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Autore: verolax    01/03/2010    2 recensioni
Prima classificata e vincitrice del premio Miglio Sviluppo al contest "Scegli i numeri e scrivi" indetto da Dark Akira sul forum di EFP. Cosa succede quando il destino unisce due persone radicalmente diverse? What if...? incentrata su Kushina Uzumaki e Mikoto Uchiha.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Kushina si sistemò ripetutamente una ciocca di capelli che, ribelle, si insinuava sulla sua fronte liscia e candida

Questa fiction si è classificata PRIMA al contest “Scegli i numeri e scrivi” indetto da Dark Akira sul forum di EFP, vincendo anche il premio Miglior Sviluppo! Il contest consisteva nello scegliere tre numeri, due corrispondenti a personaggi e uno ad un luogo, con i quali costruire una storia. Sono veramente molto, molto, molto felice! Ringrazio la giudice e faccio i complimenti alle altre partecipanti.

Di seguito la storia e poi il commento!

 

Nick (su EFP): verolax
Titolo: Nascite
Raiting: Verde
Genere: Generale
Personaggi e Luogo/Numeri: Kushina Uzumaki; Mikoto Uchiha; camera da letto
Avvertimenti: What if?
Breve Introduzione: cosa succede mettendo vicine due donne che sono l’una l’opposto dell’altra?
Note dell'Autore: a costo di sembrare ripetitiva. Questa ff non mi convince, ma con i personaggi che avevo non ho saputo immaginarmi di meglio; la invio perché comunque è pronta e non credo possa migliorare più di così.

 

Kushina si sistemò ripetutamente una ciocca di capelli che, ribelle, s’insinuava sulla sua fronte liscia e candida.

Sbuffò guardando il panorama fuori dalla finestra; era l’alba. Mentalmente ringraziò con sarcasmo Minato, che con le sue missioni di vitale importanza la costringeva giù dal letto quando era ancora buio per preparargli la colazione; quando la vedeva imbronciata le diceva bonariamente che lei, almeno, poteva tornare a letto. Kushina non si era mai sognata di spiegargli che non avrebbe mai potuto riprendere il sonno, dopo aver osservato la sua chioma bionda sparire in lontananza nella sottile nebbia mattutina.   

La giovane sospirò, allontanandosi dalla finestra. Scese le scale verso la zona giorno della villetta bifamiliare che divideva con la famiglia di Fugaku Uchiha; era appena una settimana, infatti, che i due capofamiglia – sempre assenti e tutti presi dal lavoro – avevano deciso di riunire i due piccoli gruppi sotto lo stesso tetto, di modo che le mogli potessero farsi compagnia. Mikoto Uchiha aveva un bimbo di cinque anni, Itachi, e senza l’aiuto di Fugaku aveva difficoltà a contenere la sua notevole energia. Così, il capoclan Uchiha, d’accordo con Minato, aveva optato per questa inusuale soluzione.

Kushina era stata inizialmente assai felice di questo: il suo carattere aperto e gioviale faceva sì che lei fosse sempre alla ricerca di qualcuno col quale parlare, e – perché no – al quale giocare uno dei suoi scherzosi tiri mancini, per i quali era famosa.

Non ci volle molto, però, perché si rendesse conto di quanto Mikoto fosse diversa da lei: la giovane moglie di Fugaku era silenziosa, riservata e timida, e, soprattutto, non apprezzava le sue battute e ancor meno i suoi scherzi.

 

Così, nel giro di una settimana, Kushina aveva preso a disprezzarla cordialmente.

 

Trovò Mikoto in cucina, intenta a far colazione, col piccolo Itachi che le trotterellava attorno.

“Buongiorno, Mikoto-san” la salutò appena, per poi rivolgere tutte le sue attenzioni al piccolo Uchiha, col quale invece andava molto d’accordo: lui sì, che apprezzava il suo perenne, giocoso scherzare.

Itachi volò tra le sue braccia, e lei lo sollevò in alto, oltre la sua testa.

“Come sta il membro più giovane e forte del glorioso clan Uchiha”, ridacchiò Kushina; poi, senza preavviso alcuno, si gettò a terra trascinandosi dietro il piccolo, visibilmente divertito.

I due ingaggiarono una scherzosa lotta, rotolandosi sul pavimento; “noo, lo Sharingan ipnotico noooo,” diceva Kushina in tono teatrale, lasciando appositamente vincere il piccolo Itachi, che rideva a crepapelle.

 

La voce timida ma ferma di Mikoto, segretamente gelosa del rapporto che in così poco tempo si era costituito tra il figlio e Kushina, giunse ad interrompere i loro giochi.

“Itachi,” disse sforzandosi di mantenere un tono neutro, “hai appena mangiato: fermati o vomiterai”.

“Uffa, mamma,” sbuffò il piccolo, deluso, rimettendosi in piedi, ma rispondendo poco dopo con un sorriso allo sguardo d’intesa di Kushina che sembrò dirgli “non ti preoccupare, il secondo round è soltanto rimandato”.

Dovresti pensare ad avere un figlio tuo, invece che importunare il mio, pensava frattanto Mikoto; ma Kushina, persona di gran cuore e al tempo stesso molto ingenua, non lesse affatto la gelosia malcelata dal suo sguardo, ed interpretò il suo intervento nella giocosa kermesse con Itachi solo come ulteriore conferma della scarsa propensione al gioco della noiosissima Uchiha.

 

“Andiamo a fare la spesa,” disse Mikoto al figlio, che prese a seguirla svogliatamente verso la porta d’ingresso.

“Vengo anch’io,” trillò Kushina, alla quale la prospettiva di rimanere a casa da sola andava molto meno a genio rispetto a quella di dover sopportare la compagnia di Mikoto.

Siiiii!,” si rallegrò il piccolo, saltellando attorno a Kushina; Mikoto, da donna educata qual era, represse l’istinto di incenerire all’istante la pericolosa rivale.

 

Nel cuore di una donna di solito alberga un solo tipo di gelosia: quella verso colei che suscita l’interesse dell’uomo amato; eppure, quanto è diverso il sentimento della povera, gentile Mikoto, ferita nel suo orgoglio di madre! Quanto acuti sanno essere i perfidi strali della Dea Invidia, per cui trafitto giace al suolo l’organo pulsante di sanguigno ardore!  

Mikoto era una madre dolce ed affezionata, ma la sua timida riservatezza mal si accompagnava all’esuberanza di Itachi, che aveva un’età ingrata nella quale i giochi sono assai più importanti delle coccole. Pur volendo bene alla madre, il piccolo aveva rapidamente accordato la sua preferenza alla giovane e bella Kushina.

Così, non potendo meditare alcuna vendetta – il suo animo dolce e remissivo non poteva arrivare a tanto – Mikoto si limitava a nutrire per Kushina una crescente antipatia.

 

La giovane Uchiha rimase qualche passo indietro rispetto al figlio e alla rivale, assorta nei suoi pensieri; ma non appena vide il piccolo Itachi salire in spalla a Kushina, si affrettò ad annullare la distanza tra loro. Si sforzò di sfoderare il più luminoso sorriso di cui fosse capace, avvicinò il capo a quello del bambino e fece un comico tentativo di rassomigliare a Kushina. Rese il suo tono di voce maldestramente cavernoso e disse al piccolo, “vieeeni, anch’io posso portarti sulle spalle, saaaaai?”.

Itachi osservò la madre per qualche istante, sorpreso quanto basta per non sapere come comportarsi; poi scoppiò a ridere, ci pensò su, e rispose con nonchalance, “grazie, mamma, sto bene qui,” mentre Kushina lo sballottava a destra e a manca fingendo di essere un cavallo imbizzarrito, strappandogli una risata ben più genuina di quella che aveva rivolto alla madre.

 

Mikoto preferì concentrarsi sulla spesa: da una settimana a questa parte, la sua bontà d’animo era sottoposta a dura prova. Se questa fosse stata una storia a fumetti, il gentile lettore avrebbe notato una sinistra nuvoletta nera sospesa sulla testa della povera Uchiha, all’apparenza tutta intenta a soppesare cavoli e arance.

 

Frattanto, Kushina e Itachi si rincorrevano fra i banchi del mercato. La giovane Uzumaki prese due noci da una cesta e se le incastrò al posto degli occhi, poi si mise in bocca uno spicchio d’arancia che il mercante aveva aperto per mostrare ai clienti il succoso interno – peraltro suscitando le ire legittime del proprietario.

Kushina prese ad inseguire Itachi alla cieca, sbattendo contro le cassette di frutta e rovesciandone il contenuto, mentre diceva con voce spettrale: “sooono il fantasma del mercato… se ti prendo… ti riduco in marmellata!”.

Itachi correva davanti a lei e rideva a più non posso.

 

Mikoto pagò in fretta lo stupito mercante, che per la prima volta si vide consegnare le monete in malo modo senza nemmeno un saluto; poi, la composta moglie di Fugaku Uchiha schizzò via in direzione del giocoso duo Kushina-Itachi, che frattanto seminava scompiglio tra le bancarelle.

 

Mikoto bloccò Itachi per un braccio e mentre questi si divincolava prese due arance dal sacchetto della spesa e tentò senza successo di sistemarle nel cavo degli occhi.

“Anch’io so farti divertire,” diceva intanto al figlio; ma lui non le prestava alcuna attenzione, e si divincolava con maggior forza perché intanto Kushina stava sopraggiungendo a gran velocità da dietro. A causa delle noci sugli occhi, lei non poteva vederli.

 

Fu un attimo: Kushina inciampò su Mikoto inginocchiata, rotolò per alcuni metri trascinandosi dietro sia Itachi che la spesa, mentre quest’ultima si sparpagliava al suolo e gli ortaggi più delicati si trasformavano in appiccicosa poltiglia.

 

Mikoto si fece rossa il volto.

“BAAAAASTAAAAAAAAA!!!,” sbottò, stupendosi della sua stessa reazione; ma la rabbia era troppa perché potesse contenerla.

Guardò la rivale in cagnesco; “raccogli questo pasticcio,” ruggì, rivolta a Kushina, e preso Itachi per il polso lo trascinò fino a casa senza proferir parola.

 

---

 

Dopo l’increscioso episodio del mercato, la falsa cordialità che le due donne ostentavano l’una verso l’altra crollò trasformandosi in aperto risentimento.

Mikoto s’illudeva che detestando la sua rivale e impedendole i contatti con il figlio sarebbe tornata ad occupare il primo posto nel cuore del piccolo Itachi; Kushina, dal canto suo, aveva finalmente capito che le sue attenzioni verso il giovane Uchiha non erano gradite, e – pur non avendone intuito le motivazioni profonde – rimaneva in disparte, perennemente offesa.

Itachi rimase molto male quando si rese conto che Kushina non avrebbe più giocato con lui, ma dopo qualche tempo – come tutti i bambini – se ne fece una ragione e riprese a giocare da solo, come aveva sempre fatto.

 

Passarono le settimane e la situazione parve essersi stabilizzata.

In realtà, passata ormai la gelosia, la cui furia aveva reso Kushina inoffensiva, Mikoto incominciò ad analizzare la situazione più a fondo, a porsi alcune fondamentali domande chiedendosi le ragioni del successo della rossa Uzumaki con Itachi.

 

Incredibilmente – poiché, una volta cessato il pericolo e le ostilità, il cuore di Mikoto rimaneva più incline ai sentimenti positivi che non a quelli negativi – la giovane Uchiha si rese presto conto che Kushina non aveva colpa. Si trattava di una mera questione di carattere: Kushina stessa era, in fondo, ancora un po’ bambina, per questo si sintonizzava così bene con i piccoli. Bisognava riconoscerlo: Kushina aveva parecchi difetti (era chiassosa, disordinata, e parlava sempre a sproposito), ma con i bambini ci sapeva davvero fare.

Invece lei, Mikoto, era composta, silenziosa, ordinata; ma per quanti sforzi facesse, non avrebbe mai potuto diventare un’amabile giocherellona.

 

Lentamente, inconsapevolmente, Mikoto incominciò ad ammirare Kushina.

 

La ammirava perché era tutto ciò che lei non avrebbe mai potuto essere.

 

Abbiamo già avuto modo di sottolineare come Kushina non fosse certo una cima, né avesse un animo particolarmente incline all’analisi introspettiva dei suoi interlocutori; ma era una donna consapevole del proprio fascino e delle proprie qualità caratteriali e amava circondarsi di persone che riconoscevano in lei queste qualità. Si accorse velocemente del mutato atteggiamento di Mikoto nei suoi confronti: gli sguardi che le rivolgeva, le piccole attenzioni quotidiane, i sorrisi che timidamente spuntavano sulle sue labbra quando la incontrava.

Kushina ed il suo immenso amor proprio erano a dir poco entusiasti di questo cambiamento: la giovane Uzumaki non era certo poco generosa in quanto ad orgoglio, e la spontanea e genuina ammirazione di Mikoto non poteva che suscitare in Kushina un divertito compiacimento.

In breve tempo l’iniziale antipatia e l’offesa ricevuta furono ampiamente dimenticate da Kushina, la quale, oramai conscia dell’inguaribile timidezza di Mikoto, trovava ogni scusa per cercare di estorcerle qualche parola d’amicizia, seppur senza grandi risultati. La giovane Uchiha si limitava ad ammirarla da lontano, senza sbilanciarsi troppo, come voleva la sua natura schiva e riservata.

 

L’occasione giunse un limpido mattino di fine settembre.

Itachi frequentava da quasi un mese l’Accademia Ninja e così le due donne erano spesso sole a casa: Mikoto tremendamente affaccendata nel riassettare, pulire, cucinare; Kushina tremendamente annoiata.

Quella mattina la rossa Uzumaki aveva deciso di avvicinare Mikoto mentre quest’ultima era intenta a rimettere in ordine la camera da letto che divideva con Fugaku.

Kushina si fermò sulla soglia, incerta sul da farsi; Mikoto le dava le spalle, e le pareva quantomeno ineducato entrare senza permesso nell’altrui intimità. Generalmente, non avrebbe speso neppure mezzo secondo in tali considerazioni; ma la timidezza di Mikoto imponeva una certa delicatezza.

 

“Posso entrare?” chiese infine, stufa di aspettare.

Mikoto si voltò immediatamente, quasi avesse preso uno spavento; dopo aver visto Kushina sulla soglia, però, si tranquillizzò.

“Entra pure,” rispose con un mezzo inchino.

Nonostante i notevoli cambiamenti interiori che erano intercorsi, il rapporto esteriore tra le due donne rimaneva piuttosto freddo e distaccato. Nessuna voleva fare la prima mossa. Infine, Kushina si decise.

“Posso aiutarti?” il suo tono era cordiale, misurato; Mikoto non poté far a meno di notare che Kushina stava tentando in tutti i modi di contenere la sua naturale esuberanza, e dentro di sé le fu grata.

“Grazie, non è necessario,” sorrise.

Kushina però sentì di essere stata anche troppo ben educata, ignorò il cortese rifiuto della legittima proprietaria della stanza e prese a riordinare secondo un principio tutto personale, prendendo oggetti e spostandoli a casaccio. Non era mai stata nella stanza padronale degli Uchiha e dunque non poteva sapere che gli oggetti si trovavano sempre al loro posto.

Mikoto non si dispiacque di una così palese intrusione; il tentativo – impacciato quanto basta - di trasformare se stessa in una perfetta massaia da parte di una Kushina appena imbarazzata la fece sorridere.

Per qualche minuto rimase ad osservare Kushina intenta a spolverare, spostare e riordinare; tale spettacolo la divertiva più di quanto fosse disposta ad ammettere, perfino a se stessa.

Poi riprese lei stessa le faccende di casa, dando le spalle all’indaffaratissima compagna.

Mentre sprimacciava alcuni guanciali, pensò che in fondo Kushina fosse proprio una brava persona. 

Passarono così un po’ di tempo, l’una svolgendo le normali mansioni quotidiane, l’altra dandosi un gran daffare nel parere espertissima nelle faccende di casa; poi, Kushina parlò. Quello che disse le costò un immenso sforzo: era parecchio tempo che la giovane ragionava sulla questione per trovare le parole giuste per rivolgersi a Mikoto.

“Senti, Mikoto-san,” esordì; la sua interlocutrice, intuendo dal tono impacciato l’arrivo di un discorso delicato, si irrigidì appena. Smise ogni attività e rimase in ascolto.

“Ho riflettuto molto ultimamente, e…” Kushina si osservava le mani nervosamente.

La pausa nel discorso si prolungò un po’ più del dovuto, tanto che Mikoto si sentì in dovere di rassicurare Kushina per permetterle di proseguire.

Kushina-san, continua pure; a me puoi dire ciò che pensi realmente,” disse con calma.

Kushina arrossì, ma trovò il coraggio di terminare la frase lasciata incompiuta poco prima.

“Mi dispiace, Mikoto-san, se ti ho ferita,” disse in un soffio.

Mikoto aprì la bocca, ma non fece in tempo a proferir parola che Kushina la interruppe; non aveva terminato, voleva dirle ancora molte cose, e non si sarebbe più fermata fino a che non si fosse liberata la coscienza.

“Mi sono comportata come una sciocca. So bene quanto deve essere difficile educare un figlio, e… io ho dato troppa corda a Itachi, che ha finito per mettere in discussione la tua autorità. Mi dispiace.”

 

Mikoto fu grata della pausa nel fiume di parole di Kushina, perché doveva riflettere un secondo. E così, Kushina credeva che lei si fosse alterata per una questione di autorità! Non poteva sapere che in realtà Mikoto ne aveva sempre avuta ben poca, nei confronti di Itachi… e soprattutto, non aveva capito le motivazioni profonde della sua ira, cioè la gelosia! Mikoto si sentì incredibilmente sollevata: certo sarebbe stato terribilmente imbarazzante dover ammettere di essere stata gelosa del rapporto di Kushina con il figlio. Decise di non correggere l’errata interpretazione dei fatti della giovane Uzumaki, la quale frattanto aveva ripreso fiato ed era pronta per la rivelazione finale.

 

“Vedi…” disse con un sospiro; il tono di voce fu così intenso da costringere Mikoto, fino a quel momento rimasta di spalle, a voltarsi verso Kushina e fissarla in volto con sincera curiosità.

“La verità è che io… vedevo in Itachi… il figlio che vorrei avere… e che non ho,” concluse Kushina, visibilmente imbarazzata.

Un ultimo, poderoso sussulto di gelosia raggelò il cuore di Mikoto: dunque il suo istinto di madre non si era poi tanto allontanato dalla verità! La sua gelosia non era una mera, fantasiosa costruzione della sua mente: aveva un serio fondamento di realtà!

Questo intenso sentimento, però, fu decisamente effimero. La confessione di Kushina serviva a Mikoto la vittoria su un piatto d’argento; la giovane Uchiha non era in grado di serbare rancore alla compagna ormai sconfitta.

 

Frattanto, Kushina si era lasciata scivolare sul pavimento e fissava ostinatamente un piccolo nodo nerastro che risaltava sul legno chiaro.

Mikoto si accorse in ritardo – e con tremendo stupore – che la donna piangeva sommessamente.

“Io…,” cominciò tra i singhiozzi, che tratteneva ormai a stento, “temo… di non poterne avere,” concluse, abbandonando ogni autocontrollo e gettandosi tra le braccia di una frastornata Mikoto.

Passò qualche secondo prima che la corvina rimettesse insieme tutti i tasselli del puzzle: Kushina si riferiva all’ultima frase che aveva pronunciato, anche se in mezzo vi si era frapposto un lungo silenzio. La giovane seguiva il filo dei suoi pensieri, ma Mikoto, che aveva un bel daffare a tenere a bada i propri, rimase inizialmente spiazzata, prima di ricollocare ogni cosa al suo posto.

 

Ma certo, si disse Mikoto, adesso capisco tutto!

Si dedicò con tutta se stessa a consolare Kushina, che singhiozzava ancora sulla sua spalla.

La allontanò da sé per poterla osservare in volto; le porse un fazzoletto; le sorrise con dolcezza e le rivolse poche e sagge parole.

“Vedi, Kushina-san, una donna, per rimanere incinta, deve essere nel massimo del proprio splendore. Fisicamente e spiritualmente. Più ardentemente desidererai la gravidanza, più questa si farà attendere; abbi pazienza e fiducia in te stessa, e vedrai che presto porterai in grembo il frutto del tuo amore.”

Kushina sollevò appena lo sguardo per fissare gli occhi umidi in quelli inteneriti di Mikoto.

“Tu… dici davvero?” la sua vocina era così minuta ed infantile che Mikoto immaginò di avere di fronte una figlia, piuttosto che una coetanea. Fece quello che le riusciva meglio al mondo: la madre premurosa. In pochi minuti riuscì a far persino sorridere la sua rossa compagna, che si prodigò in mille ringraziamenti. Le due donne uscirono dalla camera da letto degli Uchiha molto tardi, e si diressero insieme in cucina a preparare il pranzo.

 

Era nata una nuova amicizia.

 

Per tutto il giorno e in quelli successivi Mikoto tentò in tutti i modi di coinvolgere Kushina nelle faccende di casa; quest’ultima, per parte sua, accettava di buon grado tutte le proposte dell’amica, salvo poi stufarsi abbastanza in fretta e lamentarsi della noia delle faccende domestiche.

Mikoto le rispondeva con un sorriso che doveva tenere la mente occupata per non pensare al desiderio della gravidanza; e poi, una volta incinta, avrebbe comunque dovuto imparare a lavare, stirare e cucinare, quindi si trattava soltanto di guadagnare un po’ di tempo!

Così Kushina si lasciava guidare tra stoviglie da lavare e verdure da tagliuzzare, divenendo anch’essa in breve tempo abilissima in cucina.

 

Ogni mattina le due amiche si ritrovavano nella camera da letto degli Uchiha, dove riordinavano e spolveravano insieme, quasi si fossero date in quel luogo un tacito appuntamento. Il tempo che passavano in quella stanza era ricco di confessioni, pettegolezzi, e dichiarazioni d’affetto l’una verso l’altra; quel luogo, in fondo, era stato testimone dello sbocciare della loro amicizia, e le due donne amavano ritrovarvisi insieme, godendo l’una della compagnia dell’altra.

 

Nonostante i ripetuti ammonimenti di Mikoto, però, spesso e volentieri i discorsi di Kushina ricadevano sul desiderio di maternità. Confessava all’amica i suoi timori più nascosti, quelli che nemmeno Minato aveva mai udito dalla sua bocca; desiderava tanto poter avere un maschietto per dare al leggendario Fulmine Giallo un degno erede, per vederlo diventare un grande Ninja, e –perché no – magari, un, giorno, persino Hokage.

Mikoto le rispondeva sempre che sarebbe successo proprio come desiderava, ma non poteva far a meno di sentirsi un po’ in colpa perché lei ciò che Kushina desiderava l’aveva già.

Itachi infatti si era da subito distinto all’Accademia Ninja ed era velocemente diventato l’allievo di punta dell’intera scuola. Quando il piccolo tornava a casa e raccontava i successi scolastici, Mikoto gli passava una mano tra i capelli corvini congratulandosi con lui, ma non si sbilanciava troppo perché ogni volta che la scenetta si ripeteva Kushina si carezzava inconsapevolmente il ventre ed assumeva un’aria affranta. Quando Itachi, dopo aver ottenuto il riconoscimento della propria bravura da parte della madre, si rivolgeva a lei, Kushina lo elogiava molto elargendogli grandi sorrisi, ma Mikoto vedeva al di là della maschera un dolore sottaciuto e malcelato, che solo gli occhi ingenui del bambino potevano ignorare.

 

Mikoto non sapeva, però, che quella stessa stanza da letto dove aveva compassionevolmente ascoltato le confessioni di Kushina sarebbe diventato un luogo ancor più importante per il futuro di entrambe le famiglie. Di lì a poco, la giovane moglie di Fugaku scoprì di essere nuovamente incinta; come era comprensibile, si sentì tremendamente in colpa nei confronti di Kushina, tanto da tenerle nascosta la propria gravidanza per qualche tempo. Nei giorni successivi alla scoperta Mikoto dette prova del grande imbarazzo che provava ogni qualvolta Kushina cercava la sua compagnia arrossendo visibilmente e non riuscendo a mettere insieme più di due parole di senso compiuto; Kushina si accorse subito del cambiamento dell’amica e più volte le domandò quale fosse la ragione del suo comportamento. L’altra rispondeva con una stretta di spalle ed un ennesimo rossore delle guance, altrimenti candide. Infine il giorno in cui Mikoto incominciò a vedere una leggerissima e morbida curva comparire timidamente sul suo ventre, non resse più e guidò l’amica nella propria stanza da letto, il luogo delle loro confessioni piccanti.

 

“Cosa mi devi dire?” chiese Kushina incuriosita dal modo di fare piuttosto strano dell’amica.

“Ecco, vedi, io…” Mikoto abbassò il capo a fissare il pavimento, sopraffatta dall’emozione. Temeva la reazione dell’amica.

“Su, coraggio, Mikoto-san, continua pure; a me puoi dire ciò che pensi realmente,” disse Kushina dando prova di ricordare esattamente le parole che Mikoto le aveva rivolto durante il loro primo incontro nella stanza, quello che aveva visto una bella amicizia sorgere dalle ceneri di un’iniziale antipatia.

Mikoto, suo malgrado, sorrise. Il volto ingenuo e ricco d’aspettative di Kushina le segnalava che l’amica aspettava fiduciosa buone nuove e non aveva minimamente capito ciò che stava per arrivare. Decise che sarebbe stato meglio sputare subito il rospo senza esitare oltre.

“Sono incinta,” disse semplicemente, con voce malferma e mani tremanti.

Ci fu un minuto di imbarazzato silenzio da parte di Mikoto, che tenendo lo sguardo fisso a terra non poté vedere, dopo lo sgomento iniziale, un sorriso sciogliere le labbra inizialmente imbronciate di Kushina. Era una bambina, in fondo; ma tanto buona. La notizia era oltremodo positiva, e lei non avrebbe in alcun modo minato la felicità di Mikoto.

“Questa si che è una bella notizia!” esclamò con giubilo correndo a stringere l’amica. “Congratulazioni!”

 

Mikoto rimase interdetta. Mise da parte la sua timidezza perché la curiosità questa volta era troppa.

“Ma… non sei… invidiosa?”

“E come potrei esserlo? Sono contenta per te! A che mi servirebbe essere invidiosa? Intanto avremo un nuovo bebé per casa, che felicità!”

Kushina salterellava attorno all’amica, al colmo della gioia. Tutt’ad un tratto si fermò, proprio di fronte a Mikoto.

“Si, è vero, invidiosa lo sono, un pochino. Ma non di te: che colpa ne hai, tu?”

Mikoto si lasciò andare ad un sorriso liberatorio e cinse le spalle di Kushina.

“Stavo pensando…” continuò la giovane Uzumaki, “che forse… potremmo fare a cambio di stanza da letto, per qualche tempo? Forse, qui… io e Minato saremo più… fortunati…”

 

Mikoto rimase non poco imbarazzata dalla richiesta dell’amica, ma fatto un rapido calcolo mentale decise di acconsentire. In fondo, Kushina si era comportata fin troppo bene, meritava certamente un piccolo sacrificio…

 

“D’accordo, Kushina-san; ne parlerò stasera con Fugaku, e se anche lui acconsentirà, tu e Minato potrete… ehm… dormire qui per un po’,” disse diventando rossa fino alla radice dei capelli.

 

E invero, così fu.

Kushina e Minato dormirono nella stanza degli Uchiha per oltre un mese, fino alla mattina in cui Mikoto dovette tenere la testa dell’amica mentre questa vomitava copiosamente. La gravidanza della giovane Uchiha era ormai al terzo mese; e quella mattina le due donne seppero che finalmente anche Kushina aspettava un figlio. Descrivere le loro danze di gioia e le loro complici risatine sarebbe oltremodo fuoriluogo, un’invasione nell’intimità calda ed accogliente che solo due donne incinte possono provare insieme.

 

Kushina scoprì presto le gioie e i dolori della gravidanza; tutte le mattine si alzava all’alba per vomitare, mentre Mikoto, tre mesi avanti a lei, aveva già superato quella fase. Le due donne non persero mai l’abitudine di ritrovarsi ogni mattina nella camera da letto Uchiha, tornata ai legittimi proprietari; lì Kushina si lamentava della nausea, della fame, delle voglie continue. Mikoto la consolava spiegandole che sarebbe presto passato e preparandola alle noie ben peggiori dell’ultimo trimestre, quello in cui il peso del bambino e del pancione schiaccia la vescica costringendo la gestante a continue gite in bagno a fare pipì, quello in cui la deambulazione diventa affare difficoltoso e quanto mai scomodo. Kushina ascoltava rapita i discorsi di Mikoto e giurava che qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quella orribile nausea.

 

Alla fine di luglio, Mikoto partorì un bel maschietto che lei e Fugaku decisero di chiamare Sasuke.

E come era assai facile prevedere, Kushina, ormai all’ultimo trimestre di gravidanza, passati i primi giorni di rapimento per il piccolo Sasuke, riprese a lamentarsi peggio di prima per il peso notevole del suo pancione.

“Sono sempre stanca, e non posso dormire come piace a me,” diceva continuamente.

L’altra frase che non si stancava mai di ripetere era “non vedo l’ora che il bimbo nasca”.

 

Infine, arrivò anche ottobre. Kushina stupì Minato preferendo partorire nella camera da letto degli Uchiha, in compagnia soltanto di Mikoto in qualità di esperta levatrice. Quella camera da letto era ormai troppo importante per le due donne e la loro amicizia. Mentre Mikoto aveva partorito in silenzio, velocemente e senza particolari affanni, Kushina si lamentò, urlò e strapazzò le lenzuola ed il cuscino dell’amica prima di mettere al mondo un bellissimo bambino. Proprio come aveva desiderato, era un energico maschietto; biondo come il padre, chiassoso come la madre.

 

Incredibilmente, Kushina uscì dalla gravidanza molto cresciuta e maturata. Insieme, le due amiche si gettarono a capofitto nella vita di neomamme, tra pannolini, poppate e ninnananne.

 

Era incominciata per loro un’era serena.

 

Non sapevano ancora che, purtroppo, non sarebbe durata a lungo.  

 

Per nessuna delle due.

 

Ma questo ha poco a che vedere con la nostra storia, che parla di Mikoto, Kushina e una camera da letto.

 

 

 

Primo Posto
+
Premio Miglior Sviluppo


Nick (su EFP): verolax
Titolo: Nascite
Grammatica, ortografia e sintassi: 4/5
Stile, scorrevolezza e stesura: 4/5
Originalità: 4/5
IC dei personaggi: 3.5/5
Sviluppo della trama, caratterizzazione dei personaggi e descrizione del luogo: 4/5
Giudizio personale: 8.7/10
Totale: 28.2/35

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Commento
Mi è piaciuta. Oh sì, eccome. L'ho goduta dall'inizio alla fine.
Non mi sarei mai aspettata una cosa simile, sono rimasta totalmente scioccata. In senso buono, però.
Non ho niente da correggere o consigliarti, tranne, forse, l'IC di Mikoto. Mi sono informata, e la tua descrizione non coincide proprio completamente con le mie informazioni: Mikoto era una donna di bell'aspetto e buon carattere, trattava bene i figli ed era spiritosa, sapeva come fare con l'algido Uchiha ed era attiva.
O una cosa simile, comunque.
Per il resto... Beh, sono ancora qui a bocca aperta e sotto shock.
Bravissima, davvero bravissima. Si vede che ci hai messo te stessa per scriverla, ci hai messo passione e sudore.
Complimenti.

 

 

 

  
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