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Autore: Kiki May    07/03/2010    4 recensioni
"I can stay in town as long as you want me."
"How’s forever? Does forever work for you?"

Una storia Bangel triste e dolce. (Vaghi accenni al femslash)
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angel, Buffy Anne Summers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forever

 

 

 

- I can stay in town as long as you want me.
- How’s forever? Does forever work for you?

(Btvs 5.17)

 

 

 

 


L’asfalto era scivoloso a causa della neve.
Camminò rallentando il passo, vicina alla parete a cui aggrapparsi in caso di necessità. Una signora in pelliccia la salutò. Rispose con un sorriso caloroso ed un cenno del capo. Alzò lo sguardo al cielo.
Nonostante tutto, la giornata era magnifica nel suo splendore dorato e mite. Preannunciava una primavera lieve e colorata, il ritorno del bel tempo e delle cene in terrazza.
Superò un incrocio, soffiando sui capelli che le ricadevano sulle labbra. Strinse le braccia, cambiando la posizione del mazzo di boccioli di rosa – bianchi, gialli, rossi – che le profumavano il cappotto. Attorcigliò le dita nella carta blu e verde, semistrappata.
Attraversò la strada.

 

L’ascensore continuava a non funzionare.
Fece di corsa quattro rampe di scale, sospirando sfinita davanti alla porta di casa. Prese la chiave.
La porta si spalancò di colpo e dovette allontanarsi.
“Oh maledetto cazzo! Ti avrei preso in piena faccia, B! Porca miseria!”
Buffy prese un respiro. Sorrise a Faith.
Col solito giubbotto di pelle, una cicatrice nuova e i capelli più corti, indisciplinati.
“Vai all'addestramento? Divertiti.” sussurrò compiaciuta, baciandola sulle labbra.
“Ci vediamo a pranzo, sì?” chiese Faith, staccandosi.
“Non so se riesco a venire …”
“Ah.”
“Dai ... vedi di non fare tardi, che poi mi tempestano di telefonate. Aggiusta quella sciarpa.”
Faith obbedì, leggermente stizzita.
“Ti sei data alla vita monacale?” domandò, acida.
“Non dire stronzate!" replicò Buffy. "Non voglio fare tutti quei chilometri in macchina per niente, ecco. Lo sai che è una cosa che mi dà sui nervi. Tanto ci vediamo stasera, no?”
La cacciatrice bruna s'imbronciò.
Tolse la sciarpa, la rimise meglio. Guai a sbagliare la procedura sotto gli occhi di Buffy Summers!
“Mangia anche il mio cornetto.” mormorò infine, prendendo le chiavi dell’auto, baciando la compagna.
Buffy non rispose.
Aveva comprato solo i fiori.

 

Buffy chiuse la porta, poggiando le rose sul pavimento. Si spogliò del cappotto e sistemò il fermaglio che le reggeva i capelli. Si guardò allo specchio.
Senza trucco, pareva avere gli occhi più piccoli e segnati, la bocca circondata dalle rughe.
Aggrottò le sopracciglia, imbronciandosi.
Prese i fiori e si diresse in camera degli ospiti.
“BUONGIORNO! Sveglia!” esclamò, pestando i piedi a terra per farsi sentire.
L’uomo tra le coperte mugugnò disperato, rendendo lo scherzo ancora più divertente.
Buffy corse ad aprire la finestra.
“Oggi c’è una bellissima giornata!” disse, ridendo.
Angel, con la testa sepolta nel cuscino, si voltò appena.
“Buongiorno.” salutò quietamente.
Con dolcezza.

 

S’era presentato dieci mesi prima, fradicio di pioggia e imbarazzato. Col volto eternamente giovane e il consueto giaccone scuro. Gli occhi di Buffy s’erano riempiti di lacrime. Anche quelli di Faith.
Poi era entrato un dottore. E Lorne, assieme a gente che Buffy non conosceva.
Le avevano spiegato.
Angel aveva ottenuto lo Shanshu, finalmente.
Aveva vinto la battaglia più importante, quella per l’umanità e la libertà e la pace interiore. La morte.
A quanto pareva, il sistema immunitario di un ragazzone classe 1727 non era in grado di reggere al progresso dei tempi moderni. Una malattia che l’affliggeva da giovane, in forma lieve e non manifesta, si sarebbe acuita sino a portarlo alla tomba.
Le conseguenze del successo.


Quella stessa notte, trascorsa insonne, aveva deciso di ospitarlo in casa sua e prendersi cura dell’uomo che non aveva potuto amare più di vent’anni prima.

 

Angel sorrise leggermente.
Il sorriso lieve gl’illuminò lo sguardo, il volto pallido e segnato dal sonno e dalla fatica.
Le sue labbra che s’erano fatte più sottili e gli zigomi più affilati, il colorito della sua pelle era quasi livido. Incredibile, però, quanto fosse rimasto bello anche nella malattia. Tutto, in lui, sapeva comunque di giovinezza e splendore.
Buffy si sedette sul letto accanto a lui, per carezzarlo amorevolmente. Lo aiutò a bere dell’acqua e sistemò con cura le coperte, le medicine.
Angel studiò i suoi movimenti in silenzio. Ricevette un bacio in fronte.
Lei s’alzò e cominciò a sistemare le rose nel vaso di cristallo trasparente.
Gli regalava sempre rose, rose soltanto.
Di qualunque genere, profumate e belle, in mazzi consistenti.
“Come hai dormito?”
“Bene. Un sonno senza sogni.”
“Sono contenta. Mi ha chiamata Willow, pare che abbiano risolto la questione di cui ti preoccupavi.”
“Mi fa piacere.”
La cacciatrice perfezionò la posizione di un bocciolo ribelle.
“Domattina passerò a prenderti altre medicine …” lasciò cadere, concentrata.
“Buffy, non è necessario, sai?”
“Non dire sciocchezze!”
Lui la fissò in silenzio. Con fermezza.
La fece sentire, nonostante l’età, come una bambina davanti al padre.
Ovviamente, la cacciatrice non riuscì a sostenere lo sguardo per più di un nanosecondo.
“Sei una testa dura!” fu l’unico mormorio minaccioso di risposta alla provocazione. “Non voglio neanche sentirli certi discorsi! Non li accetto proprio! Per cortesia smetti di …”
“Buffy …”
“Non ho fatto colazione! Lasciami andare in cucina!”
Buffy roteò gli occhi e uscì, sbattendo la porta.
Lo mollò così, senza fargli completare il pensiero.

 

Lo raggiunse trenta minuti dopo, con un sorriso imbronciato ed occhi supplicanti da gattina smarrita.
Angel rise.
“Ti ho portato la colazione.” disse. “Sei andato in bagno?”
“Sì.”
“Tutto bene?”
“Sì.”
Gli esseri umani non potevano essere sempre eleganti, soprattutto quando si trattava di funzioni corporee.
Buffy si sedette nuovamente accanto ad Angel , sistemando il vassoio.
“Promettimi che passeggeremo in terrazza, dopo.”
“Non so se riesco.”
“Ti reggo io. Adesso bevi il tuo latte.”

 

Passeggiarono in terrazza, come innamorati.
Lui che si reggeva alla stampella e a lei, sorridendo di soppiatto. Ridendo, talvolta.
Angel sembrava ancora più alto, più ancorato alla terra e vicino al cielo di ogni altra creatura.

 

Lo fece stendere nel letto, aiutandolo con le braccia.
Lo sentì gemere sommessamente, di dolore. Aggiustò i cuscini alla meglio, cercando di fornirgli un buon appoggio alla schiena. Lui chiuse gli occhi, si tese alle carezze gentili della sua cacciatrice.
“È sempre più estenuante.” sospirò, a denti stretti.
“Passerà.” replicò Buffy.
“Sì, quando sarò morto.”
“Non dire queste cose.”
“Lo sai meglio di me, Buffy. E, del resto, era questo il premio che ho sempre voluto. Per quanto la si possa fuggire, arriva l’ora della morte anche per un vampiro secolare. Sono felice lo stesso, però.”
Lei lo sapeva.

 

Nei pomeriggi d’autunno, aveva pianto come una disperata al suo capezzale, nell’incavo del suo collo. Quando il dolore sembrava trasfigurare quel volto serio ed elegante e le mani si stringevano alle lenzuola. Aveva cacciato le infermiere, che non sembravano mai adeguate. Allontanato Faith e Dawn, semplicemente perché volevano toccarla.
S’era chiusa in una camera buia, assieme all’uomo che aveva mandato all’inferno e poi ritrovato e poi perso ancora e poi …
Gli aveva tenuto la mano, dato le medicine, sussurrato parole di conforto che lui non poteva sentire.
Aveva carezzato i capelli, ora più corti, ora più lunghi.
S’era addormentata, confondendo i respiri.
Se quello non era amore …

 

“Devi smetterla di vivere in funzione di un malato! Io ho ottenuto quello che volevo, ma tu? Cosa stai facendo passare alla povera Faith, chiudendoti nel tuo egoismo?”
La povera Faith, già! Tutti poveri per Angel! Come aveva fatto a dimenticare?
S’arrabbiò, dandolo a vedere.
Strappò la copertina del libro che stava mettendo a posto.
“Cazzo! Mi dispiace! Era importante?”
“Un saggio di filosofia sul libero arbitrio.”
“Ah, allora possiamo anche farne a meno …”
Angel rise, sino a sibilare per il male alle ossa.
La chiamò.
“Vieni più vicina.”
Lei si sedette, raccogliendo il maglione ai gomiti, sistemando il ciondolo della collana.
“Sì?”
Angel alzò il capo e le diede un bacio sulle labbra.
Si stese nuovamente.
“La carne stasera, eh?”
“Ti fa bene.” mormorò Buffy, carezzandogli il viso e i capelli e le mani.
Incuriosita, giocò a vedere la differenza tra quelle sue, di bambina invecchiata, e quelle di lui, grandissime.
Lo baciò ancora, stavolta con un accenno di passione.
Angel aggrottò le sopracciglia.
“È più forte di me, lo sai. E poi tu sei bello. Bello più di ogni altra cosa al mondo.”
“Anche così?”
“Anche così. Sempre.”
“E tu sei sempre la mia ragazza.”
A Buffy venne un groppo alla gola così forte da spezzarle la voce.
“Già …”
Angel le prese una mano e la nascose tra le sue.
“Perdonami.”
“Cosa?”
“Perdonami …” si sforzò di dire, profondamente dispiaciuto. “Non sarei dovuto tornare. Commetto sempre lo stesso errore.”
Lei si tese.
Sorrise, nonostante gli occhi lucidi.
“Non dire sciocchezze, per favore! Non puoi neanche immaginare quanto piacere mi faccia averti qui! Sono contenta che tu sia venuto … che tu sia venuto da me …”
“Ma non avrei dovuto, vedi? Tu dovresti vivere la tua vita e …”
Buffy lo zittì.
“Ne ho vissute cento di vite, questa qui non mi farà più male delle altre.”
A quelle parole, Angel sentì una specie di scossa amara al cuore. Sospirò.
“Sei diversa da quello che pensavo fossi.”
La cacciatrice spalancò gli occhi, sorpresa.
“Quando ti ho vista la prima volta, mi sembravi più … e invece …”
“Sono peggio? Meglio? Sono cresciuta. Rimango sempre la stessa, però. Almeno credo. Mi sono successe troppe cose per non cambiare!”
Lui rise.
“Lo so. Del resto è la vita, non è vero? Si cambia sempre.”
“Suppongo di sì.”
Angel carezzò il volto della cacciatrice con dita tremanti.
“Io, però, ti amo. Ti amo, Buffy.”
Buffy deglutì commossa.
Sorrise.
“Anch’io.”

 

Stavolta era complicato.
C’era la malattia in mezzo e Faith.
C’era la consapevolezza di non poter stare insieme.

Al diavolo!
Era sempre complicato.

 

Si staccò da lui senza fiato, con le labbra arrossate.
Fissò quelle di Angel, con desiderio.
Lui deglutì, lasciandosi andare contro il cuscino. Aveva un graffietto sotto il mento, nascosto dalla barba ispida. Buffy lo baciò ad occhi chiusi.
“Non dovremmo farlo …”
Lei non rispose, continuò a baciarlo. Sentì le dita di Angel nei capelli, sul retro del collo.
“Non dovremmo, Buffy. Tutto questo non porta a niente.”
“Non deve per forza portare a qualcosa.”
“Che vuol dire?”
“Vale come fine a sé stesso. Questo momento tra noi due … rimarrà per sempre. Che importa se non porterà a nulla?”
Stavolta fu lui a tendersi e a baciarla senza fine.

 

“Tornerai a dedicarti alla missione, vero? Rispondi.”
Lei abbassò lo sguardo, irritata.
Rimestò la pasta asciutta. Prese del parmigiano e aggiunse dell’olio.
Angel la chiamò ancora, obbligandola a rispondere.
“Ecco qui. La poggio sul vassoio. Ti sbuccio una mela, vuoi?” domandò Buffy, ignorandolo.
“Non ho neanche cominciato a mangiare ... rispondi alla domanda, piuttosto.” insistette lui, testardo.
“Certo, certo …”
“Le ragazze hanno bisogno di te! Solo tu puoi ...”
Una forchetta cadde sul pavimento.
La cacciatrice imprecò, mordendosi la lingua. Si chinò a raccoglierla e la pulì, soffiando. Scoppiò a piangere come un’idiota.
Angel si tese.
Dispiaciuto, le prese una mano.
Con l’altra, Buffy si copriva il volto.
“Mi dispiace.”
“Non c’entri tu. È colpa mia. Mangia dai, che si raffredda ...”
“Mi dispiace.”
Lei spalancò gli occhi, singhiozzando forte.
Angel spostò il vassoio e la strinse, sentendola tremare incontrollabilmente tra le sue braccia.
“Non piangere, ti prego.”
“Hai ragione … hai … è che mi manca il fiato …” si lamentò debolmente Buffy, ingoiando saliva.
“Respira. Respira, Buffy. Finisce sempre così tra noi due, eh? Io che dico di amarti e tu che scoppi a piangere.”
Lei rise.
Tossì.
“Scusami. Non so che m’è preso.” mormorò, pulendosi il volto col dorso della mano.
La cacciatrice: forte e coraggiosa un cazzo!
Angel le passò un fazzoletto.
La scrutò, pieno d’orgoglio e amore.
“Voglio che tu chiuda gli occhi. Devi cominciare a vedere la cosa da un altro punto di vista, devi pensare che io ho ottenuto quello che ho sempre desiderato. Finalmente.” aggiunse, sfiorandole le guance. “Chiudi gli occhi.”
Lei obbedì.

 

Fu la febbre a portarlo via.

 

Buffy diventò un fantasma tra i fantasmi.
Lo assisteva, seduta accanto al letto. Gli parlava. Ma Angel era altrove.
Con Connor, che era andato via troppo presto, o Cordelia, che amava veramente molto. Con Dru che aveva perso da qualche parte e Spike, il Childe migliore, il più irritante.
Buffy non era che un altro fantasma.
Che passava il panno bagnato sulla fronte e lo baciava tante volte, ricordandogli le difficoltà che avevano affrontato e sconfitto.

 

“Voglio che riempiano la lapide di rose bianche. Anzi, bianche e rosse! E non solo la lapide, ma tutta la superficie della tomba! Dove c’è la …”
“Buffy?”
“E voglio le candele.  Tante candele profumate solo per lui e … non so, in Irlanda si usa fare qualcosa di particolare?”
Willow rimase muta, con lo sguardo fisso sul letto vuoto, senza coperte, di Angel.
“E … per favore!" continuò Buffy, alterata. "Rimprovera quelle idiote al piano di sotto! Togli loro il dono della parola! È una mattina che sghignazzano e fanno casino! Mi hanno fatto venire l’emicrania!”
Dawn bussò timidamente.
Entrò in stanza e avvisò l’amica.
“Will, siamo rimaste da sole …” mormorò pianissimo.
“Vai pure, ti raggiungo.”
Buffy si voltò, stringendo i pugni.
“Ci sediamo un attimo, vuoi?” offrì Willow, accomodante.
Senza attendere risposta, fece sedere l’amica sul letto. Le cinse la schiena, massaggiandola dolcemente.
Buffy sbottò.
“Il problema è che un uomo! Uno dei miei soliti uomini, che vanno sempre via!” esclamò, prendendo fiato. Trattenendo il pianto. “ … e lo amo, maledizione! Lo amo ancora molto!” confessò tra i singhiozzi. “Il problema è che lo amo!” si voltò a incontrare gli occhi dell’amica. “Sempre.”
Lei l’abbracciò, piena di calore e conforto.
Quando la sentì tranquillizzarsi, le permise di alzarsi, aiutandola.
Buffy prese una rosa gialla, l’ultima rosa, e la depose sul cuscino.
La porta s’aprì di scatto.
Era Faith, arrabbiata, con gli occhi sporchi di mascara.
“Hai finito di fare la primadonna?” domandò la cacciatrice bruna, nervosa. “Ti ho sopportato per un anno, sai! Adesso … vaffanculo, B! Vaffanculo!”
Buffy e Willow non replicarono.
Faith si stese sulle gambe della compagna, nascose il volto nella sua pancia. Pianse.
“Non voglio lasciare questa fottuta casa solo perché c’è morto il tuo fottuto amante immortale! Non voglio! Mi piace questa casa!”
“Non la lasceremo.” mormorò Buffy, carezzandole i capelli, baciandola.
Faith la fissò che pareva una bambina disperata.
“Rimarremo allora? Per quanto tempo?”
“Tutto quello che vuoi.”
Per sempre, allora. Facciamo per sempre.”

 

 

 

  
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