Ad Elena
“ Elena
soggiugnea: Dolce cognato,
cognato a me proterva, a me
primiero
de' vostri mali detestando fonte,
[...]
Ma tu vien
oltre, amato Ettorre, e siedi
su questo seggio, e il cor stanco
ricrea
dal rio travaglio che per me sostieni,
per me
d'obbrobrio carca, e per la colpa
del tuo fratello. ”
[Iliade
VI, Omero, trad. di V. Monti]
Perché
mi guardi con quegli occhi? Perché? Perché mi lanci
sguardi infuocati più di dardi? I tuoi occhi lucidi, la tua
bocca rorida, tutto di te grida voluttà e perché,
donna, non te ne vergogni? Non conosci ritegno, vero? Cosa vuoi da
me? Che tu sia maledetta, tu e la bellezza tua. Forgiata dagli dèi
solo per portare distruzione, e dolore, e morte agli uomini: astuzia
maggiore davvero Zeus non avrebbe potuto architettare! Venti infausti
sospinsero la flotta che ti portò a Troia, tutto il popolo
volle ammirare la donna più bella del mondo intonando canti, a
cui fecero seguito quelle terribili nozze. Ora quello stesso popolo
vede, riconosce la tua vera natura: quella di distruttrice, di
flagello dei mortali; tu causa di lutto, per te io vedo la mia patria
soffrire e, forse, andare in rovina e tutto per una donna.
Ma
tu una donna non sei: sei un mostro dalle splendide fattezze, esperta
nelle arti che annebbiano la mente degli uomini, davvero sei figlia
di Zeus perché sei terribile come una dea e solo una divinità
potrebbe portare così tanto dolore. Che tu sia maledetta. E
smettila di rivolgermi uno sguardo del genere, tormenti gli uomini
peggio delle Erinni. Perché mi tenti? Vuoi forse vedere quanto
è debole la resistenza umana? Sei un essere abominevole,
nessun uomo assennato desidererebbe il tuo letto. Quanto dolore
portasti ai Troiani, altrettanto ve ne fu per i Greci che per te
patiscono mille mali lontano dalla loro patria.
Troia
tutta ammira le tue fattezze, s'inchina davanti a tanta bellezza.
E
Troia tutta ti detesta. In quale casa non è morto un marito,
un figlio, un valido guerriero troiano per te? Per difendere una
donna che non sa cosa sia l'onore. Pazzo fu mio fratello nel
desiderarti, perché si lasciò attirare dal tuo corpo?
Quel corpo che sai bene come muovere, quando ondeggi sinuosa nei
balli muovendo la dolce anca sembra che non desideri altro che fare
l'amore, come quando ti adorni di candide vesti leggiadre lasciando
che in controluce trapelino le tue forme. In te è racchiusa
ogni malizia del genere femminile.
Oggetto
di desiderio ma cagione infinita di lutti, essere dalla duplice
natura, dea e mostro.
Ma
i tuoi occhi continuano a gridare amore, e a vederti così
sembri una creatura indifesa, addirittura innocente, vittima del
destino a cui sei stata designata. E proprio in questo sta il tuo
inganno. Perché mi lusinghi con quegli occhi? Perché?
Dovresti vergognarti, donna impudica, dovresti abbassare il tuo
sguardo carico d'amore e puntarlo a terra perché non dovresti
avere l'ardire di incrociarlo con quello di un uomo al di fuori di
tuo marito. Posso davvero ritenermi fortunato di non essere sposo di
una donna come te.
Io
vedo il mio popolo che muore per te,
vedo
la mia città che soffre,
vedo
i bambini trasformarsi in orfani,
vedo
le donne troiane piangere i loro cari
e
vedo in te l'origine di tutto.
Tu
che desideri solo amore e che non soffri, non ti rammarichi.
Che
cosa sarà di mio figlio, della mia città, di mia
moglie? E di me? Mi batto ogni giorno, difendo la mia patria con
orgoglio e fierezza ma ignota mi è la sorte della mia patria.
E leggo in te l'origine di tutto, donna venuta dal mare, planata dal
cielo sulla pianura di Troia.
Allontana
il tuo sguardo da me, assumi espressione mesta e colpevole adatta
alla tua condizione. Smettila di essere languida e sensuale,
infernale macchina da guerra e d'amore: io sono solo un uomo.
Perché
mi vuoi? Perché continui a guardarmi come se avessi fame? Ma
la tua non è una fame giusta, è solo ingordigia, divori
tutto, massacri ogni cosa: arte orribile ti donarono gli dèi.
Non c'è donna troiana che non ti detesti, perché agiti
il sonno e la mente dei loro uomini. Chi non desidererebbe giacere
con te almeno una notte? Chi?
Chi
non ha senno nell'animo, chi non ragiona.
“Sarei
fiera di avere un marito come te, il più valoroso dei
guerrieri troiani. Gloria immensa è essere tua moglie.”
Ma
non lo sei.
“ Cortese
donna, le rispose Ettorre,
non rattenermi. Il core, impazïente
di
dar soccorso a' miei che me lontano
richiamano, fa vano il dolce
invito. ”
[Iliade VI, Omero, trad. di V. Monti]