Vi avevo preannunciato l'imminente arrivo di
questa short, ed infatti, eccola qua.
Parto col dirvi che non è una storia
"molto facile", nel senso che è un pò un mezzo per esprimere una condizione
personale molto particolare.
Certo, la mia storia di fondo non è
assolutamente questa, non ci si avvicina neppure, ma nonostante ciò questa
storia è una esagerazione.
L'ispirazione mi è stata data dalla nuova canzone
di Irene Grandi, che da il titolo alla storia, Lezioni Americane, di Italo
Calvino ed infine (ma non per importanza) Francesca e Paolo (da
Rimini).
Vorrei precisare che gli ultimi due, mi sono serviti per il concetto
di "leggerezza" che verrà ripreso nella storia.
La storia, è narrata da un
solo punto di vista, ed è in prima persona.
Spero davvero che possiate
apprezzarla, perchè tengo da morire a questo scritto, davvero con tutta me
stessa.
Fatemi sapere (anche se negativa) la vostra opinione.
Un
bacione,
Lety.
Dedico questa storia a te,
Abigail.
Perchè vorrei che non ti dimenticassi mai che la distanza è solo una
condizione.
Perchè tu non ti scordi mai di questi momenti insieme.
Dedico
questa storia anche a Giulia e a voi ragazze di EFP.
E a Matteo.
La Cometa Di Halley.
Tu vuoi vivere così
per inerzia e per comodità
per
qualcosa che non riesco più a capire
e poi ami con tranquillità
come un
Dio lontano
che non ha nè problemi
nè miracoli da fare
non capisci
che ci ucciderà
questo nostro esistere a metà
che la casa ha i rubinetti
da cambiare
[…]
Quel giorno mi dicesti che non ti interessava degli altri, che
avresti sempre vissuto fregandotene delle opinioni altrui, badando solo alla tua
felicità, al tuo futuro.
Mi dicesti che avresti fatto di tutto per inseguire
i tuoi sogni, le tue aspirazioni.
Avresti di certo ottenuto tutto ciò che
desideravi, perché tu eri l’unica persona sulla faccia di questa terra capace di
far valere i propri ideali anche a costo di farsi del male.
Avresti sempre
perseguito i tuoi sogni, facendo in modo di non perdere nulla, di non lasciare
niente lungo il tuo cammino.
Tu che eri capace di illuminarmi la giornata con
un sorriso, con una sola parola.
Basta che uscisse dalla tua
bocca.
Ho provato ad essere come te ogni volta che pensavo ai tuoi
occhi.
Ho creduto di poter essere come te.
Ci ho sperato, ogni giorno
della mia vita.
Perché tu eri l’unica cosa che era in grado di rendermi vivo,
di farmi andare avanti.
Mi davi un motivo, ogni giorno.
Quando ti
incontrai non avrei creduto che tu potessi divenire così fondamentale per il
corso della mia vita, specialmente perché tu sembravi così presa dalla tua corsa
che credevo che mai, ti saresti fermata anche solo un attimo con me.
Eppure
ogni volta che ti guardavo sapevo che tu eri diversa, speciale.
L’ho saputo
fin dal primo momento in cui le nostri pelli si sono sfiorando, provocando in me
una sensazione che a quel tempo non fui in grado di riconoscere.
Sei stata in
grado di cambiare la mia vita solo con un sorriso.
Ed io mi smarrii nei tuoi
grandi occhi castani che sembravano avere un mondo dentro.
Un mondo in cui tu
mi avresti di entrare molto presto.
Ancora adesso non mi spiego come tutto
ciò sia potuto accadere.
E’ stato solo un attimo, un attimo di passione,
poesia.
Pura follia.
Bastò quello per farmi innamorare perdutamente.
Ma
tu, tu non sembravi farti problemi ad esserti innamorata di uno come me.
Ero
sicuro che tu, saresti stata sempre con me.
Me lo promettesti.
Giurasti,
guardando il cielo, che non ci saremmo mai divisi, perché tu ed io eravamo una
sola cosa. Una forza inscindibile, inseparabile.
Mi dicesti di amarmi, quella
notte che io vivo ancora tra le mani.
Quella notte in cui, infransi la
promessa.
[…]
e mostrandomi il cielo
mi disegnavi illusioni e possibilità
e
che immaginiamo nasconda la felicità
I
tuoi capelli venivano mossi dal vento quella sera, e tu, ti muovevi soavemente a
ritmo delle onde del mare. Io ti osservavo colpito, catturato dai tuoi
movimenti, che ebbero come un effetto ipnotico su me, che ero semplicemente un
povero innamorato.
Sfioravi con leggerezza i granelli fini di sabbia,
lasciandoli passare tra i piedi, poi tra le mani, con
leggerezza.
Effimera.
Eravamo entrambi peccatori di un errore carnale, che
pesava sulle nostre teste, incombente di vendetta.
Ma noi eravamo leggeri,
non pesavamo più.
E più
eravamo leggeri, più danzavamo in quel valzer infernale, trascinati da una pena
e dalla voglia inesauribile di amarsi.
Più ci sentivamo pesanti, più noi
volavamo verso il cielo, che, ricoperto di stelle, sembrava voler far da cornice
a quel nostro amore.
I nostri occhi brillavano intensamente, come se
quell’argento in cielo, fosse il motore delle nostre azioni.
Ci sentimmo
vicini ad un mondo metafisico, dove la natura ci apparteneva in maniera
perfetta.
Era una danza cosmica, strettamente legata alle nostre sensazioni,
alle nostre vite.
Ma nonostante ciò, il peso di quella colpa, seppur così
leggera, mi tormentava.
Ma a te non interessava.
Volevi solo
vivere.
Vivermi.
Ed io ho fatto come mi dicesti.
Perché ti amavo
troppo.
Così mi hai detto di guardare nel cielo blu ed osservare quella scia
argentea provocata da una stella cadente. Ipotizzasti anche una cometa, ma io
risi, e tu cominciasti a correre, avendo la pretesa che io ti inseguissi.
Ci
trovammo inaspettatamente intrecciati con quel cielo.
Con quella fantomatica
cometa.
Ed io feci come te, e ci ritrovammo a rotolare sulla sabbia, in balia
dell’irrazionalità, quella irrazionalità
per la quale tanto, mi sentii colpevole.
Ferimmo quel velo di grazia che
ci proteggeva ormai, da troppo tempo.
Ma alla fine, tu mi chiedesti scusa per
quello che ci era successo, ma io ti zittii con un bacio e lì tu, scoppiasti a
piangere, mentre, con gli occhi rivolti al cielo, cercavi la
felicità.
Insieme a me.
E intanto tu sognavi di poter essere libera,libera
dalle convenzioni, schemi, apparenze, giudizi.
Dolori.
Quei dolori che
tanto tu mi nascondesti, quei dolori per i quali io so che tu soffristi
tanto da lacerarti il cuore,
distruggerlo completamente.
E quella sera allora, alzasti un braccio verso il
cielo, disegnando cerchi concentrici intorno le stelle.
Pure e vive illusioni
quelle che mi disegnasti.
Possibilità.
E mi carezzasti la guancia,
consolidando quell’incanto che con tanta leggerezza creammo attraverso i troppi
respiri, battiti irregolari.
Quella notte, per la prima volta ti vidi
piangere.
Eppure continuavi a disegnare illusioni e possibilità, immaginando
che quella cometa, nascondesse la felicità.
E fu in quella notte, che anche
quel cielo, per il quale hai sperato tanto, volle richiamarti a sé.
Perché
una creatura così splendida come te, non meritava la terra.
lasciami da solo
fallo solo per un po’
lascia stare
non pensarci più
lasciami la
radio accesa
lasciami cantare
e qualche cosa da mangiare
servirà
Hai teso
la mano verso una stella, sporgendoti troppo da quel masso ripido ed alto.
Io
ti tenevo dai fianchi, forte, stretta a me.
Ma tu ti allontanasti troppo e il
mare, che tempestava, ti inghiottì senza ritegno con la più brutale crudeltà e
come un vortice, ti catturò per sempre.
In quel
momento gridai con tutta la forza che avevo in petto, lasciando a te, la mia
anima.
Quel pezzo di vita che ti apparterrà, per tutta l’eternità.
Il
giorno del tuo funerale pioveva torrenzialmente, e i miei capelli bagnati lo
testimoniavano palesemente.
Corsi verso la tua bara, e cacciai un urlo
disperato.
Iniziai a piangere come un pazzo, senza controllo, senza remore
iniziai a battere i piedi sul tappeto rosso della navata centrale.
La gente
mi guardava attonita, come pietrificata, bianca in volto, e forse, disperata
quanto me.
Perché tu eri una creatura così sovrannaturale, possente e
meravigliosa che chiunque, era in grado di amarti anche solo guardandoti.
E
tu, amore mio, desti solo al me il privilegio di amarti come fossi tu, l’unico
elemento in grado di tenermi in vita ogni giorno. Perché io lo sapevo che
infondo, non ci saremmo mai lasciati.
Mai e poi mai.
Perché tu non lo
avresti permesso, avresti fatto di tutto anche se sembrava
impossibile.
Prechè tu non eri come gli altri, tu non ti saresti arresa
neanche per un attimo.
E mentre piangevo, straziavo il mio cuore, mi rendevo
conto che ti sarei appartenuto per sempre.
E tu, saresti stata sempre dentro
di me, dentro ogni mia cellula, fin dentro al cuore.
I tuoi occhi spenti mi
richiamarono alla realtà, illudendomi che tutto, fosse solo un sogno.
Io che
credevo sarebbe stato così sempre.
Dopo quel giorno, decisi di lasciarmi alle
spalle ogni cosa, affinchè il tuo ricordo fosse sempre vivo in me, non mi
abbandonasse mai.
Nemmeno per un singolo secondo.
Lasciai il lavoro, la
mia casa, e mi trasferii lì dove, insorgeva quel masso maledetto.
Restai solo
per diverso tempo, tempo che passai a struggere la mia vita come fossi un
sasso.
Privo di vita, privo di senso.
Assaporavo ogni giorno un lato
diverso del dolore, scoprendomi incredibilmente bravo a distruggermi.
Tu eri
ovunque, ti sentivo nel rumore delle onde, ti vedevo volare tra i gabbiani, tra
i riflessi cristallini dell’acqua, sul fondo della spiaggia, che
ridevi.
Felice.
ed una notte piangesti
guardando nel cielo
mi
disegnasti illusioni e possibilità
e
che
immaginiamo nasconda la felicità
Quel giorno, quando ti salutai per l'ultima volta, mi chiesi
perchè il cielo avesse scelto di chiamare proprio te.
Magari io, magari
nessuno di noi.
Ma poi, ti guardai Abigail, ti guardai sorridere lì dove ti
avevo lasciata a disegnare illusioni e possibilità.
Quando ridevi, piangevi,
con me.
Avrei voluto salutarti per bene, farti sapere quanto innaturale e
smisurato fosse il mio amore, ma non ci sono riuscito.
Ma so che tu, mi hai
già perdonato, ed ora mi stai guardando, mentre io fisso il cielo.
Aspetto
una cometa, Abbie.
La nostra cometa.
Per sempre nostra.
Per
sempre tua.
<< Me lo prometti
Nicholas? >>
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La storia è stata anche iscritta ad un
concorso letterario di scrittura cretiva.
Con questo scritto non intendo
descrivere aspetti del carattere di Nick Jonas, ma il nuovo personaggio è una
mia creatura, in quanto tale mi appartiene.
Grazie a tutti
<3.