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Autore: nes95    23/02/2010    4 recensioni
“Non ci siamo mai sopportati, perché vuoi uscire con me?” chiese la ragazza guardandolo negli occhi verdi, e sentendo il cuore fare un balzo. Marco alzò le spalle e poggiò nuovamente la mano sulla guancia della ragazza. “Non lo so. Tu perché non vuoi uscire con me?” chiese a sua volta. Melissa quasi non respirava. “Non lo so” rispose a sua volta “non ha senso … credo” mormorò, vedendo che il viso di Marco era molto vicino al suo. Molto, troppo. “Prova a non vedere il senso di tutto” le consigliò il ragazzo
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Time Of Our Life

 

A Julie, per la sua amicizia

A Margherita, per il nostro vocabolario strano

A Chiara, per le risate.

 

We'll have the time of our lives
Til the lights burn out
Let's laugh until we cry
Life is only what you make it now

- Miley Cyrus Time Of Our Life -

 

Melissa si guardò allo specchio per la centesima volta, i capelli rossi le ricadevano morbidi sulle spalle, lasciati sciolti. Indossava un semplice jeans nero con un top con le bretelle di strass sopra, nulla di troppo esagerato o comunque troppo vistoso, se c’era una cosa che non voleva era dare nell’occhio. Odiava dare nell’occhio lei. Aggiustò un’altra volta il trucco e fece sbruffare la sua migliore amica che giocava al computer stesa sul letto, ed ogni tanto le lanciava occhiate malevole.

“Mi spieghi qual è il problema?” le chiese la ragazza sedendosi sul letto e fissando Melissa che continuava ad allisciare il top, o controllare i cinturini delle scarpe.

“Problema? Quale problema? Nessun problema” disse agitata mentre si voltava verso Giulia.

“Certo, certo. E allora mi spieghi la ragione per la quale sta per venirti un infarto?” chiese in risposta la sua amica “è solo un film e una pizza. Un normale appuntamento tra amici, normalissimo, no?” chiese ancora la ragazza sapendo di far impazzire la sua amica, che ovviamente divenne rossa.

“Si, si, normalissimo” si affrettò a rispondere la rossa sedendosi finalmente sul letto a peso morto e fissando il soffitto.

“Mel …” cominciò Giulia con la solita aria da mammina.

“Cosa?” rispose lei scocciata.

“Devi dirmi qualcosa?” le chiese in risposta Giulia, che nel frattempo le si era avvicinata e messa di fronte.

“Eh? Cosa? No, assolutamente nulla. Nulla no” rispose a raffica Melissa.

“Mhm …” rispose Giulia, contando poi con la mano dal cinque in giù. Melissa intanto si guardava le mani continuando a pensare ai pro e ai contro della rivelazione, quando la sua amica finì di contare lei si decise a parlare.

“Mi piace ok? E non riesco a capire perché, voglio dire … lui è uno stronzo figlio di papà, che pensa solo a calcio e ragazze. E io non dovrei essere tanto cogliona da farmi abbindolare da un tipo del genere …”

“Eppure” la interruppe Giulia, contenta che finalmente l’amica si fosse decisa a parlare.

“Eppure … sono una scema, Julie, una stupida. Ma ti pare che sia tanto …”

“Scema e stupida?” le chiese la sua amica soffocando una risata.

“Si! Cioè lui è così viziato e figlio di papà che pensa solo a …”

“Calcio e ragazze …” la interruppe nuovamente Giulia alzando gli occhi al cielo. Sapeva com’era Melissa, paranoica come poche quando si metteva d’impegno (e nemmeno tanto) ma assolutamente dolce e fantastica.

“Assolutamente! E io sono una stupida, stupida capisci? Una …” e allora decise di intervenire. La prese per le spalle e la scosse forte, cercando d farla tornare nel mondo dei normali.

“Mel … Mel ascoltami bene, ok? Mel mi senti?” chiese parlando chiaramente Giulia, che proprio non la sopportava quando faceva così. Melissa annuì e la sua amica riprese a parlare.

“Calmati Melissa, ok? Sei bellissima stasera, e lui è un bravo ragazzo in fondo, se no non avresti accettato il suo invito, giusto?” Melissa annuì titubante “bene, quindi tra poco lui arriverà qui e uscirete e vi divertirete tantissimo, e tu la smetterai di farti le paranoie, ok?” chiese come si faceva con i bambini piccoli, per convincerli di mangiare i broccoli. Melissa annuì nuovamente dandosi mentalmente della stupida, era possibile che si facesse prendere così in fretta dal panico?! Il campanello suonò e le due guardarono l’orologio sulla parete, notando che fossero quasi le nove.

“Mel calma, chiaro?” chiese nuovamente Giulia correndo ad aprire, facendo svolazzare i capelli neri da una parte e dall’altra. Melissa si fissò allo specchio l’ultima volta, respirando profondamente, poi si decise finalmente ad uscire, raggiungendo il salotto dove la sua migliore amica e Marco la aspettavano.

“Ciao” mormorò imbarazzata rivolta al ragazzo, che sorrise di rimando, avvicinandosi poi con la sua solita aria sicura e temeraria. Giulia si era defilata in camera della sua amica con qualche scusa poco convincente, mentre Marco ora era vicinissimo a lei. Le poggiò le mani sui fianchi, attirandola a se.

“Ciao” mormorò di rimando al suo orecchio, facendola rabbrividire. Ma poteva essere tanto stupida? E lui tanto coglione? Cercando di darsi un contegno lo allontanò dolcemente e prese il giacchetto, per ripararsi dalla fresca aria autunnale. Dopo un saluto veloce a Giulia raggiunsero il cortile, dov’era parcheggiata in bella mostra una moto nera.

“Io su quella non ci salgo” disse sicura Melissa, vedendo già la propria immagine spiaccicata per terra, con i resti della moto tutt’attorno. Marco sbruffò e la prese per mano a tradimento.

“Ti fidi di me?” chiese con una dolcezza che Melissa non aveva mai sentito in lui. No, voleva rispondere, no, no e mille volte no.

“S … si” rispose invece stringendo la presa della mano di quello stranissimo ed intrigantissimo ragazzo. Salirono sulla moto e Marco mise in moto, partendo per le strade trafficate della città. Melissa non potette fare altro che stringersi alla sua schiena e poggiarci la guancia, ignorando il vento in faccia. Ancora non riusciva a capire cosa le fosse venuto in mente, quella mattina.

 

Marco entrò nella seconda B, mentre tutti chiacchieravano uscendo per la pausa di metà mattina. Melissa era seduta sul banco in fondo alla classe mentre parlava ridendo con un suo compagno di classe abbastanza nerd.

“Ciao” disse con un sorriso strafottente rivolto alla ragazza. il tipo nerd in nemmeno mezzo secondo sparì dalla circolazione, mentre Melissa squadrava annoiata il nuovo venuto.

“Si ciao. Che vuoi?” chiese senza preamboli. Non le piaceva la sensazione che provava quando quel Marco le era vicino. Era da troppo ormai che lo aveva notato e l’unica terapia che poteva applicare era quella di ignorarlo completamente, sperando che i restanti due anni potessero volare. Speranza vana.

“Come siamo dolci” commentò il ragazzo avvicinandosi ancora di più e sorridendo di sbieco.

“Visto? Il mio secondo nome è miele effettivamente” rispose sarcasticamente Melissa, mentre il suo cervello le inviava input per farla buttare addosso al ragazzo.

“Miele … mi piace” mormorò Marco beccandosi la seconda occhiataccia dalla ragazza.

“A me no però. Quindi vedi di stare attento. Mi spieghi che vuoi, che poi te ne vai?” chiese scocciata Melissa per la seconda volta, sperando che Marco non stesse davvero facendo quello che stava facendo. E invece lo stava facendo, stupido gioco contorto di parole!

“Ehm … no nulla, mi chiedevo se stasera volessi uscire con me” disse solo, poggiando la mano sulla guancia di Melissa, la cui guancia si colorò di una dolce sfumatura rosa.

“Si certo, pizza e film?” domandò sarcasticamente facendo pure una mezza risata. Ma per favore, era da quando avevano otto anni che si odiavano, non era possibile che un giorno se ne uscisse con la proposta di una seratina per due.

“Si perché no! Magari ti porto al ristorante di un mio amico” propose Marco con il suo solito sorrisino sfacciato, nonostante avesse capito che Melissa lo stesse sfottendo gli piaceva battibeccare con lei, era … divertente.

“Ma vaffanculo” fu la risposta secca della rossa, che poi prese il cellulare e cominciò a pigiare qualche tasto, sperando che Marco capisse e andasse via, invece dopo nemmeno due minuti vide il so cellulare in mano al ragazzo, che la guardava col solito ghigno.

“Ehy! Ridammi il telefono!” ordinò alzandosi dal banco e provando ad afferrare il cellulare, che Marco teneva leggermente sopra la sua portata.

“E tu esci con me” rispose Marco.

“Ma sei scemo? E’ da bambini il tuo comportamento, te ne rendi conto? Ridammi il cellulare ora!” ordinò alterandosi Melissa, che saltava per acciuffare il telefono, sempre troppo in alto.

“Non è da bambini … cioè forse si, un po’. Ma io voglio uscire con te” rispose il ragazzo, abbassando il cellulare così che la proprietaria potesse riprenderlo.

“Non ci siamo mai sopportati, perché vuoi uscire con me?” chiese la ragazza guardandolo negli occhi verdi, e sentendo il cuore fare un balzo. Marco alzò le spalle e poggiò nuovamente la mano sulla guancia della ragazza.

“Non lo so. Tu perché non vuoi uscire con me?” chiese a sua volta. Melissa quasi non respirava.

“Non lo so” rispose a sua volta “non ha senso … credo” mormorò, vedendo che il viso di Marco era molto vicino al suo. Molto, troppo.

“Prova a non vedere il senso di tutto” le consigliò il ragazzo, prima di sfiorare con le proprie labbra quelle di Melissa. La ragazza rimase spiazzata dal gesto di Marco, e per una volta decise di fare una cazzata.

“Allora?” chiese Marco con un mezzo, sorriso. Melissa chiuse gli occhi e sospirò forte, prima di riaprirgli e fissare nuovamente lo sguardo il quello del ragazzo.

“Va bene” rispose semplicemente, prima che Marco le sorridesse e uscisse dalla classe, lasciandola sola e parecchio confusa.

 

Il viaggio continuò in tranquillità. Che a Melissa piacesse Marco ormai non c’erano dubbi,era arrivata al punto di pensare di adorare il suo profumo, di voler rimanere in quella posizione per sempre, mentre Marco continuava a sfrecciare veloce sulla strada.

“Dove andiamo?” le chiese la ragazza, vedendo poco dopo davanti all’ingresso di un piccolo teatro.

“Oh mio dio” mormorò la ragazza senza parole, mentre Marco la aiutava a scendere dalla moto.

“Ti piace?” le chiese lui sorridendo di sbieco e prendendola a tradimento per mano, di nuovo.

“E’ … dio è fantastico. Ma come facevi a sapere che mi piacesse tanto questo balletto?” chiese la ragazza stupefatta, mentre Marco porgeva al tipo all’ingresso i biglietti.

“Ricordalo miele, io so sempre tutto” Rispose come a giustifica Marco, mentre Melissa si accomodava su una poltroncina di velluto. Il balletto era “Lo Schiaccianoci”, il preferito della ragazza, eseguito quel giorno da una famosa compagnia russa. Lo spettacolo durò due ore piene. Erano le undici passate quando finalmente i due riuscirono a sedersi ad un tavolino del piccolo ristorante in cui avevano prenotato.

“E’ stato fantastico! Wow, davvero Marco, non so come tu abbia fato ad indovinare che era il mio balletto preferito” disse entusiasta la ragazza facendo sorridere il diretto interessato, che scosse – come a suo solito – le spalle.

“Basta che ti sia piaciuto” rispose Marco scrollandosi con una mano i capelli ricci. Melissa annuì, poi lo guardò in sottecchi mangiucchiando un grissino.

“Ci sono!” esclamò d’un tratto, mentre Marco la guardava stranito.

“Ceeeeeerto …” rispose il ragazzo sicuro che Melissa stesse avendo una crisi.

“Si, certo! Ti hanno rapito gli alieni e ti hanno scambiato con un sosia perfettamente identico ma diecimila volte più gentile. Non c’è altra soluzione” disse sicura, per poi continuare mangiucchiare il grissino. Marco la fissò ridendo come poche volte in vita sua.

“E’ così difficile che sia cambiato? In fondo ti sto solo offrendo una cena, mica è sta gran cosa!” esclamò di rimando il ragazzo.

“Si certo, e lo spettacolo?” rispose la ragazza fissandolo indagatrice. Marco rise nuovamente e si tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta.

“Ti è caduto dallo zaino l’altro giorno, Sherlok” rispose, per poi ridere di gusto alla vista della faccia di Melissa, che si appoggiò sconfitta sul tavolo.

“Ah” rispose soltanto “quindi sei tu? Tu tu?” chiese.

“Me medesimo io. Ti dispiace?” chiese Marco, trovando un po’ della strafottenza di sempre.

“Forse” rispose evasiva Melissa, sorridendo poi al cameriere che portò loro le ordinazioni. Marco scosse la testa sorridendo e cominciò a mangiare.

Erano le due e mezza passate, Melissa camminava quasi a fatica su quelle dannate scarpe alte che Giulia l’aveva costretta ad indossare. Marco, accanto a lei, aveva le mani nelle tasche e un sorriso sereno sul volto.

“Odio le mie scarpe” decise la ragazza sedendosi su una panchina ed approfittando del fatto che strada fosse completamente deserta slacciò quei trampoli mortali.

“Grazie signore!” borbottò poi quando fu a piedi nudi. Marco ridacchiò e le si avvicinò.

“Si Cenerentola, se magari ti rimetti le scarpe ti porto in un posto” disse sorridendo, con uno sbuffo Melissa obbedì stupendosi di quanto quella serata si fosse rivelata piacevole e divertente. Seguì Marco arrancando, mentre questo rideva e la teneva per mano.

“Dove andiamo?” chiese la ragazza mentre montavano in sella. Di nuovo.

“In un posto” rispose enigmatico il ragazzo.

“Non è che mi porti in un angoletto e mi squarti viva?” chiese Melissa fintamente spaventata, ridacchiando.

“Mhm … forse. Sai, pensandosi sarebbe divertente” rispose Marco, prima di mettere in moto e partire velocemente per le strade deserte. Melissa ridendo, stranamente rilassata nonostante fosse sulla sua odiata moto, gli tirava dei pugnetti contro la schiena, mentre Marco continuando a ridere le illustrava il suo piano per ucciderla.

“Non permetterti!” urlò quasi la ragazza quando una volta scesi cominciarono a rincorrersi come stupidi sul marciapiede. Marco si fermò e le fece segno di avvicinarsi.

“Niente coltelli?” gli chiese Melissa, avvicinandosi ed accettando la sua mano.

“E nemmeno pistole” la rassicurò Marco ridacchiando. Melissa annuì soddisfatta e si fece guidare, mentre salivano dalla scala antincendio posta in una stradina laterale.

“Dove siamo?” chiese la ragazza un po’ spaventata, mentre Marco apriva la porta antipanico in cima alla scalinata.

“Ora lo vedrai” rispose.

“Devo spaventarmi?” chiese Melissa, stringendo di riflesso la mano del ragazzo, che non aveva lasciato un istante.

“Con me mai” fu la risposta del ragazzo, che poi un po’ correndo e un po’ sfottendola condusse Melissa per i corridoi di quella che sembrava …

“Ma siamo a scuola!” mormorò la ragazza eccitata.

“Si, e ora vedi dove andiamo” rispose Marco ridendo, stranamente felice che la ragazza fosse felice. Poco dopo si ritrovarono nuovamente all’aria aperta. Le stelle in cielo litigavano con la luna a chi dovesse essere la più splendente. Non faceva freddo, una sottile brezza però si alzò dopo qualche momento.

“Wow siamo …” cominciò Melissa.

“Sul tetto della scuola” concluse il ragazzo arrampicandosi poi fino ad arrivare al tetto della casupola posta al centro. Melissa lo raggiunse e salì agilmente a sua volta.

“E’ bellissimo Marco” disse meravigliata con gli occhi che brillavano. Marco sorrise e passò un braccio intorno alle spalle di Melissa, che stranamente non si sottrasse.

“Ci vengo spesso. Teoricamente non sarebbe lecito, ma non faccio male a nessuno, e poi mi dispiacerebbe troppo abbandonare questo tetto” rispose il ragazzo sincero.

“Non ci ero mai stata” ammise Melissa voltandosi per un secondo verso il ragazzo, che la stava fissando, arrossì deliziosamente e si voltò nuovamente verso il panorama di alberi, case e auto in lontananza, il cui rumore arrivava ottavato alle orecchie dei ragazzi.

“Male, honey” rispose Marco sorridendo, Melissa sospirò e si costrinse a guardare nuovamente il ragazzo.

“Perché stamattina hai tanto insistito a voler uscire?” chiese.

“Non lo so, perché hai accettato?” rispose Marco fissandola intensamente negli occhi, come quella mattina, più di quella mattina.

“Non lo so” rispose Melissa con un mezzo sorriso, perdendosi negli occhi del ragazzo.

“Sei pentita di aver accettato?” chiese a bruciapelo Marco, dopo un po’. Melissa parve pensarci su, prima di rispondere.

“No, sono stata benissimo stasera” rispose con un sorriso sincero. Marco annuì e le accarezzò il volto, dolcemente e lentamente, poi fece avvicinare piano il viso a quello della ragazza, per poi far unire dolcemente le loro labbra, mentre luna e cielo continuavano litigare per chi dovesse splendere di più.

  
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