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Autore: Lothiriel    29/07/2005    3 recensioni
Raccolta di one-shots… Leggete la premessa contenuta nel primo capitolo! [PS: se a qualcuno può interessare, il titolo che ho scelto è un verso della canzone di Beren e Luthien, scritta da Tolkien; tuttavia non ha alcun legame con quello che intendo raccontare…]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vorrei fare una piccola premessa… Questa, nelle mie intenzioni, dovrebbe essere una raccolta di one-shots, slegate fra di loro

Vorrei fare una piccola premessa… Questa, nelle mie intenzioni, dovrebbe essere una raccolta di one-shots, slegate fra di loro, ambientate in epoche precedenti o successive rispetto alla storia raccontata ne “Il Signore degli Anelli”. La mia idea è quella di descrivere momenti presenti nelle varie cronologie ma non raccontati esplicitamente da Tolkien. Ciascuna storia avrà protagonisti diversi, per questo ho pensato di mettere solo la dicitura “sorpresa” nella voce “personaggi”. Per ciascun capitolo metterò i suoi protagonisti, ma temo che tale voce sia visibile solo per il primo capitolo, per gli altri al massimo può essere rintracciabile se si effettua una ricerca fra le storie con un determinato personaggio. Buona lettura, e vi prego di aiutarmi dandomi il vostro parere, qualunque esso sia!

PS: probabilmente per comprendere meglio i vari racconti è consigliabile aver già letto il libro, e magari anche le sue appendici…

 

Capitolo 1 – personaggi: Denethor, Imrahil

Capitolo 2 – personaggi: Aragorn, Bilbo

Capitolo 3 – personaggi: Boromir

Capitolo 4 – personaggi: Eowyn, Theodred

Il corteo funebre procedeva silenzioso lungo Rath Dínen. Il Sovrintendente di Gondor seguiva la portantina, celando il proprio dolore dietro ad un viso impenetrabile; manteneva il consueto portamento solenne e severo, ma il capo era leggermente chino, e per rispetto gli uomini del seguito evitavano di incrociare il suo sguardo.

Dietro di lui veniva il Principe di Dol Amroth, accompagnando due bambini. Il più piccolo, sui cinque anni, singhiozzava apertamente; il maggiore, che doveva avere più o meno dieci anni, tentava coraggiosamente di trattenere le lacrime, serrando con forza le labbra.

Giunti alla Casa dei Sovrintendenti, gli uomini che portavano la lettiga si fermarono un istante, prima di varcare la soglia. Il Sovrintendente si avvicinò e depose un piccolo fiore bianco fra le mani esangui della morta; poi si chinò a posare un lieve bacio sulla gelida fronte. “Addio Finduilas. Possano i Valar donarti la pace”.

Il Principe Imrahil si inginocchiò e strinse a sé i due bambini, che nascosero il volto affondandolo fra le pieghe della sua tunica. Il Sovrintendente fece stancamente cenno di proseguire, e la portantina scomparve nel buio dell’edificio in pietra.

Nella penombra della grande Sala del Trono, il Sovrintendente camminava avanti e indietro, sperando forse di trovare sollievo al suo intimo tormento. Si fermò, sentendo lo sguardo del Principe fisso su di lui.

“Denethor…”, cominciò questi; ma il Sovrintendente lo interruppe: “Non preoccuparti per me, Imrahil”. Sospirò, poi riprese: “Vorrei ringraziarti per tutto quello che…”.

“Non è necessario”, disse il Principe con fermezza. Strinse con forza il braccio di Denethor, poi si congedò da lui in silenzio.

Il Sovrintendente si lasciò cadere sul suo seggio ai piedi del trono vuoto, e rimase a fissare un punto imprecisato del pavimento davanti a lui.

Le ore scorrevano lente e insopportabili, e Denethor rimaneva seduto immobile, il viso nascosto nella mano. La luce delle torce ormai vacillava, e l’oscurità si faceva sempre più densa. Non notò nemmeno lo scalpiccio di piccoli piedi nudi sul pavimento di pietra. “Non piangere, papà”, sussurrò una vocina tremante proprio accanto a lui. Il Sovrintendente alzò lo sguardo e vide il suo figlio minore che lo guardava supplichevole, gli occhi arrossati dalle lacrime. Un lieve sorriso sfiorò le sue labbra, per la prima volta da parecchi mesi. “Dovresti essere a dormire. E’ tardi, lo sai?”

“Io non dormo se non vai a dormire anche tu”, disse il bimbo, tirandolo per l’orlo della manica.

“Vuoi venire a dormire con me?”, chiese il padre. Il bambino annuì.

“Va bene, andiamo”, fece Denethor alzandosi. Prese il figlio in braccio, e si avviò verso le scale. Il bambino appoggiò la testa contro la sua spalla, piangendo senza fare rumore.

Mentre Denethor entrava nella sua stanza, il bimbo rialzò la testa e disse: “Papà, può venire anche Boromir qui con noi?”.

“Anche lui non riesce a dormire?”, chiese il Sovrintendente guardando suo figlio. Il piccolo scosse la testa. “Allora vado a prendere anche lui. Tu resta qui, arrivo subito”.

Sulla porta, il bambino lo chiamò di nuovo. “Papà…”

“Cosa c’è, Faramir?”, chiese ritornando sui suoi passi. Il bimbo, con gli occhi ancora lucidi per il pianto, corse ad abbracciare il padre. “Io… io ti voglio bene!”, esclamò stringendosi forte a lui.

“Anch’io ti voglio bene”, rispose Denethor, baciando il bambino sui capelli scompigliati. Tentò di sorridere fra le lacrime che gli salivano agli occhi. Poi posò a terra il piccolo Faramir, e dandogli la mano disse: “Vieni, andiamo da tuo fratello”.

Si incamminarono insieme, per il lungo corridoio silenzioso.

  
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