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Autore: Alexiel Mihawk    10/03/2010    3 recensioni
Sul mio tavolo ci sono tredici sigarette.
Tredici sigarette allineate.
Questa notte progetto di rimanere sveglio all’alba, fino a quando il sole non penetrerà dalla vetrata del loft ricordandomi che è già mattino.
Che è di nuovo mattino.
Questa fic partecipa all'iniziativa 2010 a Year Together, indetta dal Collection of Starlight.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tredici sigarette allineate


Tredici sigarette allineate
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Sul mio tavolo ci sono tredici sigarette.
Tredici sigarette allineate.
Questa notte progetto di rimanere sveglio all’alba, fino a quando il sole non penetrerà dalla vetrata del loft ricordandomi che è già mattino.
Che è di nuovo mattino.

Sul mio tavolo ci sono tredici sigarette allineate.
Non ne fumo mai più di così quando resto sveglio, ma neanche posso farne a meno; ci ho provato una volta, sono dovuto uscire a comprare un pacchetto al distributore automatico.
Troppa fatica, troppo turbamento.
Le preparo la sera prima, controllo che siano a distanza perfetta l’una dall’altra, due centimetri, non un millimetro di più, non uno di meno.
Dicono che sono maniacale.
Hanno ragione, ma una cosa di sicuro non possono saperla.

Ci sono tredici sigarette sul mio tavolo.
Tredici sigarette allineate.


La prima sigaretta è per la morte.
Il fumo scende per la trachea e tu senti il catrame che si insinua bastardo a ricoprire le cellule, per ucciderle certo. Sai che prima o poi questo vizio potrebbe ucciderti e il brivido che ti procura questa prospettiva è a dir poco esaltante.

La seconda sigaretta è per tua madre.
Quando avevi quattordici anni provasti a fumare per la prima volta, ricordi che dopo averla accesa a fatica provasti ad aspirare quel fumo grigiastro, iniziasti a tossire senza riuscire a fermarti e poi vomitasti. Tua madre attratta dal rumore ti raggiunse dietro il capanno degli attrezzi e quando ti vide con una sigaretta ti mollò uno di quei ceffoni da attaccarti al muro in senso più che letterale. Ti rimase il segno delle cinque dita e ben poca voglia di fumare.

La terza sigaretta è per tuo padre,
che ne fumava una ventina al giorno e poi si faceva di eroina. Un simpatico modo di passare il tempo per un disoccupato quarantenne le cui uniche parole di affetto verso di te sono state "vai nell’altra stanza o ti meno". Se eri abbastanza veloce a quelle parole potevi riuscire a scappare abbastanza velocemente perché non ti menasse davvero.

La quarta sigaretta è per tua sorella.
Aveva quattro anni quando un ubriaco in macchina la mise sotto mentre raccoglieva la palla caduta in mezzo alla strada, tua madre se la prese con te perché non eri andato tu, figlio di un preservativo bucato, a raccoglierla. Ricordi ancora il suo sorriso dolce e la sua voce delicata, ti chiama "Fratellone" e si aggrappava alla tua mano come fosse stata l’unico appiglio di tutta una vita. E tu l’hai lasciata morire.

La quinta sigaretta è per Jack, il tuo migliore amico.
Sparito chissà dove in Antartide durante una missione di ricerca. Un brav’uomo, fu lui il primo a tenderti la mano quando tuo padre ti menava e tua madre cercava di addossarti le colpe della sua incapacità di vivere. E fu l’unico ad avere completa fiducia nelle tue capacità, probabilmente il vero motivo per cui è scomparso. Alla fine non sei mai riuscito a trovarlo.

La sesta sigaretta è per la facoltà di giurisprudenza di Harvard.
Una gran figata, giovani coglionazzi in divisa che mostrano il loro Q.I. superiore. Qualità che hai scoperto di possedere solo dopo anni passati nella merda più nera. Tornando al discorso, una bella facoltà, piena di stronzi figli ricchi di stranissima gente ricca, ha contribuito a trasformarti in quello che sei. Un avvocato di successo il cui unico problema nella vita è se comprare un vestito di armani blu o nero a seconda della squillo con cui passerai la notte.

La settima sigaretta è per Jen.
La piccola Jen, la dolce Jen, l’unica donna che tu abbia mai amato tanto da sposare. Manine piccole e candide, una cascata di ricci rossi e quello stracazzo di sorriso da cui non sei mai riuscito a distogliere lo sguardo. Ti bastava una parola, una singola parola per cambiare completamente umore, per lei avresti scalato una montagna, al diavolo la tua paura delle altezze; per lei avresti perfino potuto uccidere, avresti davvero fatto di tutto. Ma sei solo umano e nemmeno un medico, e una cura per la leucemia non sei riuscito a trovarla.

L’ottava sigaretta è per il tuo loft.
Tanta di quella luce da ucciderci un vampiro di giorno e così in alto che di notte sembra di poter toccare la luna. Una figata fotonica, ogni volta che ci porti una donna ne rimane così estasiata che non può fare altro che aprire le gambe. Deve essere il fascino del mogano o forse tutto quel bianco che le manda in estasi, o magari non gli è mai capitato di incontrare un uomo ordinato.

La nona sigaretta è per quello stronzo del tuo gatto.
Si chiama JJ, è un botolo lardoso nero, lo hai preso perché faceva un contrasto artistico a te particolarmente gradito, se affiancato al bianco dei tuoi mobili. O almeno questo è quello che dici in giro, in realtà lo hai trovato per la strada e ti faceva pena, poteva anche essere verde e lo avresti raccattato. Ultimamente il suo hobby è diventato quello di farti impazzire, ti ha già distrutto un divano di pelle e ora mira a demolire la libreria lasciando su scaffali e libri i segni delle sue unghie. Non avresti dovuto farlo castrare.

La decima sigaretta è per i colori.
Non che tu sia mai stato daltonico o cagate del genere, chiariamolo subito, ma da quando il suo cuore aveva smesso di battere il tuo mondo aveva perso qualsiasi attrattiva, i colori avevano smesso di esistere e ogni cosa si era tinta di bianco e di nero. Uno schifo di vita in cui ogni cosa veniva classificata in base a una scala di grigi e più le tinte si facevano cupe più il tuo umore si altera ed aumentano le probabilità che tu te la prenda ingiustamente con qualcuno dicendo qualcosa di cui non ti pentiresti il giorno dopo.

L’undicesima sigaretta è per Cher.
È la tua assistente da quasi tre anni e sai benissimo che è follemente innamorata di te, d’altro canto è pressoché impossibile resistere al tuo fascino. E’ minuta e bionda e per vederti felice resusciterebbe tua moglie, cosa che ovviamente andrebbe tutta a suo svantaggio. Ti fa tenerezza, ma cerchi di evitarla il più possibile al di fuori dell’orario di lavoro, non ha l’esperienza di una squillo e proprio quel tipo di donna da cui ti faresti coinvolgere e certi problemi preferisci evitarli.

La dodicesima sigaretta è per tuo figlio,
che non è mai nato e che probabilmente non nascerà mai visto il tuo modo di pensare; un tempo lo desideravi e te lo ricordi, ma nonostante tutto pensarci ti fa troppo male e preferisci chiuderti in te stesso e parlare con il gatto, che sicuramente ti fa penare meno di un bambino. Probabilmente anche JJ se sapesse cosa pensi ti riempirebbe di graffi.

La tredicesima sigaretta è per te stesso.
Perché ti stai accorgi, sempre di più, di come la tua vita in realtà non sia altro che un agglomerato di inutili frivolezze; tutto quello per cui valeva la pena vivere oramai è perduto. Per questo motivo una volta al mese rimani sveglio tutta la notte, con lo sguardo perso oltre la finestra, a fissare qualcosa che vedi solo tu, pensando quante opportunità ti sono scivolate tra le mani e quante ti stanno sfuggendo dalle dita in questo momento. E sai che se volessi potresti essere felice, perché sei più che convinto che la propria felicità la si trova da soli, ma non vuoi essere felice. Ti basta vivere.



La cenere della tredicesima sigaretta cade sul tavolo di vetro, mancando di pochi centimetri il posacenere.
Merda. L’ho mancato.

Oramai è l’alba e questa luce troppo chiara mi da fastidio agli occhi. Marzo è un mese di merda, finge di iniziare ad esserci il sole, ma non è che una luce albina riflesso di qualcosa che è stato e il suo calore non è che l’imitazione di qualcosa che sarà solo tra qualche mese, ti illude, come fa la vita ogni giorno.
È così che viviamo noi uomini, avvolti dalla sottile patina dell'illusione
Io lo so.
Sono gli altri che non lo sanno.






Note Autrice:

Questa shot partecipa all'iniziativa 2010 a year together indetta dal forum  « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 » - Il prompt scelto era 68.Tredici Sigarette Allineate.

Fanfiction Contest ~ Collection of Starlight

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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