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Autore: BellaJey    05/03/2010    1 recensioni
Il quinto libro della saga di twilight secondo il mio punto di vista. Tutto va avanti per il meglio fino a quando, una notte, degli sconosciuti avviano un processo che si concluderà solo con la sofferenza, con le lacrime e con la vendetta. Spero di avervi incuriosito...please recensite!! P.S. siate gentili...è la mia prima ff
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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POV Edward

 

La vedo mentre corre a velocità vampira per tutta casa per sistemare gli ultimi preparativi prima del nostro viaggio per l’Italia. Vuole vendetta, non vede l’ora di soddisfare la sua voglia di uccidere quei mostri che ci hanno portato il nostro angelo. Anche io li voglio e DEVO eliminare. Hanno “ vissuto ” fin troppo.

 

Il viaggio verso Seattle è silenzioso e raramente ci scambiamo qualche sguardo.

Arriviamo e io mi incammino a prendere i biglietti. Nella mia testa c’è un solo pensiero: devo impedire a Bella di partire, è troppo pericoloso. Non posso permettere che anche lei sparisca da questo mondo, non posso assolutamente permetterlo.

 

Mentre l’hostess alla biglietteria prepara i nostri biglietti penso ad un modo per convincere mia moglie a restare lontana dal pericolo che ci aspetta in Italia.

Cosa posso fare? Cosa mi invento ora? Perché non le ho parlato prima? Perché mi riduco sempre a fare le cose più difficili all’ultimo momento? Ah già, perché sono per l’appunto difficili. E poi non potevo farle pesare anche questo fardello mentre era nello stato catatonico dovuto alla scomparsa di nostra...figlia.

Quanto abbiamo sofferto? Non c’è stato mai un dolore più grande in tutta la mia esistenza, mai.

Abbiamo entrambi sofferto immensamente. Abbiamo incredibilmente pianto versando delle vere lacrime, che mai avrei pensato di risentire sul mio viso. Abbiamo cercato di tenerci interi per l’altro, per non farlo soffrire ancora di più. Lei come sempre ha pensato a me, accorgendosi che reprimevo il mio dolore per non turbarla ancora di più, anche se ci riuscivo a stento. Alla perdita di nostra figlia si era aggiunto anche il dolore che provavo vedendo soffrire lei. Ovviamente se ne accorta e ha fatto il gesto più doloroso che potesse infierirmi: ha tentato di scappare per risparmiarmi quel dolore che lei m’infliggeva soffrendo.

In quel momento ho avuto veramente paura che potesse riuscire nel suo intento.

Correva velocissima anche per me. Non riuscivo a raggiungerla, pensavo di essere caduto in un vero e proprio incubo. Non poteva lasciarmi. Dovevamo rimanere insieme. Il mio compito di marito, di amante, di uomo era proteggerla, anche dal dolore che provava. Aveva bisogno di me. Io avevo bisogno di lei. Non sarei mai riuscito a superare quel dolore senza lei affianco. Per fortuna ero riuscito, ancora non so come, a tenerla vicino. Soffriva immensamente, e io con lei.

 

Ci sono! Questa è l’unica soluzione possibile! Lo so che dovrò ferirla e che di conseguenza ferirò me stesso, ma devo farlo. Devo almeno provarci. Lei non cederà mai, ne sono consapevole, ma devo almeno tentare. Devo tentare di salvarle la vita.

 

Eccola lì. È agitatissima, lo sento. Non sta un attimo ferma.

Mi avvicino e distribuisco i biglietti lentamente. Sto prendendo tempo, non so se riuscirò a mettere di nuovo quella maledetta maschera che odio e che ha fatto soffrire in passato tutti e due.

Mi avvicino a lei e di slancio l’abbraccio. Ho bisogno di sentirla attaccata a me, anche fisicamente. Le accarezzo piano i capelli e la cullo. Sento i suoi muscoli sciogliersi pian piano lasciando la tensione fuori il nostro abbraccio, di cui abbiamo bisogno entrambi.

Mi allontano senza però lasciarla e la guardo negli occhi.

Come farò a ferirla così un’altra volta? Come posso farlo? Sono un mostro, ma devo.

La riabbraccio e sento che sta percependo la mia agitazione. Sono proprio un mostro, la sto anche spaventando con il mio comportamento.

Basta! Devo farlo e devo farlo ora.

< Edward? Cos’hai? Ti sento teso. Dimmi cosa succede. >

Sciolgo lentamente il nostro abbraccio e la fisso negli occhi. Ancora non sono riuscito ad indossare la maschera, me ne accorgo dalla mia voce tremante e inquieta.

< Bella...io... >

Mi guarda confusa e preoccupata.

Finalmente trovo il coraggio e raffreddo improvvisamente il mio sguardo e indurisco la mia voce < Bella non voglio che tu venga in Italia con noi >.

 

Mi fissa. È confusa, spaventata. Non riesce a capire cosa dico. Cosa le sto facendo? Come posso farle una cosa del genere? Non posso ferirla di nuovo. Ma la devo proteggere da quei mostri, assolutamente.

< Ed...Edward...ma cosa...? > la sua voce trema. Ha capito che le sto provocando la stessa ferita di allora, e ne è spaventata.

< Bella, saresti solo d’intralcio. Ci...ci condanneresti tutti > No! Non ci sono riuscito. La mia voce ha tremato al momento sbagliato, così rischio di farle scoprire il mio piano. Ma non ce l’ho fatta a trattenermi, il dolore era troppo per me.

La vedo triste e ferita. Le ho fatto del male, ancora una volta. Non riesco a reggere ancora il suo sguardo e allora abbasso gli occhi.

Poi, la sento sussultare. Alzo lo sguardo e vedo la sua espressione cambiare. Da triste e ferita diventa sorpresa e poi consapevole e...arrabbiata.

Si è accorta del mio gioco sporco. Non l’ho mai vista arrabbiata con me. Il suo sguardo mi lancia tutta la rabbia che prova addosso.

 

Poi, come se vedessi la scena a rallentatore, la vedo alzare il braccio destro, tirarlo indietro e poi in avanti con violenza, fino a far sbattere il suo palmo contro il mio viso.

Non mi provoca dolore fisico, ma la sorpresa e l’istinto mi fanno voltare il viso e il dolore che mi ha procurato dentro mi fa stringere gli occhi.

Mi ha fatto malissimo quello schiaffo. Non lo aveva mai fatto. E so di essermelo meritato, questo però mi fa ancora più male.

 

Me lo sono meritato. Anche se mi ha fatto malissimo, me lo sono meritato tutto quanto. È arrabbiata. È furiosa con me, lo capisco dal suo sguardo di fuoco che mi sento bruciare addosso.

Sentii distintamente il suo singhiozzo rimbombarmi nelle orecchie. Mi decisi a guardarla: stava piangendo.

No! Amore mio non piangere...ti prego.

 

Il suo sguardo non era più arrabbiato. La vedevo mentre percepivo il senso di colpa che la stava divorando, ancora con il braccio alzato.

Ero un mostro. L’avevo ferita con la mia bugia, l’avevo fatta arrabbiare, e ora la stavo facendo piangere perché si sentiva in colpa per il suo gesto.

L’unico che si doveva sentire in colpa, l’unico responsabile di tutto ero io. Io, io e soltanto io.

Altre lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi tristi e spaventati e le solcavano le guance seguendo le orme che altre gocce avevano lasciato. Abbassò lentamente il braccio e cominciò ad indietreggiare continuando a fissarmi. Passo dopo passo si allontanava all’indietro facendo scendere altre lacrime dai suoi occhi. Volevo raggiungerla ma non riuscivo a muovermi. Avevo il terrore che scappasse da me.

 

D’improvviso si fermò, ma non per tornare tra le mie braccia. Cominciò a correre senza una metà tra la folla singhiozzando.

No! Non te ne andare! Ti prego.

< BELLA! > trovai la forza necessaria per chiamarla, una, due, cinque, dieci volte, ma lei non mi sentiva. Non si fermava, non tornava da me.

Feci per rincorrerla, ma un braccio mi si parò davanti per fermarmi. Era Esme.

< Edward. Lasciala andare, si sentirà malissimo adesso, lasciala sfogare. Tornerà. Sta tranquillo >.

Come potevo stare tranquillo dopo quello che le avevo fatto? Come?

Ma forse Esme aveva ragione, le dovevo lasciare il suo spazio, almeno adesso, ma non volevo che si sentisse in colpa per qualcosa di cui ero io il solo colpevole.

 

Senza accorgermene mi ero portato una mano sulla guancia che aveva ricevuto lo schiaffo. Il ricordo di quel gesto mi faceva malissimo. Doveva essere distrutta e arrabbiata sul serio per aver fatto una cosa così. Anche se non mi aveva fatto male fisicamente, mi aveva ferito tantissimo dentro.

Ero solo uno stupido. Un buono a nulla.

 

Mi stavo innervosendo, non riuscivo a stare lontano da lei, soprattutto ora che ero consapevole che la causa della sua fuga ero io. Tutte quelle voci fuori e dentro la testa mi ronzavano e mi davano fastidio. In quel momento avrei preferito non avere il mio potere, avrei avuto un po’ di pace almeno nella testa.

Però un pensiero mi investì bruscamente. Qualcuno aveva detto il mio nome. No, non qualcuno, ma...Bella.

Perché aveva distaccato lo scudo se non voleva avermi vicino?

“ Edward! Ho paura! ”

 

Cosa significava? Cosa la spaventava? Perché aveva paura?

Un presentimento si fece largo in me, un terribile presentimento. Mi alzai di scatto e cominciai a correre, cercando di moderarmi senza molto successo, verso la direzione che aveva preso prima Bella.

I miei famigliari mi guardavano confusi, però decisero di non seguirmi. Avevano capito che stava succedendo qualcosa, ma preferirono non intromettersi.

 

Mi feci largo tra la gente. Dov’era? Poi una scia mi investì. Non era un odore umano, ma era...un vampiro. Era famigliare, l’avevo già sentito. Decisi di seguirla, e feci bene.

A un certo punto la scia si confondeva con quella di mia moglie e poi proseguivano insieme, come se fossero unite. Cosa significava?

Mi stavo agitando parecchio e cominciai a guardarmi intorno frenetico e spaventato dai miei stessi pensieri.

In mezzo alla folla vidi infine un’imponente figura vestita di nero, che attirò la mia attenzione, che stava camminando verso l’ascensore. Scorgevo dei capelli castani che spuntavano dal suo braccio e delle gambe fasciate da dei jeans chiari dalla parte opposta.

La figura entrò nell’ascensore e come si girò per premere il pulsante potei vedere il suo viso. Aveva capelli arruffati e scuri, la pelle bianchissima e perfetta, un sorrisetto soddisfatto ed inquietante e degli occhi piccoli e...rossi.

Era lui il vampiro di cui avevo sentito la scia prima, ma questo voleva dire che...

 

Abbassai lo sguardo fino alla figura che giaceva tra le sue braccia, con la testa che ciondolava, i capelli di un castano rossiccio molto famigliare che si muovevano leggermente per l’aria che tirava, la pelle bianca e senza nessuna imperfezione, il viso contratto leggermente in una smorfia di paura, le guance segnate da scie di lacrime che continuavano ad uscire passive dai suoi occhi chiusi da palpebre tremanti e la bocca appena socchiusa, due labbra rosse e carnose con quella piccola imperfezione che rendeva ancora più bello quel viso dolce, segnato dal terrore e inerme, tra le braccia di colui che sarebbe stato il suo carnefice.

 

Non era possibile. Bella.

< BELLA! NOO!! >

  
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