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Autore: Tynuccia    14/03/2010    2 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Non mi stupisco neppure quando il gruppo di cui faccio involontariamente parte si esibisce nel più melodrammatico dei sospiri: è il tipo di uomo che farebbe perdere la testa anche alla più fedele delle mogli.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alta Società

 

*

 

Non riesco a increspare le labbra mentre alzo la mano, intrappolata in un guanto bianco come la neve, per sfiorare la gelida superficie dello specchio. Le dita ne incontrano altre, nient’altro che il riflesso delle mie. Sospiro e guardo la mia immagine come se non mi appartenesse. No, non mi appartiene affatto.

 “Madre, devo necessariamente indossare questi indumenti?” domando, quasi speranzosa. Incontro gli occhi di mia madre, uguali ai miei, e, in loro, leggo una rassegnazione quasi esasperata. La vedo mentre pianta i pugni sui fianchi e mi sorride.

 “Shiho, sì. Necessariamente. Non puoi di certo venire con i jeans,” dice, prima di fare un piccolo cenno col capo ed uscire dalla stanza, seguita da una delle due cameriere, mentre l’altra rimane dietro di me, sistemandomi i momentanei boccoli che cadono sulle mie spalle. In questo momento vorrei solo strapparmi di dosso questo stupido abito da sera, infilarmi la tuta da pilota e sedermi nel cockpit del mio DEEP Arms per immergermi in un’altra realtà. Quella virtuale.

 “Sta benissimo, Fräulein,” mi rassicura la cameriera, allontanandosi di qualche passo perché nello specchio, nuovamente, ci sia solo il mio riflesso. “Sono sicura che questa sera farà stragi di cuori.”

 “Johanna… l’ho già detto anche a mia madre: non ho alcuna intenzione di sposare uno dei soci di mio padre. Questo non è il mio mondo.”

No, infatti. Io appartengo a ZAFT e, quando ho dovuto porre una fine alla mia brillante carriera per poter compiere il volere dei miei genitori, ho sentito una parte di me morire.

 “Fräulein, lei non deve dirlo alla Signora, ma al Signore,” mi riprende Johanna, portandosi una mano sul petto e sospirando sognante. È più vecchia di me di qualche anno, ma sicuramente non di cervello. “Magari avrà l’opportunità di andare in moglie a qualche affascinante Consigliere.”

La precedo fuori dalla stanza e mi devo mordicchiare un labbro per non associare le parole affascinante Consigliere al volto di un effettivamente affascinante giovane che ricopre quel ruolo.

 Johanna, comunque, ha ragione ed io dovrei smetterla di lamentarmi a mezza bocca con mia madre quando il vero squalo da affrontare è mio padre; ma con che faccia potrei dirgli che ho intenzione di disonorare il nome degli Hahnenfuß e rendermi ridicola agli occhi di coloro che, dopotutto, ci danno da mangiare?

 “Ecco la mia bambina,” dice mio padre, una volta che mi accomodo nella limousine. Gli sorrido senza intenderlo veramente. È da quando è terminata la guerra che non lo faccio. Mi sporgo e lascio che mi baci la guancia, affettuoso come sempre. So che lui e mia madre mi amano oltre ogni cosa, rimango comunque la loro primogenita – e anche unica figlia, a dirla tutta – ed il loro tesoro più prezioso. “Pronta per la serata di gala? Magari potrei presentarti uno dei miei colleghi.”

Precisamente: il loro tesoro. È innegabile che la mia vita appartenga a loro e sia soggetta al loro volere. Loro, loro, loro.

 Con la coda dell’occhio vedo mia madre mordersi il labbro inferiore per evitare di sospirare e sento lo sguardo speranzoso di mio padre su di me. Assomiglia a quello di un bambino che brama qualcosa. Quante volte l’ho usato… quante poche volte ha funzionato. Mi limito a stringermi nelle spalle e guardare fuori dal finestrino, il mio riflesso che ancora mi perseguita e le mie dita che credono di sfiorarlo. Per un momento scorgo un’altra Shiho Hahnenfuß: i suoi capelli sono lisci e raccolti in una coda bassa e non boccoli; non indossa un abito della più preziosa seta di December City e alla gola e ai lobi non le brillano diamanti e perle, ma ha una semplice divisa scarlatta con mostrine e distintivi; non il make-up ad abbellirle il viso, ma in qualche modo mi sembra più radiosa di quella che la sta fissando. Più bella. Più felice. Sfido io, quello è il Maggiore Hahnenfuß della Voltaire.

 “Siamo arrivati, mia cara,” sussurra mia madre, facendomi interrompere bruscamente il mio sogno ad occhi aperti. Davanti a me c’è nuovamente Miss Hahnenfuß, la figlia di Lord e Lady Hahnenfuß, i rappresentanti di Junius nel Supremo Consiglio.

 Accetto la mano dell’autista che mi aiuta a scendere e seguo i miei genitori verso l’entrata dell’hotel dove l’alta società di Aprilius festeggerà il cinquantacinquesimo compleanno della moglie di un altro consigliere che, per frivola vanità, preferisce una sola candelina sulla torta a più piani, trionfo d’alta pasticceria, che intravedo su un tavolo in lontananza.

 Ormai siamo entrati nella sala grande e non posso non notare lo sfarzo che ci circonda, inesistente sulla Voltaire. Tende di broccato, candelabri d’oro, stoviglie d’argento… è tutto dannatamente diverso dalla Voltaire, un altro mondo. Mentre cerco di nascondere il sorriso incredulo – sto davvero continuando a pensare alla mia casa per gli ultimi cinque anni in ogni occasione, sono patetica – mi si avvicinano le mie cosiddette migliori amiche. Solo perché hanno cognomi importanti ed i miei genitori le hanno scelte per me.

 “Miss Hahnenfuß è deliziosa questa sera.”

 “I capelli mossi le stanno decisamente meglio rispetto a quella coda disordinata con cui è apparsa sui vari giornali militari.”

 “Questo vestito azzurro è meraviglioso, che lusso.”

Non rispondo loro a parole, faccio solo cenni di assenso, ma all’ultimo commento non posso che sorridere raggiante alla mia sconosciuta interlocutrice. È la nipote di qualche imprenditore facoltoso, frivola e oca, ma adesso ha decisamente colto nel segno. Qualche giorno fa mia madre mi ha trascinata a fare shopping per scegliere un abito e appena ho visto questo colore ho preso la mia decisione. Mi sono ritrovata tante volte, durante questi anni, a fissarlo e perdermici.

 “Miss Hahnenfuß, si sente bene?” domanda una delle ragazze, sfiorandomi il gomito.

Annuisco poco convinta e, dopo aver agguantato un bicchiere colmo di champagne, me lo porto alle labbra e ne bevo metà in un sorso, appoggiandomi ad una colonna con il gruppo di rampolle. Ma facendo il tutto con grazia.

 “Ma la vedete?” ride un’altra, muovendo freneticamente il ventaglio davanti al volto dopo averlo puntato in direzione di una giovane intenta a danzare. “Ha i capelli lilla e si è messa un abito bordeaux… mi chiedo dove sia finito il buon gusto, di questi tempi. Non pensa anche lei, Miss Hahnenfuß?”

Guardo la povera vittima per qualche secondo prima di rivolgere la mia attenzione alla crudele osservatrice e noto che tra le due c’è un abisso. Increspo leggermente le labbra e annuisco, pensando che il vacante buon gusto abita con la sua vacante razionalità dal momento che la figura che si muove a suo agio sulla pista da ballo è impeccabile e stupenda, mentre lei è solo un’invidiosa con la faccia da scofano.

 Nell’esercito non si guardano queste cose; tutti sono uguali, se non per il loro grado. È anche questo il motivo per cui ho deciso di indossare la versione maschile dell’uniforme. Per non risaltare troppo; per quello bastava il caratteraccio del mio Comandante.

 “I suoi genitori sono proprio una bella coppia,” si complimenta la racchia, che molto probabilmente è quella più facoltosa, visto come le altre pendono dalle sue labbra.

Li guardo, intenti a porgere i propri omaggi alla festeggiata e al consorte. Già, loro si sono sposati per amore e non perché costretti. A differenza mia, molto probabilmente.

 Ah, come vorrei non essere circondata da queste stupide, ma essere in compagnia di Miriallia e Cagalli. Ho avuto occasione di conoscere meglio la prima durante il viaggio di ritorno dal campo dell’ultima battaglia ad Aprilius One, la seconda durante le trattative di pace. Io, una Coordinator di seconda generazione, che ha come amiche due Natural. Una barzelletta ambulante per gli occhi di queste persone che continuano a blaterare cose futili. Ma Miriallia e Cagalli sono su Orb e sarebbe estremamente sconveniente farmi vedere in giro con loro, nonostante la seconda sia a capo della nazione neutrale e promessa sposa di colui che ho sempre considerato il Principe di PLANT.

Scorgo Dearka, troppo impegnato a sbadigliare mentre sua madre parla concitata con un’anziana ingioiellata fino alla punta delle unghie e  dall’aria snob. Sorrido divertita, l’Ufficiale Elthman è sempre stato davvero scanzonato e poco attento a certi dettagli galanti che, però, su di lui sono giudicati così sprezzanti, così fuori luogo… così sexy. Stupido maschilismo, ma Dearka ci sguazza in maniera talmente palese che non posso non ridere. Vorrei correre da lui e piantargli un giocoso pugno nel braccio, come ero abituata a fare, però… indovinate un po’? Sì, estremamente sconveniente pure questo, ma io stessa ammetto che vedere una bambola che picchia un damerino potrebbe apparire come uno spettacolo ridicolo.

 “Dio mio, non posso crederci!” squittisce una del gruppo, portandosi entrambe le mani sulle guance. “Guardate là, quello vicino al muro è Lord Joule!”

Questa volta anche io mi giro di scatto, forse troppo velocemente perché le scorgo fissarmi curiosamente per qualche secondo prima di rivolgere la loro totale attenzione al mio Comandante. È bellissimo, come sempre. Il suo smoking è blu notte, sicuramente di stoffa finissima come il mio abito e sorrido sinceramente, notando che i suoi capelli sono legati in una corta coda appena sopra la nuca. Il suo rapporto con la chioma è sempre stato più conflittuale di quello con Athrun Zala.

 Non mi stupisco neppure quando il gruppo di cui faccio involontariamente parte si esibisce nel più melodrammatico dei sospiri: è il tipo di uomo che farebbe perdere la testa anche alla più fedele delle mogli.

 “Miss Hahnenfuß, se non mi sbaglio lei è stata il braccio destro di Lord Joule, durante la guerra,” continua la giovane, incrociando ora le mani davanti al seno. Sempre se ce l’ha un seno, sembra una tavola da sur… cazzo – una parola che vorrei urlare, vista la mia esasperazione attuale – mi sto lasciando contagiare dalla malignità di queste bambocce invidiose. “L’ho letto da qualche parte.”

Seriamente sconvolta dalla novità che sappia leggere, annuisco pigramente, come se la cosa non m’interessi.

 In realtà, però, è stata la cosa più bella che mi sia mai successa. Farlo capire a loro, però, sarebbe sbagliato e ogni volta che nominano l’esercito vedo gli sguardi orripilati sui loro visi e, per qualche motivo sconosciuto, tale reazione mi fa male.

 “Dicono che sia un gentiluomo di prima categoria!” esclama la leader. “Nonché lo scapolo più in vista di PLANT. Quasi quasi la invidio, Miss Hahnenfuß… Lord Joule e Lord Elthman in un colpo solo… avrei dovuto arruolarmi anche io!”

Le altre ridono divertite e giulive a quella pessima battuta e io devo mordermi il labbro per non urlarle che ZAFT non è una specie di nightclub in cui fare conquiste. E che il mio Comandante non è gentile, in questi frangenti, ma è solo impegnatissimo a trattenere le bestemmie e le occhiatacce.

 Mi volto di sbieco per guardarlo ancora e mi perdo nei ricordi mentre ammiro le sue labbra muoversi con calma, dialogare con un uomo che non conosco; i suoi occhi stringersi, ascoltando la risposta del misterioso interlocutore e poi annuire, poco convinto.

In un attimo succede, però, e i nostri sguardi s’incrociano. Siamo lontani, ma posso immaginare le movenze composte del suo viso e, ai suoi occhi, mi sento quasi nuda: non perché solitamente le mie spalle erano coperte e il mio corpo non fasciato in maniera così invitante, ma perché mi ero dimenticata di come potesse spogliarmi con solo un’occhiata.

Le mie guance acquistano colore quando colgo un sorrisetto sulle sue labbra sottili e quando alza il suo bicchiere leggermente, come a voler brindare a qualcosa. Con me. Levo in aria il mio, per poi far vagare ancora gli occhi nella stanza, lontano da lui, che è in grado di risvegliare ogni emozione in me, addormentata da quando ho appeso nel mio armadio la divisa da Red Coat. Vedo mia madre, in compagnia di Lady Viola Elthman, Dearka e la loro rugosa compagna. Ho bisogno di un amico, ne ho davvero bisogno.

 “Scusate,” mi congedo dal gruppo di rampolle con un inchino. “Mi sono ricordata che mia madre vorrebbe farmi conoscere qualche dama di cui non rammento il nome.”

La leader annuisce, imitata subito dalle altre, e prima che possa dire qualcosa inizio a camminare verso il quartetto, mia ancora di salvezza. Non voglio ascoltare nuove chiacchiere infondate su di lui. Non voglio sentir parlare di lui. Voglio solo dimenticarmi della sua presenza che mi ha riempita in quanto? Un minuto?

 “Shi-,” inizia a dire Dearka, solo per essere picchiato leggermente sulla nuca da Lady Viola. Lo guardo mentre rotea gli occhi e, piegato il braccio ad altezza stomaco, s’inchina appena, scoccandomi il più affascinante dei sorrisi. Se non fosse uno dei miei più cari amici sono sicura che avrei una cotta per lui. “Miss Hahnenfuß, quale piacere vederla!” continua con la sua farsa. “Meravigliosa creatura, vedo. Complimenti, Lady Hahnenfuß. Indossa davvero una gonna. Sono commosso.”

Sbuffo mentre mia madre ride, sinceramente divertita. Spio curiosamente alla sua destra e noto che la cariatide sponsor di una gioielleria se n’è andata. Tanto meglio, non avevo voglia di sorbirmi una cascata di complimenti fasulli e viscidi; non dopo il gossip inutile che mi sono appena lasciata alle spalle.

 “Come sta Miri?” domando a Dearka, avvicinandomi a lui. È un sussurro talmente flebile che neppure un Coordinator, come mia madre o Lady Viola, potrebbe captare. Lo vedo inarcare un sopracciglio prima di allargare il sorriso e annuire.

 “Benissimo. Verrà in vacanza su Aprilius il mese prossimo, potreste uscire insieme, se vuoi,” risponde d’un fiato, come se avesse tenuto dentro la notizia per troppo tempo. “Sai, l’ho detto ai miei genitori e mi hanno tenuto il muso per un po’, ma poi si sono resi all’evidenza e hanno accettato la cosa.”

Lo guardo e non riesco a non sorridere: quando è innamorato – corrisposto, s’intende – diventa quasi adorabile e assomiglia terribilmente ad una quattordicenne. Questo è un punto in comune che condividiamo.

 “Oh, tesoro, ecco che arriva tuo padre,” dice mia madre, posandomi una mano sulla spalla. I suoi occhi brillano d’amore ogni volta che lo vede, mi chiedo come faccia dopo vent’anni di matrimonio.

 Io non vorrei girarmi per poi trovare un vecchio bavoso con cui potrei convolare a nozze, ma il nuovo sguardo minaccioso di mia madre mi fa obbedire. Sto per girarmi, però la sorpresa mi viene rovinata da Dearka che, passandomi di fianco, dà un cinque al compagno di mio padre, chiamandolo ‘amico’. L’unica persona con cui si può permettere certe confidenze… si forma un groppo nella mia gola. Io lo stavo evitando così accuratamente… lui ha trovato mio padre. Destino crudele, sono tante le volte in cui mi sono chiesta cosa ti ho fatto di male.

 “Lord Elthman, vorrei rammentarle dove siamo.”

La voce è la sua, il tono da cane rognoso è il suo. Il volto, ora che mi sono girata, è il suo. Definitivamente il mio Yzak. Cioè, volevo dire, il mio Comandante.

 “Shiho cara, ho fatto io gli auguri a Lady Dorée, ma sarebbe carino se più tardi andassi a farglieli di persona,” mi informa mio padre, ignaro della tempesta che si sta scatenando implacabile dentro di me. Lo vedo battere più volte la mano sulla spalla del mio ex-superiore, in maniera amichevole e bonaria. Mio padre è proprio un coglione alle volte, ma non potrei non amarlo. Anche Yzak è un coglione, sempre, ma amo necessariamente anche lui. Un segreto fin troppo pesante che ho svelato solo a Miriallia. Okay, lo sguardo malizioso di Dearka mi fa capire che anche lui sa. Sospiro stancamente ed annuisco a mio padre.

 “Lo farò, non preoccuparti.”

 “Brava ragazza,” continua lui, la mano perennemente sulla spalla di Yzak. Ancora qualche secondo e gliela sbrana abbaiando. Scommetto tutto il mio patrimonio che lo fa. “Piuttosto, guarda un po’ chi ti ho portato… il tuo Comandante.”

 “Grazie, Padre,” borbotto a denti stretti, per niente entusiasta di essere lì in quel momento e di apparire come una mocciosa di quattro anni ai suoi occhi, la cui sfumatura è uguale a quella del mio vestito. Ora che siamo vicini mi sembra una cosa ridicola. “Era da un po’ che non lo incontravo, in effetti.”

 “Tre mesi, Miss Hahnenfuß,” precisa Yzak, allontanandosi di un passo dalla portata di mio padre. Allora un controllo minimo ce l’ha. Sono stupita.

 Lo guardo mentre mi afferra la mano destra e, inchinatosi, posa un leggero bacio sul suo dorso, ancora intrappolato nel guanto bianco, su cui si posano alcuni ciuffi candidi che sfuggono alla sua acconciatura. Santo cielo, solo io so quanto vorrei che le sue labbra, così sottili, ma che sembrano così roventi, si posassero direttamente sulla mia pelle. Non riesco a controllare il rossore sulle mia guance quando si stacca e mi guarda negli occhi. Nuovamente mi sento nuda. “Spero che si diverta comunque anche senza il suo DEEP Arms.”

 “Come una pazza,” gli rispondo, sarcastica, ma con voce tremendamente seria. “Cosa dovrebbe volere di più una fanciulla dalla vita? Feste, abiti, gioielli… va tutto a gonfie vele.”

 “E matrimonio,” suggerisce Lady Viola, ridacchiando con mia madre. “Non so se hai visto il figlio di Huttner, mia cara… un partito affascinante e che ha solo un paio di anni in più. Theodore, non potresti farci un pensierino? Se il mio Dearka fosse una ragazza avrei già suggerito a Tad di darla in moglie al giovane Lucas.”

Yzak, invece, ne ha solo uno, di anno, in più.

Vedo Dearka roteare gli occhi e sono certa che, mentalmente, abbia appena imprecato: sua madre è tanto bella quanto stupida. Finisco per guardare il mio Comandante, davanti a me, che ha uno sguardo indecifrabile. Sono sciocca, ma ho sperato fino alla fine di notare un guizzo di gelosia infuocare quelle pozze cobalto. Invano.

 “Oh, Viola, non posso che convenire,” asserisce mio padre, mettendosi al fianco di mia madre e andando a posare la mano sulla sua spalla. Sono sicura che abbia un tic, a questo punto. “Quale momento migliore per annunciarlo, comunque? Signore... signori…” guarda prima noi donne e poi posa lo sguardo su Dearka e Yzak. “La mia bambina ha già un fidanzato.”

 Sento il mondo spaccarsi in due e la mia mano sinistra, che ha retto il bicchiere di champagne fino ad adesso, lascia andare il vetro, che si rompe in mille schegge di cristallo non appena tocca terra. Mi ero augurata di poter rimanere single, e sporca a causa dei miei sentimenti illegittimi verso un altro, ancora per qualche anno. Mi sento anche come qualche animale del bosco, appena illuminato dai fari di un’auto nel bel mezzo della notte.

Prima che possa dire qualcosa, qualsiasi cosa, Yzak mi afferra nuovamente la mano e con la sua solita delicatezza da elefante mi conduce sulla pista da ballo, dove passa l’altra mano attorno alla mia vita e io la poso sulla sua spalla. È un contatto pericoloso, che puzza di disonore. Specie quando io sono la promessa sposa di qualche sconosciuto.

 “Mi ha salvato, signore,” mormoro, incapace di lasciar cadere l’abitudine di chiamarlo così.

Lo ascolto grugnire ed iniziare a muoversi, quasi aggraziato, tra le altre coppie di ballerini. Da lontano vedo la giovane dai capelli lilla e l’abito scarlatto. Immersa nel silenzio come sono riesco a vedere che il suo partner ha dei penetranti occhi rossi. Il mio cuore bussa alla gabbia toracica, urlandole di lasciarlo uscire, mentre alzo lo sguardo sul mio cavaliere. Dire che è bello è riduttivo. E io lo amo alla follia, ma devo smetterla.

 La musica sembra cullarci, non siamo mai stati così vicini in pubblico, ma la cosa non sembra dargli fastidio. Il ritmo cambia, sfuma in qualcosa di più intimo e io mi ritrovo a bestemmiare contro il destino per l’ennesima volta, quando lui mi attira ulteriormente a sé, quasi bramoso di sentire il mio corpo aderire contro il suo e far ardere la passione. Forse.

 “Shiho,” respira nel mio orecchio, abbassandosi. È irresistibile. Non va oltre, non dice niente, lasciandomi un retrogusto amaro e tanti dubbi.

 “Yzak?” provo, poggiando la testa sul suo petto per non lasciargli troppo campo d’azione.

 “So chi è.”

 “Chi?”

 “Il tuo fidanzato.”

Eccolo. Il suo tono piatto e privo di emozioni. Lo stesso con cui mi ha comunicato che mio padre mi voleva fuori da ZAFT entro due giorni. Ma anche lo stesso con cui mi ha appioppato il soprannome di Housenka.

 Nuovamente mi stupisce, premendo le labbra sulle mie. Avevo ragione: vanno a fuoco, in totale contrasto con il suo aspetto di ghiaccio. Non riesco a trattenermi e ricambio il bacio, fregandome per una volta di questo insensibile ambiente in cui siamo costretti. Sento una valanga di emozioni travolgermi in pieno. Disonore, ribrezzo, vergogna. Amore, desiderio, gioia. Perché mi sta torturando così dolcemente lo sa solo lui, ma intanto mi godo il momento, cingendogli il collo con le braccia, in uno stupido e disperato tentativo di sentirlo più vicino a me, mentre mormorii scandalizzati ci avvolgono come una fastidiosa cortina di nebbia.

 Poi capisco tutto e mi stacco da quel contatto che ho desiderato dal primo momento. È sconveniente, glielo sussurro, sotto gli occhi degli altri, scioccati dalle pubbliche effusioni di quelli che, sicuramente, considerano un marmocchio con troppo potere ed una bamboccia fuori di testa per essersi arruolata.

 “Sconveniente?” ripete, scocciato per essere stato cacciato via dalla mia bocca.

 “Sì,” sussurro piano, alzando la mano sinistra e facendo scorrere il quarto, spoglio dito sulla sua guancia. Sorrido con lui, è possibile che io ci abbia preso. “Il primo bacio non avresti dovuto darmelo sull’altare?”

 “No,” nega, con il suo ghigno malefico, sostituito immediatamente da uno sguardo di ghiaccio e terribile. Devo essere masochista per essermi innamorata di lui. Si piega ancora sul mio orecchio, questa volta vi posa le labbra, mentre con le mani va a cingermi la vita. Un flirt così palese all’hotel in cui la signora Dorée festeggia cinquantacinque anni… così sconveniente… così inebriante… “Quello è il sesso.”

Le sue parole sono un soffio, quasi malizioso, che mi fanno avvampare completamente. Torna a guardarmi proprio quando sento la voce di mio padre attirare l’attenzione, togliendola da noi, isolati sulla pista da ballo gremita. Lo ascolto distratta mentre annuncia che io e Yzak ci saremmo dovuti sposare, ma io avevo già intuito che era lui il mio futuro marito perché il Comandante Joule non si sarebbe mai permesso di rovinare la nostra reputazione così, con un adulterio palese prim’ancora del matrimonio con un’altra persona.

 “Sentili come applaudono, gli ipocriti,” sibila Yzak, posandomi il mento sulla testa e ignorando completamente gli sguardi ammorbiditi di chi ci circonda. “Solo perché ho chiesto a tuo padre la tua mano…”

 “Puoi averla,” gli dico, pacata. Mi sorride ancora e mi rendo conto che, dopotutto, i matrimoni combinati non sono poi così male.

  
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