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Autore: Nusia    08/03/2010    6 recensioni
piccola one-shot: Avevo 26 anni ormai, e mi ero trasferita in quella città solo 4 anni fa. Ero stanca di vivere in quel piccolo paesino perennemente coperto di nubi, anzi a dire il vero ero stanca di aspettare un qualcosa,o qualcuno, che non sarebbe mai tornato. Sorrisi amaramente ripensando a i miei lontani 18 anni. (Tratto dalla storia)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, oggi vi posto una piccola one shot scritta il un pomeriggio dove non avevo nulla da fare. Non è nulla di che, è tutto molto introspettivo e alla fine ci sarà una sorpresa.

p.s. non tutto è come sembra. Bacini e recensite!

Passeggiavo per il parco di Boston ignorando la gente che mi camminava a fianco e ripensando a quanto la mia vita fosse cambiata in quegli ultimi 8 anni. Avevo 26 anni ormai, e mi ero trasferita in quella città solo 4 anni fa. Ero stanca di vivere in quel piccolo paesino perennemente coperto di nubi, anzi a dire il vero ero stanca di aspettare un qualcosa,o qualcuno, che non sarebbe mai tornato. Sorrisi amaramente ripensando a i miei lontani 18 anni. Quante cose erano cambiate in pochi minuti, quante emozioni provate in un solo arco di tempo. All’ora ero solo una ragazzina che credeva di poter abbattere tutti gli ostacoli che le si paravano davanti, perché era sicura che l’amore che provava l’ avrebbe aiutata ad affrontare tutto. Ma cosa succede quando l’ostacolo più grande diventa proprio colui che ami con tutta te stessa? Cosa succede se un giorno portandoti nella foresta ti dicesse che non potete stare insieme perché siete troppo diversi? Io so cosa succede. Succede che ti allontani da tutto e da tutti, che ti chiudi un guscio e piangi, ti disperi e ti colpevolizzi. Succede che al centro del tuo petto si crea una grande voragine che pian piano ti porta via tutta la tua vitalità, si risucchia tutto: la gioia, il sorriso, la voglia di vivere, ma guarda caso l’unica cosa che non sparisce è il dolore. Dolore causato da un cuore rotto in mille pezzi, da parole che ti hanno trafitto più di come possa fare una lamina di ferro. Dolore che scaturisce da uno sguardo freddo come il ghiaccio e da una folata di vento che ti avverte che il tuo sogno è finito. Succede che quando realizzi di aver perso tutto, corri a perdifiato per la foresta cercando di raggiungerlo ma non ci riesci. Succede che passi mesi chiusa in camera in uno stato catatonico e la cosa peggiore di tutto ciò, non è il dolore, ma la voglia di non riprenderti mai, perché pensi che se questo succedesse i tuoi ricordi scomparirebbero per sempre. Non vuoi lottare ed andare avanti perché hai paura che lui abbia ragione e così ti aggrappi con le unghie a quel tormento perché solo così puoi sentirlo ancora vicino. Ancora li. Mi sedetti sotto l’ albero portandomi le gambe vicino al petto. Avevo sofferto tanto in passato e probabilmente soffrivo ancora, ma ero riuscita a mettere il dolore da parte. Edward se n’era andato promettendomi di non farsi più vedere, e l’aveva mantenuta la promessa. In 8 anni non avevo più avuto sue notizie,era come “se non fosse mai esistito” peccato che su una cosa avesse torto: la mia mente non era affatto come un colino e ricordavo tutto perfettamente. Avvolte mi chiedevo se fosse un bene o un male ricordare, ma ormai mi andava bene così. Ero riuscita ad uscire dalla depressione solo grazie a Jacob, si era messo davvero d’impegno a cercare di farmi andare avanti ad io non lo avrei mai ringraziato abbastanza. Eravamo buoni amici e nonostante io mi fossi trasferita a Boston ci sentivamo spesso e appena poteva lasciare il branco correva a trovarmi. Gli avevo più volte promesso che un giorno sarei tornata io a Forks, ma lui mi diceva di non preoccuparmi e che se non volevo tornare in quello sperduto paesino per lui andava bene così.

“la mia Bells deve stare bene e se questo significa che debba vivere a Boston, vivrà a Boston” mi disse quando lo informai della mia idea di trasferimento. Sapevo che mi amava, ma non mi aveva mai fatto pesare il fatto che io non provassi lo stesso sentimento, anzi faceva di tutto per dimostrarsi un amico. Un giorno però mi feci coraggio e gli chiesi se per lui non era troppo difficile starmi accanto solo come amico e lui mi rispose:

“Bells non dire sciocchezze. L‘amore non è un sentimento che si può gestire e se tu non sei innamorata di me ok. Sono tuo amico e credimi non è un sacrificio” io lo abbracciai di sgancio e gli sussurrai:

“vorrei tanto amarti Jake. Vorrei che fossi il centro miei pensieri ma non ci riesco. Lui… mi ha portato via tutto” e poi piansi a dirotto.

“shhh zitta Bells lo so. Cerca solo di andare avanti. Hai 22 anni, una vita d‘avanti ti prego non sprecarla pensando a lui. Non farlo Bells”

“sei il mio sole provato Jacob” gli dissi.

“si lo so. Ma neanche il sole può battere un‘ eclissi”

A distanza di 4 anni dovevo dire che Jacob aveva ragione. Un’eclissi, rimane pur sempre un’eclissi. Edward era stato il mio tutto ed era quasi impossibile escluderlo dalla mia vita, anche se in realtà già non ne faceva più parte. Lui e la sua famiglia erano stati per me fonte di benessere e appagamento. Per la prima volta nei miei 17 anni mi ero sentita viva ed innamorata. Almeno un giorno avrei potuto dire ai miei nipoti che avevo vissuto il vero amore. Quello sempre se avrei avuto dei nipoti. Avevo 26 anni e ancora non riuscivo ad innamorarmi di nessuno, come potevo pensare che avrei avuto dei nipoti? Ormai mi ero quasi del tutto convinta che ero destinata a invecchiare da sola e a vivere pensando al passato. Infondo, quello era davvero l’unico modo che conoscessi per andare avanti. Beh,almeno una cosa buona l’avevo fatta: mi ero laureata in letteratura e non aspettavo altro che prendere servizio in qualche scuola per iniziare ad insegnare. Il mio sogno sarebbe stato quello di avere una cattedra in un bel liceo, ma mi ero ripromessa che avrei accettato solo un posto in una scuola media. Proprio non riuscivo ad immaginarmi in un liceo e la motivazione era abbastanza chiara: avrei avuto paura di incontrare lui, di trovarmelo di fronte, proprio dalla parte opposta a quella dove sedevo io. Già, Edward avrebbe sempre interpretato la parte dello studente e per me era davvero troppo immaginare di insegnare a lui. Quella mattina mi ero guardata allo specchio e quasi mi era venuto un infarto notando un capello bianco. La cosa che più di tutto mi terrorizzava era proprio invecchiare, perché quello significava darla vita al destino che mi era stato imposto ed io non volevo. Non volevo invecchiare. Ero rimasta per più di dieci minuti a fissare quel capello, poi mi ero spostata un po’ più a destra e quel singolo filo di capello era ridiventato marrone. I riflessi della luce avevano giocato un brutto scherzo ed io stavo rischiando di morire. Beh almeno la morte avrebbe messo fine a tutto quel nulla che mi circondava e finalmente sarei stata libera. Ah se Jacob fosse stato capace di leggere i miei pensieri! Ero del tutto sicura che si sarebbe trasferito a Boston per sorvegliarmi giorno e notte. Ma non doveva affatto preoccuparsi, io ero troppo codarda per tentare il suicidio e proprio non mi andava di far soffrire di nuovo tutti a causa mia. Dico di nuovo perché tanti anni fa, circa 5 mesi dopo l’addio di Edward, mi tuffai da uno scoglio rischiando di morire. Jacob mi aveva promesso che mi avrebbe portata a divertirmi, ma quel giorno era stato trattenuto dal branco per mezzo di Victoria e così io ero sola e non sapevo che fare,sapevo solo che avevo voglia di avere una delle mie illusioni e di sentire Edward e così mi misi sul mio amatissimo pick up e mi avviai alla scogliera. Quando feci quel tuffo non mi aspettavo di farmi del male, anzi a dire il vero non presi neanche in considerazione il fatto che potesse essere pericoloso, in quel momento volevo solo far scorrere l’adrenalina a mille, nient’altro. Peccato che non andò proprio così. Quando il mare accolse il mio corpo, un’onda mi scaravento verso uno scoglio sul quale sbattei la testa. Persi i sensi quasi subito e mi risvegliai solo 7 giorni dopo. Mio padre rischiava di impazzire e dopo anni si chiedeva ancora se veramente avessi fatto quel tuffo per divertimento. Fu Jacob a salvarmi, lui mi aveva raccontato di essersi tuffato quasi in contemporanea a me, in pratica ero entrata in acqua solo 5 secondi prima di lui, ma quei pochi istanti erano bastati per causarmi il coma. Si era sentito in colpa per un bel po’ per il mio drammatico incidente.

“se solo mi avessi aspettato Bells. Sai qual è il problema? È che io non rispetto le promesse” mi disse quando mi fui svegliata. Aveva le lacrime agli occhi povero Jacob!

“Jake non dire sciocchezze. Ti sei tuffato in contemporanea a me e se pur mi avessi tenuto per mano, sono sicura che sarebbe successo ugualmente. E poi tu mantieni sempre le promesse che mi fai” arrancai io cercando di tranquillizzarlo.

“ti giuro che sarei impazzito se non ti fossi più svegliata”

“mi sono svegliata. Sono qui e sto bene…o quasi” mi corressi notando la mia fronte bendata. Ero stata davvero un incosciente, così da quel giorno giurai a me stessa che non avrei più fatto nulla di sconsiderato o stupido per sentire ancora la sua presenza vicino. Da quel giorno decisi di crescere e mettere per sempre da parte Edward Cullen. Lui era stato l’amore della mia vita e non lo avrei dimenticato per nulla al mondo ma dovevo andare avanti. Lui era il passato. Appena mi fui diplomata scappai da quel mondo di ricordi e mi rifugiai in un’altra città. Non volevo più avere nulla a che fare con il suo mondo. Basta vampiri e soprannaturale. L’unico contatto con quel mondo oscuro agli umani era solo il mio Jacob, a lui non potevo rinunciare e poco importava che fosse un licantropo. Victoria non mi era mai più venuta a cercare, molto probabilmente avrà creduto che fossi morta durante il mio tuffo assassino. Meglio così,almeno non sarei stato costretta a morire per mano sua. Tuttavia, nonostante i miei buoni propositi di lasciarmi tutto alle spalle, non c’ero mai riuscita del tutto. C’era qualcosa, o meglio qualcuno, che mi teneva ancora ancorato al passato e non era Edward. Di lui sapevo che non avrei mai più avuto notizie e ormai mi era rassegnata sul fatto che la nostra storia fosse finita, anche perché, nella quasi impossibile eventualità che lui tornasse, io non riuscirei mai ad accoglierlo a braccia aperte e non perché non lo amassi più, ma per il semplice fatto che ormai le nostre vite si erano divise ed io ero diversa, più matura e responsabile. A 17 anni ero pronta a mollare tutto e tutti pur di stare con lui, ero pronta anche a trasformarmi, ma a 26 anni non sarei mai riuscita ad abbandonare la mia vita. No, non era lui la mia ancora del passato, ma Alice. Quel piccolo folletto mi mancava ancora tremendamente e forse il fatto che non avessi potuto salutarla aveva contribuito a lasciarmi l’amaro in bocca e il forte desiderio di poterla stringere tra le mie braccia un’ ultima volta. Sapevo che non era stata lei a decidere di andare via senza salutarmi, ero certa che fosse stato Edward ad ordinarle di non venirmi a cercare. Un taglio netto ecco quali furono le sue parole nella foresta. Avevo ancora bisogno della mia migliore amica e per quanto sperassi di rivederla prima di morire sapevo anche che era una cosa quasi impossibile. Ma benché fossi consapevole di tutto ciò speravo ancora che sbirciasse nel mio futuro per tenermi d’occhio. Ogni tanto la salutavo, si lo so era sciocco però mi capitava di farlo. Proprio l’altro giorno, mentre ero seduta sotto un albero a sentire la musica mi venne in mente lei e così alzai la mano e la salutai dicendo:

“ciao Alice ricordati che ti voglio bene” e poi sorrisi speranzosa che proprio in quel momento fosse immersa nel percorso della mia vita futura.

Guardai l’orologio, erano già passate 3 ore da quando avevo cominciato a passeggiare per il parco ed era ora di tornare a casa. Non che avessi molto da fare ma la mia coinquilina mi aveva costretto ad uscire con lei e quindi dovevo prepararmi. Mi alzai da sopra la panchina sulla quale mi ero seduta e mi avviai all’uscita.

“Scusa?” disse una voce alle mie spalle. Mi girai a vedere chi era.

“si?” dissi guardando il ragazzo che mi aveva parlato.

“mi sa tanto che ti dovresti svegliare”

“come scusa?” chiesi perplessa della sua affermazione.

“è ora di alzarsi sai? Sbaglio o oggi è un giorno importante?” era forse pazzo?

“non credo di seguirti” ammisi e in quel momento il volto del ragazzo si trasformò cambiando aspetto. Al suo posto comparve il bellissimo volte del mio Edward.

“E…Edward” farfugliai incantata dall’illusione che si era creata.

“Bella amore devi svegliarti. Non vuoi più sposarmi forse?” domandò con il suo sorriso sghembo.

“Sposarti?” domandai.

“dai svegliati. Io ti aspetto all‘altare”

Drin. Drin. Drin.

Il suono della sveglia mi riportò alla realtà facendo sfumare il volto di Edward. Aprì gli occhi di colpo e mi passai una mano tra i capelli.

“è stato un sogno” sussurrai incredula. Era tutto così reale che ero convinta davvero di avere 26 anni.

“Bellaaaaaaaaaaaaa ma sei ancora a letto? Ti devi sposare tra 4 ore” urlò Alice facendo irruzione nella mai stanza.

“Alice” farfugliai correndo ad abbracciarla.

“guarda che così non mi addolcisci per nulla. Siamo in ritardo” si lamentò ed io sorrisi.

“è che mi sei mancata” dissi sincera.

“ma se non ci vediamo da ieri sera! Sei proprio strana amica mia, sicura di sentirti bene?” mi chiese posando la sua mano fredda sulla mia fronte.

“mai stata meglio. Oggi mi sposo con Edward” esultai realizzando che quello era stato davvero un brutto sogno. Grazie al cielo Jacob era venuto a salvarmi solo dopo che mi fossi tuffata, permettendo così ad Alice di vedere il mio “tentato suicidio” . Se solo si fosse tuffato davvero in contemporanea a me, era molto probabile che in quel momento mi trovassi a passeggiare per Boston anziché stare nella mia camera a cercare di addolcire la mia futura sorellina.

“si, oggi ti sposi” mi disse ed io mi buttai a peso morto sul letto. Ero felice ed Edward era tornato.

   
 
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