Tentazioni
–
Sherlock/Watson -
Holmes
calibra ogni singolo movimento di modo che lui
non si accorga della sua presenza.
Cammina in punta di piedi trattenendo malamente il
respiro, che a tratti esce affannoso, soprattutto quando i suoi occhi ardenti
adocchiano il petto semi nudo del collega.
Watson dormicchia sulla poltrona, la testa reclinata sulla
spalla e le labbra socchiuse: è così maledettamente calmo e
dannatamente indifeso.
Dio, è pressoché perfetto; Holmes sa che
addirittura quella placida bellezza batte anche lui, lui così brusco,
così manesco, così diverso dal collega.
Ma finalmente ha raggiunto la porta della disordinata
stanzetta che gli funge contemporaneamente da ufficio e da casa.
Salvo – pensa trionfante Sherlock
Holmes- salvo dai suoi stessi desideri,
anche per quella sera.
Si prospetta un’altra serata in giro per locali, in
compagnia di vino e donne che non gli potranno mai dare il piacere che in vero ricerca.
Holmes sospira, fa per uscire.
«A domani, collega»bisbiglia alzando un pugno
per aria, stringendolo forte. Per un attimo sembra che voglia sbatterlo contro
il muro.
Dannazione, che
situazione di merda.
Sta facendo la
figura del perfetto vigliacco.
Sputa a terra.
«Esattamente, Holmes»è la voce del
collega alle sue spalle.
Sherlock Holmes si volta furente: Watson è sveglio,
è in piedi, sorride a mezzo.
«Che cazzo stai dicendo?»
«Che l’investigatore più grande di
tutti i tempi non è altro che un essere vigliacco e basso che farebbe di
tutto pur di non trovarsi in questa graziosa stanza, adesso»dice calmo Watson e sorride ancor più,
scuotendo il capo. Radioso come il sole, statuario come una statua greca.
Un bastardo,
insomma.
Uno stramaledetto
bastardo.
Il grande Sherlock Holmes prima sta zitto, immobile.
«Ah sì?»
Ma poi è come se fosse scoppiata una bomba a
orologeria: la risata alla quale si abbandona è forse la più
gustosa e pericolosa che Watson abbia mai sentito
provenire dal suo capo.
E Sherlock nota l’ombra di paura negli occhi del
collega, e ne è eccitato. Come non dovrebbe essere.
Sembra che di
lì a poco tutto sarà fatto, tutto sarà stato soddisfatto,
tutto sarà perduto.
Eh no, diamine, no.
Ma Sherlock Holmes non può perdere, non esiste che perda qualcosa, o
qualcuno; perciò lascia Watson in piedi davanti alla poltrona, da
solo coi suoi silenzi.
«Fanculo, Watson»è l’ultima cosa
che dice, prima di sparire oltre la soglia, in un mondo così violento,
così divertente, così passionale che riesce a fargli dimenticare,
per un momento, quanto vigliacco sia in realtà e quanto bastardo sia l’altro.
«Vedrà che prima o poi ci ritireremo a vita privata, Holmes»
D’altronde quella lì è la sua
monotonia, la loro vita in quello schifo di mondo.
Sì, ne è proprio abituato.
E davvero Sherlock Holmes abbraccerà con tutto
sé stesso la donna che quella sera gli capiterà a tiro,
immaginando tutt’altro che lei, peccando orgogliosamente ancora, ancora,
e ancora.
***
Non potevo resistere dallo scrivere qualcosa su questi
due, non senza una vena sadica e un bel po’ di sano divertimento.
Io Sherlock lo adoro, ma adoro ancor più il silente
Watson. Alzi la mano a chi non piacciono questi due. Su su, non siate timidi.
Recensioni gradite, obviuously:
lo so che rappresentano un minuto del vostro tempo perso ma alla fine, se lo
farete, avrete fatto un’opera buona. Pensatela così.
O io mollo davvero, smetto di scrivere e basta.
Terrastoria