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Autore: Jo_    26/02/2010    15 recensioni
Andrea aveva un amore, riccioli neri. Storia di adolescenti stupidi, ribelli, ormonali e confusi. Non sono capace ad impostare gli avvertimenti, comunque, si parla di cose sporche. La canzone citata nel titolo sarà di mia proprietà nel giorno in cui verrò adottata da Dori Ghezzi.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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21 vittoria grande baldoria!

 

Ebbene, siamo giunti al termine.

Il puzzle, finalmente, si ricompone. So di avervi tenute in sospeso a lungo, ma finalmente sarà rivelato il tutto.

Beh, più o meno.

Durante la fase di scrittura (tra una cosa e l'altra, è più di un anno che mi sveno sopra questo racconto) ho pensato più volte di cancellarlo definitivamente. A fasi alterne, ho anche pensato di mandarlo ad una casa editrice al grido di "Se ce l'ha fatta Moccia, posso facerla anch'io".

Sinceramente, non lo so. La marea è bassa ultimamente, e mi sembra una fatica inutile lavorarci ancora.

Spero almeno di avervi fatte divertire.

Grazie a chi ha commentato con costanza, a chi è scomparso e riapparso, a chi ha preso spunto, a chi si è ritrovato in quel che scrivo, a chi mi ha fatto conoscere De Andrè, a chi ha aggiunto la storia tra i seguiti e i preferiti, a chi ha aggiunto ME tra gli scrittori preferiti (che dire, è quasi emozionante).

Grazie.

 

 

 

Andrea.

 

1.

Passeggio per il corridoio in attesa del mio turno.

Aspettare per gli orali è snervante.

Un buon 40% della prestazione te lo giochi per la pressione.

Mi siedo, mi sfilo il libro dalla tasca e mi metto a leggere.

I tascabili hanno la meravigliosa caratteristica di perdere completamente forma dopo pochi minuti.

Ci sono solo io, con un altro paio di tizi per i quali non nutro il benché minimo interesse.

Vi chiederete dove siano gli altri- Andrea e tutto.

Beh, Andrea è a casa, in panciolle. Ha finito ieri con un dignitosissimo 75.

E Alice? E Checca Brian? Ve lo ricordate, Checca Brian?

Ecco, in questo preciso momento è chiuso in bagno con due metri di lingua nella gola di Alice- quel ragazzo ha un’insana passione, per i bagni della scuola.

Si, avete capito bene.

Alice, non Andrea. Alice.

Insomma, alla fine era etero sul serio. Anche se credo avrei potuto benissimo fargli cambiare idea, in qualche modo.

A questo punto, sorge spontaneo: ma te e Alice non stavate insieme?

Certo, certo.

Ma, ricordate? Io sono monogamo come un pinguino.

Amo una sola persona, e la amo per sempre.

Dopo le vacanze sono andato in ginocchio da lei e le ho detto la pura e semplice verità- che è una delle persone più belle che abbia mai conosciuto ma che il mio corpo non riesce proprio ad amarla come vorrebbe e tutte queste storie qui- e le ho chiesto scusa. Non perché avessi davvero torto, sia chiaro. Ma a volte bisogna sottomettere il proprio stupido ego a quello che si ritiene più importante, in quel momento.

Lei ha iniziato a piangere- chi l’avrebbe mai detto.

Poi mi ha tirato un pugno nello stomaco- e me lo sono preso.

Poi me ne ha tirato un altro- e mi sono preso pure quello.

Al terzo pugno l’ho bloccata e l’ho abbracciata.

Insomma, in qualche modo l’ha accettato.

Restava però il fatto che l’avessi lasciata sola- e non potevo permettere che una come lei rimanesse sola, sarebbe come abbandonare un cucciolo nella foresta in preda ai leoni.

Così le ho cercato un altro cucciolo- e l’ho trovato, perfino.

Ecco, la scenetta in bagno era solo per creare un po’ d’atmosfera.

L’ho messo seduto sul coperchio chiuso e gli ho fatto un bel discorso- anche se, spaurito com’era, avrei potuto fargli di tutto.

Non pensate che non ci abbia pensato.

Avrei potuto.

Sempre per quella storia del pinguino.

Comunque, li ho fatti conoscere.

Una scena ai limiti della nausea, ad essere sinceri.

Ho ricomposto l’unità della depressione- dovrei aprire un’agenzia matrimoniale.

Sono disgustosamente perfetti, insieme.

Quindi ora, grazie al mio altruismo, me ne sto a leggere un tascabile spiegazzato in pieno vuoto gnoseologico pre esame.

Mi si avvicina la prof di inglese.

“Andrea, non vorrei disturbare la tua pace interiore, ma è il tuo turno”.

“Eccomi.”

Raccatto la mia roba ed entro.

 

2.

Alice e Brian entrano a metà del colloquio, quando ormai ho già esposto la tesina.

Si siedono rapidamente sulla parete di fondo.

Rispondo a tutti i quesiti, quasi con flemma.

Il presidente di commissione appare quasi sorpreso, per la mia preparazione.

“Le parlerò in tutta franchezza, Ranieri.”

Si, Ranieri sono io.

È un cognome stupido, no?

“I suoi professori mi hanno parlato molto di lei. Perfino il preside, mi ha parlato di lei. Tra queste pareti viene considerato quasi un alieno precipitato dritto dritto da Marte. Credo lei lo sappia, insomma. I suoi scritti sono… impressionanti. Davvero. Il suo spirito critico e la sua capacità di rielaborazione personale sono a dir poco… ammirevoli. La seconda prova è buona, asciutta, con una buona resa in italiano. Ora che ho avuto modo di vederla di persona, di guardare dentro ai suoi occhi mentre parla… beh, il voto verrà deciso insieme, ma sappia che, per quanto mi riguarda, lei è uno degli alunni più brillanti che abbia mai incontrato. Non mandare tutto a puttane- per usare un francesismo, s’intenda.”

“La ringrazio.”

“Non ce n’è bisogno. Non le ho promesso nulla.”

“Mi basta saperlo.”

Mi alzo ed esco dalla stanza.

Brian e Alice mi vengono dietro.

“Sei un grande!” pigola Brian con la sua vocina.

Quanto è effeminato, Cristo santo.

“Confermo, li hai stesi.”

Li ringrazio con un cenno della testa.

Usciamo di fuori.

Meravigliosa giornata estiva.

Una volta finiti gli esami, tutto è meraviglioso.

Anche gli uccellini che cinguettano e gli alberi in fiore.

Chissenefrega. Viva la banalità. Oggi sono felice.

Mi abbracciano, mi salutano per l’ultima volta e si incamminano per la loro strada.

Alice lo saluta da lontano con un cenno della mano; Brian non lo conosce- anche se è già stato vagliato ai raggi X e catalogato come “checca inoffensiva”.

Percorro il vialetto e gli vado incontro.

Tiro fuori dalla tasca il pacchetto e mi accendo una sigaretta.

Non ci avrete creduto sul serio, che avessi smesso.

Piuttosto mi raso a zero- ho solo rispetto delle donzelle incinte.

“Allora, com’è andata?”

“Il presidente di commissione mi si sarebbe sbattuto volentieri. Ma, mi conosci, sono un pinguino. Ciao tesoro.”

L’uomo poggiato sulla sagoma rossa si sporge verso di me e mi bacia.

M’era mancato il sapore delle sue labbra calde.

Mi passa una mano tra i capelli e si avventura con la lingua nella mia bocca.

Cristo, come m’era mancato.

Mi reclina la testa di lato e inizia a baciarmi il collo.

“Se non ti sbrighi a mettere quel tuo culo secco sulla sella giuro che ti scopo qui.”

Mi porge il casco e mette in moto.

I borsoni vuoti sul serbatoio distorcono la silhouette femminile di quest’affare infernale.

Se penso a tutto il tempo che ci dovrò trascorrere sopra già mi sento male.

 

3.

I vestiti li ho già preparati sul letto.

Non intendo portarmi via tutto adesso- è solo la roba più urgente.

Una specie di atto dimostrativo.

Grazie alla scenetta architettata con Alice- lei finge di stare con me e io le copro le assenze/fughe d’amore- mamma non sospetta nulla. Anche se mi ha preso per un indeciso cronico.

Beh, meglio così.

Adoro chi mi sottovaluta, ho la possibilità di sorprenderli.

Lo psicologo è quello che c’è cascato più di tutti. Che fesso.

Andrea 1, Psicanalisi 0.

Beh, in fondo ci siamo venuti incontro- anzi, gli ho quasi fatto un favore, a dargli tutti quei bei soldi.

Anche se, devo dire, era un tipo simpatico, in fondo- solo che tutto quel fumo lo rallentava un tantino nei processi cognitivi.

Ziggy Stardust è arrotolato in un tubo di cartone.

Quando si saranno calmate le acque farò il trasloco completo- ma nel frattempo non posso certo lasciarlo qui.

Chiamatemi pazzo, chiamatemi come volete.

Io qui non ho niente che mi appartenga, neanche parzialmente.

Ho ristabilito l’equilibrio intorno a me, ora devo farlo dentro di me.

Alessandro posiziona i borsoni sul letto e inizia a ficcarci dentro la roba, come capita.

Non è mai stato un amante dell’ordine, lui.

“Ti prego, sii clemente, almeno con le magliette.”

Svuoto lo zaino di scuola e lo riempio con il poster, qualche libro, una decina di dischi.

Prendo la foto di Andrea e la tolgo dalla cornice.

Speriamo non si rovini troppo.

“Quanto sei narciso.”

“Sei tu che mi fai sentire importante, non è colpa mia.”
”Si, come no. Pronto per l’addio ai monti, Lucia?”
”Si. No. Pranziamo, prima.”
Portiamo la roba in cucina e preparo l’acqua per la pasta.

L’occhio mi scivola fuori dalla finestra.

Alessia ha appeso un cartello con scritto “buon viaggio e grazie per il divertimento” gigantesco, con un pennarello rosso.

Mi viene da sorridere.

Chissà come cazzo fa a sapere sempre tutto.

Alessandro spalanca la finestra e legge il cartello.

“E’ stata una bella scopata, almeno?”
A quanto pare qua sono tutti Sherlock Holmes.

Tranne mia madre. E lo psicologo.

“Direi di si. Quasi non me lo ricordo più.”
”Beh, non sono tutti memorabili come me, sai.”
”Come sei modesto.”
”Affatto. Ho tutte le ragioni per non esserlo. Mentre tu…”
”Mentre io COSA?”

“Beh, non sei così memorabile, paragonato al tuo Ego.”

“EH?”
Scoppia a ridere, lo stronzo.

Cristo, che urto mi dà.

“Scherzo, scherzo, non ti innervosire tanto. Sei una scopata adorabile.”

“Grazie per avermi retrocesso al grado di scopata.”

Si volta verso di me e con un dito mi solleva il mento.

Mi guarda con gli occhi di traverso, dall’alto in basso.

Qualche istante di necessario silenzio.

“C’è una cosa che dobbiamo fare io e te, appena arrivati a casa.”
”Cosa?”

 

4.

Come cazzo mi è venuto in mente.

Esistono i treni, gli aerei, le automobili.

NO.

In MOTO.

Miliardi di chilometri in moto, avvinghiato ad un mezzo psicopatico che mi ha praticamente rapito e preso in ostaggio.

Che io sia consenziente è un’altra storia.

Non arriveremo prima di notte.

Mi spiace solo non aver potuto salutare per bene la futura mamma.

Si, alla fine ho mollato tutto e ho seguito lui.

Ho fatto bene, ho fatto male?

Cristo, non lo so.

Ho diciotto anni, non so neanche ritrovarmi il buco del culo, da solo.

A settembre mi iscrivo a lettere.

Non ho ancora deciso cosa farne, di me, di noi, ma per ora va così.

In fondo, non ho molto da perdere.

Non ho niente.

Oltre ad un motociclista pazzo come amante, s’intende.

E futuro coinquilino.

Sarà un nuovo inizio.

L’ennesimo.

Il mio problema è sempre stato questo: mi piace iniziare, ma dopo non so mai come finire.

Lasciavo infinite parentesi aperte.

Ma ora è diverso.

Ho ricomposto l’equilibrio.

Alla faccia dell’invidia degli dèi, la perfezione platonica è raggiunta.

Io, e lui.

Punto e a capo.

Nuovo definitivo inizio.

Sempre se non ci schiantiamo prima.

 

Epilogo.

 

“Centos…svegliati, che facciamo tardi.”
”Mghh…”

Alessandro continua a scuotermi per una spalla.

“Centos…non vorrai arrivare in ritardo… che figura ci facciamo…”
”…smettila di chiamarmi in quel modo…”

“Scusa, Pelle di Luna, ma non sono io quello che è uscito dalla matura con un cento tondo tondo, per di più grattandomi la pancia per tutto il tempo. Ora alzati però.”
”…non ho voglia…”
”Beh, vedi di fartela venire. I matrimoni senza testimone non si possono fare.”

“…cinque minuti…”

Non capisco tutta questa urgenza di sposarsi in agosto, Cristo.

“Neanche mezzo. Sono già le quattro, non arriveremo mai in tempo.”
Mi tiro su sui gomiti.

“Si può sapere perché ci tieni tanto a questa cosa?”

“Primo, sono curioso di vedere quella pazza con il pancione e il vestito bianco, due, devi ritirare il diploma per iscriverti all’università, e tre, dobbiamo finire il trasloco.”

Ah già.

Cazzo.

C’è almeno una possibilità su tremila che non incontri mia madre?

C’è rimasta un po’ male con questa storia della fuga.

“Dai, mi sono fatto prestare l’auto dal compagno di mia sorella apposta.”
”Bell’affare.”
”Beh, cos’hai contro quell’auto?”

“Auto? Dì pure camion. La Volvo Polar non è definibile come auto- al massimo come carro funebre.”

“La prossima volta scappi di casa da solo, va bene?”
”Quanto sei acido di prima mattina…”

“Allora, ti sbrighi a vestirti?”

“Si, si, mi vesto, mi vesto…”

Poso i piedi a terra.

Io li odio, i matrimoni.

 

 


Grazie ancora e buona notte.

  
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