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Autore: Pulp Scarface    04/03/2010    0 recensioni
Il mio primo lavoro. Raccolta di storie di vita ancora da completare. Dal gusto forse un po' amarognolo e forse è meglio così... Leggete e recensite.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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MY PURGATORY

Capita spesso che persone con enormi differenze si trovano a dover convivere sotto lo stesso tetto. Per un motivo o per l’altro.
Ebbene questo tipo di situazione riguarda anche a due persone: Thomas e Laura.
Convivono in un appartamento in affitto in periferia. Non hanno un lavoro fisso e quindi cercano ogni giorno di trovare il modo di guadagnare qualche soldo in più per poter campare. Freschi entrambi di università, stanno muovendo i loro primi passi nel mondo del lavoro. Le differenze allora quali sono?

Lui è freddo, eternamente pessimista, sembra sempre che ce l’abbia col mondo intero. Non fa altro che alzare la voce, si lamenta per qualsiasi cosa e, come se non bastasse, ha la mente quadrata: non ascolta altra musica all’infuori dell’hard rock. Qualsiasi altro gruppo per lui è commerciale. E poi non sopporta le ragazze.
Questo è forse l’aspetto più ambiguo perché non si è mai capito il come mai di questo odio sconfinato per l’altro sesso da parte sua. Una volta aveva fatto a pugni con un suo compagno di scuola perché non faceva altro che parlare della ragazza con cui era uscito il giorno prima.

Lei è tutto l’opposto:  è sempre allegra e molto socievole. Eternamente ingenua, adora balzare da un ragazzo all’altro e si vanta di aver avuto numerose esperienze di vario tipo. Adora da morire Fall Out Boy e Panic At The Disco, musica che Thomas non sopporta e ogni volta glielo fa notare nel modo che gli riesce meglio: urlarglielo.

Come si può intuire, la convivenza non era delle più semplici. E non era nemmeno voluta a dir la verità: era dettata solo dalla comodità di poter pagare un affitto in due che sarebbe potuto essere molto più conveniente.

Forse però tutto doveva cambiare.
Accadde una sera.
Laura era appena tornata a casa dall’ennesimo appuntamento con il ragazzo di turno. Sarà stata all’incirca mezzanotte e Thomas era in soggiorno a guardare un film che aveva registrato alla TV giorni prima. Lei lo salutò: “Ehi sono tornata…”
Non ci fu risposta.
“Ehi? Che ti succede? Hai perso la lingua?”
Ancora silenzio. Le uniche cose che si potevano sentire erano gli spari e le esplosioni del film che Thomas stava guardando.
“Mah… vabbè…” e Laura con un sorriso si accinse a levarsi la giacchetta e a metterla sull’attaccapanni. Sotto aveva un vestito da sera nero: una delle spalline era abbassata. Era evidente che non se lo era messo a posto bene per la fretta. Alla fine Thomas si decise a parlare:
“Quando la pianterai di fare la puttana?”
Laura si girò di scatto.
“Ma di che diavolo parli?”
Thomas si alzò dal divano, senza mai staccare il suo sguardo gelido da lei.
“Di te e di chi sennò?” disse indicandola con la mano che reggeva il telecomando “La Principessa sul pisello… Non hai mai provato vergogna per ciò che fai?”
“Senti, non venirmi a fare la paternale ok?” Laura si alterò leggermente mentre si sistemava la spallina del vestito “La vita è mia e me la gestisco io…”
Thomas si avviò verso il frigo e prese una bottiglietta di birra che stappò usando il pollice. Tutto sempre senza mai toglierle gli occhi di dosso: il suo sguardo ora era di rimprovero.
Eppure le altre sere non le aveva mai detto niente del genere. Evidentemente era destino che esplodesse proprio quella sera.
“Beh ti devo fare i complimenti perché la tua è proprio una vita da sgualdrina di merda…”
“Ehi! Non iniziare a offendere! Ti sei visto almeno tu? Razza di sfigato del cavolo!?”
“Oh beh almeno non mi faccio usare come un giocattolo per arrapati deficenti!”
“QUINDI MI STAI DICENDO CHE SONO UNA DI QUELLE ATTRICETTE PORNO EH? E’ QUELLO CHE DICI?”
“BEH SE NON LO VUOI ESSERE TI CI STAI AVVICINANDO! E IL BELLO E’ CHE TE NE VANTI PURE CON LE TUE AMICHE DEFICENTI!”
“CHE C’E’? SEI GELOSO PER CASO EH?!”
“GELOSO IO! DI CHI? DELL’ENNESIMO CRETINO TUTTO MUSCOLI E ZERO CERVELLO CHE TI HA APERTO LE GAMBE PER L’ENNESIMA VOLTA?”
Seguì una risata fragorosa, volontariamente provocatoria nei suoi confronti. Laura iniziò ad avere il desiderio di mettergli le mani addosso. Era così che la pensava: un bel ceffone e starà zitto probabilmente.
“Scommetto che ti sarebbe piaciuto essere lui eh?” gli disse Laura stringendo i pugni “DI’ LA VERITA!” Gli urlò. Thomas non si scompose.
Dopo essersi bevuto un sorso di birra si limitò a guardarla come una persona da compatire e le disse: “Mi fai talmente schifo che te l’avrei fatta ricucire quella merda che hai in mezzo alle gambe. Chissà quante persone ci sono passate di lì…”
Laura iniziò ad arrossire dalla rabbia, i suoi pugni stretti iniziarono a tremare.
“Cosa succederà poi quando questo ti dirà quelle due paroline idiote eh?” Thomas fece una pausa per bere un altro sorso di birra “Ti luccicheranno gli occhi e allora non farai altro che dire che vi sposerete? Come hai fatto con tutti gli altri?”
Laura era al limite della sopportazione. Era molto vicina a esplodere. Ma forse non sarebbe mai successo niente se Thomas non avesse pronunciato le parole che le fecero perdere la testa:
“Non sai cosa è l’amore! Sei solo una troia! ECCO COSA SEI! UNA SCHIFOSA TROIA!!”
Gliele disse in un modo che sembrava che le parole penetrassero dagli occhi di Laura nel suo cervello.
E lì, la sua rabbia esplose come un vulcano.
“TU SEI UNO STRONZO INSENSIBILE DI MERDA!” Si levò una delle scarpe col tacco che indossava e si scagliò contro Thomas.
“NON TI AZZARDARE PIU’ A CHIAMARMI COSI’!” Gli urlò.
Non fu una lotta vera e propria: Laura tentò di picchiarlo, ma Thomas le teneva le braccia immobilizzate come poteva. Alla fine Laura riuscì a liberare la mano che teneva la scarpa e infilzò il tacco nella spalla di Thomas.
E nello stesso attimo in cui vide il sangue che gli bagnò la maglietta si rese conto della stupidaggine che aveva fatto.
Tirò subito fuori la scarpa e arretrò indietro lentamente: ora il suo sguardo era di paura, mentre Thomas non si lamentò per il dolore. Si limitò ad ansimare e portarsi la mano dove gli faceva male.
Laura iniziò a tremare.
Thomas la guardò con uno sguardo carico di odio.
“Oddio mi dispiace! Scusa non volevo… davvero… Lascia che ti metta della garza…”
“Lascia stare, faccio da solo…” disse Thomas con tono freddo.
“No davvero, stai perdendo sangue… dobbiamo bloccarlo…”
“DEVO bloccarlo, non tu…” Thomas iniziò a camminare lentamente verso di lei.
Laura aveva sempre più paura.
“Così io sarei un insensibile eh?”
“T-ti… Ti prego… non farmi del male…” i suoi occhi iniziarono a gonfiarsi di lacrime: aveva paura. Si portò le braccia davanti al volto, singhiozzando.
“Io sarò insensibile ma tu sei una larva schifosa…” disse Thomas “E comunque c’è un motivo perché sono così… e tu anche se lo volessi sapere non riusciresti a capirlo… perché per te la felicità è un’orgia continua… e chi non è come te è uno sfigato non è vero?”
Laura continuava a ripararsi singhiozzando. Aveva paura del suo sguardo carico d’odio e anche della mano sporca di sangue che tappava la ferita.
Thomas si allontanò da lei. Andò verso l’armadietto dei medicinali, prese della garze, del disinfettante e un paio di forbici e si avviò verso la sua stanza.
Prima però rivolse un ultimo sguardo verso Laura, che non si era mossa per la troppa paura e le disse: “Meglio la vera delusione alla felicità illusoria. Se vuoi continuare a rovinarti così, accomodati… a me non mi importa…” e si rintanò nella sua stanza, sbattendo la porta.
“VIETATO L’INGRESSO” diceva l’adesivo sulla sua porta. Lanciava un messaggio ben preciso.
Laura si sedette sul pavimento. Il suo sguardo era basso e il suo viso era striato da ciò che rimaneva delle sue lacrime.
Forse Thomas aveva ragione. La colpa era sua.
Eppure qualcosa non era chiaro… Ok, non la sopportava molto e probabilmente nemmeno per il fatto che cambiava un ragazzo a settimana le stava ancora meno simpatica.
Ma perché era esploso così? Non poteva fare a meno di chiederselo.

Quella notte, Laura tentò di dormire sul divano del soggiorno perché non aveva la forza nelle gambe per tornare nella sua stanza. Si sentiva consumata dal senso di colpa.
“Sono un’assassina…” pensò. Non poteva fare a meno di pensarlo.
Iniziò a maturare sempre più dentro di lei l’idea di chiedere scusa a Thomas. Dopo tutto, era colpa sua se si era arrabbiato. Ma dall’altro lato aveva paura che potesse vendicarsi di lei, anzi, aveva addirittura paura che potesse architettare qualcosa mentre lei dormiva. Questi pensieri le consumavano l’anima.
Non ne voleva proprio sapere di addormentarsi.  
A un tratto sentì qualcosa provenire dalla stanza di Thomas: era musica. Però c’era qualcosa di diverso.
Solitamente la musica che proveniva da lì era dura: urla, chitarre a tutto volume e batteria che spacca i timpani.
Quella notte era qualcosa che perfino Laura poteva apprezzare: sembrava quasi una ninna nanna.
Si decise quindi a entrare nella stanza di Thomas, ignorando l’adesivo della porta. Si avvicinò furtivamente, senza far rumore.
Come arrivò davanti alla porta notò che era socchiusa: forse era mezza rotta. Comunque sia, si decise ad aprire piano piano.
Era la prima volta che riusciva a vedere la stanza di Thomas: sulle pareti aveva dischi e poster dei suoi gruppi preferiti. Non era una stanza molto grande ma comunque abbastanza per le necessità di Thomas, che se ne stava sdraiato su un materasso dall’altra parte della stanza. Sul suo comò si trovava il suo stereo che stava diffondendo quella musica.
Laura era tentata ad arretrare quando vide Thomas che si alzò di scatto dal posto dove dormiva. Notò che aveva un pezzo della maglietta tagliato via e una garza sulla ferita alla spalla.
La guardava dritta negli occhi: “Il cartello dice esplicitamente ‘NON ENTRARE’” le disse. “Che cosa vuoi?”
Laura non sapeva che scusa inventarsi.
“…Ehm… ho fatto un brutto sogno e non riuscivo a dormire…”
“…Di tutte le scuse questa, fammi dire, è la più patetica…”
Anche Laura se ne rese conto. Così si decise a dirgli la verità: “Volevo chiederti scusa. Hai ragione tu… E comunque non volevo arrivare a quello…”
“Scuse accettate, non importa…” disse Thomas nonostante un velo di noncuranza nel tono della sua voce.
“Come va la spalla ora?” gli chiese Laura.
“Oh meglio… almeno non mi fa male come prima…” disse Thomas lasciandosi cadere a peso morto sul materasso.
“Senti… posso dormire con te? Ho avuto davvero un brutto sogno…” Laura si rese conto che forse le scuse non bastavano. Ed era decisa a scoprire come mai Thomas fosse esploso in quel modo.
“…Mmmm…” Thomas si limitò a mugugnare.
Poi dopo una breve pausa le chiese: “Sei sicura che ti sia passata la follia omicida?”
“Ne sono certa, tranquillo…”
Thomas esitò un po’, poi si decise: “E va bene”.
Laura si sistemò vicino a lui sul materasso. Il cuore le batteva forte dalla paura latente in lei precedentemente. Ma si sentì comunque in grado di parlargli.
“Bella canzone… chi sono?”
“Smashin’ Pumpkins… La canzone si chiama ‘Today’”
“Mai sentiti…”
“Certo… questa non è la merda che ascolti tu di solito… Questi sanno fare musica davvero, non perché hanno un bel faccino da frocetto…”
Laura normalmente avrebbe controbbattuto per un insulto alla sua musica preferita, ma non se la sentì. Un po’ per il senso di colpa, un po’ perché sapeva che sarebbe stato inutile.
“Senti… Ti andrebbe di dirmelo come mai sei esploso in quel modo?”
Thomas la guardò negli occhi un momento. Laura sentì un sussulto, ed ebbe di nuovo paura, ma come lo vide volgere di nuovo lo sguardo al soffitto si tranquillizzò.
“Va bene… se vuoi te lo racconto…” Thomas si portò una mano sulla garza sulla spalla.
“Un tempo anche io ero come te…”
“Davvero?”
“Sì… diciamo che lo trovavo anche divertente quanto te rimorchiare… Poi un giorno ho incontrato una ragazza speciale davvero… o almeno credevo che fosse così”
Lo sguardo di Thomas diventò estremamente carico di nostalgia.
“Si chiamava Valentine. E mi ricordo che fu lei a cheidermi di uscire. Piano piano mi resi conto che avevamo una marea di cose in comune… ci baciammo per la prima volta in spiaggia… e mi ricordo che disse distintamente che non avrebbe mai voluto baciare altre labbra oltre le mie…”
“E poi cosa è successo?”
“Dopo 9 mesi insieme ho scoperto che mi ha tradito con uno simile ai ragazzi con cui esci di solito…” Laura lasciò sfuggire un mugugno carico di amarezza.
“E in quel momento mi resi conto che non mi potevo più fidare di niente. Tutto quello che mi aveva detto era solo un mucchio di stronzate e che lei era solo un’arrapata del cazzo… Questa canzone mi ricorda il tempo in cui pensavo di essere felice… e la ascolto sempre ogni sera prima di dormire… per ricordarmi di non fare più cazzate simili…”
Laura non riusciva a credere alle sue orecchie. E gli aveva dato anche dell’insensibile. E qui capì tutto: il suo odio nei confronti delle ragazze, dei suoi ‘spasimanti’, di lei e del suo atteggiamento eccessivamente spavaldo. Capì che Thomas non era un sadico, ma era ferito dentro. Una persona che viveva in un eterno purgatorio per l’errore di essersi fidato di qualcuno che lo ha usato e poi gettato come un vecchio giocattolo. In quel momento i suoi occhi si riempirono di lacrime: avrebbe voluto piangere, ma non se la sentiva perché sapeva che forse Thomas l’avrebbe presa in giro.
“Io… scusami… mi sento così in colpa…” disse Laura con voce tremolante.
“Perché? Hai le tue convinzioni no? E’ normale…”
“Sì ma mi hai fatto capire che non sto facendo la cosa giusta… che hai ragione tu… e non sai quanto mi dispiace per quello che ti è successo… e per prima…” e in quel momento Laura non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Dai su…” le disse Thomas “cerca di calmarti, mica è colpa tua…”
Laura non riusciva a parlare. In quel momento non sapeva cosa dirgli, perché anche lei se fosse stata nella sua identica situazione forse sarebbe diventata come lui.
A un tratto non si sa come, ma le venne istintivo abbracciarlo: gli cinse le braccia intorno ai fianchi dolcemente e affondò il suo viso sul suo petto, bagnandogli la maglietta di lacrime. Non sapeva perché lo faceva, ma aveva una tremenda voglia di abbracciarlo. Thomas le fece sollevare il viso e le sorrise: non lo aveva mai visto sorridere almeno una volta da quando era entrata in quell’appartamento. Thomas le prese la mano che lo abbracciava.
“Senti… apprezzo che mi sei vicino… ma credimi…” Thomas discostò dolcemente Laura da lui e si alzò dal letto.
Laura lo guardò. E lui le disse, guardandola negli occhi: “E’ molto meglio così… non posso essere sicuro che il tuo non sia un abbraccio finto…”
E andò alla finestra. Laura rimase ferma sul materasso, a guardarlo.
“Non era finto… era un abbraccio vero… ma ancora non riesco a capire come… come sia successo… non ho pensato a niente… avevo solo voglia di abbracciarlo… possibile…
CHE MI SIA INNAMORATA DI LUI?”
In quel momento, la canzone finì. E dallo stereo nulla uscì oltre un freddo silenzio mentre Thomas contemplava il cielo notturno dalla finestra.

  
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