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Autore: Bitter_sweet    11/03/2010    2 recensioni
Se si analizza la parola crescere…ci si rende conto..
Diventare più grande in altezza, in lunghezza, per naturale sviluppo.
Aumentare di peso, volume, numero, livello.
Avanzare, essere sovrabbondante.
Le persone crescono, come individui, affrontando la vita nelle buone e nelle cattive situazioni.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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To grow Note: la storia è un po’ vecchiotta, nel senso che ha partecipato al concorso indetto dall’ OPIF. Storia senza pretese, visto che l’ho scritta, tanto vale che la pubblica. I nomi di Jhonny e Yosaku, i compari di Roronoa quando era un cacciatore di pirati, sono nella versione inglese.

I personaggi di One Piece non mi appartengono, io li adotto momentaneamente per puro svago e senza alcun scopo di lucro.





To grow [When September ends]


Compiamo piccoli e grandi passi all’interno della nostra vita. Crescita qualcuno la definisce, perché ogni qual volta si prende una decisione, si fa qualcosa di importante, si dice una frase significativa, facciamo un passo verso la comprensione e si cresce. “Domani ricomincio gli studi e mi iscrivo all’università”, “Ti aiuto io a trovare un lavoro, non preoccuparti”, “Non ti meritava. Se non ha capito quanto tu sia una persona fantastica, allora è meglio che sia andata così”, “Vedrai, domani andrà meglio”, “Sposiamoci in quella piccola chiesetta dai muri bianchi, quella sperduta nel bosco”.

Ma se si analizza la parola crescere…ci si rende conto..

Diventare più grande in altezza, in lunghezza, per naturale sviluppo.

Aumentare di peso, volume, numero, livello.

Avanzare, essere sovrabbondante.

Non è certo quello che le persone credono. Crescere è quando un bambino alla mattina, dopo essersi svegliato, si misura addossandosi al muro e posandosi un libro sul capo segna la sua altezza e poi vede che dal giorno prima si è alzato di una piccola tacca.

Ma quando si è finito di misurarsi, che succede? Come si fa a crescere?

Le esperienze, il fare un passo verso un'altra persona buttando all’aria la propria ritrosia ed il proprio orgoglio, prendere coscienza dei propri limiti, sapere perdonare. Sono queste le cose che fanno crescere realmente una persona e che la distinguono dalle altre.

Le persone crescono, come individui, affrontando la vita nelle buone e nelle cattive situazioni.

*    *    *

Comunque vada vado via
in questa notte taglio col coltello il buio tutto intorno
tanto so che quando torna il giorno
sarà solo il ricordo di qualcosa che avrei avuto ed ho perso

Dovunque vado sono via
e chiedo alle mie mani di fermare il battito del cuore
perchè il mio cervello non sopporta più il rumore
che mi porta indietro al tempo in cui le ore passavano leggere
e mi riperdo

Ci sono strade che di notte le distingui solo per l' odore dell' asfalto
non sei sicuro di esserci mai stato ma sei sicuro che ci stai tornando

Ci sono strade luminose strade senza voce ed altre invece senza il tempo
non sei sicuro di esserci passato ma sei sicuro che ci stai vivendo

Qualsiasi siano le distanze fra due punti diversissimi ed opposti fra di loro
disperati come missili sparati verso cieli lontanissimi
al di là delle galassie dentro a un buco nero

Ci sono strade che somigliano alle vite che percorri tutte in un momento
non sai capire dove sei arrivato ma sei sicuro che ora stai correndo

[Tiromancino -Strade-]


*    *    *

Era una giornata come tante altre. Lì, nel Grande Blue, le giornate erano una costante enigma, non si sapeva mai cosa potesse accadere, a partire dal tempo. Quella semplicemente si prospettava come una tranquilla giornata tipicamente di fine estate. Il sole alto nel cielo, il caldo a volte soffocante ma c’era quella lieve brezza marina a rendere più fresca la giornata.

Ne aveva viste tante di giornate come quella e tante altre ne avrebbe viste ancora. Ed era un bene per le sue tre piante di mandarino. Nami lo sapeva bene, era cresciuta con quel tipico clima a Coconut Village e tornare a quei tempi con la mente ogni tanto era piacevole.

La rossa aveva reclinato appena il capo di lato socchiudendo gli occhi marroni per godersi quella lieve brezza rinfrescante. Tra le mani il cappello di paglia di Rufy.

Giocherellava appena con quella paglietta aspettando il botto che di sicuro sarebbe avvenuto, prima o poi, e non era di certo il presagio di una grande sensitiva quello. Ehi, lei prevedeva i cambiamenti del tempo, sapeva leggere le nuvole non di certo i tarocchi. Però…bastava guardare il ponte per capire che di lì a breve un botto ci sarebbe stato. E doveva saperlo anche Rufy, altrimenti, il suo amato cappello, di certo non glielo avrebbe affidato.

Non ci prestava poi così tanta attenzione, era abituata a vederli trafficare con qualcosa di non definito, ed era sempre rimasta loro distante. Usop e le sue strambe idee. Ancora il sangue le dava alla testa nel ricordare la prima volta che il cecchino le aveva modificato l’arma. Non poteva certo scordarlo, praticamente aveva rischiato di farsi uccidere da Miss Doublefinger ad Alabasta.

Ricordava anche tutta la fatica ed i vari squittii del nasone per farsi perdonare, inutilmente logico.

-Credi che serviranno tante bende?- La voce mesta di Chopper aveva fatto capolino scuotendola dai suoi pensieri.

-Non più del solito.- Lo aveva rassicurato Nami accennando un lieve sorriso. -Di certo le diavolerie di Usop fanno solo tanto rumore, ma nulla di più.- Aveva preso un attimo fiato come per pensare a qualcosa. -E poi lo sa che deve stare attento alla nave. Franky è molto intransigente.-

Il piccolo medico si era issato accanto alla rossa sedendosi sul corrimano pensieroso. -Speriamo che non sia qualcosa da far bere.-

Nami aveva inarcato un sopracciglio, non era molto sicura che quei due pazzi non cercassero di mischiare strani intrugli per cercare di creare qualcosa di esplosivo o micidiale. In fin dei conti, Usop aveva una vasta scelta di munizioni ed alcune non erano certo inoffensive. -Vedrai che non succederà nulla. Di certo Rufy non morirà avvelenato.- Dichiarò convinta di quello che diceva mentre faceva roteare il cappello su due dita.

-Dici?-

Nami aveva guardato quel musetto apprensivo per poi sorridere e posare una lieve carezza sul suo capo coperto dal cappello rosa, facendoglielo scendere sugli occhi. -Sicura!-

*    *    *

Un silenzio di tomba, era così raro sentire, anzi, non sentire assolutamente nulla su di quella nave. Era quasi un utopia e lui di certo non c’era più abituato al silenzio.

Zoro aveva passato una vita intera in solitudine. Il silenzio, quello che si crea da noi, gli era stato compagno e fedele amico per molto tempo. Certo, Joni e Yosaku ogni tanto riempivano le sue giornate, ma aveva presto imparato ad ignorarli. Isolava la mente e si estraniava dal resto del mondo.

Lo avevano pure canzonato per quello.

Eppure…da quando aveva conosciuto Rufy, si era rassegnato ed in qualche modo ormai non gli dispiaceva sentire quei bambinoni esultare e gridare per ogni cosa. Gli metteva una strana sensazione di vita addosso, come se avesse cominciato a vivere, vivere per davvero, solo dopo averli conosciuti. Non rinnegava nulla della sua vita passata, era una parte di lui, indelebile tanto quanto quella cicatrice trasversale che gli segnava il petto.

Però, quando si sentiva il silenzio assoluto, quando neppure il cuoco strillava come una gallina per avere visto una delle due ragazza, allora significava solo una cosa.

Aveva contato mentalmente, il viso premuto sull’asciugamano di spugna bianco. Non era neppure riuscito ad arrivare al tre che il botto aveva sconquassato la nave. E lui aveva sospirato pesantemente attraverso il tessuto riconoscendo in quel boato uno degli esperimenti di Usop.

Aveva indossato al volo la maglietta prima di lasciarsi cadere sul ponte.

E c’era il disastro.

-Usop, Rufy!-  Avevano urlato all’unisono Chopper e Franky, l’uno preoccupato, l’altro…leggermente fumante.

Non doveva certo essere un genio per capire quale dei due fosse preoccupato.

-Tutto bene…- Il mormorio strozzato di Usop costrinse lo spadaccino ad osservarli.

Con occhio critico, ed immancabilmente con un sopracciglio alzato, constatò le loro condizioni e sbuffò sonoramente dirigendosi verso la cucina superando così un ridente Rufy ed un più morto che vivo Usop. Non di certo per l’esplosione, quella non aveva fatto danni, era invece il carpentiere la causa dello stato del nasone.

Non si stupì nemmeno di trovare tutti gli altri intenti ad osservare la scena. Automaticamente lo spadaccino si voltò ad osservare.

Più che una nave quella sembrava essere un teatro ed il ponte l’anfiteatro per i siparietti di quei dementi. Il perché? Bastava guardare Rufy rotolarsi a terra dal ridere, sporco in viso di fuliggine, e Usop spalmato al suolo, tremante ed invocante pietà, per capire. Di certo le pose assurde che il cyborg assumeva, continuando ad insultare il nasone e le sue genialate, erano il tocco finale.

-Ehi marimo.- Alle volte anche lui e Sanji rientravano tra le buffonate, ma non sempre.

-Che vuoi?-

-Lo pulisci tu il ponte poi vero?!- Parlò quasi ordinando il cuoco e di certo Zoro non era d’accordo visto che non lo badò superandolo e rintanandosi nella cucina. -Ehi, stupido spadaccino, sto parlando con te!- Di certo Sanji non demordeva.

*    *    *

Aveva cominciato a contare i giorni, passati da una battaglia, dopo Water7. Prima non ci aveva mai pensato, si diceva sempre che erano assieme, che si erano lasciati tutto alle spalle e che la vita continuava inesorabilmente.

Da piccola, le uniche volte in cui si permetteva di contare i giorni segnandoli sul piccolo calendario, era quando il suo compleanno o quello di Bellmer o Nojiko si avvicina. Ma in quel periodo, era una conta diversa. Cancellava, man mano che il tempo passava, i numeri per ricordarsi di quanto fosse vicina quella data cerchiata in rosso.

Era l’unica sua abitudine, ma l’aveva presto persa.

Ora invece…un brivido le percorreva la schiena ogni volta che ricordava perché avesse cominciato a contare i giorni successivi ad una battaglia, a quella battaglia. Enies Lobby.

Era stata la consapevolezza a farle scattare quella molla.

Di certo non era la prima né l’ultima battaglia che affrontava. Nami ne aveva combattuta una per otto lunghi anni e ormai non la spaventava più il dolore o i rumori assordanti delle armi che cozzavano tra loro. L’unico suono che ancora non riusciva a sopportare era il tuono prodotto dalla pistola quando sparava.

Aveva provato lo stesso identico orrore e terrore, a Enies Lobby, che aveva provato a Coconut Village troppo tempo prima. Tempo che per lei sembrava sempre troppo poco.

Aveva contato i giorni dopo quella battaglia. Contava i giorni che Nico Robin passava con loro su di quella nave ed ogni giorno che aggiungeva alla lista sorrideva. Perché poteva davvero dire che era lì con loro, nonostante tutte le raccomandazioni della donna, i suoi “Non me ne vado”, era sempre preoccupata che arrivasse di nuovo il giorno in cui se ne sarebbe andata di nuovo lasciandoli. E lei odiava gli abbandoni, ancora di più se forzati.

E li aveva contati anche dopo Thriller Bark.

Erano passati tre giorni da quella notte che le era parsa come la più lunga della sua vita. Era passato solo un giorno da quando lo spadaccino aveva ripreso conoscenza.

*    *    *

Era passata solo una giornata, ma mai come allora gli era parso che il tempo passasse troppo lentamente.

Si maledisse mentalmente mentre un sorriso compariva sul suo volto delineandogli le labbra. Zoro scosse il capo divertito guardando di sottecchi la rossa seduta accanto a lui.

Se Nami lo avesse sentito o avesse anche solo immaginato che potesse definire così il tempo, lo avrebbe fulminato all’istante col suo bastone.

In barba a tutti aveva sempre ignorato lo scorrere inesorabile del tempo. Alle volte non sapeva neppure quale giorno della settimana fosse ed erano i suoi due compari a ricordarglielo, se erano con lui. Altrimenti non se ne interessava. Non aveva senso stare attento ai giorni ed al tempo che scorreva quando si cercava una persona. Ogni giorno per lui era uguale ad un altro, che fosse festa, che fosse un giorno di una delle quattro stagioni, che fosse qualsiasi cosa. Non ci aveva più fatto caso al tempo che passava. Alle volte non ricordava nemmeno che quel determinato giorno, fosse per lui una data da ricordare. Ma aveva un’unica data di cui ricordarsi ed era anche il suo fardello peggiore e più pesante da sopportare.

Ma quello era tutto un altro discorso.

-Qualche idea?- La domanda di Robin lo riportò con la testa nel presente.

-No.-

Automaticamente si abbandonò sullo schienale della sedia chiudendo gli occhi, le braccia incrociate sul petto. Dalla risposta, detta con tono sconsolato, della navigatrice non gli fu difficile capire di cosa stessero parlando.

Da quando erano ripartiti da Water7 l’argomento era sempre lo stesso: l’isola degli uomini pesce. Argomento spinoso per varie cose.

Non erano di certo ben visti quei cosi muniti di pinna, branchie e denti troppo appuntiti. Ah sì, dimenticava sempre le squame. Ma erano uomini pesce, era logico avessero le squame, meno logico era il fatto che cinque, tra loro nove, li…forse il termine più giusto da usare era che li trovassero ripugnanti o stomachevoli. Almeno per lui era così.

-Se è l’isola degli uomini pesce…- Aveva cominciato Franky passandosi una mano sul mento triforcuto e facendo così centrare l’attenzione su di lui. -…sarà in fondo al mare.- Sembrava avesse appena avuto un’illuminazione ma Zoro aveva semplicemente riaperto gli occhi limitandosi ad alzare lo sguardo al cielo. -Potremmo usare il sottomarino per esplorare il mare!-

E glielo concesse Roronoa. Un punto a suo favore.

-Sottomarino?- Aveva invece chiesto scettica Nami.

Zoro non poteva neppure dare torto a lei. Uno a uno.

-Non preoccuparti sorella.- Aveva detto il cyborg ed aveva rischiato la pelle a quel “sorella”. -Sono uno previdente io.-

Quel previdente a Zoro non era piaciuto molto. Aveva inarcato un sopracciglio e a giudicare dall’espressione del biondo cuoco, nemmeno lui sembrava molto convinto. Era sicuro che in quel momento avessero la stessa espressione. Se si fossero messi uno davanti all’altro, sarebbe stato come trovarsi davanti ad uno specchio. Fatta eccezione per quel ciuffo di capelli ed il sopracciglio a ricciolo.

-Il boss sa sempre cosa fare!- Avevano esclamato in coro Usop, Chopper e Rufy facendo alzare gli occhi al cielo alla rossa.

-E di grazia…- Chiese infatti cercando di mantenere la calma. -Dove sarebbe questo sottomarino?-

A quella domanda, ma più per il tono scettico usato, Franky si era alzato in piedi puntandosi un dito al petto. -Sono un professionista sorella, e come tale penso a tutto fin nei minimi dettagli.- Aveva preso una pausa quasi fin troppo studiata. -Volevo fosse una sorpresa, ma credo sia il tempo di usarla.-

-Ma hai davvero costruito un sottomarino?- Basito Sanji aveva guardato il cyborg.

E Zoro si corresse mentalmente. No, in assoluto, lui ed il cuoco non erano simile, nemmeno alla lontana. Si appuntò pure, sempre mentalmente, di non pensare mai più una cosa simile. Ne andava del suo onore.

-Ma ve lo avevo già detto a Thriller Bark.- Piagnucolò sconsolato.

-Ma allora non scherzavi.- Rimbeccò il biondo cuoco. Roronoa rialzò gli occhi al cielo.

-Ma di che sottomarino parlate?-

-Tu, Usop e Chopper non lo sapete.- Cominciò a spiegare la mora. -Quando avete provato la Minimerry2, Franky ci ha spiegato cosa contengono gli altri Channel del Soldier Dock System.-

-E uno è il Shark Submerge3, il nostro sottomarino.- Ribatté pronto il cyborg.

Chiuse gli occhi Zoro lasciandosi cullare da quel lieve mormori. Qualunque cosa avrebbero deciso di fare in futuro, era più che certo che centrasse quel sottomarino.

*    *    *

Here is a song
From the wrong side of town
Where I'm bound
To the ground
By the loneliest sound
That pounds from within
And is pinning me down

Here is a page
From the emptiest stage
A cage or the heaviest cross ever made
A gauge of the deadliest trap ever laid

And I thank you
From bringing me here
For showing me home
For singing these tears
Finally I've found
That I belong here

The heat and the sickliest
Sweet smelling sheets
That cling to the backs of my knees
And my feet
I'm drowning in time
To a desperate beat

And I thank you
From bringing me here
For showing me home
For singing these tears
Finally I've found
That I belong

Feels like home
I should have known
From my first breath

God send the only true friend
I call mine
Pretend that I'll make amends
The next time
Befriend the glorious end of the line

And I thank you
From bringing me here
For showing me home
For singing these tears
Finally I've found
That I belong here

[Depeche Mode -Home-]


*    *    *

Se c’era una cosa in cui Zoro non credeva, quelle erano le coincidenze. Oltre a Dio logico, lui era il più ateo degli atei. Nemmeno a Skypiea aveva cambiato idea.

Però, quella coincidenza, se poteva definirla tale, era una cosa che lo scombussolava.

Sia lui che Sanji se lo erano già chiesti, ancora quando Kayme, la sirena, aveva parlato per la prima volta di Hacchin. Gli si era accesa una lampadina e non era quella della genialata, era quella del dubbio. Dubbio che si era rivelato reale e materiale non appena erano giunti dinanzi a quella gabbia, sospesa a pochi metri dal mare, e contenente quella figura unta di nero.

Si era preoccupato di osservare l’espressione di Nami prima di dire o fare qualsiasi cosa. Rufy invece si era subito dichiarato contrario a quel salvataggio, nonostante l’idea degli takoyaki gli avesse risvegliato l’appetito titanico.

Non si aspettava di certo di sentire Nami dire di lasciarlo ai suoi problemi. Per quante ne avesse passate a causa di quell’uomo-polipo, non era certo una che se ne fregava degli altri. Glielo aveva dimostrato ancora al loro primo incontro, rischiando di ustionarsi le mani per spegnere la miccia di quel cannone, cannone che avrebbe inesorabilmente spazzato via Rufy, la gabbia che lo teneva prigioniero e probabilmente parecchi tetti. Per quanto avesse affermato di odiare i pirati, ne aveva salvato uno mettendo a rischio una delle cose più preziose per lei: le sue mani.

E aveva sorriso, intimamente logico, quando l’aveva sentita parlare dando il via libera  a Rufy di agire.

Non era poi esattamente una strega.

*    *    *

Non ci credeva.

Di cose strane, a volte completamente assurde, ne aveva viste. Erano andati su un isola fatta di nuvole, soffici come zucchero, aveva visto una scimmia recuperare un relitto, avevano dichiarato guerra al Governo Mondiale e combattuto contro un esercito di zombie.

Ma faticava ancora a crederci.

Salì la scala di corda che portava all’osservatorio. Poteva udire il suono del violino di Brooke, di sicuro lo scheletro stava passando sveglio la notte.

Non voleva rintanarsi sotto ai suoi mandarini, non quando, ancorata alla loro, c’era quella piccola imbarcazione di takoyaki. Le sarebbe parso di tornare indietro nel tempo, quando ancora la sua isola era costretta a sopportare i mille soprusi.

Prese posto sulla panchina raggomitolandosi su se stessa. Le gambe strette al petto ed il viso nascosto tra le ginocchia. Sentiva le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi ma le ricacciava indietro con rabbia. Non era più una bambina e ormai se lo era lasciato alle spalle quel periodo…o almeno lo credeva…ormai non era più sicura di nulla.

Aveva salvato uno degli assassini di sua madre. Sapeva che non era stato lui a premere quel grilletto, lo sapeva benissimo, era presente a quella scena agghiacciante, però non riusciva a non dare anche a lui la colpa. Era con Arlong, era lì e non aveva fatto nient’altro che obbedire a qualsiasi cosa dicesse. Non aveva fatto nulla nemmeno davanti alle lacrime sue e di Nojiko, nemmeno davanti a tutta la disperazione che traboccava a fiumi. Non aveva fatto niente per aiutarla e invece lei, lo aveva salvato, nonostante tutto.

*    *    *

Di certo, quando l’aveva sentita camminare per la nave, non si era più di tanto stupito. Poteva capire come dovesse sentirsi, o almeno ci provava. Non era certo il suo sogno ritrovarsi dinanzi ad un uomo pesce, soprattutto se questo rientrava in una determinata categoria.

Non aveva neppure provato a fermarla, tanto per farle saltare i nervi o stuzzicarla. Aveva semplicemente ascoltato i suoi passi scomparire, presupponendo che stesse andando a rifugiarsi tra le sue piante.

Era solito per Nami andare lì, quando voleva stare sola, quando voleva pensare, quando ne sentiva la necessità. Zoro lo aveva imparato molto presto, anche grazie ad una scarpa munita di tacco, e non solo lui. Tutti nella ciurma sapevano che quel posto era off-limits. Soprattutto per Rufy ed il suo stomaco. Per questo non aveva fatto caso alla direzione, che i suoi passi, avevano preso. Gli veniva spontaneo associare Nami ai suoi mandarini, non di certo a qualche altro luogo, ma si era ricreduto quando l’aveva trovata rannicchiata sulla panchina della palestra.

Il primo istinto gli aveva urlato a squarciagola di andarsene, di lasciarla sola. Non lo aveva seguito.

Le si era avvicinato con calma, prendendo una coperta lasciata lì per le notti fredde, non che quella fosse fredda come notte, ma per una volta poteva permettersi una carineria. E gliela aveva posata sulle spalle, avvolgendola in quel lieve tepore rimanendo poi sui talloni, col viso alla sua altezza. L’aveva scrutata a lungo nonostante i capelli, che le ricadevano sulla fronte, formassero una tenda.

Nami non aveva mosso un muscolo, non aveva neppure guardato chi fosse. Non ne aveva bisogno.

-Se vuoi me ne vado.- Aveva mormorato Zoro dopo svariati minuti di silenzio.

E Nami aveva alzato appena il capo permettendo così allo spadaccino di osservarla in viso.

Non c’era bisogno di parole, tra loro si capivano con un semplice sguardo e Zoro, nello sguardo nocciola della rossa, era riuscito a leggere un chiaro invito a rimanere. Non aveva abbandonato la sua posizione, non gli era scomoda, aveva solamente poggiato le braccia sulle ginocchia bilanciandosi meglio.

-Non sono sicura di avere fatto la cosa giusta.- Il tono di Nami, per quanto flebile, non era tremante. Solo gli occhi, velati da uno strato di rugiada, tradivano il suo stato d’animo. -Forse dovevo lasciarlo lì. Forse avrei fatto meglio a non intromettermi…- E la voce le si era spezzata in un silenzioso singhiozzo.

Roronoa l’aveva guardata fissa negli occhi inclinando appena il capo da un lato. –No.- Proferì calmo accennando un lieve sorriso. -Credo che tu abbia fatto la cosa giusta.-

Ma quelle parole non sembrarono sortire l’effetto sperato.

Zoro la vide rituffare il viso nelle ginocchia precludendogli di nuovo la visuale. Avrebbe voluto sbuffare per la situazione in cui si trovava. Non era certo il tipo da stomachevoli carinerie. Era già tanto che le avesse posato la coperta sulle spalle, coperta che ora scivolava lentamente verso il basso.

Gliela risistemò sulle spalle avvicinandosi, forse un po’ troppo, a lei. Ma almeno così aveva potuto udire quel flebile sussurro ed era certo che non se lo fosse immaginato.

-Ascolta..- Cominciò a dire per poi fermarsi, ponderando tutta una serie di parole che avrebbe potuto dirle. Anche se la voglia di scuoterla, per svegliarla da quel torpore in cui era caduta, era grande. -Io credo che tu, oggi, abbia dimostrato una grande forza. È vero, non sei una brava combattente, anzi, sono più le volte che ti devo salvare, ma tu sei la navigatrice. Senza di te saremmo affondati ancor prima di partire o ci saremmo persi. E non importa se non sei forte fisicamente…ci siamo noi a proteggerti, ci sono qui io. Ma oggi, davvero, ti sei dimostrata più forte di tutti noi messi assieme. Non so quante persone avrebbero perdonato ed aiutato qualcuno che ci ha fatto del male.- Le carezzò con un dito il braccio scoperto.

Aveva sorriso Nami a quelle parole. Rare le volte in cui lo spadaccino parlava così tanto. Alzò di nuovo il viso mentre la sua mano rincorreva quella di Zoro, raggiungendola ed intrecciandone le dita.

-Non sono sicura di averlo perdonato. Non posso dimenticare.- Aveva affermato decisa.

Zoro aveva annuito col capo fissandola negli occhi.

-Ma non sono pentita di quello che ho fatto oggi.- Riprese poi la rossa convincendosi di quanto fatto. Era stata la cosa giusta da fare.

-E allora che c’è?- Le chiese Zoro vedendo ancora una certa titubanza negli occhi di Nami. -È per la storia dell’isola degli uomini pesce?-

Abbassò lo sguardo posandolo sulle loro mani intrecciate. Come sempre Roronoa l’aveva capita.

-Non dovresti preoccuparti.- Continuò lo spadaccino cercando di riattirare la sua attenzione. -Te l’ho detto no? Ci siamo noi, quindi non hai…-

-Cosa?- Replicò acida Nami non lasciandolo terminare la frase. -Non devo preoccuparmi per voi?-

-Non intendevo questo.- Provò a difendersi Roronoa.

-E allora cosa?- Lo rimbeccò ancora la rossa mentre la presa sulla mano dello spadaccino si fortificava. -Sono pericolosi…- Sbottò risentita mentre la rabbia saliva. -Li ho già visti all’opera e non voglio che ricapiti di nuovo. Ho già visto morire qualcuno che amavo davanti ai miei occhi, non voglio che quell’isola diventi il cimitero delle vostre tombe. Non potrei sopportarlo.-

*    *    *

Non aveva proferito parola Zoro. Aveva ascoltato ogni singola parola assorbendola, non curandosi se quelle stesse parole, dette per rabbia, avrebbero potuto ferirlo in qualche modo.

Perché loro (lui) non erano di certo deboli.

Glielo avevano dimostrato in più di un occasione, lui glielo aveva dimostrato in più di un occasione. Se solo avesse potuto…ma non poteva dirle nulla. Di quanto accaduto a Thriller Bark contro Bartholonew ne erano a conoscenza solo loro due, forse Sanji.

Rimandò indietro tutto quello che voleva urlarle contro, il suo stupido orgoglio per una volta poteva pure starsene buono e subire in silenzio.

Era solo uno sfogo dettato dalla paura.

*    *    *

-Scusa…- Mormorò la rossa sciogliendo la presa delle mani intrecciate.

-Non importa.- Sbuffò Zoro in risposta non lasciando che le loro mani si staccassero. -Posso provare a capire come ti senti. Ma ti stai preoccupando inutilmente.-

-Lo so.-

Inarcò un sopracciglio Zoro facendola sorridere. -E allora non dire più certe cose.- Borbottò distogliendo lo sguardo per un istante. Quando incrociò di nuovo gli occhi nocciola di Nami la vide annuire.

*    *    *

Non se n’era resa conto prima, forse era solo troppo presa da altri problemi per capirlo.

Alle volte le persone come lei tracciavano una linea immaginaria che mai e poi mai avrebbero dovuto valicare. Era come un confine che determinava i territori, un “questo è tuo” e “questo è mio”. Ricordava che da bambina varie volte aveva tracciato quella linea, solo per poter dire a sua sorella Nojiko che quella parte della stanza era solamente sua e che lei non doveva metterci piede per nessuna ragione al mondo.

Bellmer non si era mai intromessa, non ne aveva bisogno.

Nami la tracciava e Nami era la prima ad attraversarla, trovandosi così nella parte della sorella. E quando se ne accorgevano ridevano promettendosi di non tracciarla più. Ma puntualmente Nami la ritracciava ancora e ancora e ancora, in un gioco senza mai fine.

Non si era resa conto di averla tracciata ancora una volta, ma si era resa conto di averla oltrepassata un’altra volta di sua spontanea volontà.

*    *    *

Its made up of lonely moments
there was always a moment there when I knew
you always gave instalments
always knew u concentrated and grew.

And I believe in reinvention
do you believe that life is holding the clue
take away all the lonely moments
give me full communication with you.

Your smile shine a little light, alright
dont hide, shine a little light
give up on your pride.

Do you believe in reinvention
do you believe thar life is holding the clue
any way to face the silence
any way to face the pain that kills you.

your smile shine a little light, alright
dont hide, shine a little light
give up on your pride.

Give up on your pride, the moment's gone
give up on your smile, life is long
so I seen a bad dream, that you were gone
i got bitten on the soul, my blood will run.

Give up on your pride, the moment's gone
give up on your smile, life is long
so I seen i bad dream, you were gone
you're bitter and cold, my blood will run.

[Syntax -Pride-]

*    *    *

-Zoro?-

-Uh?-

-Quando saremo lì…-

-Cosa?-

-…-

-…-

-Tu sarai al mio fianco vero?-

-Chiedi a Sanji.-

-…-

-Ahi strega!-

-Idiota.-

-…-

-…-

-Dicevi sul serio?!-

-Mi pare logico.-

-Allora va bene.-

-Ehi, non sei mica costretto.-

-Ma ti pare che dica di sì altrimenti?-

-Sei sempre il solito.-

-Strega.-

-Ominide.-

-…-

-…-

-Nami?-

-Sì?-

-Ci sarò.-


   
 
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