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Autore: dav_id89    25/02/2010    2 recensioni
I sogni vanno sempre verso il cielo perché sono troppo leggeri per restare ancorati a terra.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il principe

I sogni vanno sempre verso il cielo perché sono troppo leggeri per restare ancorati a terra.
Tutte le notti un principe sognava, sul balcone del palazzo spingeva gli occhi oltre la sua immaginazione, voleva cercare il senso di ciò che aveva intorno a sé.

Erano anni che le sue notti si susseguivano, una dopo l'altra, accompagnate solo dal meraviglioso canto di un allodola che un allodola non era. La quale, chiusa in gabbia allietava le improduttive ore del giovane sognatore, sempre più triste poiché le sue ricerche fino allora erano state vane.

Finché...
Quella notte i sogni del principe si levavano verso un cielo stellato, dove la pallida luna a forma di falce si poggiava leggera sul fianco della collina. Il gracidare delle rane echeggiava nell'atmosfera fresca della notte, spezzando di tanto in tanto il profondo silenzio che avvolgeva come un velo l'aria circostante. Sul balcone del palazzo il principe, vestito di finissimi abiti di lino, scrutava l'orizzonte. Anche se, in verità, la sua mente era persa in quei tanto leggiadri sogni che, come l'acqua che evapora da uno stagno, si libravano verso il cielo.
Ascoltava come ogni sera il bel canto che l'aveva accompagnato per tutte quelle notti insonni, si voltò verso la gabbia, si sentì improvvisamente triste. Perché costringeva quella bellissima creatura dotata di ali ad una vita reclusa in quella gabbia d'oro?Oh quanto invidiava quelle ali, quanto avrebbe voluto averle anche lui per volare verso il cielo, fino a toccare le stelle, fino a cavalcare la meravigliosa luna. Provò una tristezza infinita perché anche lui era chiuso in una prigione aurea, perché la sua mente così brillante non si riusciva a librarsi verso la notte, perché era inesorabilmente costretto a vivere la sua vita ancorato a terra.
Rientrò nella sua stanza, aprì la gabbietta e porse la sua mano all'allodola che allodola non era. Essa ghermì le dita gentilmente concesse a lei, con le piccole zampette e, condotta sul balcone spiccò un volo leggiadro verso la luna.
l principe sospirò, aveva lasciato andare l'unica creatura che capiva le sue pene...
la vide allontanarsi, battito d'ali dopo battito d'ali finché non accadde qualcosa che non avrebbe potuto immaginare neanche nei suoi più reconditi sogni: la livrea dell'allodola che allodola non era si trasformò in una torcia di fuoco e scomparve.
Scosso da ciò che aveva visto, privato della sua unica compagnia e ancora incredulo di fronte a quell'evento si sdraiò nel morbido letto rivestito da ventitré cuscini di seta e s'addormentò.
Sognò lande desolate, immense praterie, fiumi infiniti e piccoli stagni; vette innevate, spiagge dove la finissima sabbia bianca si perde dentro il mare,brezze leggere e venti di tempesta; nebbie fitte nelle quali gli occhi sono solo inutili fardelli e prati in fiore sui quali farfalle colorate battono le loro ali...
Tutto ciò lo avvolse, tutto questo lo allietò, finché una voce portata dalla notte lo destò dal suo vagare.
Un canto armonioso, note divine che potevano essere pronunciate solo da una musa lo condussero al balcone; si affacciò volgendo gli occhi non al cielo questa volta, guardò giù, verso la fontana circolare che formava il fulcro da cui si sviluppavano i fantastici giardini del palazzo.
In mezzo all'acqua,in piedi, irradiata dalla luce degli astri, vi era una fanciulla la cui bellezza andava oltre ogni immaginazione. Ella cantava accompagnandosi con una lira.
Lui la fissò, estasiato, la sua mente era come intorpidita ed i suoi occhi faticavano a credere a ciò che stavano vedendo.
La fanciulla alzò gli occhi verso di lui, poggiò la lira sull'orlo dell'acqua, questa rimase inspiegabilmente dritta, sospesa sopra di essa e continuando ad emettere quell'onirico suono.
Il principe credette di avere davanti agli occhi Venere in persona, poiché ella si librò dal pelo dell'acqua e levitò avvicinandosi all'orlo del balcone a quasi dieci metri da terra.
Si avvicinò al principe ed indicò un punto verso l'orizzonte.
Il principe guardò e vide che ella stava indicando la luna; col dorso verso l'umida terra sembrava volesse alludere ad una barca, il principe colpito da quel pensiero immaginò di salirvi, per veleggiare spinto soltanto dal flebile vento che si alzava a tratti, sussurrando, quella sera. Si spinse così verso le piccole fiaccole celesti scrutando nelle loro più intime profondità e capì, finalmente dopo tante notti trascorse su quel balcone, dove finivano i suoi sogni. Capì che erano quelli ad alimentare la bianca luce di speranza che irradiavano le stelle. Esse non avrebbero brillato se non vi fossero stati uomini al mondo, come lui, che ogni notte innalzavano i loro sogni verso il cielo, non ci sarebbero state stelle da guardare, quelle piccole fiaccole confortevoli irradiavano la medesima speranza che i sogni stessi racchiudevano.
Destatosi da quella visione si accorse di essere di nuovo solo, in realtà non era nemmeno certo che ci fosse mai stato qualcun'altro, voltandosi i suoi piedi urtarono qualcosa. Lì, sul suo balcone, giaceva abbandonata una lira d'oro, stupito la raccolse, sicuro che sarebbe scomparsa al contatto con la sua mano, che fosse una semplice visione. Tuttavia quando la tocco ella non scomparve, era li, stretta fra le sue dita. Guardò dentro la stanza, la gabbia d'oro ancora vuota e quella lira...
a passi lenti tornò sull'orlo del balcone e pizzicò adagio le corde del divino strumento, emanava un suono talmente bello che immediatamente ricordò la fanciulla, alzò gli occhi al cielo e sorrise...
Da quella sera il principe si reca ogni notte sul balcone per donare come sempre i suoi sogni al cielo, non vi è più traccia di quel turbamento che lo angustiava, non c'è più nessuna ricerca ad impegnarlo; solo la compagnia della lira e la consapevolezza che sognando dona luce a quelle stelle che, guardandole, gli trasmettono serenità...
   
 
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