Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: keli    10/03/2010    1 recensioni
[Il matto uomo sorrise di rimando, nascondendo il viso nei suoi capelli e stringendola piano a se, come se avesse paura che fosse un sogno, un filo di fumo che sarebbe svanito se avesse stretto troppo forte.]
Un pò Cappellaio/Alice, un pò un'inizio diverso.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Once More Alice~
Ti confido una cosa... tutti i migliori sono Matti!








…Questo luogo è un luogo unico al mondo, una terra colma di meraviglie, mistero e pericolo…


Ci aveva creduto, a dire il vero.
Se ne era accorta, per la precisione. L’aveva visto, l’aveva toccato con mano. Era successo una volta, se ne era dimenticata, poi rieccola catapultata quasi per sbaglio di nuovo lì. Si.
Ma lì dove?
Da che era caduta in quell’enorme fosso nel giardino che aveva scoperto essere con sua grande sorpresa-e confusione- la tana di un iperattivo Bianconiglio con un orologio enorme al panciotto, non aveva fatto molti passi avanti.
Aveva ascoltato con meraviglia il buffo animaletto pronunciare il suo nome con felicità e stupore, picchiettando esagitato sul vetro dell’orologio.
Aveva sorriso, è vero, ma disorientata.
Si era chinata sul Bianconiglio, una mano protesa verso il capo, e il sorriso dolce di chi non sa. Non capisce.
<< Come fai a sapere il mio nome? >>
Aveva chiesto.
L’animaletto l’aveva guardata sgranando gli occhietti neri, e si era lasciato sfuggire di mano l’orologio, che aveva cozzato con un rumore sordo sul soffice terreno erboso.
Dubbioso, si era chinato e l’aveva raccolto, spolverandolo con una zampina bianca.
<< Tu non… non sei forse Alice? >>
La domanda l’aveva lasciata perplessa, ma giusto un secondo. Poi aveva annuito, una mano al lato del viso, guardandolo come in sovrappensiero.
<< Certo che lo sono… anche se ultimamente non distinguo il reale dall’immaginario >>
Un sospiro.
Poi gli occhi le avevano preso a brillare, e aveva guardato il roditore come se tutto le fosse finalmente chiaro. Il Bianconiglio aveva fatto un saltello, esaltato, muovendo la codina lanosa.
<< Ma certo! Questo è solo un sogno, giusto? >>
Un s o g n o.
L’animale era rimasto interdetto, guardandola. Si era come afflosciato, perdendo vitalità, lasciando perdere anche l’orologio su cui aveva battuto la zampa pochi istanti prima come a indicare che fossero in estremo ritardo
-per cosa poi?-
Triste il Bianconiglio, aveva mosso il musetto come a ricacciare le lacrime che non volevano saperne di scendere dai piccoli occhi neri.
Qualcosa simile a un sorriso l’aveva sfiorato per un istante.
Poi l’aveva presa per una mano, costringendola a seguirlo, senza rispondere alle sue domande urlate nella corsa.
Dovevano riavere Alice, assolutamente.
E l’unico in grado di farle ricordare era proprio Lui.

...si dice che per sopravvivere qui bisogna essere matti come un cappellaio, e io per fortuna lo sono…


<< Che sorpresa… Alice >>
Un mulino diroccato, sterpaglie, e un lungo tavolo dalla bianca tovaglia perfetta, costellata da un servizio da the d’argento e piatti di porcellana provvisti dei più svariati dolciumi.
Il Bianconiglio l’aveva lasciata lì, senza dirle nulla, scappando poi via col suo panciotto, il codino buffo e l’orologio enorme.
La fanciulla sbatté i grandi occhi chiari, guardandosi attorno, per poi tornare a fissare con sorpresa la figura dello strambo uomo seduto a gambe incrociate a capo tavola.
O meglio.
Proprio sopra il tavolo.
Chiuse gli occhi. Eppure era sicura che un minuto prima non ci fosse nessuno lì.
Li riaprì, sperando in un’allucinazione, ma quello che vide fu lo stesso uomo con una tazzina da the in mano che mescolava il suo contenuto con un p i a t t i n o di porcellana che spuntava da sotto la stessa tazzina che sembrava non avere un fondo.
Si costrinse a non rimanere imbambolata dal sorriso tutto denti, di pura felicità, che brillava sul viso truccato da pagliaccio dell’uomo.
C’era qualcosa in lui però… forse il cilindro sdrucito dal nastrino rosa che pendeva in bilico sul riccioluto capo rosso, o quegli occhi verdi, di un brillante color foglia, che la guardavano con una dolcezza infinita che sembrava mascherare anche il leggero strabismo –o follia?- che li caratterizzava.
Cercò qualche parola, ma la voce non ne voleva sapere di uscire.
Il Cappellaio la guardò per un altro istante, poi il suo sorriso perse di lucentezza, abbassando leggermente gli angoli delle labbra, e il suo sguardo si fece esitante.
Con un leggero balzo scese giù dal tavolo, lanciando dietro le spalle piattino e tazzina che quasi colpirono un Leprotto Marzolino addormentato fra una montagnola di zucchero e un piccolo ghiro nascosto in una teiera.
Ok, questo si che era strano.
Quando la stramba figura si chinò su di lei, la fanciulla dai capelli biondi fu combattuta dalla voglia di arretrare e saltargli al collo.
Abbassò il viso, indecisa, mordicchiandosi il labbro inferiore, torturando il bel vestito che indossava. Sentiva lo sguardo penetrante del Cappellaio su di se, e poteva quasi vedere una sorta di dolcezza nascosta in quel sorriso folle dai denti di davanti più larghi del resto.
Ma non sorrideva il Cappellaio.
La guardava, silenzioso per una volta, aspettando qualcosa.
<< Credo… credo di essere matta. Ti riconosco, ma non so chi sei. Si, devo essere decisamente fuori di testa >>
Mormorò, alzando le spalle, quasi aspettandosi una risata schernitrice da parte dell’altro.
Ma il Cappellaio non rise.
Si chinò di più su di lei, appoggiando i palmi delle mani sul viso candido- e ora arrossato sulle gote- della giovane, accarezzandone la pelle liscia, il viso a qualche centimetro dal suo.
Poi sorrise, accecante, in tutta quella matta, matta, follia da Cappellaio Matto.
<< Ti confido una cosa… tutti i migliori sono matti! >>
Esclamò, in tono confidenziale. La ragazza sgranò gli occhi, poi sorrise anche lei, dolcemente, allacciando le braccia al collo dell’uomo e appoggiando il capo sulla stoffa consunta dell’abito sul suo petto.
<< Sono felice di rivederti mio Cappellaio >>
Il matto uomo sorrise di rimando, nascondendo il viso nei suoi capelli e stringendola piano a se, come se avesse paura che fosse un sogno, un filo di fumo che sarebbe svanito se avesse stretto troppo forte.
<< Bentornata Alice >>
  
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