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Autore: Amathea    28/02/2010    6 recensioni
Pensieri di Ettore nei confronti di Elena. (La prima storia che mando!)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad Elena

Ad Elena

Elena soggiugnea: Dolce cognato,
cognato a me proterva, a me primiero
de' vostri mali detestando fonte,
[...]
Ma tu vien oltre, amato Ettorre, e siedi
su questo seggio, e il cor stanco ricrea
dal rio travaglio che per me sostieni,
per me d'obbrobrio carca, e per la colpa
del tuo fratello. ”

[Iliade VI, Omero, trad. di V. Monti]

Perché mi guardi con quegli occhi? Perché? Perché mi lanci sguardi infuocati più di dardi? I tuoi occhi lucidi, la tua bocca rorida, tutto di te grida voluttà e perché, donna, non te ne vergogni? Non conosci ritegno, vero? Cosa vuoi da me? Che tu sia maledetta, tu e la bellezza tua. Forgiata dagli dèi solo per portare distruzione, e dolore, e morte agli uomini: astuzia maggiore davvero Zeus non avrebbe potuto architettare! Venti infausti sospinsero la flotta che ti portò a Troia, tutto il popolo volle ammirare la donna più bella del mondo intonando canti, a cui fecero seguito quelle terribili nozze. Ora quello stesso popolo vede, riconosce la tua vera natura: quella di distruttrice, di flagello dei mortali; tu causa di lutto, per te io vedo la mia patria soffrire e, forse, andare in rovina e tutto per una donna.
Ma tu una donna non sei: sei un mostro dalle splendide fattezze, esperta nelle arti che annebbiano la mente degli uomini, davvero sei figlia di Zeus perché sei terribile come una dea e solo una divinità potrebbe portare così tanto dolore. Che tu sia maledetta. E smettila di rivolgermi uno sguardo del genere, tormenti gli uomini peggio delle Erinni. Perché mi tenti? Vuoi forse vedere quanto è debole la resistenza umana? Sei un essere abominevole, nessun uomo assennato desidererebbe il tuo letto. Quanto dolore portasti ai Troiani, altrettanto ve ne fu per i Greci che per te patiscono mille mali lontano dalla loro patria.
Troia tutta ammira le tue fattezze, s'inchina davanti a tanta bellezza.
E Troia tutta ti detesta. In quale casa non è morto un marito, un figlio, un valido guerriero troiano per te? Per difendere una donna che non sa cosa sia l'onore. Pazzo fu mio fratello nel desiderarti, perché si lasciò attirare dal tuo corpo? Quel corpo che sai bene come muovere, quando ondeggi sinuosa nei balli muovendo la dolce anca sembra che non desideri altro che fare l'amore, come quando ti adorni di candide vesti leggiadre lasciando che in controluce trapelino le tue forme. In te è racchiusa ogni malizia del genere femminile.
Oggetto di desiderio ma cagione infinita di lutti, essere dalla duplice natura, dea e mostro.
Ma i tuoi occhi continuano a gridare amore, e a vederti così sembri una creatura indifesa, addirittura innocente, vittima del destino a cui sei stata designata. E proprio in questo sta il tuo inganno. Perché mi lusinghi con quegli occhi? Perché? Dovresti vergognarti, donna impudica, dovresti abbassare il tuo sguardo carico d'amore e puntarlo a terra perché non dovresti avere l'ardire di incrociarlo con quello di un uomo al di fuori di tuo marito. Posso davvero ritenermi fortunato di non essere sposo di una donna come te.
Io vedo il mio popolo che muore per te,
vedo la mia città che soffre,
vedo i bambini trasformarsi in orfani,
vedo le donne troiane piangere i loro cari
e vedo in te l'origine di tutto.
Tu che desideri solo amore e che non soffri, non ti rammarichi.
Che cosa sarà di mio figlio, della mia città, di mia moglie? E di me? Mi batto ogni giorno, difendo la mia patria con orgoglio e fierezza ma ignota mi è la sorte della mia patria. E leggo in te l'origine di tutto, donna venuta dal mare, planata dal cielo sulla pianura di Troia.
Allontana il tuo sguardo da me, assumi espressione mesta e colpevole adatta alla tua condizione. Smettila di essere languida e sensuale, infernale macchina da guerra e d'amore: io sono solo un uomo.
Perché mi vuoi? Perché continui a guardarmi come se avessi fame? Ma la tua non è una fame giusta, è solo ingordigia, divori tutto, massacri ogni cosa: arte orribile ti donarono gli dèi. Non c'è donna troiana che non ti detesti, perché agiti il sonno e la mente dei loro uomini. Chi non desidererebbe giacere con te almeno una notte? Chi?
Chi non ha senno nell'animo, chi non ragiona.

Sarei fiera di avere un marito come te, il più valoroso dei guerrieri troiani. Gloria immensa è essere tua moglie.”
Ma non lo sei.

Cortese donna, le rispose Ettorre,
non rattenermi. Il core, impazïente
di dar soccorso a' miei che me lontano
richiamano, fa vano il dolce invito. ”
[Iliade VI, Omero, trad. di V. Monti]

  
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