatto saltare le cervella dalla frustrazione era stata quella volta in cui Athrun ed il suo tortino di patate avevano rischiato di far esplodere l’ala ovest dell’Accademia di ZAFT.

 “Fortunatamente,” si affrettò a rispondere. La fissò curiosamente mentre prendeva il cucchiaio e, dopo averlo girato un attimo nella minestra, lo affondò nel piatto e cominciò a soffiarci sopra, per poi accostarlo alle labbra sottili del suo superiore. “Non vorrai imboccarmi, spero! Non ho mica due anni!”

Shiho sospirò e si concedette quella prima cucchiaiata di brodo, affamata dopo tutto il lavoro che era stata costretta a fare.

 “Non sai cosa ti perdi, ho superato me stessa,” annunciò orgogliosamente. Avvicinò la sedia e, sporgendosi mentre faceva attenzione a non far cadere il tutto dalle sue gambe, si mise vicino all’orecchio del ragazzo. “E poi devo fare un po’ di pratica per quando avremo un bambino.”

Yzak arrossì ulteriormente – come se i trentasette gradi e mezzo di temperatura corporea non fossero abbastanza – ed aprì la bocca per protestare, ma il maggiore fu più rapido e gli ficcò il cucchiaio nuovamente pieno in gola, costringendolo ad inghiottire la minestra. “Fregato.”

 “Donna, ti odio!” esclamò lui, leccandosi piano le labbra. “In ogni caso hai fatto il tuo dovere. Se fossi venuta qui con un brodo schifoso ti avrei degradata ad inserviente della mensa.”

 “Sfortunatamente per te non è quello il caso,” gli rispose la giovane. “Quindi ti piace?”

 “Dammene ancora,” si limitò ad ordinare l’albino, troppo dannatamente orgoglioso per ammettere che la sua futura sposa aveva delle manine d’oro in cucina e che apprezzava davvero tutti i suoi sforzi durante la sua malattia, dal cucinargli il pranzo al dormire sul divano nella stanza; dal compilare i rapporti di entrambi al porgere le sue scuse ai vari superiori con cui non aveva potuto incontrarsi.

 Mangiò silenziosamente tutte le pietanze, trovandole squisite. Persino il budino, nonostante non impazzisse per i dolci.

 “Vado in bagno a prenderti un bicchiere d’acqua, così puoi prendere le tue medicine,” propose infine Shiho, poggiando il vassoio vuoto ai piedi del letto ed alzandosi dalla sedia. Si voltò per compiere quell’ultima missione quando sentì una carezza leziosa al suo fondoschiena. Per la seconda volta in quella giornata arrossì furiosamente e si girò di scatto, trovando il suo fidanzato ancora con la mano alzata ed uno sguardo innocente.

 “Che c’è? Ho sempre desiderato palpare il culo ad un’infermiera… sono un uomo anche io, Cristo!”

Quando il dottor Whitman tornò, quel pomeriggio, per visitare il suo paziente, trovò il Maggiore Hahnenfuß in piedi davanti alla finestra spalancata con le braccia incrociate sotto al seno ed un’espressione truce, mentre l’algido comandante aveva un poco rassicurante alone violaceo attorno all’occhio destro.

  
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