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Autore: Kukiness    03/03/2010    17 recensioni
PRIMA CLASSIFICATA al concorso "Spuntino di Mezzanotte" di Aliceundralandi
«Non ci pensare nemmeno,» rise Bella, anche se la voce era ancora leggermente nasale. «Tu non sai nemmeno scongelare la carne!»
Charlie pensò ah già. E che forse non sarebbe bastato un post-it a ricordarglielo, quando lei se ne sarebbe andata.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Swan, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
- Questa storia fa parte della serie 'Parenthood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Nota del 6/9/2012

Uuuh, che fatica scrivere questa storia, voi non ne avete idea.

È ambientata durante Breaking Dawn, la notte prima delle nozze di Edward e Bella. Ho sempre trovato molto irrante la reazione di Bella all’idea di perdere la propria umanità, e poco verosimile. Si può scegliere l’amore eterno e l’immortalità anche restando consapevoli di ciò che si perde. E io sono una grande fan dei piccoli piaceri della vita. Stephanie Meyer l’ha fatta troppo facile.

Quella che vi apprestate a leggere è la terza stesura del racconto. Nell’idea originale, doveva essere una Jake/Bella (ma va’); nella seconda, l’idea era quella di scrivere dal punto di vista di Edward, ma poi Saorio mi ha fatto notare che avrebbe avuto una reazione poco felice. Alla fine, papparapà, ecco a voi Charlie.

Buona lettura!



OGGI BELLA SI SPOSA


Charlie Swan si svegliò nel cuore della notte. Le palpebre gli pizzicavano e lingua era spessa e asciutta, una specie di spugna appiccicata al palato. Anche se la camera era buia e la casa era silenziosa, Charlie era sicuro che fosse stato un rumore a svegliarlo.

Si stropicciò gli occhi e si voltò verso il comodino. La sveglia lampeggiava l'ora in rosso acceso.

Le tre del mattino?Charlie affondò di nuovo la testa nel cuscino con un grugnito esasperato. Si passò la lingua sulle gengive e il sapore della pizza ai peperoni della sera prima gli invase la bocca. Nel suo cervello galleggiò un pensiero salato e asciutto, ho sete, che lo costrinse a deglutire un groppo di saliva amara. E poi subito, emerso come una bottiglia vuota sul pelo dell'acqua, oggi Bella si sposa.

Charlie spalancò gli occhi. Sul soffitto si rifletteva di tanto in tanto il lampo arancione dei fanali di qualche auto di passaggio. Oggi Bella si sposa. Charlie si premette i palmi delle mani contro gli occhi, che bruciavano dietro le palpebre, e fu sicuro che non sarebbe più riuscito ad addormentarsi.

Si impose di non pensare alla pizza, di non pensare salato, di non pensare a Bella in abito da sposa al suo braccio verso l'altare. Troppe cose a cui non pensare tutte in una volta. Storse la bocca. La lingua gonfia gli premeva contro la gola. Decise di essere più assetato che preoccupato.

Barcollò fuori dal letto senza accendere la luce e inciampò nello scendiletto. Complimentoni, Charlie. Il corridoio era silenzioso, avvolto in un'oscurità azzurrina. La porta della camera di Bella era chiusa. Charlie si chiese se fosse riuscita ad addormentarsi. Quindici anni prima avrebbe ruotato la maniglia e aperto uno spiraglio per controllare che stesse bene. Rimase con la mano sospesa a mezz'aria per una manciata di secondi prima di decidere che non era il caso.

Sbuffò e scese le scale. Il lento cigolio dei gradini si trasformò nell'umido scalpiccio dei piedi nudi sulle piastrelle gialle della cucina. Charlie accese la luce e il ronzio del neon gli riempì le orecchie. Strizzò le palpebre per un lungo istante, per abituare gli occhi alla luce.

Si diresse verso il frigo spruzzato di calamite e di post-it di Bella, che gli ricordavano di scongelare assolutamente la carne prima di metterla in padella e di PER FAVORE NON DARE FUOCO ALLA CUCINA!!! Il tavolo invece era ingombrato da scatole bianche con il logo della ditta di catering che Renée e la signora Cullen avevano scelto per il matrimonio. Quelle lunghe e basse erano di salatini, quelle alte e larghe avevano qualcosa a che fare con dei silos di gelato alla vaniglia, più un sacco di cose a cui gli era stato esplicitamente vietato di avvicinarsi.

Poi lo udì di nuovo, il rumore che lo aveva svegliato.

Si trattava di un gemito liquido e basso, supplicante, simile al verso di un qualche animale. Charlie si irrigidì. Strinse la tanica di plastica di succo di frutta che aveva appena sfilato dal frigo.

Sangue freddo, vecchio mio.

Se si fosse voltato velocemente, forse sarebbe riuscito a scagliare la tanica sulla faccia dell'aggressore. Forse non lo avrebbe tramortito, ma avrebbe sicuramente preso un po' di tempo, abbastanza per raggiungere un'arma più adeguata. Un coltello, magari.

Ma quando si girò la stanza era vuota.

Charlie sbatté le palpebre, confuso. Fece saettare gli occhi alla finestra, ma anche il giardino sul retro sembrava nient'altro che una pozza nera e bluastra di quiete notturna. Charlie abbassò lo sguardo.

Bella si trovava lì. Era rannicchiata per terra, appoggiata contro il mobiletto della cucina e con le gambe raccolte al petto. Era in pigiama, la solita canotta bianca con i pantaloni verdi della tuta, e i capelli le ricadevano disordinatamente sulla faccia, appiccicati alla fronte e alle guance. Era a piedi nudi e accanto a lei si trovava una delle scatole del catering, aperta, con i resti di quello che doveva essere stato un set di pasticcini assortiti, ora ridotto a grumi sbocconcellati di pastafrolla, ditate di cioccolata e di crema pasticcera, briciole zuccherate e pepite di cioccolato sparpagliate sul fondo del cartone.

Charlie sgranò gli occhi.

«Oh, per l'amor del cielo!»

Si inginocchiò immediatamente vicino a Bella. Le mani di lei erano tutte inzaccherate, lucide di marmellata di albicocche e di sbaffi marroncini; la maglietta era un mosaico di ditate e di macchie, mentre la bocca sembrava essere sopravvissuta a un goffo tentativo di spalmarsi troppo rossetto sulle labbra, un cremoso alone di panna e ripieno di cannoli.

«Bells», mormorò, appoggiandole una mano sulla spalla. «Ma cosa ci fai per terra? Ti sei fatta male? Mi hai fatto prendere un colpo... Bells?».

Bella emise un gemito sommesso e tirò rumorosamente su con il naso. Alzò gli occhi su Charlie. Erano arrossati e gonfi di pianto. Le guance imbrunite dalla polvere di cacao, come il trucco sbavato di un brutto clown, erano rigate da lucide strisce di lacrime e di muco. Le spalle erano scosse da violenti singhiozzi.

«Bella».

Bella gorgogliò qualcosa, un verso liquido e balbettante, e si strusciò una mano sugli occhi lacrimanti, con il risultato di spalmarsi lacrime e cioccolata su tutta la faccia.

Charlie le batté una mano sulla schiena, come faceva quando era piccola e la vedeva annaspare per una bolla d'aria inghiottita durante la poppata. Il panico gli appesantiva lo stomaco. Io non le so aggiustare queste cose, pensò terrorizzato mentre strofinava la schiena di Bella con vigore. Perché nessuno gli chiedeva mai di stringere una tubatura di un lavandino che perde, o di controllare perché il boiler ha cominciato a perdere colpi? Perché nel cuore della notte Bella non poteva svegliarsi perché il termosifone non funzionava, invece di piangere e urlare per gli incubi e il dolore? Non poteva stringere un bullone per farla stare meglio, non poteva usare la chiave inglese per farla smettere di piangere. Si sentì stupido e inutile nel sussurrarle un timido «Su su, Bella. Respira, tesoro.»

Bella respirò. Il risultato fu più simile a un rantolo, che odorava di cioccolato e saliva, ma bastò per schiarire leggermente le chiazze scarlatte sulle sue guance.

«Su su». Charlie la accarezzò la schiena. La posizione accucciata, con tutto il peso sulle punte dei piedi, cominciava a fargli male alle caviglie e alle spalle, ma non si mosse da dove si trovava. «Bells, tesoro, che cosa è successo?».

Bella tirò rumorosamente su col naso. Si strofinò di nuovo il polso sugli occhi. «Avevo fame...», pigolò alla fine, tra un singhiozzo e l'altro.

Charlie aggrottò la fronte. Trovare la propria figlia la notte prima delle sue nozze accucciata sul pavimento della cucina dopo una razzia di pasticcini alla crema non è esattamente quel tipo di situazioni per cui ci si aspetterebbe una risposta del genere. «Eh?», biascicò confuso. Si domandò se non fosse una frase in codice per dirgli che non voleva più sposarsi. Glielo chiese. «Non vuoi più sposarti?».

Bella singhiozzò ancora più forte. Charlie intuì che non si trattava della domanda giusta. «Per l'amor del cielo, Bells, no! Non intendevo… No, su su, ti prego. Io… È successo qualcosa con Cullen?».

Bella scosse la testa, con un lungo gemito. Charlie annuì. «D'accordo. Ehm». Chiese un suggerimento disperato al proprio istinto da poliziotto, esperto di interrogatori e di situazioni pericolose. La risposta dopo un lungo momento di silenzio ronzante fu Chiama rinforzi. Charlie storse il naso. «Vuoi che, ehm, chiami tua madre?».

Bella scosse la testa di nuovo, con un gemito più forte.

«No, d'accordo. Effettivamente non era una grande idea». Charlie sospirò, passandosi una mano dietro il collo. «Quindi avevi, ehm, fame?».

Bella questa volta annuì, stringendosi le ginocchia contro il petto.

«Potevi farti un sandwich», tentò Charlie. Bella riprese a singhiozzare. «No, no no, ho capito, avevi voglia di pasticcini».

«Non avevo voglia di pas…». Bella tirò su col naso e tossì. Si nascose per un lungo istante la faccia tra le mani sporche, con le unghie incrostate di cioccolato, poi emise un sospiro liquido. «Mi… mi sono sve-svegliata e sono ve-venuta qui in cucina. E poi, e poi, e poi…». Schioccò le labbra in un verso umido, alzando gli occhi verso il frigorifero. «Ieri sera n-non ho mangiato niente. Co-così sono venuta a prendere un pa-paio di cracker. Ho fi-finito la scatola…».

«Hai finitola scatola di cracker?». La scatola formato famiglia che avevano in dispensa bastava per una settimana senza spesa.

Bella gemette. «Non so co-cosa mi sia preso! No-non erano neanche un granché. Ma pri-prima ci ho messo sopra del formaggio. Po-poi ho pensato che un po' di affettato non ci sarebbe stato male. Poi mi sono ricordata che avevamo della ma-maionese da qualche parte e… e…». Alzò la testa verso il mobile della cucina. Charlie seguì il suo sguardo e notò un vasetto di maionese svuotato che brillava del riflesso della lampada al neon. Sgranò gli occhi sconvolto mentre Bella ricominciava a piangere.

«Bells, tesoro, calmati», si affrettò a consolarla, accarezzandole di nuovo la schiena. «Dai, la maionese si ricompra. E anche il formaggio, e l'affettato, e i cracker».

«I pasticcini no!», ululò Bella. «Erano per domani! Per domani, per gli invi-invitati! Sono stati preparati apposta, ma io io io li ho visti e … e … la maionese era finita e … Io avevo così fa-fame …».

La voce di Bella si ridusse ad un sussurro, tanto che Charlie fu costretto ad allungare la testa per riuscire a cogliere la conclusione della frase. «Allora hai fatto bene a mangiarli», le disse, cercando di abbozzare un sorriso. «Domani è la tua giornata, Bells. I pasticcini erano per te, per la tua festa. Se avevi fame, penso che tu abbia fatto bene a mangiarli.»

Bella rimase immobile per qualche istante, con il mento tremante appoggiato alle ginocchia e le mani sporche che le inzaccheravano la felpa dei pantaloni del pigiama. Il respiro le sibilava dalle narici, in un verso aritmico e umido.

«A-Angela», balbettò dopo qualche istante, tirando su col naso, «Angela mi ha detto che a Port Angeles c'è un posto dove fanno degli hamburger buonissimi.»

Charlie rinunciò alla posizione accovacciata, risolvendosi per sedersi a terra accanto alla figlia con le gambe incrociate, anche se non era più abituato a certi tipi di sedute, con il pavimento duro che gli faceva male al fondo schiena. «Ah sì?», le sussurrò, anche se capiva sempre meno la situazione, le lacrime, la fame e i pasticcini.

Bella annuì. «Gli hamburger più buoni di tutta la contea di Washington.» Deglutì un groppo di saliva. «Mi diceva sempre che... che friggevano la carne su una...» Frullò le mani impiastricciate di crema, come per catturare le parole giusta. «E veniva buonissima. Mi ha invitata spesso ad andare e io, e io ho sempre rimandato.» Si passò il braccio sotto il naso, lasciandosi una striscia di muco luccicante sulla pelle. «E adesso non ho più tempo.» Bella alzò gli occhi su Charlie, con il naso che le colava, le lacrime che le ricavano le guance e la bocca piegata in una triste U rovesciata. «Papà, i-io voglio quegli hamburger!»

Charlie strabuzzò gli occhi. Stirò le labbra in una smorfia incerta, allungando la mano per sistemarle goffamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Ma, tesoro», e così dicendo alzò gli occhi all'orologio piatto a muro che si trovava sopra le loro teste, vicino al calendario, «sono quasi le quattro del mattino. Io non credo che …»

L'espressione di Bella si fece disperata. Charlie era sicuro di non averla mai vista così atterrita, se non durante quelle notti terribili, quando il figlio dei Cullen se ne era andato e lei faceva continuamente quegli incubi spaventosi.

«Tesoro, mi vuoi dire che cosa c'è?» Sbuffò, passandosi la mano sulle guance che pungevano di barba. «Senti, è normale sentirsi un po' nervosi, la sera prima delle nozze. Stanno per cambiare tante cose: ti trasferirai, andrai a vivere con un uomo, farai parte di una nuova famiglia …» Le strofinò le nocche ruvide sulla guancia umida, asciugandole una lacrima con il pollice. «Ma ci sono cose che resteranno le stesse. E quel ristorante è una di quelle.» Abbozzò un sorriso. «Aspetterà un paio di giorni, così che tu possa tornare dalla luna di miele e assaggiare quella famosissima carne alla griglia.»

«Io non potrò più mangiare gli hamburger», farfugliò Bella all'improvviso. La vide irrigidire la mandibola e far saettare le iridi scure come impazzite lungo la stanza, sulla tavola ingombra di scatole bianche. «I-io non potrò più … I sapori delle cose … »

Charlie aggrottò la fronte. «Non essere sciocca, Bella. Che discorsi sono. Certo che potrai mangiare hamburger.» Appoggiò anche lui la schiena contro il mobiletto della cucina, dandole un po' di sollievo. «Il figlio dei Cullen non ti porta mai fuori a cena?»

Bella emise uno strano sbuffo, ancora umido e vagamente nasale, ma Charlie notò con soddisfazione che aveva almeno smesso di piangere. «Sì che mi porta fuori a cena, papà. È solo che...» La vide coprirsi la faccia con la mano e realizzare in un secondo momento di avere ancora le dita imbrattate di crema e cioccolato. La vide aggrottare la fronte, un po' sorpresa, e succhiarsi via uno sbaffo giallognolo di crema pasticcera dall'indice. «Cambieranno tante cose, lo sai.»

«Cos'è, vuoi dirmi che Cullen è anche vegetariano?», bofonchiò Charlie, senza riuscire a trattenere una punta di ironia nel pronunciare quella parola.

Bella si irrigidì e sgranò leggermente gli occhi. Poi, a sorpresa, le sue labbra si distesero in un sorriso stanco. «Diciamo di sì …»

Charlie inarcò le sopracciglia. Quel Cullen gli piaceva sempre di meno, anche se non credeva che fosse possibile. «Ah, è così? Lui è vegetariano e allora anche tu devi diventare vegetariana? Ma senti questo, quante pretese. Gli faccio un discorsetto io, su quello che puoi e non puoi mangiare!»

Bella si agitò nervosamente contro il mobiletto e gli appoggiò una mano sul braccio, lasciandogli una traccia umida di briciole e crema al cioccolato nell'incavo del gomito. «Papà, Edward non mi sta obbligando a fare niente. È una mia scelta. Sarò sua moglie e devo, voglio, io voglio abbracciare tutto quello che lui è. Anche la sua dieta, se è necessario.»

Charlie sentì un moto di fastidio sfarfallargli nello stomaco. «Quante sciocchezze! Da quando in qua uno riesce a crescere sano senza una buona bistecca ogni tanto? Ma stiamo scherzando? Tu hai bisogno di proteine, per la miseria, di hamburger, di costolette di agnello e di tacchino per il Ringraziamento!» Le scoccò un'occhiata severa, storcendo il naso in una smorfia risentita. «Bella, ascolta, io non voglio fare quello che … Insomma, è la tua vita. Sei una donna ormai, una donna meravigliosa, e so che sai prendere le tue decisioni e sai scegliere per te stessa, ma questo è … è troppo! Ho acconsentito al matrimonio, ma questa cosa del vegetarianesimo… No! Questa proprio no. Non sei una capra, ed è ora che quel Cullen se ne renda conto. Una bistecca al sangue non ha mai fatto male a nessuno, puoi fidarti di …»

La voce di Charlie si spense man mano che la risata di Bella cresceva di intensità. Era cominciata con un sorrisetto a mezza bocca, per poi continuare in uno sbuffo nasale e prorompere in una risata rumorosa, mischiata al pianto, di petto, con tanto di occhi strizzati e testa leggermente piegata all'indietro. Per un attimo, per un solo attimo, a Charlie sembrò di trovarsi di fronte la giovane Renèe, quando facevano i loro pic-nic in cucina, per terra, con una tovaglia a scacchi rossi e bianchi perché fuori pioveva troppo per stare sul prato. Gli si strinse qualcosa nel petto. Scosse la testa e aggrottò la fronte.

«Si può sapere perché adesso stai ridendo, signorina?»

Bella scosse la testa, strofinandosi di nuovo gli occhi.

«Niente, papà. Niente.» La vide sporgersi e subito dopo sentì l'umido schiocco di un bacio bagnato dalle lacrime contro la guancia. «Ti voglio bene.»

La cosa che gli si era stretta nel petto si sciolse come neve al sole. Charlie abbozzò un «Sì sì, ti voglio bene anch'io», e ruotò la testa dalla parte opposta, per proteggere quella sensazione dagli occhi del mondo, compresi quelli di Bella. Si alzò e le tese la mano. Quella di Bella era piccola e umida, impiastricciata di marmellata e crema, e a Charlie tornarono in mente i pomeriggi di sole quando le comprava il gelato e lei lo faceva colare da tutte la parti. Oggi Bella si sposa.

«Dai, piccola.» La aiutò a tirarsi in piedi, sorprendendosi di quanto fosse leggera. «Se vuoi degli hamburger, ci penso io a cucinartene un paio.»

Bella tirò su col naso per l'ultima volta e sorrise. «Sicuro?»

«Certo, hai fatto venire un po' di fame anche a me.» Aprì lo sportello per cavare fuori la padella. «Tu va' a darti una pulita, qui ci penso io.»

«Non ci pensare nemmeno,» rise Bella, anche se la voce era ancora leggermente nasale. «Tu non sai nemmeno scongelare la carne!»

Charlie pensò ah già. E che forse non sarebbe bastato un post-it a ricordarglielo, quando lei se ne sarebbe andata.



Fine



© Non possiedo ovviamente né Twilight né i suoi personaggi né la sua ambientazione, ma questa storia sì. È stata scritta senza scopo di lucro e gradirei che così rimanesse. Se volete pubblicarla altrove, citarla, recensirla, tradurla, stamparla e farci coriandoli, siete assolutamente liberi di farlo, basta riportare i dovuti credits. So long, and thank you for all the fish.

   
 
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