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Autore: San e Rachel    15/03/2010    0 recensioni
Alcune persone cercano di vivere la vita senza peccato, per poter raggiungere la perfezione, per assaporare l'eternità e, alla fine di tutto, ritrovarsi in un posto migliore. Ma se la tua intera vita fosse già una dannazione eterna? Se non potessi cambiare le cose e fossi costretto ad un perpetuo tormento, vivendo sulla terra un inferno perenne?
Una guerra aperta da secoli, un nuovo nemico comune che mina le fondamenta di entrambe le razze, due gemelle che si troveranno a dover fare i conti con sentimenti proibiti ed un ragazzo che detiene la chiave della risoluzione della vicenda... ma saprà utilizzarla? Scontri, sangue, passioni, creature e leggende, perché questa canzone, intrisa di amore e morte, continui ad echeggiare per l'eternità.
«La guardò con terrore, gli occhi ora rossi di lei lo guardavano spietati, intanto che si passava la lingua sulle labbra e sui denti, due canini bianchissimi ed affilati spuntavano minacciosi, mentre la sua espressione indicava che stava già pregustando il banchetto: fu così che, probabilmente per la prima volta nella storia proprio sotto agli occhi di un cacciatore, un vampiro si era rivelato in ogni sua forma negativa.»
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 7



Con un forte colpo, iniziarono i fuochi e fu un'esplosione simile ad una granata che illuminò di rosso la folla sottostante, nonostante la luce giornaliera. Tutti alzarono il naso per aria, verso il cielo azzurro, dove sembrava essere sbocciato un fiore scarlatto, tanti piccoli puntini che creavano quell'immagine toccante e brillante, prima di spegnersi a poco a poco e lasciare spazio ad altre figure pirotecniche perfette, accurate e luminose. Hagumi guardava il cielo con la boccuccia spalancata per la sorpresa, non sapeva che durante la pausa pranzo ci fosse in programma quello spettacolo. Si voltò verso Hiro affianco a lei e gli tirò una manica per attirarne l'attenzione «Hiro, Hiro! Ma quando é stato organizzato? È bellissimo!» squittì entusiasta, alzando poi nuovamente il nasino, buttando il capo rosa indietro, cozzando stavolta con la nuca su qualcosa. Sussultò e si voltò a guardare la figura dietro di sé, ma non fu lei a parlare, bensì Hiro al suo fianco. «Shin, avete finito l'ultima gara?» chiese con la solita atonia. Il bruno annuì e sorrise, poi guardò la sorellina «Stanno preparando un pic-nic sotto i ciliegi... Himiko e Misa, intendo. Vieni anche tu?» poi si voltò verso Hiro «E tu? Vieni?».
«Credo non faccia per me… » salutò con un cenno freddo della mano, allontanandosi in direzione del gruppo di insegnanti. Shin fece spallucce. «Beh, andiamo Hagu?» domandò, senza però attendere realmente risposta, prendendola per mano ed iniziando ad incamminarsi con lei.
«HIMIKO! NON OSARE FARLO!» furono attirati dalla voce di Misa che, piuttosto
infuriata, rincorreva la rossa che si gustava nella corsa un Onigiri. «ASPETTA CHE ARRIVINO TUTTI, HIMIKOOOO!».
Shin e Hagumi si guardarono un momento, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

«Non cambierà mai!» ridacchiò lui, mentre si calmavano, Hagumi ancora che si teneva la pancia dal ridere. Lui si voltò a guardarla e le strinse un po' di più la mano, colpito. Lo sapeva che erano fratelli e basta, ma questo non gli impediva di guardarla con occhi da innamorato perso e pensare che vederla serena e felice fosse la cosa più bella del mondo. Avrebbe fatto tutto per difendere la sua felicità, forse avrebbe anche ucciso. Non avrebbe mai permesso a nessuno di ferirla, a nessuno. Lei si asciugò una lacrimuccia sul bordo di un occhio e si voltò sorridente a guardarlo. Come stava bene con il suo fratellone, proprio come se non fosse cambiato nulla. Era contenta che le cose si fossero sistemate così. «Che facevi con Hiro?» chiese lui, curioso «Come mai non hai partecipato a nessuna gara? La festa dello sport é divertente per questo, no?» lei scosse il capo e fece spallucce «Sono negata per lo sport, lo sai. Rischierei di farmi male o fare male a chi mi è intorno. Preferisco stare seduta con qualche altro amico che non gareggia ed osservare voi. Ti ho scattato un sacco di foto, lo sai? Nei cento metri sei stato pazzesco, hai schiacciato tutti!» era molto orgogliosa del suo fratellone, che anche senza usare poteri da cacciatore o da vampiro, risultava sempre essere uno dei migliori. Ma qualcuno non era da meno, infatti aveva osservato tanto anche Shiki, ed era altrettanto in gamba. Arrossì, pensando che non meritava di essere amata da loro che erano così schifosamente bravi in tutto. Lei sapeva solo studiare, al di là di quello non aveva nessun altro pregio. Il filo dei pensieri fu interrotto da Himiko, comunque, che si avvicinò sghignazzando dopo aver seminato Misa in mezzo alla folla. «Volete un Onigiri?» chiese furbetta, porgendo loro un obento molto ben curato. «Sono veramente ottimi, per una volta quella frana in cucina ha fatto qualcosa di buono e non voleva nemmeno che li vedessimo!». Fece per afferrarne un altro, ma qualcuno fu più veloce di lei. «Ehi! Quello era il mio Onigiri!» piagnucolò la rossa in direzione del ladro «Era l’ultimo al salmone, cattivo!!!». Natsu ridacchiò vittorioso, ingoiando tutto d’un fiato la polpettina di riso, rischiando anche quasi di strozzarsi, sotto compiacimento di Himiko.

«Che strazio… » si lamentò Shiki alle loro spalle, avvicinandosi alla confettina e il fratello. Uno sguardo fulmineo partì in direzione del bruno, decisamente troppo avvinghiato alla bella rosetta. «Ehi Shin, più tardi ti va di fare una gara? Forse sei l’unico in questa scuola con cui valga la pena di misurarsi… son tutti dei perdenti… beh, in ogni caso è scontato che perderesti anche tu… ».

Il bel brunetto sorrise fiero, porgendogli la mano. «Scommettiamo?». Shiki trovò la cosa molto interessante e ricambiò la presa, gli occhi ora luccicanti di una strana luce che preoccuparono non poco Hagumi. Era sicura che quella sfida non promettesse nulla di buono. «Certo. Che cosa vuoi mettere in palio?». Shin sorrise serafico, mentre la sua mente già tesseva un diabolico piano pronto per esser servito su di un piatto d’argento.

«Se vincerò io, per una giornata Hagu sarà mia esclusiva.». Il moro accettò di buon grado. Se cercava di farlo fesso, aveva sbagliato via, era già tutto calcolato. «Bene, accetto. Se invece verrai sconfitto, dovrai iniziare a comportarti seriamente come suo fratello, evitando sciocchezze tali il prendervi per mano!». Hagumi alzò lo sguardo sui due, piuttosto incredula, mentre la boccuccia si muoveva sconnessamente, senza emettere però nessun suono. Fu sorpresa soprattutto dell’atteggiamento di Shiki, allora era geloso!

Himiko, accanto alla rosata, emise un ghignetto divertito e così anche Natsu, dall'altro lato. Entrambi appoggiarono una mano sulle spalle di Hagumi e le diedero qualche pacca solidale, anche se in realtà si stavano divertendo da matti.

«Ma... ma... ma... li avete sentiti? Fermateli! Mi hanno messa in palio! Cioè... cioè... Shin mi meraviglio di te!» sbottò stizzita, agitando i pugnetti in aria senza nessuna logica, mentre i due scommettitori si voltarono a guardarla, entrambi sorridenti in modo diverso: Shin sfoggiava il solito sorriso dolce, Shiki invece era di un sardonico impressionate. La ragazza assottigliò lo sguardo, strinse le labbra con veemenza, pronta ad insultarli di brutto, ma si arrese: non c'era molto da fare. Sbuffò irritata e si voltò, scrollandosi Natsu ed Himiko di dosso che persero l'equilibrio e si diedero una sonora zuccata, e si allontanò indispettita, a passo da elefante.

«È adorabile.» disse sarcastico Shiki e Shin dopotutto non poté far altro che ridere e ritrovarsi d'accordo.

***

 «Bella visuale da quassù.» commentò, sporgendosi appena dalla ringhiera. «Si possono notare molte cose interessanti da qui, vero?» sorrise gelido, mentre sotto di loro si presentava il gruppo di amici, impegnati nella solita buffa scenetta del momento. La ragazza alzò lo sguardo sulla figura a fianco a lei, indietreggiando appena per lo spavento. Lui allora roteò il corpo, arrampicandosi sul parapetto e sedendosi sopra questo, l’aria di chi la sa lunga.
«Chissà per quale motivo tu non partecipi mai realmente alle loro uscite, stai sempre in disparte… osservi… » ora lo sguardo prendeva una piega cinica, mentre con la mano prese a giocherellare con una treccia della ragazza.

Lei non disse nulla, non mosse un muscolo. Era pietrificata dalla paura, mentre l'albino si chinava verso di lei, rimanendo seduto sulla balaustra, ed avvicinando il proprio viso al suo. «Mi hai sempre un po' insospettito, ma non mi era mai passato per la testa che il tuo odore potesse essere diverso da quello di Shinichi Minamoto. E invece, a quanto pare, questo miscuglio non indica che i tuoi genitori fossero di razze diverse, vero?» chiese retorico, scendendo poi con un salto agile e portandosi praticamente a pochi centimetri da lei. Le lasciò andare la treccia e la mano si spostò sul suo viso, che afferrò per il mento, obbligandola a guardarlo negli occhi, mentre l'altra mano rimaneva tranquillamente stipata nella tasca. «Cosa ci fai qui? Qual é il tuo compito?».

«Non… non so di cosa tu stia parlando!» sussultò lei, liberandosi dalla presa, ma Hiro non sembrava intenzionato a chiuder lì la questione. Sorrise ancora, con quell’indifferenza glaciale.

«Andiamo, ti facevo più astuta. Eri così sicura di te stessa e di non essere scoperta da non esserti nemmeno preparata un’eventuale e credibile scusa?» scosse la testa, l’aria ipocrita, mentre fingeva di essere divertito dalla questione. La ragazza strinse i pugni, frattanto lo sguardo si faceva ora velato di malevolenza.

«Stai al tuo posto, questi non sono affari che ti riguardano!» tuonò sfidandolo, pronta a combattere per difendere la sua missione. Non poteva permettere di venir scoperta, non in quel frangente, non da lui. Era probabilmente l’unico che poteva realmente metterle i bastoni fra le ruote, finché tutti gli altri non fossero stati in grado di riconoscere un ibrido, aveva libertà di movimento. Ma con lui che fiutava ogni sua mossa, la sua presenza, come avrebbe potuto attenersi al piano?

Lui sorrise lievemente, mantenendo quel caratteristico sguardo privo di espressione che avrebbe messo i brividi a chiunque. «E cosa mi fai, se io non me ne tengo fuori, dimmi?» chiese sfidandola, tornando dritto poi e superandola, anche l'altra mano s’infilò in una tasca dei raffinati pantaloni bianchi «Ti tengo d'occhio, non dimenticarlo.» andò via, lasciandola piena d’inquietudine.

 

***

  Sotto gli alberi verdi del cortile, in molti si stavano concedendo la siesta prima di iniziare le gare pomeridiane. Erano anche arrivati i parenti degli studenti, in vista del match pomeridiano che avrebbe visto schierati genitori e figli di ogni sezione, le une contro le altre, ogni ciclo a sé. I Minamoto erano seduti sul praticello, all'ombra di un'ampia chioma verde di un fusto, in mezzo a loro era disteso sull'erbetta un grosso panno da pic-nic di un bell'arancio estivo e su questo erano posate innumerevoli leccornie preparate da Ai. Finito lo spettacolo pirotecnico, era ora di riempire i pancini ed organizzarsi per le sfide successive. «Allora, come ci dividiamo?» chiese Himiko, acchiappando un dolcetto e buttandolo nelle fauci, aveva già mangiato con gli amici poco prima, ma ai manicaretti della mamma non si diceva mai di no. «Il problema é che mentre voi gareggiate qui, Shin gareggia altrove con i suoi colleghi universitari, e noi siamo solo in due.». Hagumi fece spallucce «E che problema c'é? Io posso tranquillamente astenermi, ho un ginocchio sbucciato per aver fatto da arbitro alla staffetta, figuriamoci se posso partecipare alla corsa a ostacoli con il piede legato a uno di voi. » rise nervosamente, decisamente non era il caso di ridicolizzarsi ulteriormente. «Sciocchezze!» non fu nessuno dei presenti a parlare. Si guardarono attorno, poi Himiko gettò il capo indietro e sbiancò: Okura era appollaiato su di un ramo e accanto a lui, in piedi, Oda e Akira. Era una persecuzione! Okura sorrise e con un salto agile scese dall'albero... scivolando poi e piantando una sonora testata al suolo. Kojiro rise e gli porse la mano per aiutarlo a rialzarsi «Non cambi mai, vecchio mio.». Shin anche ridacchiò «Mi ricorda qualcuno... » guardò Hagu sorridente, ma questa si offese e mise il broncio. Mica era colpa sua se era imbranata? Ma fu contenta di sapere che non era l'unica. «Eheh, chi altri é pasticcione come me?» chiese divertito Okura, ridendo di sé e rialzandosi, dandosi poi qualche pacca sui vestiti per spolverarsi. Nessuno rispose, forse perché non ne diede il tempo, cambiando già argomento «Dicevo, il problema non sussiste, posso partecipare io con Haguchan, no?».
La confettina sbiancò, guardando ora l’anziano biondo terrificata. Lei partecipare ad una gara? E con quel polipo che andava dicendo di chiamarlo “zio Okura”? MAI!
«Faremo furore noi due insieme!» gli occhi sbrilluccicosi, mentre si era avvicinato alla rosetta e ora teneva le manine candide di lei fra le sue. Himiko, che ingollò un boccone del suo ennesimo Dorayaki, guardò prima uno e poi l’altro, scoppiando in una fragorosa risata. «Mi rifiuto di gareggiare, non posso perdermi questo spettacolo grandioso!».
«Himiko, tesoro!» la riprese Ai, osservando l’altra figlioletta che veniva strapazzata da Okura, piuttosto preoccupata. In effetti, era lei la prima a vederli perennemente spalmati a terra, vista l’impacciataggine di entrambi.
«Ma... mamma!» rispose scandalizzata la rossa, in un misto tra l'offeso e il divertito «Vuoi dirmi che tu non ti spancerai dalle risate quando si romperanno l'osso del collo contemporaneamente?» tanto erano immortali ed una ferita simile, dolore atroce a parte, non li avrebbe certo uccisi. Kojiro e Shin anche ridevano, dopotutto sarebbe stato divertente. Hagumi si scollò Okura di dosso dopo molti tentativi, a suon di spintoni, poi lo tenne ben lontano tenendo distese le braccia tra i loro corpi e guardava Shin come se fosse un traditore «Ah sì, ridi anche tu eh! Tanto io tiferò per Shiki, dopo, lo sai?» questa fu cattivella e fece bloccare Shin d'improvviso, che quasi si soffocò con la sua stessa risata. «Non é giusto!» protestò lui, prima di bloccarsi contrariato mentre Shiki si avvicinava assieme a Natsu, gongolante. Ebbene sì, aveva sentito tutto. Hagumi arrossì violentemente e perse la presa su Okura che ebbe modo di buttarsi di nuovo su di lei, per farle le feste, ed Himiko avrebbe potuto giurare di aver visto anche una coda scodinzolante; Shin dal canto suo si zittì e mise il muso, già in cerca della concentrazione per vincere la maledetta sfida con Shiki e togliergli quel sorriso trionfante dal volto. I nuovi arrivati li raggiunsero ed Ai li salutò solare e sognante «Ma che bello rivederci, Natsu-kun, Shiki-kun!» sospirò, era proprio bello essere circondati da baldi giovani «Mamma, non fare come Okura, ti prego!» la rimbeccò Himiko, scuotendo il capo, mentre un "Zio Okura" si levò lì accanto dal biondo, che continuava a spupazzarsi la rosa.
«Okura?!» richiamò l’attenzione del biondo, che si decise a lasciar in pace la confettina, rivolgendo ora l’attenzione ai nuovi arrivati.
«Eiji… Asako… » lo sguardo ora serio, mentre l’attenzione andava in direzione di Shiki e Natsu, che scrutò attentamente, la fronte corrugata, mentre la sua mente sembrava elaborare chissà quale strano pensiero «Che piacere vedervi! Sono i vostri ragazzi quindi? Che belli!» squittì, gironzolando intorno ai novelli cacciatori, che ebbero la forte sensazione che il mondo avesse preso a girare.

Per qualche istante calò un silenzio tombale, mentre gli occhi di tutti saltavano da Okura ai due nuovi giunti, confusi ed incuriositi.
«Oku... » stava per prendere parola Himiko, ma si bloccò ad un ringhio di Okura in sua direzione «Uhm... "ZIO" Okura… » calcò la parentela inesistente, mentre una tempia pulsava furiosamente «Vi conoscete?» le sembrò di ficcare un po' troppo il naso, d'altronde la curiosità era troppa per ignorarla così. Hagumi si accomodò meglio sull'erbetta, dopo aver sistemato capelli e vestiti stropicciati dalle coccole di poco prima da parte del biondo, pronta anche lei ad ascoltare l'attesissima risposta, che però non giunse da lui, ma da Eiji «Amici di vecchia data. Non é vero, Okura?» la parola amici fu detta con non poco risentimento, mentre Asako lasciava uno sguardo pieno di disgusto su Kojiro e Shin: anche loro li conoscevano bene, oh se li conoscevano! «Il bastardino é cresciuto, eh?» disse questa, sprezzante, mentre Natsu aggrottò la fronte contrariato dal dire di sua madre; Shiki invece rimase impassibile, non era un segreto quanto i loro parenti e i cacciatori adulti in genere detestassero i vampiri, ancor peggio se uno di quei vampiri e figlio erano stati la causa della morte di una loro compagna.

«Volete delle frittelle di mele?» squittì Okura, attirando l’attenzione di tutti i presenti, danzando e porgendo loro un vassoio sul quale era disposta in modo elegante la pietanza.
Kojiro si lasciò scappare un sorriso, mentre osserva il biondo intento nella sua mossa di riappacificazione. Se i cacciatori erano perennemente in cerca di guerra, lui le provava tutte per far calare la tensione, anche se, con quegli atteggiamenti, spesso peggiorava solamente la situazione.
«Vedo che non cambi mai, ridicolo eri e ridicolo sei rimasto!» ruggì Eiji, l’aria di chi è superiore.
«In effetti… » prese parola Akira, saltando giù dal ramo su cui era appollaiato con Oda ed appoggiandosi con le braccia sulle spalle di Himiko per poi passare a cingerla all’altezza di queste, inebriandosi del profumo dei suoi capelli e della sua pelle «… Avrei anch’io un certo languorino.».
Natsu strinse i pugni e sembrò voler scattare in direzione del moro e piantargli un altro pugno, le mani che prudevano dalla voglia di spaccargli il muso, ma Shiki lo fermò con un gesto della mano, rammentandogli che i loro genitori erano presenti, e non avrebbero apprezzato di certo scoprire cosa c'era tra lui e la rossa. Akira appoggiò il naso sul collo di Himiko, lasciando che tutto il suo profumo entrasse nelle narici, lo faceva impazzire. Leccò appena il suo collo, alzando lo sguardo sul biondo con un lampo di sfida negli occhi, ma Himiko lo strattonò e lo spinse via, irritata. «Che diavolo fai? Non prenderti certe libertà solo perché ho accettato di farti nutrire da me, esigo anche rispetto, non sono il tuo giocattolo!». Akira la guardò spazientito, mentre Natsu sorrideva orgoglioso della rossa. Eiji ed Asako, che erano rimasti in silenzio in quei pochi frangenti, erano più che disgustati: vedere una scena del genere non era certo nei loro desideri. «Dovresti tenere le bestie al guinzaglio, Okura. Il patto... ». «IL PATTO... » tuonò Okura, fulminandolo con lo sguardo prima di tornare a sorridere in maniera pacatissima «... lo rispettiamo fino in fondo. La ragazza sta scontando la punizione, così come voi avete deciso se qualcuno di noi avesse messo le mani addosso ad un umano. Questo umano l'aveva istigata, lei si é difesa. Sicuramente ha sbagliato ed é per questo che, anziché consegnarla a voi, ho scelto l'altra strada. Mi spiace abbiate dovuto assistere a questo spettacolo, ma Akira é vampiro da poco e non ha ancora imparato a trattenersi.».

Himiko sbatté le palpebre un paio di volte, guardando alternativamente Okura ed Eiji assieme ad Asako, totalmente incredula. Erano dunque i cacciatori ad aver dettato quelle leggi disumane? E se non avesse accettato di nutrire Akira sarebbe finita nelle loro mani? Non poteva crederci e Natsu fu ancora più incredulo di lei.
«Mamma… Vuoi dire che siamo stati noi a decidere questa regola?» scosse la testa un paio di volte, passandosi una mano fra i capelli, l’aria nervosa «In tutti questi anni abbiamo sostenuto che loro fossero dei mostri, ma con queste leggi non siamo arrivati forse noi a quel livello?».
La donna lo fulminò con lo sguardo, la mano pronta a caricare un cinquino in direzione del ragazzo. Come si permetteva di dire certe cose? Davanti a dei vampiri oltretutto! «Sei forse ammattito? Ti rendi conto di cosa stai dicendo?».
Lui non mosse un muscolo, tenne lo sguardo alto e fiero in quello della madre, era certo di non essere nel torto e non sarebbe indietreggiato solo per la minaccia di uno schiaffo. «So bene cosa sto dicendo, mamma. E non mi sembra il caso di montare tutta questa scena, avete imposto ai vampiri delle regole... ASSURDE!» calcò con intensità l'ultima parola e la mano di Asako partì in direzione della sua guancia. Chiuse gli occhi, pronto a ricevere uno schiaffo che non sarebbe mai arrivato, poiché quando li aprì, notò Okura che aveva cinto la vita della donna con un braccio e con l'altra mano aveva fermato a mezz'aria quella di lei, afferrandole il polso. «Ah-ha no, no, no Asako-chan! Non ci siamo proprio!» cantilenò, sorridendo in modo amabile, mentre la donna si agitava per farsi liberare «NON MI TOCCARE, SPORCO E SCHIFOSO VAMPIRO!». Eiji scosse il capo «Asako, basta, ti stai rendendo ridicola adesso... » gli faceva rabbia ammetterlo, ma era così, non era un comportamento molto decorso quello della donna.

«Gli studenti sono pregati di recarsi ai punti di ritrovo prestabiliti per l’inizio delle gare pomeridiane, ripeto: gli studenti sono pregati di recarsi ai punti di ritrovo prestabiliti per l’inizio delle gare pomeridiane.» rimbombò la voce al megafono, richiamando l’attenzione di tutte le persone presenti all’interno della struttura scolastica.
«Andiamo Asako… » la incitò Eiji, richiamando anche Shiki e Natsu, allontanandosi dal gruppetto.
«Quella donna… è orribile!» sbottò Hagumi
quando furono ad una distanza sufficiente da non essere udita, l’aria seriamente disgustata mentre guardava preoccupata i due ragazzi allontanarsi, seriamente inquieta per il suo migliore amico. Aveva la sensazione che, da quel momento in poi, sua madre gli avrebbe dato del filo da torcere. Himiko si ritrovò d’accordo con lei, così come tutti i presenti. Oda, che fino a quel momento era stato in disparte, scese dall’albero, avvicinandosi al gruppo.

«Come ti senti? Stai bene?» chiese avvicinadosi ad Himiko ed accarezzandole la testa, mentre Kojiro si era avvicinato ad Akira e gli mollava uno scappellotto dietro la schiena, irritato. «Come ti é venuto di fare quella sparata, in quel momento poi? Ricordati che Himiko é mia figlia, cerca di rispettarla Akira, se no fai una brutta fine, sappilo.» Akira si massaggiò la testa, guardandolo freddamente, eppure forse era quasi mortificato. «Tsk... ho sete!» ribadì, guardando la rossa. Himiko sospirò e rispose ad Oda, alzando il volto in un sorriso radioso «Sto bene. Vado ad allattare il pargolo, se no mi fa i capricci!» ammiccò, scherzosa, e si avvicino poi ad Akira, che acciuffò per la collottola della maglia «Vieni, ti sto viziando troppo.» borbottò trascinandoselo via. Ai si alzò da terra sospirando e si avvicinò agli altri astanti «La piccola Himiko ce la sta mettendo tutta.» disse estremamente orgogliosa di sua figlia ed altrettanto stizzita per il comportamento di Akira e dei genitori di Natsu e Shiki. «Quei poveri ragazzi, che fortuna non abbiano preso dai parenti... eh Hagumi?» chiese alla figlioletta, sorridendole ed accarezzandole un po' il capo. Hagumi sussultò e si affrettò a rispondere «ASSOLUTAMENTE! NON C'È OMBRA DI DUBBIO, SHIKI NON ASSOMIGLIA PER NIENTE AL PADRE, È PERFETTO!» agitò le braccine e strinse i pugnetti, gesticolando un po' tutt'intorno, senza alcuna logica. Si bloccò poi ed arrossì furiosamente «Ehm... anche Natsu é perfetto.» aggiunse, cercando di riparare alla gaffe. Shin però si era già voltato ed allontanato, l'aria impassibile, eppure avvolto da un'aura infinitamente triste.

«In ogni caso… » prese parola Okura, gli occhi che avevano ripreso a sbrilluccicare, mentre guardava nuovamente Hagumi con un’aria trasognata «… ora è il turno di gareggiare con lo zietto perfetto! Ciao Oduccio, fa il bravo intanto che sarò impegnato con Hagu-chan!» Sorrise seriamente felice sotto lo sguardo divertito di Oda, agguantando la rosetta e trascinandosela dietro noncurante delle sue lamentele, in direzione dei campi sportivi. Kojiro ed Ai si guardarono, l’aria affranta, osservando i due allontanarsi insieme.

 

***

Uscì dallo spogliatoio dopo aver indossato t-shirt bianca, pants blu e scarpette da ginnastica, il colorito quasi cianotico e un peso sullo stomaco come se qualcuno gliel'avesse aperto, avesse buttato al suo interno chili di piombo, e lo avesse richiuso, lasciando dentro quel peso tremendo. Aveva paura che stavolta si sarebbe fatta male sul serio ed, inoltre, già sapeva che Shiki l'avrebbe presa in giro così tanto da farla sentire un'inetta; per non parlare della figuraccia con Shin, che l'aveva allenata in vista delle gare con tanta dedizione e lei lo avrebbe deluso. Tanto lo deludeva sempre, no? Sembrava non riuscisse a fare altro in vita sua che lasciarlo con l'amaro in bocca. Richiuse la porta dello spogliatoio alle proprie spalle e fece solo qualche passo, prima di guardarsi attorno: era piuttosto isolata, Okura non c'era, se fosse fuggita nessuno l'avrebbe saputo. Bene! Avrebbe fatto così! Si voltò, pronta a correre via e sbatté come suo solito contro qualcuno più alto, stabile e massiccio di lei. Non cadde solo grazie all'intervento di costui che aveva travolto e che l'aveva prontamente afferrata per la vita, tirandola a sé. «Haguchan, che combini?» rise Kojiro, con la sua voce calda e allegra. «Papà!» si divincolò stizzita e lo guardò supplichevole «Ti prego, fammi andare via prima che Okura mi becchi!».
Lui rise, lo sguardo gentile, mentre le faceva una carezzina alla testa, scompigliandole appena i capelli, ora legati in due deliziosi odango alti che le davano un’aria ancora più infantile.
«Suvvia, non è una tragedia!» ma lei lo rimbeccò prontamente «Oh, sì che lo è!» piagnucolò, stringendo i pugnetti e strizzando gli occhi, immaginando nuovamente ciò che l’attendeva. Lui si curvò un po’ verso la figlia, per essere alla sua altezza e poterla guardare negli occhietti celesti. «Lo faresti felice, sai? Ci tiene molto… ».
Lei mise il broncio, guardando dritto negli occhi del padre: «Non capisco perché. Non capisco cos'é tutto quest’attaccamento, ci ha viste tre volte messe in croce. A me lui non piace. È subdolo, non voglio averci niente a che fare.» forse un po' cruda, ma era vero. Per quanto ci provasse, non riusciva a fidarsi di lui, un adulto così strano, che non faceva altro che sorridere in modo enigmatico e canticchiare, non era un adulto come tutti gli altri. Kojiro sospirò, alzò una mano e la passò sul suo viso, spostando dalla sua fronte qualche capello più corto sfuggito alla buffa pettinatura, ed accarezzandole poi una guancia con tocchi delicati «Piccolina, garantisco io per lui, credimi. Ti fidi di tuo padre, almeno?». Lei lo guardò titubante, ovvio che si fidava, ma non poteva obbligarla a fidarsi di Okura con questi giochetti «Lo vedo come guarda la mamma, sai?» disse incrociando le braccia e stringendosi nelle spalle, quasi scossa da un brivido «Se potesse, le salterebbe addosso. Cos'é, non può avere lei perché é tuo amico e allora si riversa sulle figlie?» in tutta risposta Kojiro le pizzicò la guanciotta morbida con le dita e gliela tirò un po', il massimo che si era sempre concesso per punire le sue figliolette. «Non dire queste cose. Okura vi ha viste nascere, anche se non vi ricordate di lui, ha sempre pensato a voi e si è preso cura di voi. Concedigli almeno questa piccola soddisfazione, ti vuole bene come se fossi sua figlia, sai?». Hagumi sospirò, arrendendosi «Daccovdo, daccovdo... oa mi lassi la guanfia?» lui rise ancora e gliela lasciò andare, in modo che lei potesse massaggiarla «Mi hai fatto male.». «Le bimbe capricciose si puniscono!» canticchiò lui, quasi imitando il biondo amico «No, papà, così no! Mi fai senso. Non imitarlo, per favore!» incredibile come il malumore trasformasse la dolce e zuccherina Hagumi in un concentrato di acido. «Volevi parlarmi solo di questo?» chiese, preparandosi ad andare via, ma lui scosse il lato negativamente «No, in realtà ci sarebbe dell'altro.».

Lei lo guardò incuriosita, pendendo dalle sue labbra, in attesa di una sua parola. Lui sembrava cercare le parole adatte per quello che stava per dirle e, dopo un minuto di silenzio, riprese l’argomento. «Vedi… volevo chiederti di Shin… » fece una pausa, osservando la reazione della rosetta, che sussultò appena «È successo qualcosa fra di voi, vero? Sono un po’ preoccupato, lo vedo particolarmente giù di morale in questo periodo… ». Hagumi strinse i pugnetti, abbassando lo sguardo da lui, rialzandolo solo in un secondo momento, abbozzando un sorriso. «Probabilmente tutti gli eventi dell’ultimo periodo, il fatto che è stato ferito, che siamo circondati da cacciatori… che ha scoperto di non essere nostro fratello e non figlio di mamma, l’avranno sicuramente sconvolto!» tergiversò.
Lui osservò la sua reazione con calma ed estremo interesse, tornando dritto e massaggiandosi il mento con una mano, assorto. «C'è qualcosa che Shin tiene segreto a me e a vostra madre.» Hagumi rimase pietrificata. Avevano scoperto tutto? «Qualcosa che penso di sapere cosa sia, perché é mio figlio, e per quanto mi nasconda certe cose, capirò sempre cosa gli passa per la testa. D'altronde non è un mistero per nessuno come guarda una certa personcina... » si piegò di nuovo in avanti, alzandole poi il mento con una mano, per farsi guardare. «È lo stesso modo in cui Okura guarda la mamma, sì.» lei sgranò lo sguardo. Sapevano tutto! «Papà, ti giuro che non c'è stato niente fra di noi, abbiamo deciso di rimanere solo fratelli, io ormai frequento Shiki e... » lui alzò una mano e le fece cenno di fermarsi «A me non importa cosa facciate o meno Haguchan, l'importante é che facciate scelte coscienziose e non vi facciate del male. Tu hai scelto la tua strada in modo razionale, lui si é lasciato trasportare un po' dai sentimenti, é vero. Ma ti prego di stargli accanto, nonostante tutto e non ferirlo. Ha bisogno di te e delle tue attenzioni, lo sai, no? Ti prego, prenditi cura di Shin, Haguchan, solo tu puoi farlo fino in fondo.» gli occhi lucidi, la voce un po' rotta... papà Kojiro si preoccupava così tanto per Shin e loro non si erano mai accorte di nulla. «Papà... » pigolò solo, prima di abbracciarlo forte e piangere un po', anche lei «Lo farò papà. Te lo prometto.».
 

***

Lo trascinò fino all’ultimo piano della scuola, nel bagno delle ragazze meno frequentato della struttura. Chiuse a chiave la porta, dopo essersi assicurata che nessuno lì seguisse e, guardando sotto le porte, che fossero soli lì dentro.
«Uao, sembra quasi una fuga romantica, per un appassionante momento di sesso sfrenato.» la stuzzicò lui, appoggiato alla parete in fare teatrale, seguendola con lo sguardo. Lei sorrise acida, controllando l’ultimo cubicolo.

«Se dovessi scegliere un posto per fare del sesso non verrei di certo qui, men che meno con te.» si avvicinò al ragazzo, scostando le ciocche di capelli rossi per scoprire il collo «Vedi di muoverti, non ho tempo da perdere, ho un mucchio di cose da fare e di gare a cui tengo a partecipare.». Lui allora scattò in avanti, posizionandosi a pochi centimetri da lei, alzandole il mento con una mano per guardarla negli occhi. «Non mi risulta che ti facessi schifo qualche settimana fa, anzi.» sbottò seriamente irritato. Lei sorrise serafica, allontanò quella mano dal suo volto ed inclinò un po' di più il capo all'indietro, per invogliarlo a morderla e far finire presto quello strazio. Lo sguardo di lui lampeggiò solo due volte prima di colorarsi definitivamente di rosso sangue. Si chinò sul suo collo e passò le dita calde sulla pelle candida, l'altro braccio le cingeva la vita, senza darle vie di fuga. «Se mi piacevi, é perché non ti nutrivi ancora di me... e dei miei pensieri.» lui rise, prima di passare la lingua su quel collo estremamente invitante, con quell'odore che lo circondava e lo faceva impazzire. «Anche volendo, non potrei resistere. I tuoi sentimenti sono come una droga e leggerli come se stessi sfogliando le pagine di un libro é troppo bello per potervi rinunciare.». Himiko lo allontanò in malo modo, scossa, e lui tornò normale «Che c'é? Che ho detto?» chiese angelicamente, facendo finta di nulla. «Non... » lei iniziò a dire qualcosa, tremando appena «... non... non ti... permettere di scherzare così... così, sui miei sentimenti. Puoi leggerli, ma non mi capirai mai.». Lui rise gelido, passandole una mano fra i setosi capelli ed avvicinando le labbra al suo orecchio. «Cosa non capirò mai? Come ti sei presa per quell’idiota di Natsu, cancellandomi in un istante dal tuo cuore?» sussurrò, tornando a guardarla negli occhi, una mano che si alzava sul suo viso, accarezzandoglielo con dolcezza mentre passava alle labbra, passando un dito su di queste, come a volerle assaporare già da un semplice tocco. Lei lo scostò con un gesto scocciato. «NON TI PERMETTERE AKIRA, NON GIUDICARMI! Muoviti! Se hai fame cibati ora altrimenti rimarrai a digiuno per un bel po’!» tuonò non ammettendo repliche, al che il moro acconsentì con un cenno del capo, fece per azzannarle il collo, ma alzò il viso a sufficienza per appoggiare le labbra su quelle della ragazza e poter assaporare nuovamente quel sapore che tanto gli ricordava l’aroma delle fragole che tanto amava. Lei sbarrò gli occhi, meravigliata e sbigottita, mentre il ragazzo la baciava con un ardore che non riteneva possibile. Cercò di fuggire, ma non glielo permise, le prese la testa tra le mani, in modo che rimanesse con lui, che lo baciasse anche lei, che lo ricambiasse, in qualche maledetto modo! Non sapeva che dire, era completamente sconvolta, eppure quel contatto la rimandava a poche settimane prima, quando lui la attirava per la sua bellezza, il suo mistero e la sua indole così simile alla propria. Chiuse lentamente gli occhi e si lasciò andare, mentre permetteva alla sua lingua di insinuarsi tra le sue labbra, nella sua bocca e poi incontrare quella di lei, in una carezza elettrizzante. Si lasciò andare giusto quei pochi istanti, istanti che durarono finché la figura di Natsu non si materializzò prepotentemente nella sua mente, ricordandole il momento in cui l’aveva baciata, prima che il suo scatto d’ira la portasse a mordere Akira. Quel senso di completezza, quella dolcezza mista ad una passione infinita, quel sapore agrodolce paradisiaco… i suoi occhi tanto puri e limpidi del colore del cielo, che sembravano rischiarare in ogni momento la sua mente e darle una carica che non immaginava di avere e poi… quella voglia che s’insinuava in lei di volere qualcosa di più, qualcosa di più solido di quello che aveva sempre cercato in un uomo fino a quel momento. «Ti amo, Himiko… » la voce di Natsu, che le rimbombava nella testa, mentre sentiva distintamente quelle parole… aprì gli occhi, sconvolta, per notare che Akira si era staccato da lei e ora la guardava nel modo più dolce che avesse mai visto, dicendole quelle stesse esatte parole. Sembrò realizzare solo in quel momento cosa stesse accadendo, lo spinse via con una forza inaudita, facendolo sbattere contro la parete del bagno. «Non mi toccare!».

«P... perché?» fece lui, sconcertato. Ok, non si aspettava certo lo ricambiasse in modo docile, ma spingerlo via così dopo la dichiarazione era... crudele. Semplicemente crudele. «Perché mi respingi così?» chiese ancora, avvicinandosi di nuovo a lei, allargando le braccia e circondandola con queste, avvicinandola al proprio corpo e stringendola forte, una guancia appoggiata sulla sua testa, mentre la cullava dolcemente. «Akira no! Lasciami andare, ti ho detto!» cercò di divincolarsi, ma lui strinse più forte, le fece quasi male. E le fece paura. «No, non ti lascio tornare da quel babbeo. Tu... tu sei mia. Sei diventata mia nello stesso istante in cui hai deciso di concederti a me, Himiko!» e la sua voce fu incrinata da una vena di follia. Calde lacrime scesero a rigarle le guance, mentre per l’ennesima volta tentava di liberarsi di lui, inutilmente. «Io non sono tua! Sono stata costretta e tu lo sai bene! Lasciami Akira!» singhiozzò, frattanto che lui, ora trasformato, affondava i canini nel suo collo, iniziando a cibarsi di lei, ben conscio che le avrebbe levato energie sufficienti per non permetterle via di fuga. «Lo vedi, Himi? Capisci cosa voglio dirti? Abbiamo un legame indissolubile, il tuo sangue è dentro di me come il mio è dentro di te. È il filo rosso del destino che ci lega, tu sei la mia anima gemella.». Lei, con le poche forze che aveva ancora nel suo corpo, batté i pugni sul suo petto. «Io non sarò mai tua, questo non è un legame, è solo una maledizione, una condanna! Tu sei la mia dannazione!».

Lui rise, lasciandola andare. Le gambe di Himiko cedettero, le ginocchia tremarono e dopo poco si accasciò a terra, sfinita e in lacrime. «No, mia cara, mi dispiace. Tu sei dannata di tuo, io aggiungo solo un po' di pepe alla tua vita eterna e noiosa!» s’inginocchiò dinnanzi a lei e le alzò il viso, con fare prepotente. «Tu... sei pazzo... » sibilò, convinta di ciò che stava dicendo. Qualcosa attraversò lo sguardo di Akira, ma lei non riuscì a spiegarsi cosa fosse. Sembrava tristezza, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco: per quanto la riguardava, era solo uno squinternato. «Pulisciti il collo e torna dagli altri, le gare stanno iniziando.» disse solo lui, infine, prima di alzarsi ed uscire da quel bagno, richiudendosi la porta alle spalle. Himiko scoppiò in lacrime di frustrazione solo quando lui fu andato via, non poteva neanche immaginare che dall'altro lato della porta ed appoggiato ad essa, lui stava facendo altrettanto.

 

***

Le picchiettò un dito sulla spalla, facendola ululare dallo spavento. «Ehi Hagu, non mi aspettavo di vederti qui, non dovevi fare da arbitro?» domandò la moretta, allungando un po’ il collo per vedere dietro la confettina «Chi è quello strano tipo? Dov’è tuo padre? Pensavo che se ti fossi decisa a gareggiare avresti fatto coppia con lui!» Hagumi la guardò affranta, saltandole al collo ed abbracciandola forte. «Leeeen, aiutami ti prego!» la supplicò con due lacrimucce agli occhi, mentre Okura si avvicinava alle due saltellando allegramente, quasi fosse ad uno spettacolo di can-can, tenendo in mano la fascia che sarebbe servita per la gara.

«Oh, Hagumina, chi é questa bella ragazza, una tua amichetta?» chiese divertito e gioioso, quanto adorava i festival scolastici! Lei si voltò a guardarlo di sottecchi, rimanendo però appiccicata a Len quasi avessero messo un potente collante tra le due. «Sì, è una mia amica... sniff... » lui guardo la rosetta curioso, poi affranto «Haguchan, mi odi così tanto da non voler gareggiare con me?» chiese con un po' di amarezza, improvvisamente serio. Lei lo scrutò dispiaciuta, quindi lasciò andare Len, che finalmente riuscì a respirare. «Non é che ti odio, Okura... ». «ZIO!». «Va bene, va bene, Zio!» si massaggiò una tempia, stancamente «È solo che avrei voluto partecipare con il mio papà.» disse in modo quasi infantile, mentre lui aveva allungato una mano verso la sua testa ed aveva afferrato un odango, tastandolo incuriosito «Ma che deliziosa polpettina!» cinguettò allegro e una goccia di sudore imperlò il volto delle due ragazze. «Zio, non hai ascoltato nemmeno una virgola di cosa ho detto, eh?». «Uh?» lui sembrò cascare dalle nuvole «Ooooh Shikichan!» agitò una manina, salutando Shiki che aveva piantato suo padre da qualche parte ad infilarsi le scarpe da ginnastica e si stava avvicinando da solo. Hagumi si voltò a guardarlo sorpresa, raggiante e un po' rossa, mollando poi Len con Okura qualche istante e dirigendosi verso il moro. «Lei... » iniziò a parlare Len, senza guardarlo, sorridendo invece nel vedere la sua amica così presa del ragazzo «... fa più il finto tonto di quanto non sembri. Mi chiedo cos'abbia da canticchiare a destra e a manca, se poi ha uno sguardo perennemente triste negli occhi.» lo aveva psicanalizzato per bene, in poche ore che lo conosceva. «E il modo in cui guarda Hagumi non é normale, tuttavia non é nemmeno negativo. Non é... preoccupante. Lei ci tiene ad Hagumi come se fosse la cosa più preziosa che c'é.» disse infine, traendo poi un lungo respiro per riprendere fiato, non era certo abituata a parlare tanto. Lui la guardò un attimo smarrito poi le sue labbra si curvarono in un sorriso sincero. «Sei una buona osservatrice, in effetti sì, tengo davvero tanto sia ad Hagumi che ad Himiko, è come fossero figlie mie. Ero presente alla loro nascita e continuerò ad esserci finché non avranno più bisogno di me.» A quelle parole, notando che lui sembrava volenteroso a parlare, Len osò calcare la mano. «Non ha gli stessi atteggiamenti con Shin, però, e dubito questo derivi dal fatto che lui è un ragazzo.» Okura rise un po’, dandole una pacchetta sulle spalle. «Non essere troppo avida di sapere ragazza mia.» sollevò due lembi della camicia merlettata, che ancora indossava essendosi rifiutato di indossare la mise sportiva, dicendo che non gli avrebbe proprio donato e gli avrebbe levato fascino, saltellando in direzione dei due innamorati ed appendendosi al collo di Shiki, stampandogli un bacio sulla guancia. In tutta risposta, inutile dire che si beccò un calcio da quest’ultimo, finendo spalmato a terra, sedere all’aria. «Non osare rifarlo!» tuonò il moro, l’aria disgustata, mentre si sfregava la guancia contaminata.

Hagumi si portò una manina sulla boccuccia, osservando Okura spiattellato al suolo, che ora gattonava verso di lei, probabilmente per appendersi ad una sua gamba e fare i capricci. «NON TI PERMETTERE!» ripeté Shiki, agguantando l'uomo per la collottola ed allontanandolo da Hagumi, accanto alla quale era sopraggiunta Len che le dava qualche pacca d’incoraggiamento sulla testa. «È matto?». «Ma no, è solo affezionato.» rispose la mora, sorridendo. Hagumi fece spallucce, ancora non riusciva a capire, era come se qualche cosa le stesse sfuggendo, ma non riusciva a capire l'entità di questa mancanza. Shiki fece una bella lavata di capo al biondo, prima di tornare dalla rosata. «Stavo dicendo... non mi sembra il caso che tu vada in giro con quei cosi osceni, Hagumi!» si riferiva ovviamente ai bloomers che indossava la ragazza, così corti ed attillati che lasciavano ben poco spazio all'immaginazione, un angolino quasi inesistente. «La gara inizia fra poco, ma hai tempo per tornare nello spogliatoio ad indossare qualcosa di decente. Muoviti!» lei boccheggiò perplessa, mentre Okura si appoggiava alla spalla di Shiki con un braccio e sorrideva come uno che la sapeva davvero lunga «Ahhhh, il nostro Shikichan é gelosettttooo!» accompagnò l'esclamazione ad un risolino acuto da brivido. «Non sono geloso, sono coscienzioso al contrario di qualcun altro! Vecchio maniaco!» lamentò, portandosi davanti alla confettina per coprirla alla vista di Okura. «Ma… fa caldo… » pigolò lei incerta, osservando ora Len, indecisa sul da farsi. Era davvero così indecente? La mora ridacchiò, dandole una pacchetta sulle spalle. «Non ti preoccupare, tutte le ragazze li stanno indossano, è pur sempre parte dell’abbigliamento scolastico!» sorrise, mostrandole con l’indice che anche lei li stava portando in quel momento.

Hagumi annuì, soddisfatta della risposta. «Se li indossa Len, posso indossarli anch’io!» dichiarò sicura e Shiki guardò prima la rosa, poi la mora, poi di nuovo la rosa. «Ma Len é una donna! Su di lei risaltano le curve! Tu non puoi indossare certi abiti succinti, sei indecente!». Hagumi spalancò la boccuccia, offesa. «E cosa sarei io? Un uomo? Magari un travestito?» chiese allontanandosi di qualche passo, l’aria di chi se l’era presa a morte. Lui scosse il capo «No, assolutamente, sarebbe farti un complimento. Sei più simile ad una bambina, ecco!» fece quest'affermazione così tremendamente serio, che Hagumi scoppiò in lacrime, buttandosi fra le braccia di Okura lì accanto, ripetendo fra un singhiozzo e l’altro “Sono peggio di un travestito! Sono una mocciosa!”. Il biondo, che andò in brodo di giuggiole per la felicità, se la spupazzò tutta. «Haguchan, non piangere, sarai anche una bambina, ma una bella bambina!» sorrise gongolante, convinto di tirarle su il morale, ma la rosetta fermò il suo pianto, per guardarlo negli occhi. Ora era seriamente offesa. Pestò poco finemente un piede di questo, allontanandosi da lui stizzita.

«Ahiuoooo!» si lamentò Okura, massaggiandosi il punto dolente accucciato a terra, mentre Hagumi si avvicinava a Shiki e gli puntava un dito sul petto, due, tre, quattro volte, con l'intento di fargli male «Sai cosa? Ti faccio vedere io questa bambina di cosa é capace!» questa era una sfida in piena regola. «ZIO!» chiamò ed Okura balzò in piedi incredulo per essere stato chiamato così senza dover protestare nemmeno una volta «Muoviti, andiamo a posizionarci sul percorso ad ostacoli. VINCEREMO!» disse decisa, allontanandosi poi dal gruppetto senza più voltarsi neanche una volta. Okura sbatacchiò le palpebre incerto. Vincere? E va bene, che problema c'era? Impresa più semplice di vincere una gara scolastica non c'era, era il momento di smettere temporaneamente di fare lo sciocchino e rimboccarsi le maniche e, quando lo faceva, non ce n'era per nessuno. Si allontanò anche lui, sorridendo e fischiettando, mentre Shiki li guardava perplesso e Len sorrideva divertita. «Shiki, ho l'impressione che quel signore biondo ci regalerà uno spettacolo incredibile. Fossi in te, non gareggerei nemmeno, era così convinto che, sono quasi certa, vinceranno loro.». «Sciocchezze… » borbottò lui atono, dirigendosi anche lui sulla linea di partenza, dove suo padre già l’attendeva, squadrando Okura. «Shiki!» lo richiamò, l’aria di uno piuttosto furioso «Guai a te se non darai il massimo, non possiamo permetterci la figuraccia di perdere contro di loro! Sono stato chiaro?!». Il moro annuì indifferente, ormai aveva imparato a non dare peso alle parole del padre, il cui passatempo preferito era schernirlo e sminuirlo.

Hagumi batté la punta delle scarpe sul terreno, per controllare che tutto fosse a posto, quindi alzò lo sguardo infastidita verso il padre di Shiki: che razza d’idiota era? Beh, poco male, tanto stavolta avrebbe vinto lei. Anche Himiko ed Ai giunsero sulla pista, seguite da svariate altre coppie genitore-studente ed, infine, anche Natsu ed Asako. Si disposero sulla griglia di partenza, ogni coppia aveva il genitore sulla destra ed il figlio sulla sinistra e le loro caviglie prossimali erano legate da un laccio bianco, ben stretto. Sul percorso erano disposti innumerevoli ostacoli, ma il peggiore era l'ultimo, una grossa piscina piena di una sostanza vischiosa, "Muco di scimmia!" scherzò Natsu beccandosi uno scappellotto dalla madre, al cui interno erano immerse piccole mele da recuperare con la bocca: insomma, una prova al limite del possibile, considerando che prenderle con la bocca era obbligatorio ed ogni partecipante aveva i polsi legati dietro la schiena, per non aiutarsi lungo i vari ostacoli del tragitto. Un colpo sparato segnò l’inizio della gara, la rosetta e Okura ce la stavano mettendo tutta, tanto che erano già in testa e ancora non avevano inciampato. Himiko li osservò a bocca aperta, piuttosto seccata: e lei che sperava di poter ridere un po’! Si domandò da dove arrivava tutta l’agilità che i due, che ora stavano saltando via un ostacolo in una performance perfetta, stavano dimostrando. Hagumi guardò al suo fianco, notando Shiki ed Eiji che li stavano raggiungendo, corrucciò lo sguardo. «Muoviamoci!» ordinò al biondo accanto a lei, totalmente agguerrita.

Natsu e la madre erano più arretrati rispetto agli altri, questo perché tra i due non c'era la minima sincronizzazione, per il semplice fatto che lui non voleva ci fosse, anzi da lì dietro stava tifando Hagumi, giusto perché si sarebbe divertito un mondo a prendere in giro Shiki per la sconfitta poi. «Quell'Okura... non cambierà mai!» disse sorridendo un po' affannata Ai, lei dal canto suo era forse imbranata più di tutti e anche con tutto l'impegno non era proprio semplice tenere il ritmo, ma ad Himiko non importava granché, era più preoccupata di doversi tuffare nel mare di "muco di scimmia". Eiji sbuffò secco, doveva immaginarlo che la goffaggine di Okura fosse tutta una messa in scena, credeva di essere furbo. Ovviamente, il padre di Shiki non poteva certo immaginare che Okura fosse davvero imbranato e che tutta quell'agilità gli stesse costando uno sforzo enorme, solo per la piccola Hagumi. Comunque i due recuperarono terreno e raggiunsero i primi, accanto ai quali ora correvano pari merito. Hagumi lanciò scintille dallo sguardo verso Shiki e gli fece una linguaccia. Arrivarono in vista della vasca, tuffandosi in questa, riuscendo a pescare la mela in tempo record. Shiki e suo padre si erano bloccati da quel punto, non riuscendo a recuperarla. La rosetta e il biondo sorrisero vittoriosi, uscendo ormai fradici di quel liquame verdastro, e tagliando il traguardo sotto lo sguardo sorpreso di tutti i presenti.

Completamente viscidi, Okura ed Hagumi si abbracciarono, il primo la prese persino in braccio e la strinse forte, sembrava il più contento tra i due, mentre anche lei circondava il suo collo con le braccia esili e lo ringraziava a gran voce, gioiosa. Fermarono i festeggiamenti quasi subito, quando anche Shiki ed Eiji uscirono dalla vasca e quest'ultimo urlava frustrato contro il figlio, su quanto fosse inutile ed incompetente e su come avessero perso a causa sua. Hagumi ed Okura si staccarono, mentre venivano raggiunte da un Himiko piagnucolante per i propri capelli pieni di melma ed Ai che cinguettava contenta per la vittoria dell'altra figlia. Anche queste si voltarono ad osservare la scena e, mentre Eiji si allontanava, Hagumi chiese ad Okura di metterla giù, correndo verso Shiki per accertarsi stesse bene dopo quella sfuriata allucinante. Lo raggiunse, ancora trafelata e ricoperta di quel viscidume maleodorante, fermandosi a pochi passi da lui, che teneva lo sguardo basso e le mani in tasca. «Shikichan... » pigolò incerta, mentre si dava mentalmente la colpa per la scena a cui aveva assistito. Lui alzò lo sguardo verso di le e si guardarono per qualche interminabili istanti, prima di fare uno dei suoi sorrisi tirati. «Complimenti, sei stata brava.» disse solo, prima di voltare le spalle ed allontanarsi, in silenzio. Hagumi strinse i pugni e tremò appena, abbassando lo sguardo mentre Len e Shin, che avevano osservato tutto dagli spalti, la raggiungevano, quest'ultimo con in mano un asciugamano che le appoggiò sulla testa e col quale cercò invano di togliere la poltiglia. «Ehi, sei stata bravissima, piccolina!» disse dolce, senza aggiungere nulla su Shiki e il suo comportamento, lo stesso fece Len, Hagu aveva bisogno di essere tirata su. «Sei andata forte, Haguchan, non ti avevo mai vista correre così!» disse la mora, con la stessa dolcezza di Shin, ma Hagumi non alzò lo sguardo su di loro. Anche Natsu, che ignorò bellamente gli insulti di sua madre appena usciti dalla vasca, ed Himiko si portarono accanto a lei, che fu circondata dall'affetto dei suoi migliori amici e dei suoi fratelli. «Hagumetta, stai su, Shiki odia essere sminuito così dai genitori, ma vedrai che gli passa presto.» anche Natsu odiava essere maltrattato, ma fondamentalmente cercava di sbattersene e tirare avanti, forse un giorno sarebbe scoppiato o si sarebbe depresso come aveva appena fatto Shiki, ma quel momento per lui non era ancora giunto. Himiko, infine, la prese per mano. «Andiamo a darci una pulitina, dai.» disse affettuosamente, conducendola via da lì, verso gli spogliatoi, Hagumi che camminava un passo indietro e teneva un braccio sugli occhi, cercando di cacciare indietro quelle lacrime ostinate che già le rigavano il viso. Entrarono nello spogliatoio femminile, avvicinandosi ai lavelli, dove Himiko suggerì alla confettina di sciacquarsi il viso. «Haguchan… » la richiamò, notandola immobile, incapace di reagire. Fece qualche passo fino a raggiungerla, abbracciandola forte. «Haguchan… dai, non te la devi prendere, in fin dei conti è normale ci sia rimasto male per come il padre l’abbia trattato, ma non significa che abbia qualcosa contro di te. Non capisco perché te ne fai una colpa… » mugolò, percependo i sentimenti della rosetta. Lei scosse la testa, ricambiando il gesto della sorella. «Ne sono consapevole ma… è come se quelle parole fossero passate tramite lui fino ad arrivare a ferire perfino me, proprio qui.» indicò con l’indice destro il suo cuore «Te l’assicuro, sorellina, giurerei di aver sentito il sentimento che ha percepito Shiki.».

Himiko sorrise appena, quindi allungò un braccio verso sinistra e prese un asciugamano di carta dal distributore appeso alla parete del bagno, per portarlo sul viso della sorellina e cercare di togliere quel pasticcio di lacrime e poltiglia. «Empatia.» disse semplicemente la rossa, strofinando il panno su una guancia della sorellina. «In pratica, ormai percepisci i suoi stati d'animo, perché il vostro rapporto sta diventando molto profondo.» spiegò allo sguardo interrogativo di Hagumi, che poi riabbassò. «Vorrei che si appoggiasse a me, anziché allontanarmi.» sussurrò questa, tristemente, mentre Himiko gettava il fazzoletto in un cestino e ne prendeva un altro, ricominciando a pulirla «Haguchan, ti sei innamorata di Shiki?» chiese a bruciapelo, senza tergiversare neanche un po', schietta e diretta come solo lei poteva fare con sua sorella. La rosetta ebbe come una fitta al cuore, che iniziò a battere fortemente al solo pensiero della parola “amore” riferita al bel moro. «Non lo so… ». La rossa ridacchiò appena, fermandosi per un momento, sorridendo poi radiosa percependo il suo stato. «Tesoro mio, io direi che ci sei dentro fino al collo e ti sei scelta anche una relazione piuttosto complessa, ad iniziare dai suoi modi di fare! Lui non si lascerà mai andare al punto di appoggiarsi a te. Shiki è il tipo di uomo che ritiene di essere quello che porta i pantaloni, estremamente orgoglioso da non potersi permettere ciò, doveroso di sostenere sempre te, soffrendo in solitudine. Se vuoi che lui ti veda come una spalla su cui piangere, dovrai trovare il modo di fargli credere che in quel momento in realtà lui sta sostenendo te, anche se è il contrario!» assicurò, entusiasta della cosa. Era così felice di vedere la sua sorellina finalmente alle prese con il mondo maschile. Hagumi deglutì e le fece quasi male farlo, mentre scrutava nel profondo degli occhi verdini della sorella, alla ricerca di una spiegazione che neanche lei stessa riusciva a darsi. Innamorata di Shiki; possibile? «Ma io... » non poté terminare la frase, che un sonoro bussare alla porta dello spogliatoio interruppe tutto. Si voltò ad osservare l'entrata, mentre Himiko si dirigeva verso questa e andava ad aprirla, per nulla sorpresa di trovare quella persona appena fuori. «Oh, che ci fai qui?» chiese facendo la finta tonta, mentre il ragazzo, appoggiato con una mano allo stipite della porta, la guardava freddo e rispose con fare brusco ed infastidito. «Secondo te? Voi donne siete veramente lente.» sbuffò, mentre Himiko rideva a quel comportamento misogino che a quanto pare aveva fatto colpo sulla bella gemellina. «Sì, sì, certo, hai ragione, ahahm... » lo liquidò, spostandosi dalla soglia per farlo entrare, battendosi poi teatralmente una manina sulla fronte ancora piena di melma. «Oh, che stupidina che sono, dovevo proprio andare a... » non si prese neanche la briga di trovare una scusa, uscì, lo superò e si allontanò dallo spogliatoio, dirigendosi all'edificio universitario, dove avrebbe trovato sicuramente un altro bagno per darsi una pulita.

Shiki si avvicinò alla confettina, curvandosi il necessario per riuscire ad appoggiare la fronte su quella di lei, guardandola negli occhi. «Perché piangi?» domandò, senza però realmente attendere risposta, notando una lacrima sfuggirle dagli occhioni celesti. Le tirò appena una guanciotta, come a volerla sgridare. «Non devi.» e quando lei, a quelle parole, non poté più trattenersi da un pianto liberatorio, il moro l’abbracciò, cullandola fra le sue braccia. «Hagu guardami.» le ordinò, alzandole gentilmente il mento, liberando una mano dalla stretta. «Se hai bisogno di sfogarti, mi sta bene, ma non voglio che tu stia male per miei affari personali. Il rapporto con mio padre… » sembrò avere un momento di smarrimento, forse a cercare le parole adatte per spiegarsi il meglio possibile «… è sempre stato così, burrascoso, da quando ho memoria. Lui ha voluto spronarmi a dare il mio massimo in ogni occasione, anche se non era mai abbastanza ai suoi occhi. Sono cresciuto in questo situazione, quindi non devi preoccuparti di come si comporta, per me è una cosa normale, non ci faccio nemmeno più realmente caso.».

Lei scosse la testa ripetutamente, alzando poi le mani ed appoggiandole sul suo volto, accarezzandogli le guance con una dolcezza infinita «Ma ci faccio caso io!» rispose triste, strofinando appena la fronte sulla sua, le punte dei loro nasi che si sfioravano, sfregando appena ad ogni piccolo movimento. «Non può... non deve... ma come fa? Sei suo figlio, dovrebbe essere così orgoglioso della persona che sei, metterti su un piedistallo e... e ringraziare il cielo che un essere infimo come lui abbia potuto avere un figlio così straordinario. Tu sei straordinario Shiki, non farti abbattere dalle sue parole e ti prego, ti prego… » calcò la seconda volta, quasi disperata la voce rotta dal pianto «… non essere più freddo con me. Non... non allontanarmi. Fa male... fa troppo, troppo, troppo male.» Infine, si aggrappò a lui con tutte le sue forze e nascose il viso nella maglietta bianca della sua tuta, stringendosi a lui con tutta se stessa, anche col cuore, ed Himiko aveva ragione, perché sentiva quel cuore ora strabordare d’amore, solo per lui. Il moro sembrò perdersi per un attimo nei suoi pensieri, come se stesse assimilando le parole della rosetta, prima di sorridere sincero, il più bel sorriso dei suoi rari che probabilmente la rosetta avesse mai visto. «Ci proverò, ma solo perché me lo chiedi tu… » le sussurrò ad un orecchio, mentre una mano levava le mollettine che mantenevano gli odango fissi sulla nuca di Hagumi, lasciando che la cascata di lunghi capelli cadesse libera. Affondò le mani in questi, portando le labbra all’altezza del suo collo, baciandoglielo passionale, mentre man mano saliva, fino ad arrivare alle sua labbra.

Non la baciò ancora, le lasciò invece tanti piccoli baci sul volto, sulle guance, sulla punta del nasino, attorno alle labbra, in prossimità delle orecchie, così da provocarle qualche piccoli brivido, mentre lei faceva scivolare le braccia oltre la sua vita e le mani s’aggrapparono alla sua schiena, i loro corpi così vicini sembravano volersi fondere in un unico essere. «Shikichan.» sussurrò, chiudendo gli occhi, mentre lui non faceva altro che accarezzare la pelle con le labbra calde, come a dar sollievo a quel piccolo rossore che si era creato quando Himiko aveva sfregato la carta per tirare via la sostanza viscosa della gara. «Hagu, puzzi da fare schifo.» decretò infine, sorridendo, e lei si trovò d'accordo «Anche tu puzzi!» borbottò un po' offesa, prima che lui le tappasse la boccuccia con la propria, travolgendola con trasporto in un bacio come mai se ne erano dati, neanche quella fatidica notte. Le labbra si accarezzavano, le lingue danzavano assieme, si sfioravano, vezzeggiavano, fino a ritirarsi, per poi rincontrarsi, in un gioco eccitante e provocante che in poco accese il desiderio di entrambi. Lui le circondò la vita con le braccia e la tirò su abbastanza da portarla poco più in alto di se stesso e piegò un po' il collo indietro, per continuare a baciarla. Camminò verso le docce e la lasciò tornare sul pavimento solo quando lei fu già dentro uno dei cubicoli, continuando però a stringerla a sé e baciarla, senza pause, senza freni, con una lussuria che nessuno dei due credeva possibile. L'appoggiò al muro, una mano si allungò verso la manopola d'acciaio collegata alle tubature, la girò e l'acqua iniziò a battere sui loro corpi con insistenza, lavandoli da quell'odore e quel materiale appiccicosi. Lei accarezzava la sua schiena con una lentezza estenuante, incredula di quanto potesse eccitarla solo sentire al tatto i suoi muscoli, le spalle, più possenti di quanto ricordasse dalla notte in cui era troppo ubriaca per notare certi dettagli. Il moro lasciò le sue labbra giusto per un istante, il tempo di perdersi nei suoi occhi celesti come a cercare un consenso, quando portò le mani ai lembi della sua maglietta, sfilandogliela. Non incontrò resistenza da parte di lei, cosa che interpretò come carta bianca. Tornò a baciarla, a giocare con le sue labbra, mentre cercava il laccio del reggiseno, liberandosi anche di questo e, quando fece per accarezzarla, Hagumi portò le mani sul suo viso, sfiorandoglielo in una carezza prima di appendersi al suo collo, circondandolo con le braccine, sollevandosi per arrivare all’altezza del suo orecchio destro. «Ti amo Shiki… » sussurrò, mentre il cuore ora sembrava scoppiarle in petto, scoppiare di amore per lui. Lui non fu turbato da quest’affermazione, nonostante il loro fosse un amore proibito, non gli importava niente, niente di cosa gli altri avrebbero detto, niente di una futura guerra che avrebbe potuto separarli, nulla in assoluto avrebbe potuto frenare la gioia di sentirle pronunciare quelle parole. La strinse forte, baciandola ancora, per poi ripetere "Ti amo" tra un bacio e l'altro, più e più volte, suonando alle orecchie di Hagumi quasi come una dolce cantilena, mentre le carezze diventavano sempre più ardite, libidinose. Non ci volle molto perché fossero completamente nudi, sotto l'acqua copiosa il cui getto copriva a mala pena i loro ansimi e i loro gemiti, respiri intrisi di amore e passione. La prese di nuovo in braccio, le braccia di lei scivolarono sulle sue spalle, le mani s’incontrarono dietro la sua testa, una andò fugacemente a sciogliergli il codino, per poi gettare chissà dove l'elastico ed affondare le dita nei suoi capelli d'ebano. «Ti amo da morire.» ripeté ormai completamente dimentica di dove fossero, del mondo fuori che continuava a girare, avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quell'istante e che durasse per l'eternità.

Circondò la sua vita con le gambe, sentiva l'eccitazione di lui, ed era conscia della propria. Si abbandonò completamente alla sua presa, i seni contro il suo petto. Una mano di lui scivolò lungo i suoi fianchi, poi più in basso, fino a raggiungere la sua intimità, violandola con due dita, sorprendendosi di quanto fosse calda e già pronta ad accoglierlo. Lei emise qualche gemito di puro piacere, affondando il viso nel suo collo, e solo un mugolio d'assenso, in segno che poteva procedere. Sfilò le dita ed infine entrò in lei, facendola sua, due corpi in uno, per raggiungere assieme quel paradiso tanto bramato.

 

... continua...
  
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