Anime & Manga > Eyeshield 21
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Autore: Salice    12/03/2010    2 recensioni
[Sena]Shin sapeva cogliere le sue debolezze. Conosceva il suo modo di correre e lo placcava con una velocità tempestiva, proprio nel momento in cui la sua mente era preda dei dubbi. Ogni volta che si soffermava, incerto sui suoi risultati, il suo corpo rispondeva al dubbio, rallentando e rendendosi vulnerabile.
[Jumonji]avrebbero dovuto chinare la testa e comportarsi come tutti gli altri. Bravi ragazzi Giapponesi pronti ad uscire dalla scuola e ad andare in fabbrica, in ufficio oppure ovunque si ritenesse che andasse bene per loro. Loro non ci sarebbero stati mai, e l'orgogliosa testa bionda di Jumonji, che spiccava tra la folla di teste scure tutte uguali, diceva chiaramente come la pensavano.
[Hiruma]capì di aver preso la decisione giusta. Non intendeva lasciar perdere la vittoria ora che erano così vicini, ma forse poteva tentare di giocare due partite contemporaneamente. Era una cosa per cui valeva la pena di tentare.

Sulle note di "tutto ciò che ho" degli 883
Genere: Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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eyeshield_songfic.html



Tutto ciò che ho:

Avrei voluto essere
come il capoclasse che avevo
quando andavo a scuola
che esempio era per me

La campanella dell’ultima ora del pomeriggio rimbombava ancora nei corridoi. Il ragazzo mingherlino dai capelli castani stava raccogliendo i libri nell’aula semivuota, quando un ragazzo alto e biondo passò proprio in quel momento, con un mitra sottobraccio, e gli puntò il dito contro.
- Muoviti nano del cavolo! Gli altri sono già tutti ad allenarsi! – Le parole quasi urlate provocarono un moto di terrore nei compagni di classe di Sena che si dileguarono all’istante. Il ragazzino invece sorrise e infilò l’ultimo quaderno nella borsa, correndo dietro a Hiruma, che avanzava a grandi passi in corridoio. Sena lo squadrò da capo a piedi. Molte persone a scuola lo trovavano spaventoso e inquietante, ma da quando era entrato nella squadra di Football, Sena aveva capito che il suo sempai era molto più di quello che sembrava. Hiruma aveva perseguito i suoi obbiettivi con incrollabile perseveranza, e ora era finalmente a pochi passi dal suo sogno. Non si era mai perso d’animo, neppure quando al Deimon il Kicker Musashi li aveva abbandonati, e lui e Kurita avevano dovuto reclutare di volta in volta i giocatori dagli altri club sportivi, riuscendo a malapena a partecipare alle prime partite dei campionati, finendo inesorabilmente eliminati alle prime battute. Senza neanche accorgersene, Sena strinse la presa sulla cartella che portava al fianco, squadrando la schiena di Hiruma* Che aveva davanti a sé.


avrei voluto come lui
non avere mai un dubbio,
un cedimento, un'incertezza
e non menarmela mai

Ebbe quasi un moto di stizza mentre lo fissava. Se solo fosse riuscito anche lui ad avere la determinazione del sempai Hiruma! Mamori non si sarebbe mai più preoccupata per lui, e forse sarebbe riuscito a ripagarla delle gentilezze che aveva avuto nei suoi confronti fin d quando erano bambini. Se fosse riuscito a dimostrare che era cambiato con qualcosa di concreto… Gli faceva piacere che Mamori gli preparasse il pranzo, ovviamente, e anche che lei fosse così premurosa nei suoi confronti, ma sotto sotto, sapeva che le attenzioni della sua amica erano dovute al fatto che lei lo credeva ancora un bambino, ed in effetti…
Sena si trovò all’improvviso a pensare a Shin, mentre continuava a seguire come un automa il passo sicuro di Hiruma. Aveva promesso che quando sarebbe stato abbastanza forte da batterlo, avrebbe confessato a Mamori che era lui Eyeshield 21; il ragazzino che correva per fuggire il dolore ora usava tutta la sua velocità per portare la sua squadra alla vittoria.
No. I suoi amici alla vittoria.
Ma era ancora troppo lontano dal suo intento. E Hiruma gli aveva detto che la forza di volontà è tutto nel football americano.
Senza neanche accorgersene aveva raggiunto l’ormai enorme spogliatoio dei Deimon Devil Bats, e con gesti meccanici aveva preso a spogliarsi, afferrando la divisa di Eyeshield 21, il falso eroe, dal suo armadietto. Quando si trovò tra le mani il casco con la visiera oscurata si trovò ad osservare nel riflesso una versione deformata di se stesso. Se solo non fosse stato così debole, se fosse stato più sicuro delle sue capacità.
Hiruma sapeva scegliere sempre la strategia giusta, quando lanciare la palla e quando tenerla, quando fare un bluff e quando scagliare la squadra in tutta la sua potenza contro l’avversario. Shin sapeva cogliere le sue debolezze. Conosceva il suo modo di correre e lo placcava con una velocità tempestiva, proprio nel momento in cui la sua mente era preda dei dubbi. Ogni volta che si soffermava, incerto sui suoi risultati, il suo corpo rispondeva al dubbio, rallentando e rendendosi vulnerabile. Sena sospirò, indossando il casco e calcandoselo bene in testa. Dopodiché si sedette sulla panca.


avrei voluto per un po'
non avere il mio carattere,
il mio corpo, la mia faccia
avrei voluto anche se
poi ho capito che ogni mattina
io c'ero sempre,
ero sempre con me.

Ricordava con perfetta chiarezza quando aveva desiderato avere la forza di Kurita per respingere gli avversari. Quando aveva desiderato la precisione e l’esperienza di Shin, capace di leggere la traiettoria con una sola occhiata. Prima di entrare nel Club non si era mai allenato seriamente, aveva solo corso disperatamente con tutte le sue forze, cercando tutto sommato di sfuggire da se stesso e dalla sua codardia. Ma adesso era diverso, pensò. Strinse con forza il pugno, come se stringesse qualcosa di invisibile. Adesso poteva dimostrare qualcosa. Non stava più scappando. Stava correndo verso la vittoria. Verso un Sena migliore. Verso un sé stesso che avrebbe fatto onore al falso eroe che era stato finora. Verso una persona in grado di stare in piedi da sola, anzi, in grado di sostenere gli altri.
Mentre pensava tutto questo, non si accorse dell’ombra che lo stava sovrastando, e quando sollevò lo sguardo si trovò faccia a faccia con Monta, che lo osservava stranito.
- Sena, Cosa stai facendo qui seduto? Non vieni ad allenarti? – Gli domandò l’amico. Il ragazzo si riscosse bruscamente. Rilassò di colpo la mano e sorrise, alzandosi.
- Sì.-


Se sono giusto oppure no,
se sono a posto o pessimo,
se sono il primo o l'ultimo,
ma sono tutto ciò che ho.
Se sono bravo oppure no,
se sono furbo o stupido,
se sono scuro o limpido,
ma sono tutto ciò che
tutto ciò che ho.


***


Avrei voluto essere
un bravo studente, un bravo figlio,
un bravo fidanzato,
o almeno uno dei tre

Jumonji era in formazione con gli altri lineman, e stavano spingendo il manichino per il campo. Accanto a lui c'erano Kuroki e Togano. Stavano sudando sotto il sole pomeridiano, cercando di dare il massimo. A stento riusciva a ricordare quando non erano con lui. Li aveva conosciuti alle medie, quando tutto il resto sembrava andare storto. Suo padre avrebbe voluto che si impegnasse, che andasse bene a scuola; ma quando lui tornava a casa, pieno d'entusiasmo, trovava solo il televisore acceso ad aspettarlo. Quando cercava di parlare con suo padre dei ragazzi che aveva conosciuto, otteneva solo sguardi distanti, gli veniva detto di non perdere tempo a stringere legami. Solo l'impegno contava per ottenere un buon lavoro, nient'altro. E lui non ce l'aveva più fatta. Si era costruito un aspetto da duro e aveva indossato una corazza. Sarebbe riuscito a trovare un posto nel mondo a modo suo. La vita però si era fatta sentire in fretta, e aveva sbattuto la faccia contro la dura realtà. A scuola era malvisto, considerato un teppista, e i suoi compagni aveva paura di lui. Solo Kuroki e Togano lo ascoltavano e parlavano con lui. Avevano la sua stessa espressione, e un passato simile. Questo mondo a loro non piaceva più di quanto non piacesse a lui, e si erano ritrovati a lottare insieme.


e avrei voluto andare via
quando questa cittadina
l'ho sentita stretta addosso
non la credevo più mia

La realtà era impossibile da affrontare. Nessuno aveva fiducia in loro, ed erano sprofondati sempre più in un baratro da cui non riuscivano a risollevarsi da soli. Jumoniji desiderava più di ogni altra cosa dimostrare che loro tre valevano qualcosa. In famiglia non facevano che ripetergli che sarebbe diventato spazzatura, e a lui sembrava di impazzire. Più gli parlavano di quanto fosse sbagliato quello che stava facendo e più una rabbia cieca gli montava dentro: come osavano dirgli di lasciar perdere i suoi unici due amici, di lasciarli indietro, per ottenere qualcosa? E cosa poi? Un lavoro come quello di suo padre, che lo aveva reso un uomo distante e calcolatore? Non gli interessava. L'unica cosa che gli sarebbe davvero piaciuta sarebbe stato fuggire da quel posto orrendo, dove lui era circondato da nemici. Lasciare indietro tutto e portarsi dietro Kuroki e Togano. Andare con loro ovunque ci fosse un luogo privo di sguardi ostili, professori prevenuti e genitori saccenti. Aveva iniziato con le sigarette prima di arrivare alle superiori. Il fumo gli bruciava la gola e i polmoni, e si confondeva dentro al petto al ringhio sommesso che si sentiva sempre dentro. Prima o poi, la bestia che gli cresceva dentro si sarebbe liberata, e avrebbe distrutto le sbarre che gli avevano costruito addosso. La figura che gli avevano ritagliato sopra e che non gli assomigliava.
Emise un ringhio e si buttò contro il suo nemico immobile con maggior forza di prima, senza badare agli sguardi perplessi degli altri. Tutti però risposero al suo gesto con entusiasmo, compresi Komusubi e Kurita, che si lanciarono senza esitazioni, all'urlo di battaglia del ciccione. Quello grosso.


avrei voluto stare anch'io
in un posto dove il mio destino
non fosse già scritto,
avrei voluto anche se
poi ho capito che dovunque andassi
io c'ero sempre,
ero sempre con me.


Il destino che gli avevano predetto si sarebbe sgretolato sotto le sue mani adesso. Togano, Kuroki e lui non avevano mai avuto la fiducia del prossimo, e il sistema più veloce che avevano trovato era stato quello di maltrattare gli studenti deboli. In un qualche modo si sentivano riscattati e soddisfatti, dopo aver ottenuto qualcosa. Si sentivano potenti, pronti a lottare contro il mondo intero. Ma era diventato un circolo vizioso. Più sfruttavano gli altri, e più gli adulti che avevano attorno dicevano loro che non sarebbero arrivati da nessuna parte. Che avrebbero dovuto chinare la testa e comportarsi come tutti gli altri. Bravi ragazzi Giapponesi pronti ad uscire dalla scuola e ad andare in fabbrica, in ufficio oppure ovunque si ritenesse che andasse bene per loro. Loro non ci sarebbero stati mai, e l'orgogliosa testa bionda di Jumonji, che spiccava tra la folla di teste scure tutte uguali, diceva chiaramente come la pensavano.
Ricordava perfettamente quanta rabbia aveva provato quando quella stupida rivista aveva parlato male dei suoi amici. Loro tre erano sempre stati insieme, e lui lo avrebbe dimostrato. Aveva bruciato i suoi pacchetti di sigarette, e preso ad andare regolarmente agli allenamenti. Non gli importava più di quelle maledette fotografie che aveva fatto il sempai Hiruma. Aveva capito che non sarebbero arrivati da nessuna parte se avessero continuato come prima, e il football americano era la loro via d'uscita. Quando avevano sfondato la linea dei Tayou Sphinx, erano riusciti a convogliare tutta la loro energia in quella singola azione, e si erano fatti valere. Avevano sconfitto, anche se sono una volta, la linea più forte del Giappone, insieme.
E lo stesso avevano fatto contro gli americani. Avevano combattuto con le strategie di Hiruma, e avevano dimostrato di valere qualcosa. Finalmente anche il loro valore era stato riconosciuto. La folla in delirio durante la partita aveva chiamato i loro nomi. Tutti e tre. Non erano più tre mediocri Lineman. Non erano più tra studenti difficili. Erano tre validi elementi di una squadra sportiva, e Jumonji avrebbe sputato sangue pur di continuare a dimostrare quello che potevano fare, da soli, con le loro forze, sulla strada che avevano finalmente scelto. Forse non erano stati granché prima. Forse erano arrivati lì per caso, ma oramai nulla poteva più fermarli. Senza neanche accorgersene, era rimasto immobile a fissare il campo, con i pugni serrati, mentre ansimava ancora, la fronte imperlata di sudore. Kuroki gli mise una mano sulla spalla.
- Ehi, l'allenamento è finito, non vieni a cambiarti? -
Si girò a guardare i suoi due amici che lo guardavano, forse leggermente straniti. Più indietro, il ciccione grosso e il ciccione junior facevano una serie di gesti incomprensibili, ma sembrava che li stessero invitando a sbrigarsi, mentre tutta la squadra si radunava verso lo spogliatoio. Jumonji si permise di sorridere. Non erano più solo in tre.
- Si. -

Se sono giusto oppure no,
se sono a posto o pessimo,
se sono il primo o l'ultimo,
ma sono tutto ciò che ho.


***


Avrei voluto essere
in passato meno innamorato di chi non ha avuto
alcun riguardo per me
e avrei voluto dare a te
tutto quel che ho dentro e che io troppe volte ti ho negato
senza sapere perché.


La sera era calata, e gli altri si stavano allontanando dalla sede del club. Hiruma si mise a lucidare distrattamente il suo fucile. I tre fratelli Eh-Eh si erano allontanati con il loro solito passo da bulletti, la scimmia e il nano del cavolo invece si stavano avviando verso il cortile passandosi la palla. Il ciccione era sparito con il ciccione junior. Uno dopo l'altro erano usciti dalla porta e ora rimaneva una gran quiete. Era il momento ideale per studiare le prossime strategie. Posò il fucile sul tavolo da gioco e afferrò il suo portatile, quando un rumore gli fece drizzare le orecchie appuntite. Stava per chiedersi chi potesse essere ancora al club a quell'ora, quando la risposta si era materializzata nel vano della porta. La dannata manager era comparsa con indosso un grembiule e la ramazza in mano. Era sempre l'ultima ad andarsene, perché puliva gli spogliatoi dopo gli allenamenti. Lei sollevò lo sguardo, e lui strinse gli occhi, abbassandoli subito dopo sullo schermo che si stava accendendo. Non poteva farsi distrarre da lei in questo modo. Dopo tutta la fatica che aveva fatto per conquistarsi una squadra come quella, il minimo errore sarebbe bastato a distruggere tutto. Quello che aveva progettato senza demordere mai sarebbe andato in fumo. La sentiva affaccendarsi attorno a lui, e si cacciò in bocca una gomma senza zucchero che masticò furiosamente, tentando di tornare a concentrarsi sugli schemi di gioco e sulle statistiche delle altre squadre. Sapeva che lei gli si attardava lì dentro anche per lui. Si era creata una strana atmosfera da quando Mamori si era aggiunta al team, ma pensare di parlarne era impossibile.


Avrei voluto e solo Dio
sa quanto ho cercato di tirare fuori ciò che sento
avrei voluto dirti che
prego qualsiasi cosa accada
tu ci sia sempre
tu sia sempre con me

Mamori aveva capito subito perché aveva lasciato un armadietto vuoto per Musashi e non c'era stato bisogno di parole per spiegare tutto quello che era successo tra loro. Lei c'era, quando il vecchio aveva lasciato la scuola, e comunque il ciccione parlava sempre troppo. Si lasciò sfuggire un verso scocciato e si attirò lo sguardo perplesso della ragazza, che decise di ignorare, tornando a battere sui tasti. Ora che erano davvero una squadra degna di nome, anche se avevano ancora molto sui cui lavorare, soprattutto quei pivelli del primo anno... Si era reso conto che la presenza della ragazza gli era stata di grande aiuto. Lei era l'unica in grado di fargli rinfoderare il libretto dei ricatti. Da quando l'aveva conosciuta, lo spiazzava. Certo, era semplice manipolarla. Bastava fare leva sul suo senso materno e sulla sua smania di perfezione per arrivare a dei risultati, eppure in un certo senso gli pareva di fare parte di un gioco sottile. Come se in parte fosse merito suo e in parte fosse una strategia di gioco che ancora non aveva afferrato. Non aveva intenzione di soffermarsi troppo su quelle sensazioni, comunque. Non poteva permettersi di distrarsi. Solo a volte si trovava a sperare che quella... Cosa che c'era tra loro, qualsiasi fosse, potesse andare avanti. Gli bastava poco, e avrebbero avuto una percentuale di vittoria decente. Dopo il Christmas bowl poi... Se avesse resistito ancora un po'...


Se sono giusto oppure no,
se sono a posto o pessimo
se sono il primo o l'ultimo
ma tu sei tutto ciò che ho
se sono bravo oppure no
se sono furbo o stupido
se sono scuro o limpido

Sapeva di non essere una persona facile, ma non gli importava affatto. Hiruma sapeva giocare sporco quando era necessario, pur di raggiungere i suoi scopi. Quello che gli importava più di tutto era vincere, ma adesso una nuova incognita si era introdotta nella sua vita. Quella ragazza dai capelli castano chiaro che gli girava attorno, riordinando e spolverando, comportandosi come una sorella maggiore o come una mammina, aveva messo in discussione le sue certezze. Non si era mai interessato molto delle ragazze. Il football non piaceva alle studentesse, a meno che non facessero le cheerleader. E quel genere di ragazze non interessava a lui. Con Mamori era diverso. Era dannatamente troppo buona e apprensiva, ma afferrava al volo le sue tattiche, ne proponeva di nuove e gli forniva in continuazione ottimi spunti su cui lavorare. Aveva un cervello niente male e si era resa utile. Si sforzava di pensare alla parola “utile” perché l'alternativa che la sua testa gli forniva non non era neppure da prendere in considerazione. Si rifiutava di pensare “indispensabile”.
Anche se tentava continuamente di ammansirlo, non si era mai lamentata troppo dei suoi metodi e dei suoi modi, era quanto di più improbabile lui si sarebbe mai aspettato da una ragazza membro del comitato disciplinare.

ma tu sei tutto ciò che
tutto ciò che ho
tutto ciò che ho
tutto ciò che ho


Mamori aveva smesso di pulire, e, dopo aver riposto tutto nello sgabuzzino, aveva indossato la sua giacca e afferrato la cartella. Stava aprendo la porta per uscire, quando lui chiuse il computer con uno scatto. La ragazza si girò a guardarlo.
- E' tardi per tornare in autobus, stupida manager! - Le disse, in tono arrogante. Lei sollevò in maniera appena percettibile un sopracciglio.
- E allora cosa dovrei fare, Hiruma? - Gli chiese. Lui si lasciò sfuggire un ghigno di quelli che gli illuminavano il volto quando azzeccava la strategia giusta per spiazzare gli avversari.
- Ti accompagno a casa. -
Si guadagnò un'occhiata stupita, e lui capì di aver preso la decisione giusta. Non intendeva lasciar perdere la vittoria ora che erano così vicini, ma forse poteva tentare di giocare due partite contemporaneamente. Era una cosa per cui valeva la pena di tentare. Lei era ancora sulla porta, una mano sullo stipite, con lo sguardo di chi all'improvviso sta giocando a un gioco senza conoscerne le regole. Il sorriso di Hiruma si fece ancora più ampio.
- Stai dicendo sul serio, Hiruma? -
- Sì. -

ma tu sei tutto ciò che ho
tutto ciò che ho
tutto ciò che ho
tutto ciò che ho
ma tu sei tutto ciò che ho

Fine



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* Guardare la schiena di qualcun'altro è un concetto molto importante e sempre presente nella cultura giapponese. Non ho prove "scritte" di quello che sto scrivendo, però spesso nei fumetti e negli anime, capita che il protagonista si soffermi a guardare la schiena di qualcuno che gli cammina davanti e che gli è metaforicamente superiore nella vita reale, per forza, intelligenza o altre qualità. E di solito viene preso come obbiettivo da raggiungere. Nel fumetto di Kenshin, addirittura, c'è una citazione dove un personaggio ancora bambino fa più di una volta riferimento a questo concetto, riferendosi ai protagonisti adulti. Ho trovato tracce di questo un pò ovunque, specialmente nei fumetti di combattimento e altri poteri, come ad esempio Kekkaishi o Naruto. Mi è sembrato quindi possibile che Sena facesse questo genere di pensieri camminando dietro ad Hiruma.


La canzone e tutti i diritti ad essa relativi appartengono agli 883 e a Max Pezzali & Co e non c'è alcuno scopo di lucro nella citazione del loro testo.
   
 
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