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Autore: Annina88    25/02/2010    2 recensioni
“Che c’è?” chiedo nervoso. “Niente è che…i tuoi occhi…hanno un colore particolare, non l’ho mai visto” Dovevo aspettarmi una domanda del genere. Nel mio corpo ci sono troppe stranezze ed è perfettamente normale che Bella, dopo tutte quelle mie domande personali, faccia qualche osservazione sul mio aspetto. Nonostante mi fossi preparato a questa eventualità, ora non so davvero cosa rispondere. Decido di essere vago, di sviare il discorso in modo astuto. “Ti sembrano strani? Brutti…?” Che domanda stupida, Edward! Sono gli occhi di un vampiro, di un mostro. E lei lo ha capito subito. Ha visto che non sono occhi normali, occhi umani. “No, anzi. Sono belli…” E di nuovo, Bella mi sorprende e mi lascia senza parole. Come può pensare che i miei occhi siano belli? Come può essere così tranquilla in mia presenza? In presenza di un assassino, una creatura infernale che potrebbe ucciderla solamente toccandola. Cosa succederebbe se il vampiro Edward incontrasse l'umana Bella all'università? E cosa succederebbe se quella ragazza lo incuriosisse e lo attraesse in modo ossessivo e...pericoloso? Bella non sa nulla di questo splendido e misterioso ragazzo, per il quale dovrebbe nutrire una paura che tuttavia non la sfiora. Cosa si cela dietro a quei suoi occhi ambrati e quel suo alone enigmatico? Tutte le sue domande troveranno una risposta...ma in un modo che non avrebbe mai potuto immaginare: il peggiore.
Genere: Romantico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

Mi muovo piano, come solo io sono in grado di fare. I miei passi sono così leggeri che nemmeno le foglie ed i rami secchi riescono a rompersi sotto i miei piedi. Il terreno è umido e morbido, ma le mie scarpe non affondano. Alzo lievemente il capo. Una leggerissima pioggia bagna il mio volto. Chiudo gli occhi e dilato le narici. Fiuto l’aria, come il migliore – ed il più affamato – dei segugi. Un odore famigliare ed intenso colpisce le mie ghiandole odorifere. Odore di sangue. Un cervo. Bene. Un animale abbastanza grande da placare la mia sete per qualche giorno. Uno scoiattolo o un uccello non sarebbero andati bene nemmeno come aperitivo. Un umano…meglio non pensarci. Seguo la traccia attraverso la foresta. Lentamente, senza fare alcun rumore. Ed eccolo lì. Una giovane femmina si sta dissetando con l’acqua di un piccolo specchio. Mi acquatto come un leone a caccia, e la osservo. Aspetto il momento giusto per scattare. Chiudo gli occhi, e respiro ancora un po’ il suo odore. Vorrei poter dire delizioso ed attraente come quello degli umani. Ma non lo è. Purtroppo. Subito distolgo la mia mente da quel vile pensiero e torno a concentrarmi sulla mia preda. Beve. Ignara del suo inevitabile destino. Ignara del fatto che grazie a lei un’altra vita umana è salva. Le mie ginocchia sono piegate. Le mani poggiano sul terreno scuro e bagnato. La cerbiatta continua a bere. E improvvisamente, decido che è il momento giusto. Più veloce di un felino, balzo in avanti con uno scatto felino. Il fruscio delle foglie calpestate allertano l’animale, che inizia subito la sua fuga disperata. Ed inutile. Poco male, più divertimento per me. Le sono dietro, ma decido di anticiparla e coglierla di fronte. In pochi secondi, riesco ad affiancarla e a superarla. Lungo il suo percorso, vedo un tronco accasciato al suolo che la costringerà a saltare. Quei millesimi di secondo in cui rallenterà mi permetteranno di prenderla. Eccola. Vede il tronco e spicca un salto. Subito le sono addosso e, con tutta la mia forza, di gran lunga superiore a quella di un uomo, l’afferro con le braccia e la sbatto al suolo. Ora è mia. La fatica e la paura fanno sì che il cuore batta in maniera incredibilmente forte, e che pulsi ancora più sangue nelle vene. L’odore è più forte e gradevole che mai. Per quanto l’odore di un cervo possa esserlo rispetto a quello di un uomo. O meglio ancora, di una donna. E’ come paragonare l’odore dei broccoli lessi a quello della cioccolata calda. Il veleno sale lungo la mia gola, giungendo alla mia bocca e riempiendo i miei canini. Stringo la mia preda che si dimena con tutte le sue forze. Guardo i suoi occhi neri. Spaventati. Quasi provo pena per lei. Quasi. Mi getto su di lei, mordendole la giugulare. Proprio lì, dove il sangue affluisce e scorre come un fiume. I miei denti bucano la carne e attraverso quei due piccoli e vitali – e mortali – pertugi inizio a succhiare. Mentre bevo, tutto il resto del mondo scompare. La mia mente è completamente vuota. L’unica cosa a cui riesco a pensare, a sentire, a odorare è il sangue. La mia unica fonte di sostentamento e nutrimento. Cerco, in tutti i modi possibili, di pensare che questo sia sangue umano. Immagino che gli umani a dieta facciano la stessa cosa: pensano che i broccoli bolliti, la soya ed il tofu che sono costretti a mangiare per perdere chili siano cioccolata calda, cheeseburger e patatine. La differenza tra noi e loro è che se noi cediamo alla tentazione della cioccolata e dei cheeseburger, non ingrassiamo. Molto peggio. Uccidiamo. Ho ucciso anche questa povera creatura, agonizzante sotto le mie mani e sotto i miei denti. Ma se non l’avessi uccisa io, lo avrebbe fatto un uomo, o un orso. E’ la legge della natura: tutti i cervi nascono prede e muoiono prede. Sono ad un livello piuttosto basso della catena alimentare. L’uomo invece è l’unico essere vivente in grado di uccidere tutti gli altri animali. Tranne uno. Si dice che l’uomo sia in testa alla catena alimentare. Il fatto che dopo millenni di stragi e “misteriose” uccisioni e scomparse l’uomo ne sia ancora convinto desta davvero meraviglia. Lì in cima ci siamo noi. Pendiamo sulle loro teste come una ghigliottina. La vita ormai ha abbandonato la povera cerbiatta. Preso dalla mia sete, dalla mia fame, dalla frenesia che ci imprigiona ogni volta che assaggiamo il sangue. Quella frenesia che ci rende i mostri che siamo. L’ho interamente prosciugata di ogni sua linfa. Ho recuperato le forze e, soprattutto, ho placato la mia sete. Abbandono la carcassa accanto a quel contro, destinata ad essere il pasto di qualche altro animale. Gli altri della nostra specie, quelli che non si accontentano di nutrirsi degli animali, considerano me e la mia famiglia degli eroi, perché abbiamo imparato a resistere alla tentazione del sangue umano. Be, anche oggi l’ho fatto. Ho salvato una vita umana…sono un eroe…Edward, smettila! Sei ridicolo…Sai benissimo che non hai salvato la vita a nessuno. Hai solo risparmiato la vita a qualcuno. E, soprattutto, sai benissimo che non è sempre stato così…Eroe, puah! Tu sei l’esatto opposto dell’eroe. Sei il cattivo. Sei il mostro. Sei…un vampiro.

“Ehy! Eccoti qua!”

La voce di Emmet interrompe quel mio monologo. Ero talmente concentrato nelle mie riflessioni che non avevo sentito i suoi pensieri. Leggere nella mente degli altri è l’ennesima qualifica che appare nel mio curriculum di “predatore più pericoloso del mondo”.

“Allora, com’è andata la caccia?”

Emmet è sempre di buon umore. Ha accettato il fatto di essere un vampiro, ma so che comunque è un peso anche per lui e probabilmente cerca di convivere con quella realtà prendendola con filosofia.

“Guarda tu stesso”

Gli indico la carcassa adagiata al suolo. La guarda e sorride, illuminando, per quanto sia possibile, quel suo faccione simpatico quanto pallido. I suoi occhi non sono più neri come quando ci siamo separati prima della caccia. Hanno già riacquistato il colore ambrato, come sicuramente avranno fatto i miei. La sua maglietta è sporca di sangue. Inevitabilmente, inizio a penetrare nella sua mente. Una cerbiatta…mmm…il cervo che ho gustato prima era grande almeno il doppio! Emmet e le sue manie di competizione…Parlando di forza bruta, lui è il migliore nella nostra famiglia. E non c’è da stupirsi, data la sua stazza. Dopo anni ed anni trascorsi insieme, non smette mai di decantare la sua forza e di cercare sfide. Eppure sa che con tutta la forza del mondo, non può cavarsela con uno che, leggendogli nel pensiero, è in grado di anticipare le sue mosse. Secondo lui baro…Ma d’altra parte ognuno usa i suoi punti di forza. Un’altra “voce” entra nella mia mente. Dove saranno gli altri…ah ecco, sento l’odore. Rosalie compare alle spalle di Emmet dopo pochi secondi. E’ sempre velocissima. E sempre bella in un modo spaventosamente perfetto. I suoi capelli biondi, sciolti sulle spalle, sono impeccabili, nonostante la caccia. Ricordo il momento in cui era entrata nella nostra famiglia, quando Esme e Carlisle desideravano che diventasse la mia compagna. Immagino che, non riuscendo nel loro intento, abbiano fatto la felicità di Emmet.

“Eccovi…ciao scimmione!”

Rosalie si avvicina al suo compagno e gli dà un bacio sulla guancia che somiglia di più ad un morso, ed in risposta Emmet avvicina la sua lingua al residuo di sangue che sporca il collo di mia sorella. Come ogni volta che assisto ad uno scambio di effusioni, distolgo lo sguardo. Credo che la mia mente sia già sufficientemente invadente. E non nego che siano situazioni per me imbarazzanti. E ammetto anche tristi. Confesso che provo un po’ di invidia…Oh, Dio! Ogni volta la stessa storia…Mi sforzo per chiudere le porte della mia testa per evitare che i pensieri a dir poco impuri di Emmet e Rosalie entrino. La caccia li eccita in modo particolare…e per lasciare loro un po’ di privacy, che spesso manca quando vivi in una casa affollata come la nostra. Con un fratello che legge nel pensiero poi…

Corro attraverso il gli alberi e in due o tre minuti sono già a casa. In salotto, mia sorella Alice ed il suo compagno Jasper si stanno dilettando in una partita a scacchi. Cavallo in C3,pensa Alice. E so che non è la sua prossima mossa. Ma la mossa che Jasper attuerà fra chissà quanto. Eh già…la mia piccola sorellina prevede il futuro. Rimango qualche secondo ad osservarli, divertito per l’ostinatezza di Jasper che sa benissimo che non ha nessuna speranza. Come si può battere una persona che prevede le tue mosse in un gioco che è tutto basato sulle capacità tattiche, la furbizia e l’astuzia? Infatti, due o tre mosse e…scacco matto per Alice, che con un balzo gioisce come se avesse vinto la maratona, agitando i suoi capelli neri, corti e sbarazzini. Inizia a fare piroette nel soggiorno, con quella sua grazia e quella sua leggerezza invidiabili. Jasper la osserva, con il sorriso e lo sguardo di un innamorato. Sei così pazza e così bella quando fai così… E subito mi pento per quell’intrusione nella sua mente romantica, perché un po’ sono felice per loro e un po’ mi fa male perché mi sento ancora più solo.

“Jasper, mi spieghi perché ti ostini a voler perdere?”

Mi sorride. Perché mi piace quando Alice fa così. E lo pensa, senza dirlo, perché sa che con me basta. Sorrido e decido di lasciarli soli e andare in camera mia. Mentre salgo le scale, incontro Esme, mia madre.

“Edward, tesoro, com’è andata?”

“Bene grazie”

“Ti senti a posto? Domani è il grande giorno…”

Già. L’ennesimo grande giorno. Un altro primo giorno di un altro primo anno di università. Questa volta è Dartmouth. Lettere moderne. Un altro foglio di carta da incorniciare ed appendere accanto agli altri: letteratura 1958, biologia 1971, medicina 1980 e ancora medicina 1994. Carlisle, mio padre, è un grande chirurgo e nel corso degli anni, anzi dei secoli ha sviluppato una notevole capacità di resistenza di fronte al sangue umano. Oramai gli è praticamente indifferente. Per me non è ancora così. Io e i miei fratelli abbiamo imparato a convivere con gli umani, e infatti frequentiamo regolarmente liceo e università. Ma manteniamo sempre un certo distacco. Per questo ci considerano strani, più che per il colorito straordinariamente pallido delle nostre pelli e per la bellezza che ci caratterizza ai loro occhi. I ragazzi stanno alla larga da noi, come se sapessero che siamo pericolosi. In realtà ci trattano solo con indifferenza.

“Si mamma, sono a posto. Gli studenti universitari non corrono rischi nemmeno stavolta.”

Bene. Ho pulito la tua stanza ma tranquillo non ho spostato niente. E sorride, nel modo più dolce ed affettuoso possibile. La amo come se fosse la mia vera madre. E lei mi ama come se fossi davvero suo figlio. Quel figlio che non ha potuto avere naturalmente. So che il fatto di non aver mai concepito un bambino suo e di Carlisle è un fardello che tiene racchiuso nel suo cuore, nascosto e mai dimenticato. Io, Alice, Jasper, Emmet e Rosalie colmiamo quel vuoto e lei ringrazia Dio ogni giorno per la nostra presenza. Si, ringrazia Dio…nonostante siamo creature provenienti dall’inferno. E condannate a ritornarci.

Entro in camera mia e mi getto a corpo morto sul divano in pelle. Senza trovare, per l’ennesima volta, la morbidezza che si cela in un caldo ed accogliente letto, che nella mia stanza avrebbe la stessa utilità di un soprammobile. Io non dormo. Noi vampiri non dormiamo. Nonostante tutte quelle fantasie sui nostri ipotetici sonnellini nelle bare…Niente bare, niente liquefazione al sole, niente intolleranza all’aglio e alle croci. Però non dormiamo…Mi chiedo cosa diavolo ci sia rimasto di umano in noi…Però forse è meglio così. Se mi addormentassi in questo momento so che sognerei. E soprattutto so che cosa sognerei. E l’ultima cosa che voglio è un sogno in cui io sono un ragazzo normale, che può vivere come una persona normale, stare tra la gente, avere amici, magari innamorarsi...L’ultima cosa che voglio è l’illusione. Se mi svegliassi e, guardandomi allo specchio, vedessi ancora il topazio invece del verde naturale nei miei occhi, sarebbe troppo da sopportare. Altra sofferenza alla mia vuota ed ignobile esistenza.

Mi alzo, prendo uno dei miei cd di Debussy e lo inserisco nello stereo. La deliziosa melodia del pianoforte si espande ed invade tutta la camera. Ho voglia di leggere. Qualcosa che ho già letto e che mi è piaciuto. Qualcosa di rassicurante. Scelgo “Grandi speranze” di Dickens e mi ributto sul divano. Leggo e già penso a domani. Al grande giorno…un altro e vuoto grande giorno.

  
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