Inevitαbile Folliα~
“È inevitabile oramai,
come uno sbaglio di corsia,
questo groviglio fra di noi;
questa tua bocca sulla mia,
e le tue mani su di me,
sulle mie mani su di te:
molto probabile che sia
inevitαbile
folliα.”
Il profumo della sua pelle: profumo
di innocenza.
Profumo di purezza.
Profumo di bontà.
E’ questo il bello di lei: può aver
commesso anche il crimine più spregevole, ma la sua aria da bimba è l’esatto
emblema della sincerità e della ingenuità.
Già, l’aria da bimba: come non
resisterle?
La guarda, mentre dorme: una nuvola
di capelli del color del Sole è sparsa ordinatamente sul cuscino, la mano
affusolata sotto la guancia in quella posizione sembra quasi paffutella.
Sorride.
Una bimba gioiosa, ecco quello che è.
Gli mancano però i suoi grandi
specchi verdi; è quasi tentato di svegliarla solo per vederla stropicciarsi
stanca gli occhi e fissarlo con quelle meraviglie della Natura.
Il respiro è regolare, e il petto
ondeggia lentamente, scandendo un tempo che sta passando troppo lentamente.
E quelle labbra dischiuse…
Dio, la tentazione di braccarle è fin troppa!
Son già sette-otto
orette buone che non le assaggia più, e il desiderio è incontenibile.
Dio, quanto lo fa impazzire!
Quella ragazza dev’essere
in possesso di qualche strano sortilegio, indubbiamente!: altrimenti, come
spiegarsi il fatto che l’abbia stregato così tanto, legato a sé così stretto?
Le accarezza la schiena nuda,
disegnando curve morbide e sinuose con le dita sulla pelle liscia e vellutata.
E la voglia straripa, scoppia,
esplode: poggia la sua bocca su quella di lei, tentando di assaporare al meglio
quelle labbra di miele e fragole.
Specchi.
Specchi verdi.
Socchiusi, e stropicciati, e
finalmente aperti.
«Ehi… Buondì…»
mormora lei, la bocca impastata.
Sorriso spontaneo: impossibile negarglielo.
«Ma buongiorno a te, principessa…» la saluta,
per poi baciarla appassionatamente.
«Ehi ehi ehi! Cos è tutto questo entusiasmo?»
ridacchia lei, tirandosi su sui gomiti e sistemandosi il cuscino dietro alla
schiena.
«Niente, ero solamente felice di rivederti…
Sai, da addormentata sei un incanto, ma da sveglia sei tutt’altra cosa!»
ribatte lui, giocando maliziosamente con un boccolo biondo.
«Adulatoreee!» replica lei, continuando a
ridacchiare.
Silenzio.
«Candy, senti…» inizia lui, facendo girare lei.
Occhi bassi, fatica a riordinare la miriade di pensieri che sbatte
furiosa sulle pareti del suo cervello.
Poi prende una decisione: deve dirglielo.
Deve, non ce la fa più a tenersi tutto dentro!
Si schiarisce la voce e continua: «Ecco… Io… Io mi chiedevo se non sarebbe ora di ufficializzare
tutto questo… Voglio dire, a me il concetto di
famiglia non dispiace affatto, e sarei veramente felice di costruire qualcosa
con te… Per cui, io pensavo di…»
Quasi avesse capito dove vuole arrivare, la ragazza lo interrompe di
botto:
«Ehm, che giorno siamo oggi?»
«Sabato… Stavo dicendo che…»
«Sabato? Mmmh… Numero?»
«27… Ecco, mi hai interrotto di nuovo e ho perso il filo del discorso… Dov’ero rimasto? Ah sì! Volevo dirti che ho
intenzione di…» le risponde lui, con aria piuttosto
seccata.
«Ven… Ventisette?» mormora lei, incredula, per
poi iniziare a battere le mani entusiasta e urlare:
«Sììì, finalmente! Finalmente è arrivato il
gran giorno, non ne potevo più!»
«Che gran giorno, scusa?» fa
lui, perplesso.
«Oggi Terence torna dalla tournée teatrale, evviva!»
Terence.
Quel nome.
Quello sgradevole, altezzoso, superbo nome.
Quanto lo odiava!
Nel sentirlo, il sangue gli ribolle furioso
nelle vene.
Maledetto. Sia maledetto il giorno in cui Candy l’ha conosciuto!
«Non vedo l’ora di riabbracciarlo: sei mesi sono troppi, per chiunque.» sospira lei, per poi
intimargli, con voce fredda e asciutta: «Alzati e rivestiti, e in fretta.»
Una stretta al cuore.
Dolore, lancinante e spinoso dolore.
Ecco che diavolo è per lei: il passatempo, il giochino per far
trascorrere più in fretta i mesi trascorsi distante da lui.
Lui, che ha le chiavi del suo cuore. Lui, che antepone il lavoro a lei.
Lui, capace solo di farla soffrire per la lontananza e che ora torna, seppure
con ritardo astronomico, e che otterrà tutto da lei, come al solito.
E improvvisamente lo stomaco si contorce in uno spasmo, al solo pensiero
di dover dividere quella creatura angelica con un essere così rivoltante come
il giovane duca Granchester.
Ubbidisce, e s’infila i pantaloni quasi in un gesto meccanico, senza
pensare: figurarsi se lei avrebbe lasciato quell’individuo per un poveraccio
come lui.
La differenza era notevole: se da una parte il rapporto con Terence era
autentico affetto, amore, qualcosa di strettamente legato ai vincoli del cuore,
dall’altra il rapporto con lui era puramente superficiale, fisico, passionale:
sesso e basta, per farla breve.
Era nato come un gioco, quasi a volerla accontentare dopo pochi giorni
dalla partenza del giovane attore: lei sentiva la sua mancanza e sì, anche una
certa voglia, come l’aveva chiamata
lei, e lui non aveva esitato ad assecondare questo suo desiderio.
Aveva però dimenticato un particolare fondamentale, se non il più
importante di tutti: se per lei tutto quello costituiva un semplice capriccio,
al contrario per lui era qualcosa di più: lui l’amava.
E da sempre.
O almeno, da quando l’aveva vista per la prima volta, a dieci anni.
Ma è bastata quella frase, pronunciata con una freddezza degna di una
Regina dei Ghiacci, a fargli aprire gli occhi: raccoglie le ultime cose e se ne
va, senza nemmeno voltarsi, dato che lei non lo bada nemmeno, persa com’è a
pensare al ritorno del suo principe azzurro.
La pacchia è finita, bello mio: da oggi si ritorna alla solita routine di
tutti i giorni.
D’altronde, è dura essere Archibald Cornwell.
“E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle
notti più che mai,
dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi;
tanto sai che quassù, male che ti vada avrai
tutto(1) me, se ti andrà, per una notte.”
(1)Cambiamento necessario :D
Oddio, cos ho scritto! O.O
Perfino io sono rimasta sconvolta dal
risultato finale di ciò che le mie dita hanno prodotto :D
Diciamo che è una delle tante
illuminazioni che mi sono venute durante l’ora di filosofia: se Socrate mi ha
conciliato il sonnellino, Platone invece ha dato una spinta notevole alla mia
creatività ;D
La canzone iniziale è “Inevitabile
Follia” di Raf, mentre i versi finali sono tratti da “Minuetto” di Mia Martini:
due canzoni che ritengo rispecchino perfettamente ciò che voglio far trapelare
dalla mia storia…
Il cambiamento nell’ultima frase era
necessario, non me ne voglia male Franco Califano :D
Attendo vostre recensioni e commenti ^^
Grazie mille,
Baci