MY
PURGATORY
Capita spesso che persone con enormi differenze si
trovano a dover convivere sotto lo stesso tetto. Per un motivo o per
l’altro.
Ebbene questo tipo di situazione riguarda anche a
due persone: Thomas e Laura.
Convivono in un appartamento in
affitto in periferia. Non hanno un lavoro fisso e quindi cercano ogni
giorno di trovare il modo di guadagnare qualche soldo in più
per poter campare. Freschi entrambi di università, stanno
muovendo i loro primi passi nel mondo del lavoro. Le differenze
allora quali sono?
Lui è freddo, eternamente
pessimista, sembra sempre che ce l’abbia col mondo intero. Non
fa altro che alzare la voce, si lamenta per qualsiasi cosa e, come se
non bastasse, ha la mente quadrata: non ascolta altra musica
all’infuori dell’hard rock. Qualsiasi altro gruppo per
lui è commerciale. E poi non sopporta le ragazze.
Questo è
forse l’aspetto più ambiguo perché non si è
mai capito il come mai di questo odio sconfinato per l’altro
sesso da parte sua. Una volta aveva fatto a pugni con un suo compagno
di scuola perché non faceva altro che parlare della ragazza
con cui era uscito il giorno prima.
Lei è tutto
l’opposto: è sempre allegra e molto
socievole. Eternamente ingenua, adora balzare da un ragazzo all’altro
e si vanta di aver avuto numerose esperienze di vario tipo. Adora da
morire Fall Out Boy e Panic At The Disco, musica che Thomas non
sopporta e ogni volta glielo fa notare nel modo che gli riesce
meglio: urlarglielo.
Come si può intuire, la
convivenza non era delle più semplici. E non era nemmeno
voluta a dir la verità: era dettata solo dalla comodità
di poter pagare un affitto in due che sarebbe potuto essere molto più
conveniente.
Forse però tutto doveva cambiare.
Accadde
una sera.
Laura era appena tornata a casa dall’ennesimo
appuntamento con il ragazzo di turno. Sarà stata all’incirca
mezzanotte e Thomas era in soggiorno a guardare un film che aveva
registrato alla TV giorni prima. Lei lo salutò: “Ehi
sono tornata…”
Non ci fu risposta.
“Ehi? Che
ti succede? Hai perso la lingua?”
Ancora silenzio. Le uniche
cose che si potevano sentire erano gli spari e le esplosioni del film
che Thomas stava guardando.
“Mah… vabbè…”
e Laura con un sorriso si accinse a levarsi la giacchetta e a
metterla sull’attaccapanni. Sotto aveva un vestito da sera
nero: una delle spalline era abbassata. Era evidente che non se lo
era messo a posto bene per la fretta. Alla fine Thomas si decise a
parlare:
“Quando la pianterai di fare la puttana?”
Laura
si girò di scatto.
“Ma di che diavolo parli?”
Thomas
si alzò dal divano, senza mai staccare il suo sguardo gelido
da lei.
“Di te e di chi sennò?” disse
indicandola con la mano che reggeva il telecomando “La
Principessa sul pisello… Non hai mai provato vergogna per ciò
che fai?”
“Senti, non venirmi a fare la paternale ok?”
Laura si alterò leggermente mentre si sistemava la spallina
del vestito “La vita è mia e me la gestisco io…”
Thomas
si avviò verso il frigo e prese una bottiglietta di birra che
stappò usando il pollice. Tutto sempre senza mai toglierle gli
occhi di dosso: il suo sguardo ora era di rimprovero.
Eppure le
altre sere non le aveva mai detto niente del genere. Evidentemente
era destino che esplodesse proprio quella sera.
“Beh ti devo
fare i complimenti perché la tua è proprio una vita da
sgualdrina di merda…”
“Ehi! Non iniziare a
offendere! Ti sei visto almeno tu? Razza di sfigato del cavolo!?”
“Oh
beh almeno non mi faccio usare come un giocattolo per arrapati
deficenti!”
“QUINDI MI STAI DICENDO CHE SONO UNA DI
QUELLE ATTRICETTE PORNO EH? E’ QUELLO CHE DICI?”
“BEH
SE NON LO VUOI ESSERE TI CI STAI AVVICINANDO! E IL BELLO E’ CHE
TE NE VANTI PURE CON LE TUE AMICHE DEFICENTI!”
“CHE
C’E’? SEI GELOSO PER CASO EH?!”
“GELOSO
IO! DI CHI? DELL’ENNESIMO CRETINO TUTTO MUSCOLI E ZERO CERVELLO
CHE TI HA APERTO LE GAMBE PER L’ENNESIMA VOLTA?”
Seguì
una risata fragorosa, volontariamente provocatoria nei suoi
confronti. Laura iniziò ad avere il desiderio di mettergli le
mani addosso. Era così che la pensava: un bel ceffone e starà
zitto probabilmente.
“Scommetto che ti sarebbe piaciuto
essere lui eh?” gli disse Laura stringendo i pugni “DI’
LA VERITA!” Gli urlò. Thomas non si scompose.
Dopo
essersi bevuto un sorso di birra si limitò a guardarla come
una persona da compatire e le disse: “Mi fai talmente schifo
che te l’avrei fatta ricucire quella merda che hai in mezzo
alle gambe. Chissà quante persone ci sono passate di lì…”
Laura iniziò ad arrossire dalla rabbia, i suoi pugni
stretti iniziarono a tremare.
“Cosa succederà poi
quando questo ti dirà quelle due paroline idiote eh?”
Thomas fece una pausa per bere un altro sorso di birra “Ti
luccicheranno gli occhi e allora non farai altro che dire che vi
sposerete? Come hai fatto con tutti gli altri?”
Laura era al
limite della sopportazione. Era molto vicina a esplodere. Ma forse
non sarebbe mai successo niente se Thomas non avesse pronunciato le
parole che le fecero perdere la testa:
“Non sai cosa è
l’amore! Sei solo una troia! ECCO COSA SEI! UNA SCHIFOSA
TROIA!!”
Gliele disse in un modo che sembrava che le parole
penetrassero dagli occhi di Laura nel suo cervello.
E lì,
la sua rabbia esplose come un vulcano.
“TU SEI UNO STRONZO
INSENSIBILE DI MERDA!” Si levò una delle scarpe col
tacco che indossava e si scagliò contro Thomas.
“NON
TI AZZARDARE PIU’ A CHIAMARMI COSI’!” Gli urlò.
Non
fu una lotta vera e propria: Laura tentò di picchiarlo, ma
Thomas le teneva le braccia immobilizzate come poteva. Alla fine
Laura riuscì a liberare la mano che teneva la scarpa e infilzò
il tacco nella spalla di Thomas.
E nello stesso attimo in cui
vide il sangue che gli bagnò la maglietta si rese conto della
stupidaggine che aveva fatto.
Tirò subito fuori la scarpa e
arretrò indietro lentamente: ora il suo sguardo era di paura,
mentre Thomas non si lamentò per il dolore. Si limitò
ad ansimare e portarsi la mano dove gli faceva male.
Laura iniziò
a tremare.
Thomas la guardò con uno sguardo carico di
odio.
“Oddio mi dispiace! Scusa non volevo… davvero…
Lascia che ti metta della garza…”
“Lascia
stare, faccio da solo…” disse Thomas con tono
freddo.
“No davvero, stai perdendo sangue… dobbiamo
bloccarlo…”
“DEVO bloccarlo, non tu…”
Thomas iniziò a camminare lentamente verso di lei.
Laura
aveva sempre più paura.
“Così io sarei un
insensibile eh?”
“T-ti… Ti prego… non
farmi del male…” i suoi occhi iniziarono a gonfiarsi di
lacrime: aveva paura. Si portò le braccia davanti al volto,
singhiozzando.
“Io sarò insensibile ma tu sei una
larva schifosa…” disse Thomas “E comunque c’è
un motivo perché sono così… e tu anche se lo
volessi sapere non riusciresti a capirlo… perché per te
la felicità è un’orgia continua… e chi non
è come te è uno sfigato non è vero?”
Laura
continuava a ripararsi singhiozzando. Aveva paura del suo sguardo
carico d’odio e anche della mano sporca di sangue che tappava
la ferita.
Thomas si allontanò da lei. Andò verso
l’armadietto dei medicinali, prese della garze, del
disinfettante e un paio di forbici e si avviò verso la sua
stanza.
Prima però rivolse un ultimo sguardo verso Laura,
che non si era mossa per la troppa paura e le disse: “Meglio la
vera delusione alla felicità illusoria. Se vuoi continuare a
rovinarti così, accomodati… a me non mi importa…”
e si rintanò nella sua stanza, sbattendo la porta.
“VIETATO
L’INGRESSO” diceva l’adesivo sulla sua porta.
Lanciava un messaggio ben preciso.
Laura si sedette sul pavimento.
Il suo sguardo era basso e il suo viso era striato da ciò che
rimaneva delle sue lacrime.
Forse Thomas aveva ragione. La colpa
era sua.
Eppure qualcosa non era chiaro… Ok, non la
sopportava molto e probabilmente nemmeno per il fatto che cambiava un
ragazzo a settimana le stava ancora meno simpatica.
Ma perché
era esploso così? Non poteva fare a meno di
chiederselo.
Quella notte, Laura tentò di dormire sul
divano del soggiorno perché non aveva la forza nelle gambe per
tornare nella sua stanza. Si sentiva consumata dal senso di
colpa.
“Sono un’assassina…” pensò.
Non poteva fare a meno di pensarlo.
Iniziò a maturare
sempre più dentro di lei l’idea di chiedere scusa a
Thomas. Dopo tutto, era colpa sua se si era arrabbiato. Ma dall’altro
lato aveva paura che potesse vendicarsi di lei, anzi, aveva
addirittura paura che potesse architettare qualcosa mentre lei
dormiva. Questi pensieri le consumavano l’anima.
Non ne
voleva proprio sapere di addormentarsi.
A un tratto
sentì qualcosa provenire dalla stanza di Thomas: era musica.
Però c’era qualcosa di diverso.
Solitamente la musica
che proveniva da lì era dura: urla, chitarre a tutto volume e
batteria che spacca i timpani.
Quella notte era qualcosa che
perfino Laura poteva apprezzare: sembrava quasi una ninna nanna.
Si
decise quindi a entrare nella stanza di Thomas, ignorando l’adesivo
della porta. Si avvicinò furtivamente, senza far rumore.
Come
arrivò davanti alla porta notò che era socchiusa: forse
era mezza rotta. Comunque sia, si decise ad aprire piano piano.
Era
la prima volta che riusciva a vedere la stanza di Thomas: sulle
pareti aveva dischi e poster dei suoi gruppi preferiti. Non era una
stanza molto grande ma comunque abbastanza per le necessità di
Thomas, che se ne stava sdraiato su un materasso dall’altra
parte della stanza. Sul suo comò si trovava il suo stereo che
stava diffondendo quella musica.
Laura era tentata ad arretrare
quando vide Thomas che si alzò di scatto dal posto dove
dormiva. Notò che aveva un pezzo della maglietta tagliato via
e una garza sulla ferita alla spalla.
La guardava dritta negli
occhi: “Il cartello dice esplicitamente ‘NON ENTRARE’”
le disse. “Che cosa vuoi?”
Laura non sapeva che scusa
inventarsi.
“…Ehm… ho fatto un brutto sogno e
non riuscivo a dormire…”
“…Di tutte le
scuse questa, fammi dire, è la più patetica…”
Anche Laura se ne rese conto. Così si decise a dirgli la
verità: “Volevo chiederti scusa. Hai ragione tu…
E comunque non volevo arrivare a quello…”
“Scuse
accettate, non importa…” disse Thomas nonostante un velo
di noncuranza nel tono della sua voce.
“Come va la spalla
ora?” gli chiese Laura.
“Oh meglio… almeno non
mi fa male come prima…” disse Thomas lasciandosi cadere
a peso morto sul materasso.
“Senti… posso dormire con
te? Ho avuto davvero un brutto sogno…” Laura si rese
conto che forse le scuse non bastavano. Ed era decisa a scoprire come
mai Thomas fosse esploso in quel modo.
“…Mmmm…”
Thomas si limitò a mugugnare.
Poi dopo una breve pausa le
chiese: “Sei sicura che ti sia passata la follia omicida?”
“Ne
sono certa, tranquillo…”
Thomas esitò un po’,
poi si decise: “E va bene”.
Laura si sistemò
vicino a lui sul materasso. Il cuore le batteva forte dalla paura
latente in lei precedentemente. Ma si sentì comunque in grado
di parlargli.
“Bella canzone… chi sono?”
“Smashin’
Pumpkins… La canzone si chiama ‘Today’”
“Mai
sentiti…”
“Certo… questa non è la
merda che ascolti tu di solito… Questi sanno fare musica
davvero, non perché hanno un bel faccino da frocetto…”
Laura
normalmente avrebbe controbbattuto per un insulto alla sua musica
preferita, ma non se la sentì. Un po’ per il senso di
colpa, un po’ perché sapeva che sarebbe stato
inutile.
“Senti… Ti andrebbe di dirmelo come mai sei
esploso in quel modo?”
Thomas la guardò negli occhi
un momento. Laura sentì un sussulto, ed ebbe di nuovo paura,
ma come lo vide volgere di nuovo lo sguardo al soffitto si
tranquillizzò.
“Va bene… se vuoi te lo
racconto…” Thomas si portò una mano sulla garza
sulla spalla.
“Un tempo anche io ero come
te…”
“Davvero?”
“Sì…
diciamo che lo trovavo anche divertente quanto te rimorchiare…
Poi un giorno ho incontrato una ragazza speciale davvero… o
almeno credevo che fosse così”
Lo sguardo di Thomas
diventò estremamente carico di nostalgia.
“Si
chiamava Valentine. E mi ricordo che fu lei a cheidermi di uscire.
Piano piano mi resi conto che avevamo una marea di cose in comune…
ci baciammo per la prima volta in spiaggia… e mi ricordo che
disse distintamente che non avrebbe mai voluto baciare altre labbra
oltre le mie…”
“E poi cosa è
successo?”
“Dopo 9 mesi insieme ho scoperto che mi ha
tradito con uno simile ai ragazzi con cui esci di solito…”
Laura lasciò sfuggire un mugugno carico di amarezza.
“E
in quel momento mi resi conto che non mi potevo più fidare di
niente. Tutto quello che mi aveva detto era solo un mucchio di
stronzate e che lei era solo un’arrapata del cazzo…
Questa canzone mi ricorda il tempo in cui pensavo di essere felice…
e la ascolto sempre ogni sera prima di dormire… per ricordarmi
di non fare più cazzate simili…”
Laura non
riusciva a credere alle sue orecchie. E gli aveva dato anche
dell’insensibile. E qui capì tutto: il suo odio nei
confronti delle ragazze, dei suoi ‘spasimanti’, di lei e
del suo atteggiamento eccessivamente spavaldo. Capì che Thomas
non era un sadico, ma era ferito dentro. Una persona che viveva in un
eterno purgatorio per l’errore di essersi fidato di qualcuno
che lo ha usato e poi gettato come un vecchio giocattolo. In quel
momento i suoi occhi si riempirono di lacrime: avrebbe voluto
piangere, ma non se la sentiva perché sapeva che forse Thomas
l’avrebbe presa in giro.
“Io… scusami…
mi sento così in colpa…” disse Laura con voce
tremolante.
“Perché? Hai le tue convinzioni no? E’
normale…”
“Sì ma mi hai fatto capire che
non sto facendo la cosa giusta… che hai ragione tu… e
non sai quanto mi dispiace per quello che ti è successo…
e per prima…” e in quel momento Laura non riuscì
più a trattenere le lacrime.
“Dai su…”
le disse Thomas “cerca di calmarti, mica è colpa
tua…”
Laura non riusciva a parlare. In quel momento
non sapeva cosa dirgli, perché anche lei se fosse stata nella
sua identica situazione forse sarebbe diventata come lui.
A un
tratto non si sa come, ma le venne istintivo abbracciarlo: gli cinse
le braccia intorno ai fianchi dolcemente e affondò il suo viso
sul suo petto, bagnandogli la maglietta di lacrime. Non sapeva perché
lo faceva, ma aveva una tremenda voglia di abbracciarlo. Thomas le
fece sollevare il viso e le sorrise: non lo aveva mai visto sorridere
almeno una volta da quando era entrata in quell’appartamento.
Thomas le prese la mano che lo abbracciava.
“Senti…
apprezzo che mi sei vicino… ma credimi…” Thomas
discostò dolcemente Laura da lui e si alzò dal
letto.
Laura lo guardò. E lui le disse, guardandola negli
occhi: “E’ molto meglio così… non posso
essere sicuro che il tuo non sia un abbraccio finto…”
E
andò alla finestra. Laura rimase ferma sul materasso, a
guardarlo.
“Non era finto… era un abbraccio vero…
ma ancora non riesco a capire come… come sia successo…
non ho pensato a niente… avevo solo voglia di abbracciarlo…
possibile…
CHE MI SIA INNAMORATA DI LUI?”
In quel
momento, la canzone finì. E dallo stereo nulla uscì
oltre un freddo silenzio mentre Thomas contemplava il cielo notturno
dalla finestra.