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Autore: speranza19    27/02/2010    1 recensioni
James e Juliet vivono tranquilli a Dharmaville, hanno un lavoro e una vita assieme. James è malato, secondo voi farà impazzire la povera biondina per una semplice influenza? Come no!!! ^_^ Ma troverà il modo di farsi perdonare... Questa shot partecipa all'iniziativa 2010: A year together del Collection of Starlight.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Juliet, Sawyer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Suliet *Sawyer/Juliet*'
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A new life together

L’Isola, da quando vi ero sbarcata, era per me un posto incantato, dove le malattie sparivano.

 Sull’Isola si guariva, come per magia.

Avevo visto solo tre eccezioni a questa regola ferrea: le donne che aiutavo a rimanere incinte e che puntualmente morivano nel secondo trimestre di gravidanza, il tumore alla colonna vertebrale di Benjamin e l’appendicite di Jack.

Negli anni Settanta, dove ero bloccata, ci fu di nuovo una falla nel sistema Isola, ma con conseguenze molto meno gravi, per fortuna. Una epidemia di influenza si diffuse per tutta Dharmaville, colpendo indistintamente uomini, donne e bambini del nostro folto insediamento.

Un fatto davvero strano, fuori dagli schemi a cui mi ero tanto faticosamente abituata tempo prima. Non avevamo mai avuto nessuna malattia contagiosa alle porte.

Io non venni per niente coinvolta nell’ondata virale, ma James la prese in pieno.

Completamente.

Stavamo assieme da tempo e nessuno sapeva della nostra relazione, ma James era talmente malridotto che fui costretta a chiedere alcuni giorni dall’officina per trasferirmi a casa sua per potermi prendere cura di lui ventiquattro ore su ventiquattro.

E tutti capirono che non eravamo più semplici amici.

Da quando lo conoscevo, avevo sempre pensato che James fosse un uomo duro, tutto di un pezzo, che non aveva paura di niente e di nessuno.

Beh, pensavo tutto ciò perché non lo avevo ancora visto malato.

Era come se fosse regredito allo stadio infantile. Sembrava fosse un bimbo di cinque anni capriccioso.

Aveva trentotto di febbre, la temperatura scendeva o saliva di poco, ma sembrava che come minimo avesse avuto quarantadue per quanto si lagnava.

Non esisteva niente di peggio  al mondo di un uomo che non stava fisicamente bene, ne ebbi la conferma definitiva.

Lamentava in continuazione dolori lancinanti alle ossa, alle giunture, alla testa e stava a letto in preda a questo martirio piangendosi addosso, nonostante lo imbottissi di aspirine e antipiretici; il colanaso non gli dava tregua e quando i fazzoletti terminavano dovevo correre immediatamente a portargliene nuovi, altrimenti iniziava a urlare Julieeeeet fino a lacerarmi i timpani; voleva stare sempre sotto le coperte, nonostante gli avessi detto che il calore avrebbe solo aumentato la temperatura e che muoversi un pochino per la stanza non gli avrebbe fatto male e pretendeva brodino caldo e coccole a volontà a tutte le ore del giorno e della notte.

In aggiunta a tutto questo, mi aveva anche vomitato due volte, sporcando le lenzuola e quindi venni costretta a cambiare tutto mentre di fretta accendevo il camino nel soggiorno perché secondo lui uscendo dal letto cinque minuti poteva prender freddo e peggiorare.

Impiegai mezz’ora  buona a convincerlo a distaccarsi da quel groviglio di roba.

Semplicemente assurdo.

Qualsiasi sua esigenza, anche la più stupida, dovevo essere pronta a esaudirla immediatamente per via della sua tremenda invalidità. Ero diventata Juliet Burke, la sua schiavetta personale.

Lo amavo da morire, ma James era la conferma che gli appartenenti al genere maschile non erano tagliati per sopportare il dolore fisico.

 Io con la febbre alta avevo persino sostenuto esami importanti all’università e non avevo mai reagito così drammaticamente a una semplice influenza passeggera.

Uomini, valli a capire...

Finalmente, dopo tre giorni di inferno per me, la febbre iniziò a regredire. I brontolamenti divennero sempre di meno, gli tornò l’appetito e alla fine scese anche dal letto.

Mi godetti la pace meritata leggendo un libro di Steinbeck in camera sua mentre lui riposava sereno.

Quando dormiva, James era davvero un amore. Anche se nei giorni passati gli avrei torto il collo, occuparmi di lui era stato davvero meraviglioso. E lo avrei fatto altre mille volte, nonostante lui fosse stato così esagerato.

Ehi biondina, che leggi? – esclamò con la voce roca, voltandosi tra le trapunte verso la mia direzione.

Steinbeck. Furore - risposi ridendo mentre chiudevo il tomo.

Oddio, spero che tu non prenda alla lettera il titolo del romanzo- disse.

Perché dovrei? In fondo, mi hai solo fatta impazzire per una stupida febbre… - affermai, consapevole di colpirlo nel vivo.

Scusami. Ti chiedo davvero scusa. Quando sono malato sono davvero intollerabile, lo ammetto. Sappi che però nessuno si è mai preso cura di me in tutta la mia vita come hai fatto tu in questi giorni. Ti ringrazio tanto- proclamò serio, incatenandomi nei suoi occhi e porgendomi la sua mano.

Il cuore mi si sciolse come una noce di burro sul pane tostato caldo a quelle parole. Intrecciai le mie dita alle sue e mi accostai, appoggiandomi con lentezza al bordo del letto.

James mi strinse a sé e avvicinò la sua bocca al mio orecchio.

Julie… - iniziò.

Quando mi chiamava Julie, voleva dire che desiderava comunicarmi qualcosa di importante.

Incominciai a stringermi più forte a lui, mentre lo stomaco mi si serrava in una morsa strettissima.

Averti qua in questo breve periodo è stato bellissimo. Anche se ho rovinato tutto con la mia esasperazione, io ho riflettuto tanto. Sei così paziente, dolce, amorevole, ma sei anche l’unica al mondo a tenermi testa e a farmi ragionare. Ti amo per questo e per molto altro ancora. E voglio che tu mi stia vicina sempre, anche quando non sono malato- annunciò sicuro. Sentivo il cuore battergli all’impazzata.

Poi, prese un respiro profondo. Era teso, lo percepivo.

Julie, voglio che tu venga a vivere con me- mi sussurrò angelicamente.

Stare con lui ogni giorno nella stessa casa, preparargli la cena e vederlo mangiare di gusto, dormire abbracciati e salutarlo con un bacio mentre andava al lavoro, dividere con lui le piccole cose che rendevano speciale la nostra realtà… non ci riflettei manco per mezzo secondo sulla sua idea.

James, io voglio vivere con te-  replicai raggiante.

Il nodo che avevo allo stomaco si era sciolto in mille farfalle che svolazzavano felici dappertutto.

Sentii la gioia incandescente travolgerci, in modo totale e puro, e capii con tutta me stessa che la mia vita aveva acquisito il suo senso più profondo e autentico grazie a lui.

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Angolo dell'autrice

Non riesco a smettere di scrivere su James e Juliet, non ci riesco, non ce la faccio a trattenermi <3 

So perfettamente che questa storia è ridicola, ma James malato che "schiavizza" Juju secondo me fa troppo ridere come cosa [anche perchè gli uomini basta che hanno un semplice raffreddore e vedono San Pietro che sventola le chiavi del Paradiso pronto ad accoglierlo lol]

Questa shot partecipa all'iniziativa "2010: a year togheter", indetta dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 }  ed è basata sul prompt 207-L'influenza alle porte. 

Dedicata a Stefy, Là, Any e Giuly, amiche insostituibili e adorabili (vi amo, tanto quanto Jack ama Kate e viceversa!Lulz!) e alla Mapi, un tesoro di Donnah! *adesso ti rispondo!*

 

  
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