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Autore: _KyRa_    14/03/2010    6 recensioni
Singhiozzando, raccolsi la busta che era caduta a terra, ti guardai ancora qualche secondo, nonostante non potessi vedere il tuo bellissimo viso, e poi corsi via, lasciandomi alle spalle quell'incubo.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ Confessions Of A Broken Heart ~

~ Confessions Of A Broken Heart ~

Confessioni di un cuore infranto



Erano mesi ormai che tra di noi le cose erano cambiate. Tu avevi capito tutto ed io mi sentivo un lurido verme. Tutto ciò che ci stava accadendo era esclusivamente per colpa mia, per colpa di una mia imperdonabile debolezza. La fiducia era sempre stata alla base del nostro rapporto. Non avevo mai avuto ragione di dubitare di te e tu non ne avevi mai avuta per farlo con me. Ero riuscito a nasconderti codardamente tutto quanto.


Il motivo per cui ti avevo mentito? Non era per amore cessato, no. Quello non sarebbe mai cessato, piccola mia. Era semplice e pura paura di perderti. Perchè, che tu ci creda o no, non volevo accadesse ed avevo un fottuto timore di una tua ipotetica assenza. Il mio mondo non sarebbe stato più lo stesso senza di te. Questa era la ragione del mio silenzio, della mia piccola-grande bugia. Non volevo leggere nei tuoi occhioni castani la delusione, il dolore, l'odio nei miei confronti. Avevo sempre voluto leggervi tutto l'amore che solo tu, con le tue carezze, con i tuoi sguardi, con le tue parole, sapevi donarvi; come nessun'altra ci era mai riuscita.


Ciò che avevo fatto non l'avevo fatto col cuore, ma nemmeno con la testa. Era stato uno stupido errore, un errore che in un momento di lucidità non avrei mai commesso. In tre anni del nostro amore ininterrotto non mi ero mai dimostrato debole di fronte ad una sconcia proposta di sesso da parte di una qualsiasi ragazza che non fossi tu. Non avevo mai azzardato e tanto meno mi ero pentito.


Poi avvenne tutto in una sera, quella fatidica sera che segnò l'apice della nostra splendida storia. Tutta colpa della mia stupidità, tutta colpa del mio orgoglio.


Litigavamo da giorni, non ti comportavi più con me come una volta ed io reagivo di conseguenza, uscendo la sera, bevendo qualche bicchiere di troppo, non tornando quasi mai a casa, nemmeno al pomeriggio. Il fatto era che vederti e non poterti prendere e stringere a me mi faceva male. Eri arrabbiata con me ed io lo ero con te. Ci stavamo allontanando sempre di più e questa ragazza era arrivata nel momento sbagliato.


Non sapevo cosa mi avesse portato a consumare la mia voglia in uno squallido bagno di una discoteca. Anzi, forse lo sapevo ma lo ignoravo. Era la tua mancanza. Era la rabbia verso di te e verso me, di non riuscire più a trovare un punto di incontro tra di noi che mi portava ad agire a quella maniera. Ma me ne pentii immediatamente, subito dopo aver concluso il tutto con quella sconosciuta.


Quell'episodio ti era stato estraneo per almeno un paio di settimane, fino a che non ce la feci più e non decisi di rivelarti tutto quanto. Avevo bisogno di togliermi quel peso opprimente, che diventava sempre più insostenibile, giorno dopo giorno. Sai, avevi fatto bene a prendermi a schiaffi; avevi fatto bene a dirmi che mi odiavi; avevi fatto bene a sbattermi fuori di casa, nonostante fossero tutte cose che io non volevo accadessero. Tu non avevi il diritto di soffrire, tanto meno per causa mia. La cosa che mi faceva star maggiormente male era il fatto che tu fossi fermamente convinta che io non ti amassi. Non era assolutamente così. Io ti amavo, più di quanto amassi me stesso. Ma questo non l'avresti mai capito.


Da giorni ero tornato a vivere a casa di mio fratello, il quale mi aveva accolto con tutto l'affetto di cui avevo bisogno ma che forse non meritavo, nonostante sapesse quello che ti avevo fatto. Era arrabbiato con me, ma sapeva anche che non avrei mai voluto infliggerti del male. Era fiducioso. Era fiducioso riguardo a noi due, a ciò che eravamo diventati e che saremmo ancora potuti diventare. Avevamo ancora un futuro davanti. Il nostro futuro. E mi condannavo per essere stato un coglione ed averlo bruscamente interrotto.


Non mi volevi più vedere ma non smettevi di amarmi, come io non smettevo di amare te. Se avessi lontanamente immaginato cosa cominciasse a balenare nella tua testa, ti avrei raggiunto di corsa, impedendoti di fare ciò che volevi. Ma, ancora una volta, ero stato stupido ed ero arrivato in ritardo.


Non sapevo cosa mi avesse spinto una mattina a decidere di raggiungerti di corsa a casa tua. Volevo solamente dirti che ti amavo, volevo gridarlo al mondo intero e volevo chiederti in ginocchio di perdonarmi. Ricordo che durante la corsa sorridevo asciugandomi le lacrime che prepotentemente scorrevano lungo le mie guance. Ero felice perchè provavo quel sentimento enorme nei tuoi confronti. Ero felice perchè te lo stavo venendo a dire. Ero felice perchè sapevo che sarei riuscito a riprenderti con me. Ero felice perchè lo stavo facendo per te.


Il fiatone con il quale arrivai davanti al tuo giardino riesco a provarlo anche in questo istante, ricordando quell'episodio.


Il mio sorriso si spense immediatamente, trovando di fronte a me un numero indefinito di persone che attorniava un'ambulanza, piangendo ed urlando. Si disperavano, si buttavano a terra, in ginocchio, scuotendo la testa come increduli. Tra di loro riconobbi tua madre, mentre il mio timore cresceva sempre di più. Era in lacrime e stringeva tra le mani una busta, ancora sigillata, contorcendosi su se stessa. Il mio cuore stava battendo all'impazzata e mi diede l'impulso per avvicinarmi lentamente a lei. Appena mi vide sgranò i suoi occhi arrossati, così identici ai tuoi.


«Adesso sei soddisfatto?! Sei soddisfatto, Tom?!» mi urlò contro, fuori di sé. Io la osservai senza capacitarmi di una reazione del genere. Non si era mai rivolta a me a quella maniera, mi aveva sempre trattato come un figlio.


«Cos'è successo?» domandai mentre il mento cominciava a tremarmi e le lacrime, stavolta simbolo del mio dolore, ricominciavano a scorrere dai miei occhi, cercando di scacciare dalla mente un pensiero che si era formato nella mia mente. Sperai con tutto il cuore che non fosse accaduto ciò che stavo pensando e pregai, pregai per la prima volta perchè io mi sbagliassi.


«Si è tolta la vita! Si è tolta la vita per colpa tua!» urlò la donna, scagliandosi contro di me, pronta a mettermi le mani addosso; venne però fermata in tempo da un uomo sconosciuto alle sue spalle, che la trattenne dalle braccia.


Il mondo crollò addosso a me. Le mie supposizioni erano esatte. Non c'eri più. Te ne eri andata a causa mia, compiendo il gesto più orribile di questo mondo.


Sentii infinite coltellate al cuore, nel momento in cui vidi passare davanti a me una barella, con un lenzuolo bianco che copriva interamente il tuo corpo inerme. Cominciai a piangere disperatamente e ad implorare medici di fermarsi e di riportarti da me. Continuavo ad urlare che non eri morta veramente, che si trattava di uno scherzo di cattivo gusto. Ma sapevo invece che quella era la cruda realtà a cui ero andato in contro. A cui tu avevi deciso di andare in contro per uno stronzo come me.


«Questa è tua, da parte di mia figlia!» urlò nuovamente tua madre, buttandomi addosso la busta che aveva in mano. «Sparisci dalla mia vista, ora!».


Singhiozzando, raccolsi la busta che era caduta a terra, ti guardai ancora qualche secondo, nonostante non potessi vedere il tuo bellissimo viso, e poi corsi via, lasciandomi alle spalle quell'incubo.


Quando tornai a casa ero talmente sconvolto che mio fratello non riusciva a capire neanche una parola di ciò che dicevo. Mi prese per le spalle, specchiando i suoi occhi nei miei ancora inondati dalle mie lacrime, e mi invitò a spiegare con calma cosa fosse successo. La notizia lo scioccò.


Ti ricordi quanto ti voleva bene, piccola? Eravate soliti chiamarvi “fratellino” e “sorellina”, e questo mi riempiva il cuore di gioia.


Cominciammo a piangere insieme, disperandoci per delle ore, riuniti in uno stretto abbraccio, bisognoso di maggior affetto ogni secondo di più. Ci chiedevamo il perchè di quel gesto così estremo. Perchè non avevi più la forza di vivere anche senza me? Mi sentivo tremendamente in colpa. Non ero arrivato in tempo. Non ero riuscito a fermarti, nonostante io stessi correndo da te per dirti che volevo starti accanto per tutta la vita; che eri la ragione più grande, assieme a Bill, per cui io esistevo ancora. Perchè non mi avevi dato il tempo di arrivare? Perchè?! Se solo avessi saputo ciò che avevo in mente, non l'avresti fatto.


Il nostro pianto venne parzialmente interrotto dalla scoperta di Bill della busta che ancora tenevo in mano.


«Cos'è?» balbettò, asciugandosi le lacrime e tirando su col naso.


«Una lettera di Aileen» singhiozzai, facendo la stessa cosa. Lo vidi sgranare gli occhi, spostandoli dalla lettera a me, innumerevoli volte. Con lo sguardo mi incoraggiava a leggerla, ma io non me la sentivo. «Non ce la faccio, Bill» sussurrai mentre altre lacrime calde bagnavano il mio viso. Afferrò con dolcezza le mie mani e mi aiutò ad aprire lentamente la busta. Serrai gli occhi, sentendo un dolore acuto perforarmi il petto. Non avevo il coraggio di leggere ciò che mi avevi scritto. Non avevo il coraggio di trovare davanti agli occhi macchie di inchiostro che mi avrebbero fatto morire dentro, lentamente.


Bill tirò fuori, quasi con terrore, il foglio piegato. Sospirando lo aprì e melo mise sotto gli occhi, avvicinandosi per poter leggere assieme a me. Dopo aver deglutito sonoramente, trovai la forza di abbassare lo sguardo sui tuoi pensieri.


Ciao, amore mio.

Scrivere queste parole, con la consapevolezza che fra pochi minuti non ci sarò più, mi rimane un po' difficile.

Voglio iniziare questa lettera con una semplice premessa: non ti odio.

Non l'ho mai fatto in vita mia e non lo farei mai, perchè ti amo troppo.

Penso di doverti dare un mucchio di spiegazioni e, per farlo, voglio farti un breve riassunto della mia vita, proprio perchè non sei tu la causa del mio gesto; è il susseguirsi di eventi spiacevoli durante la mia breve esistenza.

Definirei tutto ciò: “Confessioni di un cuore distrutto”, ok?

Quando sono nata mio padre mi ha subito ripudiata.

A cinque anni ho dovuto combattere con le mie prime crisi di panico.

A nove sono scappata per la prima volta di casa, nonostante mia madre mi abbia subito ritrovato.

A dodici anni ho avuto il mio primo rapporto sessuale con un delinquente che era solito picchiarmi e violentarmi.

A tredici sono rimasta incinta ed ho dovuto prendere la decisione più difficile e crudele da sola: l'aborto.

A quattordici sono caduta in depressione e successivamente entrata nel tunnel dell'anoressia.

A quindici in quello della droga.

A sedici in quello della prostituzione.

A diciassette ho tentato il suicidio, non riuscendo però in ciò che volevo.

E poi, un anno dopo, sei arrivato tu, un raggio di sole nella mia vita buia e trasandata.

Ti avevo messo al corrente dei miei precedenti sbagli, della vita spericolata che avevo trascorso fino a quel momento, non appena eri riuscito ad ottenere la mia fiducia.

Ricordo che tutto ciò che ti avevo raccontato ti aveva scioccato, eppure non abbastanza da farti scappare da me, come avrebbe fatto chiunque al posto tuo.

Al contrario, hai voluto starmi vicino ed aiutarmi a tutti i costi a risollevarmi, facendomi capire che ero troppo giovane per buttarmi giù in quel modo.

Sei stato un'ancora di salvezza, Tom.

Senza te non mi sarei mai rialzata dal fango.

Grazie a te ho ricominciato a vivere, a sentirmi libera di esprimere le mie pure emozioni.

Libera di amarti con tutta me stessa.

Un giorno, però, tutte le mie certezze sono svanite.

Sei venuto da me ed hai pronunciato parole che, per un attimo, mi hanno riportato nel profondo baratro dal quale tu stesso mi avevi fatto risalire: “Ho fatto sesso con un'altra ragazza”.

Continuavi a ripetere di amarmi e di aver sbagliato, mentre io andavo fuori di testa, colpendoti alla cieca e con tutte le forze che mi erano rimaste in corpo.

Tutte le mie sicurezze sono crollate, Tom, lo capisci?

Mi sento persa.

Sento di aver fatto un salto indietro, nel mio passato.

Sento che nemmeno tu ora puoi esserci ad aiutarmi.

È per questo che ho deciso di togliermi la vita: la mia intera esistenza è stata un disastro.

Non ho più la forza di sopportare ulteriori dolori.

Il mio cuore non ce la fa più.

Perdonami, Tom.

Perdonami se sono arrivata alla decisione di concludere ciò che non ero riuscita a fare a diciassette anni con una stupida lametta.

Perdonami se ho deciso di reprimere i miei sentimenti verso di te.

Perdonami se non ti ho guardato un'ultima volta negli occhi, senza rancore.

Perdonami.

Ti amo e lo farò per sempre...


Aileen.”



Le mie mani tremavano violentemente, stringendo quella lettera, fino ad accartocciarla, ma senza gettarla via. Abbassai il viso, poggiando la mia fronte ad esse mentre le lacrime ormai non conoscevano più nessuna opposizione. Sentivo le braccia di Bill stringermi delicatamente, cercando di donarmi un conforto che mai sarebbe riuscito a tirarmi su di morale.


Ero stato un insensibile. Non ti avevo forse capita. Anzi, ti avevo capita, ma non avevo avuto la sensibilità necessaria per dire di no quella sera.


Perchè te ne sei andata così, piccola mia? Perchè hai deciso di abbandonarmi? Io ci sarei stato per te, ero io la tua certezza, non ti avevo abbandonato. Non avresti mai fatto salti nel tuo passato, non con me affianco. Non avrei permesso a nessuno di farti del male, nonostante te ne avessi fatto io. Ero pronto a proteggerti, ero pronto ad amarti per tutta la vita.


Ma forse era troppo tardi.


Sei tu a dover perdonare me, amore.

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Note finali: duuunque... come potete ben vedere, stasera mi è venuto un attacco di drammaticità xD

Spero che questa one shot sia stata comunque di vostro gradimento e mi piacerebbe trovare delle recensioni per sapere che ne pensate =)

Baci =)

  
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