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Autore: costance    10/03/2010    0 recensioni
Cosa volevi che ti dicessi Sam? Che senza di te mi sentivo morire dentro ogni giorno di più? Vidi l’espressione sul tuo viso passare da beffarda a soddisfatta. C’eri riuscito di nuovo, eri riuscito a capire se provavo qualcosa verso di te. Ci cascavo sempre, anche quando stavamo insieme, ma chissà perché quel giorno quello che stai facendo mi sembrava un gioco tremendamente doloroso. Per me ovviamente. Tu ti divertivi, tu ti credevi un Dio non è così? Sei sempre stato abituato ad avere tutto per te, a non dover rinunciare mai a nulla. Io ero stata solo l’ennesima bambolina della tua interminabile collezione. Probabilmente quella più nuova, conservata ancora nella confezione di plastica.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci pensavo giusto qualche tempo fa, mentre una canzone si prendeva gioco di me e dei miei pensieri che lo so, sono assurdi. Tra le dita tenevo un foglio ripiegato in quattro di cui non so neppure il contenuto -dopo guarderò e forse chissà, ti farò sapere-. Tenevo le palpebre chiuse chiuse, illudendomi che così non avrei potuto lasciar scappare l'immagine di te. Non è successo. Sentivo il mondo che mi scivolava addosso, come acqua di una cascata e non riuscivo a spostarmi, non ne ero in grado. Sulle labbra quel sapore dolce di te, dei tuoi baci rubati tra campanelle e cambi d'ora. Sulla pelle quel salato di mare che ci divide spesso, a lungo. Eppure ti sentivo forte lo sai? Non eri accanto a me, non avrei mai e poi mai potuto sfiorarti, ma tu eri lì. I tuoi occhi che riflettevano ogni tuo pensiero, le tue sottili labbra dolci e quel sorriso che tante volte lo sai, mi ha rubato il cuore. E più ci pensavo più lo capivo: ormai senza via di scampo ti appartenevo. E mi sembrava stupido, assurdo, impossibile; eppure era la realtà. La parte più razionale di me si ribellava a quel sentirti vivo, ma il mio cuore no, non voleva più esser frenato dalla ragione. Quella era una mattina come tante, cullata dal dolce rumore del mondo che piano piano si sveglia dal torpore della notte conclusasi soltanto da poco con il rischiarare del cielo. Soltanto un lieve venticello scuoteva le fronde rigogliose degli alberi rinati giusto poche settimane prima, con l’arrivo della primavera. Sembrava che tutto aspettasse me, ma io quella mattina non ne volevo sapere di sorridere al cielo, di lasciarmi baciare dal sole ed accarezzare dal vento.  Mi sentivo ostile verso ogni forma di approccio con il mondo, verso ogni genere di sensazione gradevole. Sai Sam, non è la prima volta che mi succedeva. Era l’effetto che mi facevi tu ogni singola volta che mi guardavi e poi andavi via. Quella notte sì, io ti avevo sognato. Avevo sognato te che mi venivi incontro e mi abbracciavi, che mi proteggevi dal male e mi portavi a vivere nuovamente la vita lontano dal dolore. Ma tu, tu che della vita mi stavi privando col tuo silenzio non saresti mai venuto a salvarmi, non avresti avuto il coraggio di tornare indietro, di prendermi e salvarmi dall’oblio che stava diventando la mia vita.Ero pronta, già vestita e seduta sul letto accuratamente rifatto, mentre aspettavo guardando il grande orologio appeso alla parete di fronte a me con occhi vuoti, privati della normale luce che li faceva brillare. Ascoltavo il rumore del tempo che scorreva senza rendermi realmente conto di ciò che mi accadesse intorno, sebbene poi non accadesse nulla di rilevante. Quando finalmente le lancette raggiunsero la posizione attesa mi alzai e come un automa mi infilai le mie Converse e presi la borsa dei libri, uscendo infine dalla stanza. La cosa buffa è che incontrai subito mia madre, con quei capelli rigidamente tirati su ed il trucco pesante; con quell’alone di irrespirabile profumo dolciastro e i tacchi alti. Non sono neanche sicura che si fosse accorta della mia presenza, impegnata com’era a parlare al telefono con una certa Kim di cui figurati, neanche sapevo l’esistenza. Poco male non credi?Raggiunsi la scuola circa una decina di minuti dopo ed una volta posteggiato il motorino in mezzo ad altri iniziai a cercarti con lo sguardo perché sapevo che anche tu eri arrivato a scuola da poco anche se il problema più grande era senza dubbio il sapere dove fossi realmente. Ti avrei riconosciuto tra mille e più persone se soltanto ci fossi stato; ma così non era, tu non c’eri. Mi ritrovavo al mio banco senza sapere perché; mi sembrava di essere ancora giù a cercare tra i volti altrui il tuo ed invece no. Ero vuota. Chissà dov’eri tu in quel momento. Tu che correvi veloce con la tua vita che ti spingeva a vincere sempre. E’ per questo che non mi hai voluta più Sam? Perché non ero abbastanza forte per te? Eppure quando ci siamo conosciuti lo sapevi benissimo com’ero fatta. Ero stata solo una sfida con te stesso lo so. Sono stata io la stupida, me ne rendo conto; non avrei dovuto innamorarmi. Mi sarei potuta controllare, razionale come sono, ma volevo innamorarmi, ne sentivo il bisogno. In quell’esatto momento era entrata la professoressa. Mi limitai ad alzarmi e a sussurrare un “Buongiorno” che si unì ad altri venticinque. Una voce tra le tante. Ecco cos’ero io: una tra le tante. Lo ero in classe, lo ero per le amiche e lo ero per te.Il tempo continuò a scorrere lento, come ormai succedeva da quando te n’eri andato. Ma da quanto eri andato via? Che anno era? Che giorno era? Lo sapevo, lo sapevo benissimo: era passato quasi un anno.

- Deschanel Rose –

- Presente – sussurrai.

Bussarono d’improvviso alla porta che si aprì di scatto. Tra tutte le centinaia di persone che sarebbero potute entrare in classe entrasti tu. Ti riconobbi subito, non avevo dubbi. Il tuo sorriso, i tuoi occhi neri come la pece e quel tuo pearcing sotto il labbro inferiore , nell’angolo destro.

Io e te abbracciati stretti in riva al lago, mentre ci baciavamo ed io mi divertivo a mordicchiarti quel pearcing a forma di pallina.

No, un altro ricordo. In quel periodo la mia vita correva tra passato e presente senza riuscire a trovare un equilibrio.

- Rose! Rose! –

Mi girai verso Annie, la mia compagna di banco che mi chiamava sgomitando poco delicatamente: - Sam ha chiesto al prof se puoi uscire un attimo. –

Il cuore mi si fermò in gola. Cos’altro volevi da me? Mi alzai dal mio posto ed a testa bassa raggiunsi la porta chiudendola alle mie spalle. Mi voltai: c’eri tu. Bello. Bello come solo tu sapevi essere.

- Eilà Rose. – Solo sentirti pronunciare il mio nome mi provocava un brivido.

- Sam. –

- Non hai niente da dirmi? –

Cosa volevi che ti dicessi Sam? Che senza di te mi sentivo morire dentro ogni giorno di più?

- No, niente. –

- Mi sorprendi. Dopo tutto questo tempo non hai niente da dirmi? Quanto tempo è che non ci vediamo io e te? –

- Un anno, esattamente un anno il mese prossimo –

- Piuttosto precisa per una che non ha nulla da dirmi-

Vidi l’espressione sul tuo viso passare da beffarda a soddisfatta. C’eri riuscito di nuovo, eri riuscito a capire se provavo qualcosa verso di te. Ci cascavo sempre, anche quando stavamo insieme, ma chissà perché quel giorno quello che stai facendo mi sembrava un gioco tremendamente doloroso. Per me ovviamente. Tu ti divertivi, tu ti credevi un Dio non è così? Sei sempre stato abituato ad avere tutto per te, a non dover rinunciare mai a nulla. Io ero stata solo l’ennesima bambolina della tua interminabile collezione. Probabilmente quella più nuova, conservata ancora nella confezione di plastica.

- Perdonami ma ora ho da fare. –

- Preferisci rientrare in classe piuttosto che stare con me? –

- Esattamente –

Così mi voltai e me ne andai. Speravo con tutto il cuore che tu mi fermassi, che mi prendessi la mano e mi dicessi di aspettare, di restare con te perché lo volevi, non per farmi del male. Ma la mia vita non era un film e tu no, non mi hai fermata. Non ci sei abituato. Non appena chiusi la porta mi pentii di non averti detto che mi sei mancato. Ti avrei più rivisto amor mio? Tutte le mie certezze sembravano scivolarmi via ogni giorno di più, mentre un senso di vuoto interiore si andava appropriando di me, della mia anima.  Troppe volte ti avevo visto andare via, quella era una delle tante. Non ti importava di me, non te ne era mai importato.

  
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