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Autore: endif    28/02/2010    34 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.31

EDWARD
Mi blocco e l’osservo, in silenzio.
Ha gli occhi chiusi, il viso proteso alla luce che filtra dalle finestre, l’espressione serena. Il respiro è lento.
Come lento e lieve è il battito del suo cuore.
«Sono sveglia. Continua, ti prego» mormora con gli occhi sempre chiusi distesa nel letto al mio fianco, muovendo giusto le labbra ma con un filo di voce.
Un sorriso accennato, tenta appena di alzare un angolo della mia bocca che praticamente resta nella stessa posizione di sempre.
Gli unici sorrisi che si dispiegano sul mio viso sono tutti per gli occhi di Bella, ma adesso i suoi occhi sono chiusi, e il mio animo non è abbastanza paziente   per ricercare alcun senso di felicità fuori, ma soprattutto dentro di me.
Chiudo il libro lentamente:«Cime tempestose lo conosci a memoria. Dovresti riposare, Bella» dico calmo.
Apre gli occhi e volta il capo per guardarmi in viso, roteandolo giusto un po’ sul mio petto, sul quale è posato quasi ventiquattro ore al giorno.  
«Continua. Mi piace ascoltare il suono della tua voce» dice dolcemente, battendo più volte le palpebre e non posso fare a meno di scendere con le mie labbra sui suoi occhi che faticano a restare aperti nel viso smagrito.
«Prova a dormire, ti farà bene» insisto ma senza durezza, alitandole sui capelli.
Scuote lievemente il capo e resta in silenzio.
Nonostante la stanchezza estrema, Bella dorme pochissimo.
E il suo fisico ne è molto provato.


Sono trascorse due settimane, ossia un altro mese di gravidanza per Bella secondo la teoria di Carlisle.
Teoria che, dal momento in cui Jasper ha percepito un primo bagliore delle emozioni del feto, è andata ampliandosi di nuove ipotesi.
Ovviamente il feto non è umano, ma già adesso mostra caratteristiche proprie della nostra specie. A parte la forza, di cui grazie a Dio non abbiamo più avuto testimonianze drammatiche ad esclusione di altri lividi, abbiamo capito che è capace di interferire con le percezioni di Alice.
E Jasper avverte ormai quotidianamente i suoi abbozzi di emozioni come delle scosse che gli percorrono il corpo. Li sente con facilità, come se stesse percependo uno di noi, e non un umano. Inutile tentare di controllarle, essendo ancora troppo immature e aspecifiche. Se non riconosce che tipo di emozione prova un soggetto, Jazz non può tentare di influenzarla.
Contemporaneamente alle sue percezioni,  compaiono le emicranie lancinanti di Alice.
Carlisle ha identificato questi fenomeni come una specie di sovrapposizione di campi magnetici: mentre con Jazz c’è una sommazione di effetti, con Alice c’è un interferenza percettiva.
Con me non accade nulla. Leggo nelle menti dei miei fratelli le sensazioni che avvertono , ma nulla di più.
Bella è felice. Stanca ma felice. O almeno sembra.
Osserva l’affaccendarsi della mia famiglia intorno a lei e a quello che viene ormai definito da tutti il bambino. Non più feto, e da parte mia non più cosa.
Ma bambino, no. Questo è al di là delle mie forze.
L’idea di un pargoletto paffuto, con gli occhi nocciola pieni di vita e di gioia non riesce ad essere eletta nella mia mente come l’immagine che non mi sono fatto dell’essere che cresce dentro di Bella.
Semplicemente io l’ignoro.
Mi sforzo di considerare mia moglie come se fosse affetta da una grave malattia e mi occupo di lei come se potesse guarirne, pur essendo perfettamente cosciente che se davvero fosse ammalata, sarebbe in uno stadio terminale di un terribile e infausto morbo, di quelli che non lasciano alcuno scampo per i fragili corpi degli esseri umani.
E la mia illusione si nutre ogni giorno un po’ di più.
Bella peggiora con una rapidità impressionante, ma la cosa più strana è che la sua gravidanza sembra essere entrata in una fase quiescente. Secondo le stime di Carlisle che stabilisce il progredire della gravidanza dalla misurazione della circonferenza del suo ventre, avrebbe dovuto prendere circa quattro centimetri, ma ne ha presi quasi due. Se Bella fosse in buone condizioni fisiche, questa sarebbe stata un’ottima notizia.
Invece, è solo un prolungamento della sua sofferenza.
Se il feto cresce con più lentezza, il periodo della gravidanza sarebbe  destinato ad allungarsi. Ma il cedimento delle condizioni di salute di Bella rischia di togliermi anche il poco tempo che Carlisle aveva preventivato essere a nostra disposizione.
Il “dubito” che supererai un altro mese è diventato un “sicuramente”.
Ogni istante che passa, lo trascorro con lei.
E sospetto che lei non voglia dormire per non ridurre ancora di più i giorni  che il destino ci ha beffardamente concesso.
Bella è felice. Eppure nei suoi occhi scorgo spesso un lampo d’angoscia mentre mi guarda, pur se tenta in ogni modo di mascherarmelo.
E’ spaventata. Ma non dalla sofferenza che sopporta ogni giorno o da quella che l’attende. Non quella fisica, almeno. La paura che le leggo in viso è più sottile.
Teme la parola fine.
Anche il dolore lo sopporta con stoicismo, senza lamentarsi mai.
Perché se soffri significa che sei vivo. Ancora.
E lei vuole vivere. Sebbene Carlisle la nutra endovena, ogni giorno ingurgita tutto ciò che il suo corpo riesce a trattenere e che Esme le prepara con amore e solerzia.
E’ convinta di farcela, di riuscire ad arrivare al termine della gravidanza e di resistere fino alla trasformazione.
Non vuole lasciarmi.
E, sebbene sappia che niente lo impedirà, non l’ho mai contraddetta.

Sospira profondamente e chiude gli occhi per un lungo istante.
«Da quando non vai a caccia?» mi chiede.
Con un dito le scosto una ciocca di capelli che l’è ricaduta sulla fronte, portandola indietro, verso il cuscino :«Non preoccuparti di questo, non sono così assetato».
Ovviamente non è la completa verità.
Solo due volte sono andato a caccia da quando abbiamo riportato Bella a casa dall’ospedale. Ma allontanarmi da lei è fuori discussione. Non fino a quando non si renda davvero indispensabile.
«Oh, allora dovresti riposare un po’… hai due occhiaie da far paura» e il suo corpo viene scosso da quella che dovrebbe essere una risata, ma che in realtà è una tosse convulsa.
Le faccio scivolare una mano dietro la schiena e la alzo un po’ verso l’alto, liberandola dalla compressione della posizione supina e ottenendo una migliore respirazione. Contemporaneamente, nel tono più spontaneo che riesco a costruire a suo beneficio, le dico:«Spiritosa … vorrà dire che lo farò quando lo farai anche tu».
Le avvicino un bicchiere d’acqua alle labbra. Mi lancia uno sguardo di gratitudine e lascia che qualche goccia del liquido passi nella sua bocca, per poi riposare la schiena sul letto, esausta.
Non stacca gli occhi dai miei, sembra volermi entrare dentro. Con una mano, mi sfiora la tempia e con la punta del dito disegna il tratto del mio viso che scende fino alla mascella:«Non l’avrei mai detto, ma vorrei che potessi leggermi la mente» sussurra.
Muovo appena il capo in modo da catturare il suo dito tra le mie labbra e lasciarci un piccolo bacio:«Anche io» ammetto e mi costa un po’ farlo «forse … forse non saremmo a questo punto se ne fossi stato capace».
Aggrotta leggermente la fronte:«Edward non devi sentirti in colpa. Io ho più colpe di te … Se avessi … » sospira «se fossi stata in grado di parlare delle  mie insicurezze con te, io …»
«Shhh» e le bacio con delicatezza la fronte ancora corrucciata:«Tu non devi rimproverarti nulla, Bella. Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata in cento anni e se tornassi indietro non cambierei nulla, te lo giuro, nulla …» mi scosto giusto il necessario per perdermi nel suo sguardo, più vivo e acceso che mai.
Si morde il labbro inferiore, gesto istintivo di quando è nervosa, ma poi si ferma, ricordando che ha ancora una cicatrice da far rimarginare e arriccia il naso in una smorfia.
Inclino il capo e accolgo il suo labbro martoriato fra le mie labbra con dolcezza:«Non essere turbata, amore» le soffio piano ancora sulla sua bocca, mentre la sua mano sale fino alla mia nuca e le sue dita si infilano tra i miei capelli.
Immerge la testa nel mio collo, portando la sua guancia nell’incavo della mia spalla e rivolgendo il viso al mio. Quando sussurra, il suo fiato tiepido si scontra sulla pelle della mia mascella e piccoli brividi, come mille scariche elettriche mi percorrono ovunque.
«Non sono turbata» dice «pensierosa, piuttosto» e sento le sue labbra distendersi in un sorriso sulla mia pelle.
«Mmm … in effetti sento il rumore delle rotelline del tuo cervello che si sono messe in moto … Vuoi rendermi partecipe di queste tue riflessioni?» le chiedo con dolcezza.
Annuisce con il capo, in silenzio.
Ma in silenzio resta per due minuti ancora. Attendo senza muovermi, carezzandole piano la schiena da sopra il pigiama con movimenti lenti.
Poi, tira un breve respiro e dice calma:«Se …» deglutisce «… se non dovessi farc…» si blocca con la voce rotta e un dolore acuto come una stilettata in pieno petto mi costringe a chiudere gli occhi per un attimo e a concentrarmi intensamente per non modificare il movimento della mano sulla sua schiena «… se non fossi molto in forma dopo il parto, vorrei che tu mi facessi una promessa» dice quindi, costringendosi a mantenere la voce ferma.
I muscoli della mascella si tendono istintivamente, perché so cosa vuole che le prometta. O meglio, so che avrà a che fare con il … feto e so che ho giurato a me stesso che non le avrei mentito mai più.
Dunque so che non posso promettere.
Attende che le dica qualcosa. Attende il mio assenso.
«Cosa?» dico senza inflessioni, atono.
La sento rabbrividire tra le mie braccia e maledico il mio senso di lealtà, caratteristica sconosciuta ai più, soprattutto agli appartenenti della nostra specie, ma ormai irrimediabilmente radicata in me.
Ma Bella da me merita solo la più completa sincerità. Niente di meno.
«Vuoi che non mi dia alla pazza gioia con Emmett, sulle tracce dei più temibili orsi del New Hampshire per distrarmi?» aggiungo con voce più leggera, cercando di stemperare la tensione che ho contribuito a creare con il tono della mia domanda precedente.
«Vinceresti tu» dice lei sussurrando sul mio collo, sempre nascondendomi il suo sguardo «sei il più veloce»
«E’ vero. Ma lui è il più forte» concludo io sorridendo.
Resta per un lungo momento in silenzio.
«Anche tu sei forte, Edward. Sei la persona più forte e generosa che abbia mai conosciuto» prosegue in tono serio ed emozionato «e sei speciale: buono, coraggioso, giusto».
Mi paralizzo all’istante, mentre un nodo comincia a stringersi intorno alla gola.
Lei sospira tremante, poi continua:«Io non ti lascerò mai, Edward. Anche se non dovessi più essere qui, staremo sempre insieme. Continuerò ad esistere … continuerò a vivere … nel nostro bambino».
Sento che trattiene il fiato, mentre aria dentro di me non entra e non esce. La mia mente non riesce ad elaborare le sue parole, si rifiuta di lasciarle entrare, di permettere che diventino pensieri e che siano plausibili.
Plausibili pensieri di morte.
Sono accanto a mia moglie. E stiamo discorrendo - lei discorre - sulla fine della sua vita. Sulla fine di ogni cosa. Sulla fine di tutto.
Per me nulla avrà più un senso. Ma non per lei.
Ed è per questo che i miei occhi si chiudono prima ancora che Bella avanzi la sua richiesta. E’ quasi inutile anche che la pronunci, avendo già perfettamente inteso quale sia il suo obbiettivo.
Se lei è lo scopo della mia esistenza, nel momento in cui non ci sarà più, pensa bene di assicurarmi un’altra ragione per continuare a vivere.
«Devi prenderti cura di lui, Edward» soffia piano sulla mia pelle, accentuando la sua debole presa sul mio torace «se non ci sarò più, gli rimarrai solo tu e tu avrai solo lui. Dovrete essere l’uno per l’altro».
Sento che alza il capo dalla mia spalla per fissarmi in viso, ma non apro gli occhi.
Non posso.
Non posso guardarla in viso sapendo che non potrei mai onorare questa promessa.
Il tocco delle sue dita gentili sulla mia guancia è come una lieve carezza di una piuma delicata e, come ogni volta, la mia pelle vibra a questo contatto.
La sua voce è timida e dolce, mentre sussurra il mio nome e la punta delle sue dita mi sfiora le palpebre, invitandomi a guardarla.
Scuoto lentamente il capo. Non voglio essere brutale, ma devo essere sincero. Glielo devo.
E’ in quel momento che al piano di sotto il telefono inizia a squillare.


BELLA
Apre finalmente gli occhi, ma invece di osservare me, il suo sguardo saetta immediatamente oltre la mia persona per poi fissarsi in un punto della porta.
Non so con precisione cosa provi in questo momento – i suoi occhi mi sfuggono – ma non è poi così necessario che parli per saperlo.
Lo so. E’ stupido da parte mia, considerando che è stato proprio il silenzio a complicare enormemente la nostra già difficile relazione, ma in questo caso non si tratta di un malinteso da chiarire.

In queste due settimane trascorse per lo più a letto, tra le braccia di mio marito, ho riflettuto moltissimo. Soprattutto sulle parole di Rosalie.
E allora, la maggior parte dei comportamenti di Edward mi è apparsa sotto una luce nuova.
E’ premuroso, attento, presente. Sempre gentile, delicato. E anticipa sempre di un battito i miei desideri e le mie necessità.
L’ho osservato.
E ho capito cosa c’è che non va.
Non parla più con nessuno, nemmeno con il pensiero. Nessuna risposta sospesa ad una domanda che non avrei mai potuto udire perché letta da Edward nella mente di uno dei suoi familiari. Nessuna interazione di alcun tipo nemmeno con Alice, che lo osserva almeno quanto me, ma con nel viso di gesso un’espressione tormentata, evidente come un’insegna al neon, ma chiaramente ignorata da Edward.
Perché ha a che fare con lui. E riguarda il suo futuro.
Edward è presente ogni giorno solo per me. Ma per nessun altro. E’ come se tutto il resto non avesse più alcuna importanza, come se il centro dell’universo fossi io.
Ma solo io.
Non il nostro bambino.
Mai, mai ho visto i suoi occhi posarsi sul mio ventre, nemmeno per sbaglio, nemmeno per distrazione.
E la cosa non è naturale. Più gli altri rivolgono un’attenzione a me e al bambino, più la sua indifferenza diventa palese. Ostentata quasi. Come se non esistesse nemmeno.
I miei tentativi di portare il discorso su questo argomento con lui vengono puntualmente sviati.
“… il bambino sarà la causa della morte del suo amore. Pensi che proverà amore verso di lui?” Rosalie aveva colto un aspetto fondamentale. Ed io ho capito nel corso dei giorni quanto vere siano state le sue considerazioni.
Con questa gravidanza, all’inizio ho creduto di aver finalmente trovato lo scopo della mia vita.
Ho visto la giustizia e la correttezza nell’ordine delle cose che mi era sempre sfuggita prima. Il nostro bambino era il frutto di questo amore così impossibile, così irrazionale che aveva avvicinato me ed Edward contro ogni possibile logica.
Abbiamo lottato contro questo amore, ferendoci e soffrendo con lui, vittime delle nostre pulsioni e schiavi delle nostre paure.
Il nostro bambino è riuscito dove nessuno avrebbe mai potuto, unendo ghiaccio e fuoco, perfetto e imperfetto, vampiro e umana.
Non c’è più il giusto e l’errato.
In lui tutto si annulla.
Perché solo un’umana come me avrebbe potuto generare un miracolo come questo insieme ad Edward. Né Rosalie con la sua algida bellezza, né Alice con i suoi poteri, né Esme con tutto il suo amore materno.
La perfezione è perfezione. Non cambia, non muta. E’ sospesa, congelata nell’immobilità dell’eternità, che scorre ma che non passa mai.
Io, fragile umana invece, posso.  Posso cambiare. Il mio corpo può mutare, può adattarsi –con difficoltà, ma può – allo sviluppo di un nuovo essere.
Io posso dare ad Edward qualcosa che lui non potrà mai donarmi.
La vita.
Ma questa mia consapevolezza non ha pervaso anche il suo animo.
Ed è per questo che ogni giorno obbligo il mio corpo a nutrirsi, costringo la mia mente a pensieri positivi, allontano da me l’idea della fine.
Io non devo morire, non posso. Non ancora.
Devo riuscire a trascinare il mio corpo per il maggior tempo possibile, nelle migliori condizioni per affrontare il parto e la trasformazione.
Perché mai come adesso, non sono disposta a dire addio ad Edward.
Perché adesso, io voglio vivere.
Ma tutte le mie riflessioni si scontrano con la realtà dei fatti, realtà a cui devo essere preparata comunque e a cui devo fare in modo lo siano anche gli altri.
Anche Edward.
Stamattina, mentre lui leggeva disteso al mio fianco, la vista mi è mancata all’improvviso. Non è durato molto, forse qualche minuto. Il tempo sufficiente a farmi capire quanto tutti i miei sforzi, tutte le mie speranze possano essere inconsistenti, e cancellabili da un colpo di spugna.
Il mio cuore ha spiccato il volo e solo l’assenza di respiro e l’aumento impercettibile della stretta del braccio di Edward, ignaro di tutto eccetto che di questa reazione incontrollabile del mio corpo, mi hanno dato conferma ulteriore della fragilità delle mie condizioni di salute.
Non sono state necessarie parole per comunicarmi la sua profonda angoscia, evidente dal senso di attesa per la successiva, possibile reazione del mio corpo, e dalla difficoltà nel rilassare i muscoli del suo.
E allora ho chiuso gli occhi, immaginando di aver creato il buio intenzionalmente e lasciandomi cullare dalle carezze vellutate della sua voce.
Quando li ho riaperti ho visto davvero quanto breve rischia di essere il tempo a mia disposizione per far comprendere ad Edward la sua importanza in tutta questa storia, per fargli capire che il centro dell’universo non siamo più né io né lui, entità distinte destinate a rimbalzare l’uno contro l’altra nel tentativo di avvicinarci, ma il bambino.
E noi con lui.
E’ per questo che ho raccolto il coraggio a due mani e gli ho chiesto di promettermi di prendersi cura di lui e di se stesso, se …

Mi riscuoto sentendolo mormorare parole incomprensibili verso la porta.
«Edward …» sussurro esitante cercando di attirare la sua attenzione. E’ concentrato nel cogliere qualcosa d’inafferrabile per le mie orecchie.
«Edward …» riprovo, alzando una mano verso il suo viso, sulla fronte lì dove tutti i pensieri si condensano in un'unica, piccola increspatura.
«Il telefono» dice, riportando lo sguardo su di me «è per te. E’ Helèna»
Batto le palpebre nel goffo tentativo di riavermi dalla sorpresa.
Non ho sentito squillare l’apparecchio.
Che stia perdendo anche l’udito?
«Non me ne sono accorta …» mormoro confusa e mi pento immediatamente.
Se comincio ad avere anche delle cedevolezze sensoriali, di certo non è una buona mossa renderne partecipe Edward.
 Ma lui non sembra scomporsi minimamente:«Rosalie» e subito dopo prosegue «ha ridotto il volume della suoneria al minimo per non disturbare il tuo riposo»
«Oh» e vorrei aggiungere “salvato dallo squillo del telefono”, ma la sua espressione truce mi dissuade dal farlo.
Nello stesso istante, senza che i suoi occhi lascino i miei, dice:«E’ sveglia. Puoi entrare» e la porta si apre silenziosamente.
Una Esme, apparentemente il ritratto della serenità, entra silenziosamente  reggendo il cordless in una mano e un bicchiere su un vassoio nell’altra in perfetto equilibrio:«Ti ho portato un succo d’arancia cara. Bevilo, ti farà bene»
La ringrazio con un sorriso, mentre poggia il succo sul comodino e mi avvicina il telefono che cerco di afferrare con molta cautela per non manomettere il delicato groviglio della flebo, ma Edward mi anticipa e lo prende per primo.
Attende che mi sia sistemata aiutandomi con delicatezza ad appoggiarmi ai cuscini in una posizione semiseduta, mentre la coperta beffardamente scivola verso le gambe scoprendomi la pancia in tutta la sua prominenza. Trattengo il respiro, quasi avessi paura di offenderlo con questa chiara manifestazione dell’unica cosa che invece di unirci, sembra solo dividerci ancora di più.
Ancora una volta.
Ma lui, con noncuranza, riafferra il  bordo della coperta e lo tira su, quasi sovrappensiero.
Avvicino il telefono che mi porge, all’orecchio e gli lancio uno sguardo mentre lo vedo appoggiarsi comodamente ai cuscini al mio fianco e prendermi la mano libera, quella su cui è stata applicata la flebo.
«Pr...pronto» e la voce mi esce bassa e rauca. Cerco di schiarirmela e ripeto più decisa:«Pronto»
«Bella! Sono Helèna, Bella. Come stai?» la voce squillante di Helèna è allegra e felice.
Di riflesso un senso di colpa enorme mi invade. Sono stata ingiusta con lei, non l’ho nemmeno chiamata per informarla delle mie condizioni –per quanto la situazione me lo permettesse – ma soprattutto per ringraziarla di tutto quello che ha fatto per me.
«Helèna ti chiedo perdono» comincio «non mi sono fatta più sentire, non ti ho dato più notizie …»
«Oh, non preoccuparti! Ci ha pensato tua sorella Alice a tenermi informata. Ogni volta che pensavo di chiamarti mi chiamava sempre lei un attimo prima, manco l’avesse saputo! Siamo decisamente in sintonia» e una risata cristallina dall’altro lato fa eco alla mia bocca mezza aperta.
Lancio un’occhiata ad Edward che lui non ricambia mentre continua a giocare con le dita della mia mano.
«Sai, mi ha anche risparmiato un inutile viaggetto fin lì, quando insieme a Paul avevamo deciso di venire a farti visita. Ma lei mi ha telefonata proprio la mattina dicendomi che saresti andata in ospedale per qualche giorno per degli accertamenti»
Alice … difficile prenderla di sprovvista. Penso, cominciando a chiarire alcuni dei momenti di buio della mia “convalescenza”.
«Sì … infatti» mormoro, un po’ in contropiede in questa strana conversazione.
«E’ tutto a posto? Ci sono mica problemi con la gravidanza?» mi chiede un po’ allarmata.
«No … cioè sì … sto bene. La … gravidanza procede bene» sussurro in un alito di voce e lancio un’altra occhiata ad Edward, che sembra sempre rilassato come se io e la mia amica stessimo discorrendo del tempo.
«Bene, ne sono contenta» afferma convinta «ti confesso che ero un po’ in pensiero sapendo che ti stavi riprendendo, ma che ogni volta che ti chiamavo eri o addormentata o a fare qualche esame. Credevo … » sussurra abbassando inutilmente il tono della voce «… che ci fossero dei problemi, che non ti fosse permesso rispondere».
Si zittisce di colpo, come se temesse di aver parlato troppo o a sproposito, ma poi continua:«Me lo diresti, vero Bella, se fosse così?» mi chiede quindi, con evidente sforzo, ma con la determinazione nella voce.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime, ma le ricaccio indietro e con il tono più fermo che posso rispondo:«Certo. Certo che te lo direi, Helèna» e faccio giusto in tempo a terminare la frase prima che la voce mi si spezzi.
Continuiamo a parlare per un po’ in terreno neutro. Mi racconta di lei, di Paul e dei loro futuri progetti di matrimonio con un po’ di imbarazzo, ma con genuino entusiasmo fino a quando la conversazione comincia a languire e mi rendo conto che c’è altro che vorrebbe dirmi, ma che non trova il coraggio per farlo.
Sto quasi per chiudere la conversazione, appellandomi ad una improvvisa stanchezza che non devo nemmeno fingere più di tanto, quando la sento emettere un sospiro profondo e dire:«Fra qualche settimana verranno le mie sorelle, ne approfittano per trascorrere il Natale qui ad Hanover»
La notizia mi lascia leggermente perplessa, come se nascondesse un messaggio che purtroppo non riesco a cogliere, perciò opto per un commento di cortesia. Helèna tentenna un po’, poi aggiunge:«Vengono anche per la presentazione dei progetti di economia. Jensen ha fissato la data della conferenza»
Al nome del professore di economia le dita di Edward si bloccano sulla mia mano e sento che il suo braccio intorno alle mie spalle si irrigidisce. Ma è un attimo, subito dopo riprende ad accarezzarmi il dorso con il pollice.
«Ah» dico solo e dato che lei resta in silenzio, aggiungo «sono contenta per te. Hai lavorato tanto Helèna, meriti il giusto riconoscimento» e la mia voce è serena.
«Anche tu Bella. Hai lavorato più di me e so quanto ci tenevi al tuo progetto» esita ancora un momento e poi dice «credo che il professor Jensen sarebbe felice se tu intervenissi»
Lo sguardo mi si punta su Edward che invece osserva le nostre mani intrecciate, con attenzione:«Io non credo sia … possibile»
Fra qualche settimana, potrei non avere nemmeno la forza di reggermi in piedi …
«Non mi sono ancora ripresa del tutto e … il progetto non era completo e …»
… potrei non essere più viva.
«… potrei non essere più qui» prendo un respiro «ad Hanover intendo. Abbiamo intenzione di trasferirci»
«Oh, Bella! Andrai via? Quando? Dove?» comincia a subissarmi lei senza riprendere fiato nemmeno una volta.
«Credo che torneremo a Forks. Vorrei trascorrere il resto della gravidanza tra i miei familiari che sono lì» dico rapida, complimentandomi mentalmente per la fermezza della mia voce nel raccontare una bugia così, su due piedi.
Sono migliorata molto.
«Capisco» dice lei un po’ mogia «ma ci manterremo in contatto, vero? E ci saluteremo prima che tu parta, no?»
«Ma certo!» esclamo imprimendo alla mia voce la giusta carica di entusiasmo.
Decisamente, sono migliorata molto.
Il sospiro che sento, seppur lieve, non mi sfugge.
E proviene da Edward.
Concludo la telefonata rapidamente, salutando la mia amica e promettendole per l’ennesima volta che ci vedremo presto.
Quando la mia voce finalmente tace, lui mi sfila con dolcezza il telefono dalla mano riponendolo sul comodino, girandosi poi verso di me con espressione seria.
Ecco, penso, qui mi ci vorrebbe la sua capacità di leggere nelle menti altrui.
«Mi dispiace» dice solo e non un muscolo del suo corpo si muove.
E’ immobile, come una statua di sale.
Mentre io lo osservo, incerta su quale sia realmente l’oggetto del suo dispiacere, il suo sguardo di ghiaccio sembra vacillare per un secondo. Per un attimo, vedo nei suoi occhi tutto il tormento di un uomo divorato dal senso di colpa, angosciato fino all’inverosimile. Un uomo per cui il tempo davanti a sé  è diventato un peso insopportabile, un uomo che arde vivo sul rogo.
E capisco quanto sia grande il peso che, mio malgrado, gli chiedo di sopportare ogni giorno stando al mio fianco.
E che gli ho chiesto di sopportare per il futuro.
La mia mancanza.
Per un attimo, solo per un attimo, mi chiedo cosa farei io nella situazione inversa e tremo, conoscendo la risposta.
Smarrita, confusa cerco di trovare le parole giuste. Quelle che gli diano l’esatta portata del mio amore per lui, quelle che devono convincerlo a vivere.
Quelle che gli diano la speranza.
Perché se lui è me ed io sono lui, c’è solo una cosa che può spingere Edward ad accettare l’eventualità di una nostra separazione, con questa rassegnazione apparente che gli leggo in viso da quando ha conosciuto le mie decisioni riguardo il bambino.
Il refrigerio di un destino comune. Una separazione che sarà solo temporanea.
E’ in questo momento che, guardandolo, capisco quali sono le sue intenzioni.
Apro la bocca per parlare, ma lui mi precede e posa delicatamente un dito sulle mie labbra, impedendomelo. Mi fissa negli occhi, intensamente. Poi,  come se fossimo rimasti congelati al momento in cui ho avanzato la mia richiesta, prima della telefonata di Helèna, dice:«Non chiedermelo, Bella. Non farlo, ti prego. Non condannarmi ad un’esistenza di buio … senza di te. Tu non sai quello che la tua richiesta implicherebbe, non puoi avere idea di come possa essere lunga l’eternità, specie se non potrò averti al mio fianco. Hai scelto della tua vita, ma non togliermi la possibilità di fare altrettanto con la mia».
Resto immobile, incapace di rispondere, né di abbassare lo sguardo dai suoi occhi limpidi e ardenti.
Mi sta pregando di lasciarlo morire. Di non strappargli una promessa che lo vincolerebbe alla vita contro la sua volontà. Ancora una volta.
A tentoni cerco il libro abbandonato sul copriletto. Mi lascia fare. Lo afferro e velocemente cerco la parte che mi interessa.
Con voce tremante, cito:”Il mio pensiero principale nella vita è lui. Se tutto il resto perisse e lui restasse, io continuerei ad essere; e, se tutto il resto persistesse e lui venisse annientato, l’universo mi diverrebbe estraneo; non mi sembrerebbe di farne parte. Il mio amore per lui è simile alle rocce eterne ai piedi degli alberi; fonti di poca gioia visibile, ma necessarie. Io sono lui, lui è sempre, sempre nella mia mente, non come un piacere, così come io non sono sempre un piacere per me, ma come il mio stesso essere: dunque, una nostra separazione è impossibile …
«Ecco» dico e la mia voce sembra calma, serena. Come se queste parole fossero la chiave di tutto, come se avessero la forza per risolvere tutto. «Non saprei come dirlo meglio».
Osservo la sua espressione ancora più addolorata, stanca, ormai chiaramente, senza che nulla si frapponga a mascherarmi il suo reale stato d’animo.
E mi sento piccola di fronte all’enormità della sua sofferenza, forse anche cattiva, come se andarmene in un fulgore di gloria dando alla luce il nostro bambino fosse una meschinità troppo crudele da infliggere ad un cuore così puro come quello di Edward.
Lui mi osserva, commosso.
E mentre con una mano mi sfiora la guancia, si abbassa verso di me, avvicinando le labbra al mio orecchio e, a memoria, comincia a citare:”Baciami ancora, e non lasciarmi vedere i tuoi occhi. Io ti perdono per quello che hai fatto a me. Io amo il mio carnefice; ma il tuo? Come potrò?




NOTA DELL’AUTRICE: Un grazie di cuore a tutti. L’ultima settimana è stata molto difficile e chi mi segue su twitter sa perché. Adesso la situazione è migliorata, anche se continuano i problemi di connessione e non sono riuscita a mettermi in contatto con chi mi ha chiesto notizie e con chi mi ha inviato messaggi di conforto, per rispondere e ringraziare.
Sappiate che nei brevi momenti in cui sono riuscita a connettermi ho letto ogni messaggio su fb, ogni tweet, ogni mail che avete voluto regalarmi e mi avete dato un enorme sostegno.
Quando mi si toccano gli sgorbi mi prende il panico.
Quindi questo capitolo è per voi tutti.

Confusina_94: eh, eh …dillo che alla fine ti ho stufato con tutta questa angoscia… :PPP. Ihihihihi Baci cara XD
rensmee iky: Ciao XD E’ un piacere conoscerti. Beh, ti sei tirata tutti i capitoli insieme…che dire se non grazie? E grazie dei complimenti, naturalmente…:P
00Stella00: In effetti Edward capisce che questo piccolo ha già una coscienza perché Jazz avverte il suo primo abbozzo di emozione, e lui ne resta turbato, perché è più facile avercela contro un mostro e un essere che si considera inanimato, piuttosto che contro qualcosa che già appare più “umano”. Grazie di tutto XD
VampGirl: Si, anche Alice avrà la sua parte … E sì, ti capisco quando dici che non riesci a concepire come un uomo possa pensare che sia il bambino ad uccidere la propria genitrice. Ma è un dato di fatto, non possiamo negarlo. A volte capita, ma il punto cruciale è che, secondo me, non si tratta affatto di un sacrificio. E’ questo che un uomo non riesce a capire. Un bacio affettuosissimo XD
arual93: Cara Laura…in effetti sei un po’ duretta con Rose…provare sentimenti negativi fa parte di noi, è naturale…se Rose fosse stata troppo baci e abbracci, non sarebbe stata credibile, non trovi? E, a ben guardare, il suo desiderio di diventare mamma deve essere davvero enorme se si “abbassa” a chiedere una cosa del genere a Bella…Baci, cara XD
piccolinainnamora: Grazie cara XD Si il bimbo ha qualche potere. E come potrebbe essere diversamente in questo mondo di magia?!
harley1958: Sì, in fondo (molto in fondo) io credo anche nell’istinto paterno, o meglio credo che spesso molti uomini ricevano dalla vita dei doni che nemmeno si aspettavano, e quasi contro la loro stessa volontà… Baci cara e a presto
rodney: Cara Simona! Non preoccuparti se non riesci a recensire spesso come vorresti, nemmeno io riesco per storie molto più valide della mia e ti giuro che me ne dispiace tantissimo…Quindi ti capisco benissimo. Allora, per rispondere alla tua domanda, sì, il comportamento di Rosalie è strano, così come in BD, ma è un personaggio che secondo me è stato un po’ sottovalutato. L’universo Rosalie è complessissimo… non credo che sia diventata improvvisamente amica di Bella, ma è mossa sicuramente da egoismo. Però…è una donna, come può non ammirare un’altra donna che si dona con tutta se stessa per il proprio bambino? Sicuramente influenzeranno le sue decisioni ance dei sentimenti di compassione e solidarietà femminile, come al solito un personaggio deve essere visto in tuttotondo e non solo da una angolazione. Spero di essermi spiegata come avrei voluto. Grazie di tutto, cara. Un bacione :***
beta persei: Grazie, grazie e grazie. Solo una mamma può scriverne, non saprei, ma che le mie parole siano comprensibili come voglio da parte dei lettori mi riempie di gioia XD Bacioni XD
lisa76: Ciao LisaXD In questo capitolo spero di aver risposto a qualcuna delle tue domande…per il fatto che Edward non avverta nulla…la ragione c’è e non è casuale. Baci XD
Lizzie95: Cara :*** Grazie infinite. Sì, il capitolo passato era tosto, ma è stato uno di quelli che ho scritto con più piacere. Rose non è tra i miei personaggi preferiti (se hai fatto attenzione, avrai anche capito chi è il mio personaggio preferito…ù.ù), ma trovo che sia molto interessante e controverso, quindi ottimo materiale, pur se difficile da rendere. Spero di esserci riuscita come volevo…. Un bacione XD
twilighttina: Ohhh anche tu autrice! Beh, farò un salto presto, promesso XD Grazie infinite XDD
garakame: Ahhhh e qui casca l’asino!! (vecchia battuta del mio fu Professore di Storia e Filosofia mila mila anni fa….). Hai centrato un aspetto fondamentale, che anche io mi sono sempre chiesta… è giusto dare la vita comunque, anche se non si potrà seguirla nella crescita?Ti confesso che una risposta ancora non me la sono data, ma penso che mai, mai permetterei al mio benessere di prevaricare quello di uno dei miei figli. Sta da vedere quale sia realmente il loro benessere. Fare la madre non è facile … io spero di fare del mio meglio, questo sì. Bacioni XD
Piccola Ketty: GraSSie cara…e non scusarti per le NON recensioni…lo so che mi segui sempre con accanimento e sono felice di riuscire a soddisfarti ogni volta… Grazie :***
RenEsmee_Carlie_Cullen:Ehm…spero che non mi ucciderai…ma vi ho promesso il lieto fine, sudato è vero, ma ci sarà. Baci :***
yle94: Non posso dire nulla…ma la gravidanza non sarà uguale a quella di BD. Baci XD
sily85: Querida…:***** Pare che finalmente la telecom, mossa a compassione, mi abbia esaudita -.- Pare. Grazie per i complimenti e per il pensiero…:adoro:
grepattz: Ya…Rose non è riuscita molto in là, ma la verità si viene sempre a sapere, no? Credo che il soprannome che mi darete sarà “angoscia”…:ammicca: Baci cara :***
keska: Oh tesoro, le tue recensioni mi spiazzano! Si, di Rose abbiamo avuto una visione più dettagliata in questo capitolo, i personaggi controversi sono la mia passione…stuzzicano incredibilmente la mia inventiva…Grazie come al solito per tutti i tuoi complimenti e non temere, che il lieto fine è dietro l’angolo…:***
lilly95lilly:mmmm per il sesso del nascituro si accettano scommesse. Sappiate che io ho una predilezione per le femminucce, ma che i miei sgorbi sono maschietti -.-‘ Chissà? Baci XD


Non mi dilungo ulteriormente, ma perdonatemi ancora per i miei tempi biblici.
Baci a tutti voi.
M.Luisa


 


   
 
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