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Autore: Illidan    23/02/2010    6 recensioni
I romani ridono. Festeggiano dopo la vittoria. Assassini, cani sacrileghi! Gli alberi bruciano, il santuario è stato raso al suolo.
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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I romani ridono

I romani ridono. Festeggiano dopo la vittoria. Assassini, cani sacrileghi! Gli alberi bruciano, il santuario è stato raso al suolo. Distrutte le sacre immagini degli dei. Rovesciate a terra le sacre offerte. Assassinati i miei fratelli. Noi, i devoti della possente Quercia, dalla quale ottenevamo conoscenza. Dov’è ora il nostro sapere, fratelli? Vedo i vostri corpi a terra. Le tuniche e i mantelli lordati di sangue. Dov’è il falcetto con cui potavi il sacro vischio, Gwilym? Dove sono le tue mani? I romani te le hanno tagliate e ti hanno lasciato a terra a morire dissanguato, senza il minimo rispetto per il venerando candore della tua barba. Fingal, Myrdinn, Ceredic, Caelan... Svanita è la vostra saggezza, dalla vostra bocca esce solo rosso sangue e più non pulsa il vostro cuore. Ma io sono vivo... Perché? Perché gli invasori non mi hanno ucciso? Per infliggermi l’onta della schiavitù? Ah, fortunati voi, fratelli, che siete già tornati là da dove i nostri spiriti giunsero.

 

No, non la schiavitù. I romani credono che io, un barbaro, non capisca la loro lingua. Ma, anche se le mie primavere sono poche, ho saputo ben sfruttarle e ho imparato il linguaggio dei nostri nemici. Vogliono interrogarmi perché io riveli loro dove sono gli altri. Il loro falso dio, il loro imperatore, ha ordinato di sterminarci tutti. Per distruggere il nostro potere che gli si oppone. Non gli è bastato il massacro di Alesia, sciagura infinita per i nostri fratelli nello spirito, no, nemmeno il mare ha fermato la potenza di questi mostri. Uomini senza cuore, che combattono non per l’onore, né la gloria, ma per la ricchezza di un pugno di porci nella loro lontana Urbe. Ceneranno con tre portate in più ogni sera grazie alle vessazioni che impongono al popolo bretone.

 

Ma la colpa è dei nostri capi. Folli, stolti! Credevano che si potesse ottenere un accordo con questi esseri falsi e doppi? Mai nessuno aveva osato violare la sacralità del nostro santuario vicino ai laghi magici e loro l’hanno fatto. Il sacrilego è quel cane di Svetonio Paolino. Ho sentito anche che egli ha tradito la fiducia di Prasutago, capo degli Iceni, uno dei folli che credeva potesse essere possibile un’alleanza con quelle serpi che si fregiano di un’aquila come stemma. Ha reso schiavi i suoi guerrieri. Ha frustato sua moglie, la regina. Ha violentato le sue figlie. E ora ha profanato quanto c’era di più sacro sulla nostra amata terra.

 

Gli spiriti di questo luogo gemono!

Sento le loro urla di furia! Da ogni foglia bruciata, da ogni filo d’erba insanguinato! Ma è vana la loro rabbia: che vendetta possono chiedere a me, legato da catene di ferro a un muro di pietra? O dei, datemi la forza di vendicare l’offesa che vi è stata fatta! Dei che siete in ogni cosa! Oggi voi avete subito violenza! Nessuno dei nostri guerrieri è sopravvissuto, i miei fratelli giacciono nel loro sangue e io, novizio del mio ordine, non posso fare nulla!

 

Ma ecco che giungono finalmente.

-Dove sono gli altri druidi?- mi sento domandare nella mia lingua. Alzo lo sguardo e scorgo un volto contornato da lunghi capelli bruni avvolti in trecce. Attorno a lui quei demoni in sandali e toghe. Gli sputo in faccia con l’ultima saliva che mi resta.

-Traditore del tuo popolo... Gli dei ti puniranno per questo!- Si ritrae, ma non per spavento o timore: solo per permettere al mio boia di darmi una frustata in volto. La luce svanisce dal mio occhio destro.

-Parla, druido, o ti uccideranno.- Rido di fronte alla sua assurda minaccia.

-Vigliacco... Credi che io abbia paura della morte? Io ho votato la mia esistenza al servizio degli dei e sono devoto alla dea custode del guado, Morrigan la potente. Non temo nulla che i tuoi amici romani possano farmi!-

Sento che traduce le mie parole nella loro lingua sibilante. Gli rispondono di insistere, di farmi provare paura di loro. E io rido ancora più forte. Sento il sapore dolceamaro del mio sangue in bocca eppure rido. I loro sforzi sono vani.

-Non mi piegherete mai...- dico nella loro lingua -Assassini e vigliacchi! Cosa credete che possiate farmi di peggio? Avete distrutto il santuario, ucciso il culto dei miei padri! E prima di questo avete soggiogato tutta la mia amata terra. Essa freme sotto le vostre strade e i vostri ponti! Gli spiriti dei fiumi gridano tormentati dai vostri acquedotti! Ma ancor di più soffre il popolo bretone, reso schiavo! La loro vita più non è loro, l’avete presa voi con la forza! E cosa vi avevamo fatto, luridi assassini, barbari! Sì, barbari! So bene che voi così ci chiamate, ma voi più di noi meritate questo nome. Avete ucciso i nostri guerrieri, reso schiavi i nostri bambini, violentato le nostre donne e ora annientato la nostra religione. Avete fatto il deserto e l’avete chiamato ‘pace’!-

I romani sono sorpresi di sentirmi parlare, di capirmi. Questo impedisce loro di ordinare al mio aguzzino di finirmi subito.

-Ma io vi dico che la dea vi punirà! Morrigan, la sacra dea della morte e della guerra, vi spezzerà! E sorgerà a Est, dove più voi avete oppresso la mia gente! E le vostre difese crolleranno, le vostre città saranno rase al suolo e il massacro oggi perpetrato ricadrà su di voi per venti generazioni! Sentite il corvo gracchiare? È la dea che vi manda la sua minaccia di morte! So che nella vostra lingua il suo verso indica speranza: infatti è la speranza del popolo celtico che sta cantando il corvo. Viene dalla patria di mia madre oltre il mare, voi la chiamate Hibernia... Potete averci ucciso oggi, ma non godrete a lungo della vostra vittoria! Perché la dea vi punirà...-

 

Non mi rispondono ancora, sembra che confabulino tra loro. Forse è giunto un messaggio da lontano? Ho sentito passi affrettati avvicinarsi. Che dicono? Aria, portami le loro parole.

-La regina degli Iceni ha assediato Camulodunum.-

Ah, la mia prima profezia che si avvera! Gli dei siano lodati.

-Tremate romani! La vendetta è ormai vicina! Morrigan in persona guida il mio popolo! Non ci sottometterete mai!- A un gesto del grasso romano al centro, forse Svetonio, il mio carnefice mi affonda la spada nell’addome. Poi si allontanano lasciandomi lì a morire.

 

Il sangue esce dalle mie viscere e i colori del mondo diventano confusi e vaghi. Il corvo cala su di me. Poi la vedo: i biondi suoi capelli contornano il bianco viso della dea. Corvine le sue vesti, terribile la sua spada, ma che splendore i suoi occhi castani.

Morrigan, sei venuta per chi ti è devoto! Sei ancora più bella di quanto ti ho immaginata!

Non ho timore di morire, ma dimmi del mio popolo: vinceremo un giorno contro l’invasore?

E allora la dea mi porge la mano e mi aiuta ad alzarmi. Poi intona il suo canto meraviglioso:

Pace fino al cielo,

il cielo fino alla terra.

La terra fino al cielo,

forza in entrambi.

Una coppa molto piena,

piena di miele;

idromele in abbondanza.

Estate in inverno...

Pace fino al cielo.

E i contorni delle cose perdono significato mentre tutto si immerge in un bagno di luce.

 

 

Nota storica:

Nel 60 d.C. il proconsole romano Gaio Svetonio Paolino condusse una campagna militare contro i druidi dell’isola di Anglesey nel Galles settentrionale che culminò con la distruzione del loro santuario. Gli Iceni e i Trinovanti allora si ribellarono e assediarono e distrussero Camulodunum (Colchester). Erano guidati dalla regina Boadicea, il cui marito Prasutago aveva lasciato in testamento il suo regno ai romani in cambio della promessa che ne avrebbero lasciata metà alla moglie e alle due figlie. Ma i romani non riconoscevano la successione in linea femminile, perciò violarono le clausole del patto subito dopo la morte del capo degli Iceni e si impadronirono del suo regno, confiscando terre e proprietà. Secondo alcune fonti, nemmeno la regina e le sue figlie sfuggirono alle umiliazioni inflitte dai vincitori (tuttavia ammetto di aver un po’ romanzato la storia). Boadicea successivamente distrusse Londinium e Verulamium. Tuttavia, Paolino riuscì a riorganizzare in fretta le sue truppe e, grazie alla superiorità tattica, sconfisse l’esercito ribelle nella battagli di Watling Street. La regina Boadicea, non volendo cadere ancora nelle mani dei romani, si avvelenò.

 

   
 
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