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Autore: itsbrie    24/02/2010    4 recensioni
I tuoi capelli venivano mossi dal vento quella sera, e tu, ti muovevi soavemente a ritmo delle onde del mare. Io ti osservavo colpito, catturato dai tuoi movimenti, che ebbero come un effetto ipnotico su me, che ero semplicemente un povero innamorato. Sfioravi con leggerezza i granelli fini di sabbia, lasciandoli passare tra i piedi, poi tra le mani, con leggerezza. Effimera. Eravamo entrambi peccatori di un errore carnale, che pesava sulle nostre teste, incombente di vendetta. Ma noi eravamo leggeri, non pesavamo più. E più eravamo leggeri, più danzavamo in quel valzer infernale, trascinati da una pena e dalla voglia inesauribile di amarsi.
Genere: Drammatico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La Cometa Di Halley.

Vi avevo preannunciato l'imminente arrivo di questa short, ed infatti, eccola qua.
Parto col dirvi che non è una storia "molto facile", nel senso che è un pò un mezzo per esprimere una condizione personale molto particolare.
Certo, la mia storia di fondo non è assolutamente questa, non ci si avvicina neppure, ma nonostante ciò questa storia è una esagerazione.
L'ispirazione mi è stata data dalla nuova canzone di Irene Grandi, che da il titolo alla storia, Lezioni Americane, di Italo Calvino ed infine (ma non per importanza) Francesca e Paolo (da Rimini).
Vorrei precisare che gli ultimi due, mi sono serviti per il concetto di "leggerezza" che verrà ripreso nella storia.
La storia, è narrata da un solo punto di vista, ed è in prima persona.
Spero davvero che possiate apprezzarla, perchè tengo da morire a questo scritto, davvero con tutta me stessa.
Fatemi sapere (anche se negativa) la vostra opinione.

Un bacione,
Lety.

Dedico questa storia a te, Abigail.
Perchè vorrei che non ti dimenticassi mai che la distanza è solo una condizione.
Perchè tu non ti scordi mai di questi momenti insieme.
Dedico questa storia anche a Giulia e a voi ragazze di EFP.
E a Matteo.

 

La Cometa Di Halley.


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Tu vuoi vivere così
per inerzia e per comodità
per qualcosa che non riesco più a capire
e poi ami con tranquillità
come un Dio lontano
che non ha nè problemi
nè miracoli da fare
non capisci che ci ucciderà
questo nostro esistere a metà
che la casa ha i rubinetti da cambiare
[…]


Quel giorno mi dicesti che non ti interessava degli altri, che avresti sempre vissuto fregandotene delle opinioni altrui, badando solo alla tua felicità, al tuo futuro.
Mi dicesti che avresti fatto di tutto per inseguire i tuoi sogni, le tue aspirazioni.
Avresti di certo ottenuto tutto ciò che desideravi, perché tu eri l’unica persona sulla faccia di questa terra capace di far valere i propri ideali anche a costo di farsi del male.
Avresti sempre perseguito i tuoi sogni, facendo in modo di non perdere nulla, di non lasciare niente lungo il tuo cammino.
Tu che eri capace di illuminarmi la giornata con un sorriso, con una sola parola.
Basta che uscisse dalla tua bocca.

Ho provato ad essere come te ogni volta che pensavo ai tuoi occhi.
Ho creduto di poter essere come te.
Ci ho sperato, ogni giorno della mia vita.
Perché tu eri l’unica cosa che era in grado di rendermi vivo, di farmi andare avanti.
Mi davi un motivo, ogni giorno.
Quando ti incontrai non avrei creduto che tu potessi divenire così fondamentale per il corso della mia vita, specialmente perché tu sembravi così presa dalla tua corsa che credevo che mai, ti saresti fermata anche solo un attimo con me.
Eppure ogni volta che ti guardavo sapevo che tu eri diversa, speciale.
L’ho saputo fin dal primo momento in cui le nostri pelli si sono sfiorando, provocando in me una sensazione che a quel tempo non fui in grado di riconoscere.
Sei stata in grado di cambiare la mia vita solo con un sorriso.
Ed io mi smarrii nei tuoi grandi occhi castani che sembravano avere un mondo dentro.
Un mondo in cui tu mi avresti di entrare molto presto.
Ancora adesso non mi spiego come tutto ciò sia potuto accadere.
E’ stato solo un attimo, un attimo di passione, poesia.
Pura follia.
Bastò quello per farmi innamorare perdutamente.
Ma tu, tu non sembravi farti problemi ad esserti innamorata di uno come me.
Ero sicuro che tu, saresti stata sempre con me.
Me lo promettesti.
Giurasti, guardando il cielo, che non ci saremmo mai divisi, perché tu ed io eravamo una sola cosa. Una forza inscindibile, inseparabile.
Mi dicesti di amarmi, quella notte che io vivo ancora tra le mani.
Quella notte in cui, infransi la promessa.

[…]

eppure un tempo ridevi
e mostrandomi il cielo
mi disegnavi illusioni e possibilità
e la Cometa di Halley ferì il velo nero
che immaginiamo nasconda la felicità



I tuoi capelli venivano mossi dal vento quella sera, e tu, ti muovevi soavemente a ritmo delle onde del mare. Io ti osservavo colpito, catturato dai tuoi movimenti, che ebbero come un effetto ipnotico su me, che ero semplicemente un povero innamorato.
Sfioravi con leggerezza i granelli fini di sabbia, lasciandoli passare tra i piedi, poi tra le mani, con leggerezza.
Effimera.
Eravamo entrambi peccatori di un errore carnale, che pesava sulle nostre teste, incombente di vendetta.
Ma noi eravamo leggeri, non pesavamo più.

E più eravamo leggeri, più danzavamo in quel valzer infernale, trascinati da una pena e dalla voglia inesauribile di amarsi.
Più ci sentivamo pesanti, più noi volavamo verso il cielo, che, ricoperto di stelle, sembrava voler far da cornice a quel nostro amore.
I nostri occhi brillavano intensamente, come se quell’argento in cielo, fosse il motore delle nostre azioni.
Ci sentimmo vicini ad un mondo metafisico, dove la natura ci apparteneva in maniera perfetta.
Era una danza cosmica, strettamente legata alle nostre sensazioni, alle nostre vite.
Ma nonostante ciò, il peso di quella colpa, seppur così leggera, mi tormentava.
Ma a te non interessava.
Volevi solo vivere.
Vivermi.
Ed io ho fatto come mi dicesti.
Perché ti amavo troppo.
Così mi hai detto di guardare nel cielo blu ed osservare quella scia argentea provocata da una stella cadente. Ipotizzasti anche una cometa, ma io risi, e tu cominciasti a correre, avendo la pretesa che io ti inseguissi.
Ci trovammo inaspettatamente intrecciati con quel cielo.
Con quella fantomatica cometa.
Ed io feci come te, e ci ritrovammo a rotolare sulla sabbia, in balia dell’irrazionalità, quella irrazionalità per la quale tanto, mi sentii colpevole.
Ferimmo quel velo di grazia che ci proteggeva ormai, da troppo tempo.
 Ma alla fine, tu mi chiedesti scusa per quello che ci era successo, ma io ti zittii con un bacio e lì tu, scoppiasti a piangere, mentre, con gli occhi rivolti al cielo, cercavi la felicità.
Insieme a me.
E intanto tu sognavi di poter essere libera,libera dalle convenzioni, schemi, apparenze, giudizi.
Dolori.
Quei dolori che tanto tu mi nascondesti, quei dolori per i quali io so che tu soffristi tanto  da lacerarti il cuore, distruggerlo completamente.
E quella sera allora, alzasti un braccio verso il cielo, disegnando cerchi concentrici intorno le stelle.
Pure e vive illusioni quelle che mi disegnasti.
Possibilità.
E mi carezzasti la guancia, consolidando quell’incanto che con tanta leggerezza creammo attraverso i troppi respiri, battiti irregolari.
Quella notte, per la prima volta ti vidi piangere.
Eppure continuavi a disegnare illusioni e possibilità, immaginando che quella cometa, nascondesse la felicità.
E fu in quella notte, che anche quel cielo, per il quale hai sperato tanto, volle richiamarti a sé.
Perché una creatura così splendida come te, non meritava la terra.

lasciami da solo
fallo solo per un po’
lascia stare
non pensarci più
lasciami la radio accesa
lasciami cantare
e qualche cosa da mangiare
servirà

 

 

Hai teso la mano verso una stella, sporgendoti troppo da quel masso ripido ed alto.
Io ti tenevo dai fianchi, forte, stretta a me.
Ma tu ti allontanasti troppo e il mare, che tempestava, ti inghiottì senza ritegno con la più brutale crudeltà e come un vortice, ti catturò per sempre.
In quel momento gridai con tutta la forza che avevo in petto, lasciando a te, la mia anima.
Quel pezzo di vita che ti apparterrà, per tutta l’eternità.
Il giorno del tuo funerale pioveva torrenzialmente, e i miei capelli bagnati lo testimoniavano palesemente.
Corsi verso la tua bara, e cacciai un urlo disperato.
Iniziai a piangere come un pazzo, senza controllo, senza remore iniziai a battere i piedi sul tappeto rosso della navata centrale.
La gente mi guardava attonita, come pietrificata, bianca in volto, e forse, disperata quanto me.
Perché tu eri una creatura così sovrannaturale, possente e meravigliosa che chiunque, era in grado di amarti anche solo guardandoti.
E tu, amore mio, desti solo al me il privilegio di amarti come fossi tu, l’unico elemento in grado di tenermi in vita ogni giorno. Perché io lo sapevo che infondo, non ci saremmo mai lasciati.
Mai e poi mai.
Perché tu non lo avresti permesso, avresti fatto di tutto anche se sembrava impossibile.
Prechè tu non eri come gli altri, tu non ti saresti arresa neanche per un attimo.
E mentre piangevo, straziavo il mio cuore, mi rendevo conto che ti sarei appartenuto per sempre.
E tu, saresti stata sempre dentro di me, dentro ogni mia cellula, fin dentro al cuore.
I tuoi occhi spenti mi richiamarono alla realtà, illudendomi che tutto, fosse solo un sogno.
Io che credevo sarebbe stato così sempre.
Dopo quel giorno, decisi di lasciarmi alle spalle ogni cosa, affinchè il tuo ricordo fosse sempre vivo in me, non mi abbandonasse mai.
Nemmeno per un singolo secondo.
Lasciai il lavoro, la mia casa, e mi trasferii lì dove, insorgeva quel masso maledetto.
Restai solo per diverso tempo, tempo che passai a struggere la mia vita come fossi un sasso.
Privo di vita, privo di senso.
Assaporavo ogni giorno un lato diverso del dolore, scoprendomi incredibilmente bravo a distruggermi.
Tu eri ovunque, ti sentivo nel rumore delle onde, ti vedevo volare tra i gabbiani, tra i riflessi cristallini dell’acqua, sul fondo della spiaggia, che ridevi.
Felice.

 

 

ed una notte piangesti
guardando nel cielo
mi disegnasti illusioni e possibilità
e la Cometa di Halley ferì il velo nero
che immaginiamo nasconda la felicità


Quel giorno, quando ti salutai per l'ultima volta, mi chiesi perchè il cielo avesse scelto di chiamare proprio te.
Magari io, magari nessuno di noi.
Ma poi, ti guardai Abigail, ti guardai sorridere lì dove ti avevo lasciata a disegnare illusioni e possibilità.
Quando ridevi, piangevi, con me.
Avrei voluto salutarti per bene, farti sapere quanto innaturale e smisurato fosse il mio amore, ma non ci sono riuscito.
Ma so che tu, mi hai già perdonato, ed ora mi stai guardando, mentre io fisso il cielo.
Aspetto una cometa, Abbie.
La nostra cometa.
Per sempre nostra.
Per sempre tua.

<< Me lo prometti Nicholas? >>


 

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La storia è stata anche iscritta ad un concorso letterario di scrittura cretiva.
Con questo scritto non intendo descrivere aspetti del carattere di Nick Jonas, ma il nuovo personaggio è una mia creatura, in quanto tale mi appartiene.
Grazie a tutti <3.

   
 
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