Capitolo 7
Con
un forte colpo, iniziarono i fuochi e fu un'esplosione simile ad una
granata che illuminò di rosso la folla sottostante,
nonostante la luce
giornaliera. Tutti alzarono il naso per aria, verso il cielo azzurro,
dove
sembrava essere sbocciato un fiore scarlatto, tanti piccoli puntini che
creavano quell'immagine toccante e brillante, prima di spegnersi a poco
a poco
e lasciare spazio ad altre figure pirotecniche perfette, accurate e
luminose.
Hagumi guardava il cielo con la boccuccia spalancata per la sorpresa,
non
sapeva che durante la pausa pranzo ci fosse in programma quello
spettacolo. Si
voltò verso Hiro affianco a lei e gli tirò una
manica per attirarne
l'attenzione «Hiro, Hiro! Ma quando é stato
organizzato? È bellissimo!»
squittì entusiasta, alzando poi nuovamente il nasino,
buttando il capo rosa indietro, cozzando stavolta con la nuca su
qualcosa.
Sussultò e si voltò a guardare la figura dietro
di sé, ma non fu lei a parlare,
bensì Hiro al suo fianco. «Shin, avete finito
l'ultima gara?» chiese con
la solita atonia. Il bruno annuì e sorrise, poi
guardò la sorellina «Stanno
preparando un pic-nic sotto i ciliegi... Himiko e Misa, intendo. Vieni
anche
tu?» poi si voltò verso Hiro «E tu?
Vieni?».
«Credo
non faccia per me… »
salutò con un cenno freddo della mano, allontanandosi in
direzione del gruppo
di insegnanti. Shin fece spallucce. «Beh, andiamo
Hagu?» domandò, senza
però attendere realmente risposta, prendendola per mano ed
iniziando ad
incamminarsi con lei.
«HIMIKO! NON OSARE FARLO!» furono
attirati dalla voce di Misa che, piuttosto infuriata,
rincorreva la rossa che si gustava nella corsa un Onigiri.
«ASPETTA CHE
ARRIVINO TUTTI, HIMIKOOOO!».
Shin e Hagumi si guardarono un momento, prima di scoppiare in una
fragorosa risata.
«Non
cambierà mai!» ridacchiò lui, mentre si
calmavano, Hagumi
ancora che si teneva la pancia dal ridere. Lui si voltò a
guardarla e le strinse
un po' di più la mano, colpito. Lo sapeva che erano fratelli
e basta, ma questo
non gli impediva di guardarla con occhi da innamorato perso e pensare
che
vederla serena e felice fosse la cosa più bella del mondo.
Avrebbe fatto tutto
per difendere la sua felicità, forse avrebbe anche ucciso.
Non avrebbe mai
permesso a nessuno di ferirla, a nessuno. Lei si asciugò una
lacrimuccia sul
bordo di un occhio e si voltò sorridente a guardarlo. Come
stava bene con il
suo fratellone, proprio come se non fosse cambiato nulla. Era contenta
che le
cose si fossero sistemate così. «Che facevi con
Hiro?» chiese lui,
curioso «Come mai non hai partecipato a nessuna gara? La
festa dello sport é
divertente per questo, no?» lei scosse il capo e fece
spallucce «Sono negata
per lo sport, lo sai. Rischierei di farmi male o fare male a chi mi
è intorno.
Preferisco stare seduta con qualche altro amico che non gareggia ed
osservare
voi. Ti ho scattato un sacco di foto, lo sai? Nei cento metri sei stato
pazzesco, hai schiacciato tutti!» era molto orgogliosa del
suo fratellone,
che anche senza usare poteri da cacciatore o da vampiro, risultava
sempre
essere uno dei migliori. Ma qualcuno non era da meno, infatti aveva
osservato
tanto anche Shiki, ed era altrettanto in gamba. Arrossì,
pensando che non
meritava di essere amata da loro che erano così
schifosamente bravi in tutto.
Lei sapeva solo studiare, al di là di quello non aveva
nessun altro pregio. Il
filo dei pensieri fu interrotto da Himiko, comunque, che si
avvicinò sghignazzando
dopo aver seminato Misa in mezzo alla folla. «Volete un
Onigiri?» chiese
furbetta, porgendo loro un obento molto ben curato. «Sono
veramente ottimi,
per una volta quella frana in cucina ha fatto qualcosa di buono e non
voleva
nemmeno che li vedessimo!». Fece per afferrarne un altro, ma
qualcuno fu più
veloce di lei. «Ehi! Quello era il mio Onigiri!»
piagnucolò la rossa in
direzione del ladro «Era l’ultimo al salmone,
cattivo!!!». Natsu
ridacchiò vittorioso, ingoiando tutto d’un fiato
la polpettina di riso,
rischiando anche quasi di strozzarsi, sotto compiacimento di Himiko.
«Che
strazio… » si lamentò Shiki alle loro
spalle, avvicinandosi
alla confettina e il fratello. Uno sguardo fulmineo partì in
direzione del
bruno, decisamente troppo avvinghiato alla bella rosetta.
«Ehi Shin, più
tardi ti va di fare una gara? Forse sei l’unico in questa
scuola con cui valga
la pena di misurarsi… son tutti dei perdenti…
beh, in ogni caso è scontato che
perderesti anche tu… ».
Il
bel brunetto sorrise fiero,
porgendogli la mano. «Scommettiamo?». Shiki
trovò la cosa molto
interessante e ricambiò la presa, gli occhi ora luccicanti
di una strana luce
che preoccuparono non poco Hagumi. Era sicura che quella sfida non
promettesse
nulla di buono. «Certo. Che cosa vuoi mettere in
palio?». Shin sorrise
serafico, mentre la sua mente già tesseva un diabolico piano
pronto per esser
servito su di un piatto d’argento.
«Se
vincerò io, per una giornata
Hagu sarà mia esclusiva.». Il moro
accettò di buon grado. Se cercava di
farlo fesso, aveva sbagliato via, era già tutto calcolato.
«Bene, accetto.
Se invece verrai sconfitto, dovrai iniziare a comportarti seriamente
come suo
fratello, evitando sciocchezze tali il prendervi per mano!».
Hagumi alzò
lo sguardo sui due, piuttosto incredula, mentre la boccuccia si muoveva
sconnessamente, senza emettere però nessun suono. Fu
sorpresa soprattutto
dell’atteggiamento di Shiki, allora era geloso!
Himiko,
accanto alla rosata,
emise un ghignetto divertito e così anche Natsu, dall'altro
lato. Entrambi
appoggiarono una mano sulle spalle di Hagumi e le diedero qualche pacca
solidale, anche se in realtà si stavano divertendo da matti.
«Ma...
ma... ma... li avete
sentiti? Fermateli! Mi hanno messa in palio! Cioè...
cioè... Shin mi meraviglio
di te!» sbottò stizzita, agitando i pugnetti in
aria senza nessuna logica,
mentre i due scommettitori si voltarono a guardarla, entrambi
sorridenti in
modo diverso: Shin sfoggiava il solito sorriso dolce, Shiki invece era
di un
sardonico impressionate. La ragazza assottigliò lo sguardo,
strinse le labbra
con veemenza, pronta ad insultarli di brutto, ma si arrese: non c'era
molto da
fare. Sbuffò irritata e si voltò, scrollandosi
Natsu ed Himiko di dosso che
persero l'equilibrio e si diedero una sonora zuccata, e si
allontanò indispettita,
a passo da elefante.
«È
adorabile.» disse
sarcastico Shiki e Shin dopotutto non poté far altro che
ridere e ritrovarsi
d'accordo.
***
«Chissà per quale motivo tu non
partecipi mai realmente alle loro uscite, stai sempre in
disparte… osservi… » ora lo sguardo
prendeva una piega cinica, mentre con la mano prese a
giocherellare con una treccia della ragazza.
Lei
non disse nulla, non mosse
un muscolo. Era pietrificata dalla paura, mentre l'albino si chinava
verso di
lei, rimanendo seduto sulla balaustra, ed avvicinando il proprio viso
al suo. «Mi hai sempre un po' insospettito, ma non mi era mai
passato per la testa
che il tuo odore potesse essere diverso da quello di Shinichi Minamoto.
E
invece, a quanto pare, questo miscuglio non indica che i tuoi genitori
fossero
di razze diverse, vero?» chiese retorico, scendendo poi con
un salto agile e
portandosi praticamente a pochi centimetri da lei. Le lasciò
andare la treccia
e la mano si spostò sul suo viso, che afferrò per
il mento, obbligandola a
guardarlo negli occhi, mentre l'altra mano rimaneva tranquillamente
stipata
nella tasca. «Cosa ci fai qui? Qual é il tuo
compito?».
«Non…
non so di cosa tu
stia parlando!» sussultò lei, liberandosi dalla
presa, ma Hiro non sembrava
intenzionato a chiuder lì la questione. Sorrise ancora, con
quell’indifferenza
glaciale.
«Andiamo,
ti facevo più
astuta. Eri così sicura di te stessa e di non essere
scoperta da non esserti
nemmeno preparata un’eventuale e credibile scusa?»
scosse la testa, l’aria
ipocrita, mentre fingeva di essere divertito dalla questione. La
ragazza
strinse i pugni, frattanto lo sguardo si faceva ora velato di
malevolenza.
«Stai
al tuo posto, questi
non sono affari che ti riguardano!» tuonò
sfidandolo, pronta a combattere
per difendere la sua missione. Non poteva permettere di venir scoperta,
non in
quel frangente, non da lui. Era probabilmente l’unico che
poteva realmente
metterle i bastoni fra le ruote, finché tutti gli altri non
fossero stati in
grado di riconoscere un ibrido, aveva libertà di movimento.
Ma con lui che
fiutava ogni sua mossa, la sua presenza, come avrebbe potuto attenersi
al
piano?
Lui
sorrise lievemente,
mantenendo quel caratteristico sguardo privo di espressione che avrebbe
messo i
brividi a chiunque. «E cosa mi fai, se io non me ne tengo
fuori, dimmi?» chiese
sfidandola, tornando dritto poi e superandola, anche l'altra mano
s’infilò in
una tasca dei raffinati pantaloni bianchi «Ti tengo d'occhio,
non
dimenticarlo.» andò via, lasciandola piena
d’inquietudine.
***
Sotto
gli alberi
verdi del cortile, in molti si stavano concedendo la siesta prima di
iniziare
le gare pomeridiane. Erano anche arrivati i parenti degli studenti, in
vista
del match pomeridiano che avrebbe visto schierati genitori e figli di
ogni
sezione, le une contro le altre, ogni ciclo a sé. I Minamoto
erano seduti sul
praticello, all'ombra di un'ampia chioma verde di un fusto, in mezzo a
loro era
disteso sull'erbetta un grosso panno da pic-nic di un bell'arancio
estivo e su
questo erano posate innumerevoli leccornie preparate da Ai. Finito lo
spettacolo pirotecnico, era ora di riempire i pancini ed organizzarsi
per le
sfide successive. «Allora, come ci dividiamo?»
chiese Himiko,
acchiappando un dolcetto e buttandolo nelle fauci, aveva già
mangiato con gli
amici poco prima, ma ai manicaretti della mamma non si diceva mai di
no. «Il
problema é che mentre voi gareggiate qui, Shin gareggia
altrove con i suoi
colleghi universitari, e noi siamo solo in due.». Hagumi fece
spallucce «E che problema c'é? Io posso
tranquillamente astenermi, ho un ginocchio
sbucciato per aver fatto da arbitro alla staffetta, figuriamoci se
posso
partecipare alla corsa a ostacoli con il piede legato a uno di voi.
» rise
nervosamente, decisamente non era il caso di ridicolizzarsi
ulteriormente. «Sciocchezze!» non fu nessuno dei
presenti a parlare. Si guardarono
attorno, poi Himiko gettò il capo indietro e
sbiancò: Okura era appollaiato su
di un ramo e accanto a lui, in piedi, Oda e Akira. Era una
persecuzione! Okura
sorrise e con un salto agile scese dall'albero... scivolando poi e
piantando
una sonora testata al suolo. Kojiro rise e gli porse la mano per
aiutarlo a
rialzarsi «Non cambi mai,
La confettina sbiancò, guardando ora
l’anziano biondo terrificata. Lei partecipare ad una gara? E
con quel polipo
che andava dicendo di chiamarlo “zio Okura”? MAI!
«Faremo furore noi due insieme!»
gli occhi sbrilluccicosi, mentre si era avvicinato alla rosetta e ora
teneva le
manine candide di lei fra le sue. Himiko, che ingollò un
boccone del suo
ennesimo Dorayaki, guardò prima uno e poi l’altro,
scoppiando in una fragorosa
risata. «Mi rifiuto di gareggiare, non posso perdermi questo
spettacolo
grandioso!».
«Himiko, tesoro!» la riprese Ai,
osservando l’altra figlioletta che veniva strapazzata da
Okura, piuttosto
preoccupata. In effetti, era lei la prima a vederli perennemente
spalmati a
terra, vista l’impacciataggine di entrambi.
«Ma... mamma!» rispose
scandalizzata la rossa, in un misto tra l'offeso e il divertito
«Vuoi dirmi
che tu non ti spancerai dalle risate quando si romperanno l'osso del
collo
contemporaneamente?» tanto erano immortali ed una ferita
simile, dolore
atroce a parte, non li avrebbe certo uccisi. Kojiro e Shin anche
ridevano,
dopotutto sarebbe stato divertente. Hagumi si scollò Okura
di dosso dopo molti
tentativi, a suon di spintoni, poi lo tenne ben lontano tenendo distese
le
braccia tra i loro corpi e guardava Shin come se fosse un traditore
«Ah sì,
ridi anche tu eh! Tanto io tiferò per Shiki, dopo, lo
sai?» questa fu
cattivella e fece bloccare Shin d'improvviso, che quasi si
soffocò con la sua
stessa risata. «Non é giusto!»
protestò lui, prima di bloccarsi
contrariato mentre Shiki si avvicinava assieme a Natsu, gongolante.
Ebbene sì,
aveva sentito tutto. Hagumi arrossì violentemente e perse la
presa su Okura che
ebbe modo di buttarsi di nuovo su di lei, per farle le feste, ed Himiko
avrebbe
potuto giurare di aver visto anche una coda scodinzolante; Shin dal
canto suo
si zittì e mise il muso, già in cerca della
concentrazione per vincere la
maledetta sfida con Shiki e togliergli quel sorriso trionfante dal
volto. I
nuovi arrivati li raggiunsero ed Ai li salutò solare e
sognante «Ma che
bello rivederci, Natsu-kun, Shiki-kun!» sospirò,
era proprio bello essere
circondati da baldi giovani «Mamma, non fare come Okura, ti
prego!» la
rimbeccò Himiko, scuotendo il capo, mentre un "Zio Okura" si
levò lì
accanto dal biondo, che continuava a spupazzarsi la rosa.
«Okura?!»
richiamò l’attenzione del biondo, che si decise a
lasciar in pace la
confettina, rivolgendo ora l’attenzione ai nuovi arrivati.
«Eiji… Asako… » lo sguardo
ora serio, mentre l’attenzione andava in direzione di Shiki e
Natsu, che scrutò attentamente, la fronte corrugata, mentre
la sua mente
sembrava elaborare chissà quale strano pensiero
«Che piacere vedervi! Sono i
vostri ragazzi quindi? Che belli!» squittì,
gironzolando intorno ai novelli
cacciatori, che ebbero la forte sensazione che il mondo avesse preso a
girare.
Per qualche istante calò un
silenzio tombale, mentre gli occhi di tutti saltavano da Okura ai due
nuovi
giunti, confusi ed incuriositi.
«Oku... » stava per
prendere parola Himiko, ma si bloccò ad un ringhio di Okura
in sua direzione «Uhm... "ZIO" Okura… »
calcò la parentela inesistente, mentre
una tempia pulsava furiosamente «Vi conoscete?» le
sembrò di ficcare un
po' troppo il naso, d'altronde la curiosità era troppa per
ignorarla così.
Hagumi si accomodò meglio sull'erbetta, dopo aver sistemato
capelli e vestiti
stropicciati dalle coccole di poco prima da parte del biondo, pronta
anche lei
ad ascoltare l'attesissima risposta, che però non giunse da
lui, ma da Eiji «Amici di vecchia data. Non é
vero, Okura?» la parola amici fu detta con
non poco risentimento, mentre Asako lasciava uno sguardo pieno di
disgusto su
Kojiro e Shin: anche loro li conoscevano bene, oh se li conoscevano!
«Il
bastardino é cresciuto, eh?» disse questa,
sprezzante, mentre Natsu aggrottò
la fronte contrariato dal dire di sua madre; Shiki invece rimase
impassibile,
non era un segreto quanto i loro parenti e i cacciatori adulti in
genere
detestassero i vampiri, ancor peggio se uno di quei vampiri e figlio
erano
stati la causa della morte di una loro compagna.
«Volete delle frittelle di mele?»
squittì Okura, attirando l’attenzione di tutti i
presenti, danzando e porgendo
loro un vassoio sul quale era disposta in modo elegante la pietanza.
Kojiro si lasciò scappare un sorriso,
mentre osserva il biondo intento nella sua mossa di riappacificazione.
Se i
cacciatori erano perennemente in cerca di guerra, lui le provava tutte
per far
calare la tensione, anche se, con quegli atteggiamenti, spesso
peggiorava
solamente la situazione.
«Vedo che non cambi mai, ridicolo
eri e ridicolo sei rimasto!» ruggì Eiji,
l’aria di chi è superiore.
«In effetti… » prese parola
Akira, saltando giù dal ramo su cui era appollaiato con Oda
ed appoggiandosi
con le braccia sulle spalle di Himiko per poi passare a cingerla
all’altezza di
queste, inebriandosi del profumo dei suoi capelli e della sua pelle
«… Avrei
anch’io un certo languorino.».
Natsu strinse i pugni e sembrò
voler scattare in direzione del moro e piantargli un altro pugno, le
mani che
prudevano dalla voglia di spaccargli il muso, ma Shiki lo
fermò con un gesto
della mano, rammentandogli che i loro genitori erano presenti, e non
avrebbero
apprezzato di certo scoprire cosa c'era tra lui e la rossa. Akira
appoggiò il
naso sul collo di Himiko, lasciando che tutto il suo profumo entrasse
nelle
narici, lo faceva impazzire. Leccò appena il suo collo,
alzando lo sguardo sul
biondo con un lampo di sfida negli occhi, ma Himiko lo
strattonò e lo spinse
via, irritata. «Che diavolo fai? Non prenderti certe
libertà solo perché ho
accettato di farti nutrire da me, esigo anche rispetto, non sono il tuo
giocattolo!».
Akira la guardò spazientito, mentre Natsu sorrideva
orgoglioso della rossa.
Eiji ed Asako, che erano rimasti in silenzio in quei pochi frangenti,
erano più
che disgustati: vedere una scena del genere non era certo nei loro
desideri. «Dovresti tenere le bestie al guinzaglio, Okura. Il
patto... ». «IL
PATTO... » tuonò Okura, fulminandolo con lo
sguardo prima di tornare a
sorridere in maniera pacatissima «... lo rispettiamo fino in
fondo. La
ragazza sta scontando la punizione, così come voi avete
deciso se qualcuno di
noi avesse messo le mani addosso ad un umano. Questo umano l'aveva
istigata,
lei si é difesa. Sicuramente ha sbagliato ed é
per questo che, anziché
consegnarla a voi, ho scelto l'altra strada. Mi spiace abbiate dovuto
assistere
a questo spettacolo, ma Akira é vampiro da poco e non ha
ancora imparato a
trattenersi.».
Himiko sbatté le palpebre un paio di
volte, guardando alternativamente Okura ed Eiji assieme ad Asako,
totalmente
incredula. Erano dunque i cacciatori ad aver dettato quelle leggi
disumane? E
se non avesse accettato di nutrire Akira sarebbe finita nelle loro
mani? Non
poteva crederci e Natsu fu ancora più incredulo di lei.
«Mamma… Vuoi dire che siamo stati
noi a decidere questa regola?» scosse la testa un paio di
volte, passandosi
una mano fra i capelli, l’aria nervosa «In tutti
questi anni abbiamo
sostenuto che loro fossero dei mostri, ma con queste leggi non siamo
arrivati
forse noi a quel livello?».
La donna lo fulminò con lo sguardo, la mano pronta a
caricare un cinquino in
direzione del ragazzo. Come si permetteva di dire certe cose? Davanti a
dei
vampiri oltretutto! «Sei forse ammattito? Ti rendi conto di
cosa stai
dicendo?».
Lui non mosse un muscolo,
tenne lo sguardo alto e fiero in quello della madre, era certo di non
essere
nel torto e non sarebbe indietreggiato solo per la minaccia di uno
schiaffo. «So bene cosa sto dicendo, mamma. E non mi sembra
il caso di montare tutta
questa scena, avete imposto ai vampiri delle regole...
ASSURDE!» calcò con
intensità l'ultima parola e la mano di Asako
partì in direzione della sua
guancia. Chiuse gli occhi, pronto a ricevere uno schiaffo che non
sarebbe mai
arrivato, poiché quando li aprì, notò
Okura che aveva cinto la vita della donna
con un braccio e con l'altra mano aveva fermato a mezz'aria quella di
lei,
afferrandole il polso. «Ah-ha no, no, no Asako-chan! Non ci
siamo
proprio!» cantilenò, sorridendo in modo amabile,
mentre la donna si agitava
per farsi liberare «NON MI TOCCARE, SPORCO E SCHIFOSO
VAMPIRO!». Eiji
scosse il capo «Asako, basta, ti stai rendendo ridicola
adesso... » gli
faceva rabbia ammetterlo, ma era così, non era un
comportamento molto decorso
quello della donna.
«Gli studenti sono pregati di
recarsi ai punti di ritrovo prestabiliti per l’inizio delle
gare pomeridiane,
ripeto: gli studenti sono pregati di recarsi ai punti di ritrovo
prestabiliti
per l’inizio delle gare pomeridiane.»
rimbombò la voce al megafono,
richiamando l’attenzione di tutte le persone presenti
all’interno della
struttura scolastica.
«Andiamo Asako… » la incitò
Eiji,
richiamando anche Shiki e Natsu, allontanandosi dal gruppetto.
«Quella donna… è orribile!»
sbottò Hagumi quando
furono ad una distanza sufficiente da non essere udita,
l’aria seriamente disgustata mentre
guardava preoccupata i due ragazzi allontanarsi, seriamente inquieta
per il suo
migliore amico. Aveva la sensazione che, da quel momento in poi, sua
madre gli
avrebbe dato del filo da torcere. Himiko si ritrovò
d’accordo con lei, così
come tutti i presenti. Oda, che fino a quel momento era stato in
disparte,
scese dall’albero, avvicinandosi al gruppo.
«Come
ti senti? Stai
bene?» chiese avvicinadosi ad Himiko ed accarezzandole la
testa, mentre
Kojiro si era avvicinato ad Akira e gli mollava uno scappellotto dietro
la
schiena, irritato. «Come ti é venuto di fare
quella sparata, in quel momento
poi? Ricordati che Himiko é mia figlia, cerca di rispettarla
Akira, se no fai
una brutta fine, sappilo.» Akira si massaggiò la
testa, guardandolo
freddamente, eppure forse era quasi mortificato. «Tsk... ho
sete!»
ribadì, guardando la rossa. Himiko sospirò e
rispose ad Oda, alzando il volto
in un sorriso radioso «Sto bene. Vado ad allattare il
pargolo, se no mi fa i
capricci!» ammiccò, scherzosa, e si avvicino poi
ad Akira, che acciuffò per
la collottola della maglia «Vieni, ti sto viziando
troppo.» borbottò
trascinandoselo via. Ai si alzò da terra sospirando e si
avvicinò agli altri
astanti «La piccola Himiko ce la sta mettendo
tutta.» disse estremamente
orgogliosa di sua figlia ed altrettanto stizzita per il comportamento
di Akira
e dei genitori di Natsu e Shiki. «Quei poveri ragazzi, che
fortuna non
abbiano preso dai parenti... eh Hagumi?» chiese alla
figlioletta,
sorridendole ed accarezzandole un po' il capo. Hagumi
sussultò e si affrettò a
rispondere «ASSOLUTAMENTE! NON C'È OMBRA DI
DUBBIO, SHIKI NON ASSOMIGLIA PER
NIENTE AL PADRE, È PERFETTO!» agitò le
braccine e strinse i pugnetti,
gesticolando un po' tutt'intorno, senza alcuna logica. Si
bloccò poi ed arrossì
furiosamente «Ehm... anche Natsu é
perfetto.» aggiunse, cercando di
riparare alla gaffe. Shin però si era già voltato
ed allontanato, l'aria
impassibile, eppure avvolto da un'aura infinitamente triste.
«In
ogni caso… » prese
parola Okura, gli occhi che avevano ripreso a sbrilluccicare, mentre
guardava
nuovamente Hagumi con un’aria trasognata
«… ora è il turno di gareggiare con
lo zietto perfetto! Ciao Oduccio, fa il bravo intanto che
sarò impegnato con
Hagu-chan!» Sorrise seriamente felice sotto lo sguardo
divertito di Oda,
agguantando la rosetta e trascinandosela dietro noncurante delle sue
lamentele,
in direzione dei campi sportivi. Kojiro ed Ai si guardarono,
l’aria affranta,
osservando i due allontanarsi insieme.
***
Lui
rise, lo sguardo gentile, mentre le
faceva una carezzina alla testa, scompigliandole appena i capelli, ora
legati
in due deliziosi odango alti che le davano un’aria ancora
più infantile.
«Suvvia, non è una tragedia!» ma
lei lo rimbeccò prontamente «Oh, sì che
lo è!» piagnucolò, stringendo i
pugnetti e strizzando gli occhi, immaginando nuovamente ciò
che l’attendeva.
Lui si curvò un po’ verso la figlia, per essere
alla sua altezza e poterla
guardare negli occhietti celesti. «Lo faresti felice, sai? Ci
tiene molto… ».
Lei mise il broncio,
guardando dritto negli occhi del padre: «Non capisco
perché. Non capisco
cos'é tutto quest’attaccamento, ci ha viste tre
volte messe in croce. A me lui
non piace. È subdolo, non voglio averci niente a che
fare.» forse un po'
cruda, ma era vero. Per quanto ci provasse, non riusciva a fidarsi di
lui, un
adulto così strano, che non faceva altro che sorridere in
modo enigmatico e
canticchiare, non era un adulto come tutti gli altri. Kojiro
sospirò, alzò una
mano e la passò sul suo viso, spostando dalla sua fronte
qualche capello più
corto sfuggito alla buffa pettinatura, ed accarezzandole poi una
guancia con
tocchi delicati «Piccolina, garantisco io per lui, credimi.
Ti fidi di tuo
padre, almeno?». Lei lo guardò titubante, ovvio
che si fidava, ma non poteva
obbligarla a fidarsi di Okura con questi giochetti «Lo vedo
come guarda la
mamma, sai?» disse incrociando le braccia e stringendosi
nelle spalle, quasi
scossa da un brivido «Se potesse, le salterebbe addosso.
Cos'é, non può
avere lei perché é tuo amico e allora si riversa
sulle figlie?» in tutta
risposta Kojiro le pizzicò la guanciotta morbida con le dita
e gliela tirò un
po', il massimo che si era sempre concesso per punire le sue
figliolette. «Non dire queste cose. Okura vi ha viste
nascere, anche se non vi ricordate
di lui, ha sempre pensato a voi e si è preso cura di voi.
Concedigli almeno
questa piccola soddisfazione, ti vuole bene come se fossi sua figlia,
sai?».
Hagumi sospirò, arrendendosi «Daccovdo,
daccovdo... oa mi lassi la
guanfia?» lui rise ancora e gliela lasciò andare,
in modo che lei potesse massaggiarla «Mi hai fatto
male.». «Le bimbe capricciose si
puniscono!»
canticchiò lui, quasi imitando il biondo amico
«No, papà, così no! Mi fai
senso. Non imitarlo, per favore!» incredibile come il
malumore trasformasse
la dolce e zuccherina Hagumi in un concentrato di acido.
«Volevi parlarmi
solo di questo?» chiese, preparandosi ad andare via, ma lui
scosse il lato
negativamente «No, in realtà ci sarebbe
dell'altro.».
Lei
lo guardò incuriosita, pendendo
dalle sue labbra, in attesa di una sua parola. Lui sembrava cercare le
parole
adatte per quello che stava per dirle e, dopo un minuto di silenzio,
riprese
l’argomento. «Vedi… volevo chiederti di
Shin… » fece una pausa,
osservando la reazione della rosetta, che sussultò appena
«È successo
qualcosa fra di voi, vero? Sono un po’ preoccupato, lo vedo
particolarmente giù
di morale in questo periodo… ». Hagumi strinse i
pugnetti, abbassando lo
sguardo da lui, rialzandolo solo in un secondo momento, abbozzando un
sorriso. «Probabilmente tutti gli eventi
dell’ultimo periodo, il fatto che è stato
ferito, che siamo circondati da cacciatori… che ha scoperto
di non essere
nostro fratello e non figlio di mamma, l’avranno sicuramente
sconvolto!»
tergiversò.
Lui osservò la sua
reazione con calma ed estremo interesse, tornando dritto e
massaggiandosi il
mento con una mano, assorto. «C'è qualcosa che
Shin tiene segreto a me e a
vostra madre.» Hagumi rimase pietrificata. Avevano scoperto
tutto? «Qualcosa che penso di sapere cosa sia,
perché é mio figlio, e per quanto mi
nasconda certe cose, capirò sempre cosa gli passa per la
testa. D'altronde non
è un mistero per nessuno come guarda una certa personcina...
» si piegò di
nuovo in avanti, alzandole poi il mento con una mano, per farsi
guardare. «È
lo stesso modo in cui Okura guarda la mamma, sì.»
lei sgranò lo sguardo.
Sapevano tutto! «Papà, ti giuro che non
c'è stato niente fra di noi, abbiamo
deciso di rimanere solo fratelli, io ormai frequento Shiki e...
» lui alzò
una mano e le fece cenno di fermarsi «A me non importa cosa
facciate o meno
Haguchan, l'importante é che facciate scelte coscienziose e
non vi facciate del
male. Tu hai scelto la tua strada in modo razionale, lui si
é lasciato
trasportare un po' dai sentimenti, é vero. Ma ti prego di
stargli accanto,
nonostante tutto e non ferirlo. Ha bisogno di te e delle tue
attenzioni, lo
sai, no? Ti prego, prenditi cura di Shin, Haguchan, solo tu puoi farlo
fino in
fondo.» gli occhi lucidi, la voce un po' rotta...
papà Kojiro si preoccupava
così tanto per Shin e loro non si erano mai accorte di
nulla. «Papà... »
pigolò solo, prima di abbracciarlo forte e piangere un po',
anche lei «Lo
farò papà. Te lo prometto.».
***
«Uao, sembra
quasi una fuga romantica, per un appassionante momento di sesso
sfrenato.»
la stuzzicò lui, appoggiato alla parete in fare teatrale,
seguendola con lo
sguardo. Lei sorrise acida, controllando l’ultimo cubicolo.
«Se
dovessi scegliere un posto per fare
del sesso non verrei di certo qui, men che meno con te.» si
avvicinò al ragazzo,
scostando le ciocche di capelli rossi per scoprire il collo
«Vedi di
muoverti, non ho tempo da perdere, ho un mucchio di cose da fare e di
gare a
cui tengo a partecipare.». Lui allora scattò in
avanti, posizionandosi a
pochi centimetri da lei, alzandole il mento con una mano per guardarla
negli
occhi. «Non mi risulta che ti facessi schifo qualche
settimana fa, anzi.»
sbottò seriamente irritato. Lei
sorrise serafica, allontanò quella mano
dal suo volto ed inclinò un po' di più il capo
all'indietro, per invogliarlo a
morderla e far finire presto quello strazio. Lo sguardo di lui
lampeggiò solo
due volte prima di colorarsi definitivamente di rosso sangue. Si
chinò sul suo
collo e passò le dita calde sulla pelle candida, l'altro
braccio le cingeva la
vita, senza darle vie di fuga. «Se mi piacevi, é
perché non ti nutrivi
ancora di me... e dei miei pensieri.» lui rise, prima di
passare la lingua
su quel collo estremamente invitante, con quell'odore che lo circondava
e lo
faceva impazzire. «Anche volendo, non potrei resistere. I
tuoi sentimenti
sono come una droga e leggerli come se stessi sfogliando le pagine di
un libro
é troppo bello per potervi rinunciare.». Himiko lo
allontanò in malo modo,
scossa, e lui tornò normale «Che c'é?
Che ho detto?» chiese angelicamente,
facendo finta di nulla. «Non... » lei
iniziò a dire qualcosa, tremando
appena «... non... non ti... permettere di scherzare
così... così, sui miei
sentimenti. Puoi leggerli, ma non mi capirai mai.». Lui rise
gelido,
passandole una mano fra i setosi capelli ed avvicinando le labbra al
suo
orecchio. «Cosa non capirò mai? Come ti sei presa
per quell’idiota di Natsu,
cancellandomi in un istante dal tuo cuore?»
sussurrò, tornando a guardarla
negli occhi, una mano che si alzava sul suo viso, accarezzandoglielo
con
dolcezza mentre passava alle labbra, passando un dito su di queste,
come a
volerle assaporare già da un semplice tocco. Lei lo
scostò con un gesto
scocciato. «NON TI PERMETTERE AKIRA, NON GIUDICARMI! Muoviti!
Se hai fame
cibati ora altrimenti rimarrai a digiuno per un bel
po’!» tuonò non
ammettendo repliche, al che il moro acconsentì con un cenno
del capo, fece per
azzannarle il collo, ma alzò il viso a sufficienza per
appoggiare le labbra su
quelle della ragazza e poter assaporare nuovamente quel sapore che
tanto gli
ricordava l’aroma delle fragole che tanto amava. Lei
sbarrò gli occhi,
meravigliata e sbigottita, mentre il ragazzo la baciava con un ardore
che non
riteneva possibile. Cercò di fuggire, ma non glielo permise,
le prese la testa
tra le mani, in modo che rimanesse con lui, che lo baciasse anche lei,
che lo
ricambiasse, in qualche maledetto modo! Non sapeva che dire, era
completamente
sconvolta, eppure quel contatto la rimandava a poche settimane prima,
quando
lui la attirava per la sua bellezza, il suo mistero e la sua indole
così simile
alla propria. Chiuse lentamente gli occhi e si lasciò
andare, mentre permetteva
alla sua lingua di insinuarsi tra le sue labbra, nella sua bocca e poi
incontrare quella di lei, in una carezza elettrizzante. Si
lasciò andare giusto
quei pochi istanti, istanti che durarono finché la figura di
Natsu non si
materializzò prepotentemente nella sua mente, ricordandole
il momento in cui
l’aveva baciata, prima che il suo scatto d’ira la
portasse a mordere Akira. Quel
senso di completezza, quella dolcezza mista ad una passione infinita,
quel sapore
agrodolce paradisiaco… i suoi occhi tanto puri e limpidi del
colore del cielo,
che sembravano rischiarare in ogni momento la sua mente e darle una
carica che
non immaginava di avere e poi… quella voglia che
s’insinuava in lei di volere
qualcosa di più, qualcosa di più solido di quello
che aveva sempre cercato in
un uomo fino a quel momento. «Ti amo, Himiko…
» la voce di Natsu, che le
rimbombava nella testa, mentre sentiva distintamente quelle
parole… aprì gli
occhi, sconvolta, per notare che Akira si era staccato da lei e ora la
guardava
nel modo più dolce che avesse mai visto, dicendole quelle
stesse esatte parole.
Sembrò realizzare solo in quel momento cosa stesse
accadendo, lo spinse via con
una forza inaudita, facendolo sbattere contro la parete del bagno.
«Non mi
toccare!».
«P...
perché?» fece lui, sconcertato. Ok, non si
aspettava certo lo ricambiasse in
modo docile, ma spingerlo via così dopo la dichiarazione
era... crudele.
Semplicemente crudele. «Perché mi respingi
così?» chiese ancora,
avvicinandosi di nuovo a lei, allargando le braccia e circondandola con
queste,
avvicinandola al proprio corpo e stringendola forte, una guancia
appoggiata
sulla sua testa, mentre la cullava dolcemente. «Akira no!
Lasciami andare,
ti ho detto!» cercò di divincolarsi, ma lui
strinse più forte, le fece quasi
male. E le fece paura. «No, non ti lascio tornare da quel
babbeo. Tu... tu
sei mia. Sei diventata mia nello stesso istante in cui hai deciso di
concederti
a me, Himiko!» e la sua voce fu incrinata da una vena di
follia. Calde
lacrime scesero a rigarle le guance, mentre per l’ennesima
volta tentava di
liberarsi di lui, inutilmente. «Io non sono tua! Sono stata
costretta e tu
lo sai bene! Lasciami Akira!» singhiozzò,
frattanto che lui, ora
trasformato, affondava i canini nel suo collo, iniziando a cibarsi di
lei, ben
conscio che le avrebbe levato energie sufficienti per non permetterle
via di
fuga. «Lo vedi, Himi? Capisci cosa voglio dirti? Abbiamo un
legame
indissolubile, il tuo sangue è dentro di me come il mio
è dentro di te. È il
filo rosso del destino che ci lega, tu sei la mia anima
gemella.». Lei, con
le poche forze che aveva ancora nel suo corpo, batté i pugni
sul suo petto. «Io non sarò mai tua, questo non
è un legame, è solo una maledizione, una
condanna! Tu sei la mia dannazione!».
Lui
rise,
lasciandola andare. Le gambe di Himiko cedettero, le ginocchia
tremarono e dopo
poco si accasciò a terra, sfinita e in lacrime.
«No, mia cara, mi dispiace.
Tu sei dannata di tuo, io aggiungo solo un po' di pepe alla tua vita
eterna e
noiosa!» s’inginocchiò dinnanzi a lei e
le alzò il viso, con fare
prepotente. «Tu... sei pazzo... »
sibilò, convinta di ciò che stava
dicendo. Qualcosa attraversò lo sguardo di Akira, ma lei non
riuscì a spiegarsi
cosa fosse. Sembrava tristezza, ma non ci avrebbe messo la mano sul
fuoco: per
quanto la riguardava, era solo uno squinternato. «Pulisciti
il collo e torna
dagli altri, le gare stanno iniziando.» disse solo lui,
infine, prima di
alzarsi ed uscire da quel bagno, richiudendosi la porta alle spalle.
Himiko
scoppiò in lacrime di frustrazione solo quando lui fu andato
via, non poteva
neanche immaginare che dall'altro lato della porta ed appoggiato ad
essa, lui stava
facendo altrettanto.
***
«Oh,
Hagumina,
chi é questa bella ragazza, una tua amichetta?»
chiese divertito e gioioso, quanto
adorava i festival scolastici! Lei si voltò a guardarlo di
sottecchi, rimanendo
però appiccicata a Len quasi avessero messo un potente
collante tra le due. «Sì, è una mia
amica... sniff... » lui guardo la rosetta curioso, poi
affranto «Haguchan, mi odi così tanto da non voler
gareggiare con me?»
chiese con un po' di amarezza, improvvisamente serio. Lei lo
scrutò
dispiaciuta, quindi lasciò andare Len, che finalmente
riuscì a respirare. «Non é che ti odio,
Okura... ». «ZIO!». «Va bene,
va bene,
Zio!» si massaggiò una tempia, stancamente
«È solo che avrei voluto
partecipare con il mio papà.» disse in modo quasi
infantile, mentre lui
aveva allungato una mano verso la sua testa ed aveva afferrato un
odango,
tastandolo incuriosito «Ma che deliziosa
polpettina!» cinguettò allegro e
una goccia di sudore imperlò il volto delle due ragazze.
«Zio, non hai
ascoltato nemmeno una virgola di cosa ho detto, eh?».
«Uh?» lui sembrò
cascare dalle nuvole «Ooooh Shikichan!»
agitò una manina, salutando Shiki
che aveva piantato suo padre da qualche parte ad infilarsi le scarpe da
ginnastica e si stava avvicinando da solo. Hagumi si voltò a
guardarlo
sorpresa, raggiante e un po' rossa, mollando poi Len con Okura qualche
istante
e dirigendosi verso il moro. «Lei... »
iniziò a parlare Len, senza
guardarlo, sorridendo invece nel vedere la sua amica così
presa del ragazzo «... fa più il finto tonto di
quanto non sembri. Mi chiedo cos'abbia da
canticchiare a destra e a manca, se poi ha uno sguardo perennemente
triste
negli occhi.» lo aveva psicanalizzato per bene, in poche ore
che lo
conosceva. «E il modo in cui guarda Hagumi non é
normale, tuttavia non é
nemmeno negativo. Non é... preoccupante. Lei ci tiene ad
Hagumi come se fosse
la cosa più preziosa che c'é.» disse
infine, traendo poi un lungo respiro
per riprendere fiato, non era certo abituata a parlare tanto. Lui la
guardò un
attimo smarrito poi le sue labbra si curvarono in un sorriso sincero.
«Sei
una buona osservatrice, in effetti sì, tengo davvero tanto
sia ad Hagumi che ad
Himiko, è come fossero figlie mie. Ero presente alla loro
nascita e continuerò
ad esserci finché non avranno più bisogno di
me.» A quelle parole, notando
che lui sembrava volenteroso a parlare, Len osò calcare la
mano. «Non ha gli
stessi atteggiamenti con Shin, però, e dubito questo derivi
dal fatto che lui è
un ragazzo.» Okura rise un po’, dandole una
pacchetta sulle spalle. «Non
essere troppo avida di sapere ragazza mia.»
sollevò due lembi della camicia
merlettata, che ancora indossava essendosi rifiutato di indossare la
mise
sportiva, dicendo che non gli avrebbe proprio donato e gli avrebbe
levato
fascino, saltellando in direzione dei due innamorati ed appendendosi al
collo
di Shiki, stampandogli un bacio sulla guancia. In tutta risposta,
inutile dire
che si beccò un calcio da quest’ultimo, finendo
spalmato a terra, sedere
all’aria. «Non osare rifarlo!»
tuonò il moro, l’aria disgustata, mentre
si sfregava la guancia contaminata.
Hagumi
si portò
una manina sulla boccuccia, osservando Okura spiattellato al suolo, che
ora
gattonava verso di lei, probabilmente per appendersi ad una sua gamba e
fare i
capricci. «NON TI PERMETTERE!» ripeté
Shiki, agguantando l'uomo per la
collottola ed allontanandolo da Hagumi, accanto alla quale era
sopraggiunta Len
che le dava qualche pacca d’incoraggiamento sulla testa.
«È matto?». «Ma no,
è solo affezionato.» rispose la mora, sorridendo.
Hagumi fece
spallucce, ancora non riusciva a capire, era come se qualche cosa le
stesse
sfuggendo, ma non riusciva a capire l'entità di questa
mancanza. Shiki fece una
bella lavata di capo al biondo, prima di tornare dalla rosata.
«Stavo
dicendo... non mi sembra il caso che tu vada in giro con quei cosi
osceni,
Hagumi!» si riferiva ovviamente ai bloomers che indossava la
ragazza, così
corti ed attillati che lasciavano ben poco spazio all'immaginazione, un
angolino quasi inesistente. «La gara inizia fra poco, ma hai
tempo per
tornare nello spogliatoio ad indossare qualcosa di decente.
Muoviti!» lei
boccheggiò perplessa, mentre Okura si appoggiava alla spalla
di Shiki con un
braccio e sorrideva come uno che la sapeva davvero lunga
«Ahhhh, il nostro
Shikichan é gelosettttooo!» accompagnò
l'esclamazione ad un risolino acuto
da brivido. «Non sono geloso, sono coscienzioso al contrario
di qualcun
altro! Vecchio maniaco!» lamentò, portandosi
davanti alla confettina per
coprirla alla vista di Okura. «Ma… fa
caldo… » pigolò lei incerta,
osservando ora Len, indecisa sul da farsi. Era davvero così
indecente? La mora
ridacchiò, dandole una pacchetta sulle spalle.
«Non ti preoccupare, tutte le
ragazze li stanno indossano, è pur sempre parte
dell’abbigliamento
scolastico!» sorrise, mostrandole con l’indice che
anche lei li stava
portando in quel momento.
Hagumi
annuì, soddisfatta
della risposta. «Se li indossa Len, posso indossarli
anch’io!» dichiarò
sicura e Shiki guardò prima la rosa, poi la mora, poi di
nuovo la rosa. «Ma
Len é una donna! Su di lei risaltano le curve! Tu non puoi
indossare certi
abiti succinti, sei indecente!». Hagumi spalancò
la boccuccia, offesa. «E
cosa sarei io? Un uomo? Magari un travestito?» chiese
allontanandosi di
qualche passo, l’aria di chi se l’era presa a
morte. Lui scosse il capo «No,
assolutamente, sarebbe farti un complimento. Sei più simile
ad una bambina,
ecco!» fece quest'affermazione così tremendamente
serio, che Hagumi scoppiò
in lacrime, buttandosi fra le braccia di Okura lì accanto,
ripetendo fra un
singhiozzo e l’altro “Sono peggio di un travestito!
Sono una mocciosa!”. Il
biondo, che andò in brodo di giuggiole per la
felicità, se la spupazzò tutta.
«Haguchan, non piangere, sarai anche una bambina, ma una
bella bambina!»
sorrise gongolante, convinto di tirarle su il morale, ma la rosetta
fermò il
suo pianto, per guardarlo negli occhi. Ora era seriamente offesa.
Pestò poco
finemente un piede di questo, allontanandosi da lui stizzita.
«Ahiuoooo!»
si lamentò
Okura, massaggiandosi il punto dolente accucciato a terra, mentre
Hagumi si
avvicinava a Shiki e gli puntava un dito sul petto, due, tre, quattro
volte,
con l'intento di fargli male «Sai cosa? Ti faccio vedere io
questa bambina
di cosa é capace!» questa era una sfida in piena
regola. «ZIO!» chiamò
ed Okura balzò in piedi incredulo per essere stato chiamato
così senza dover
protestare nemmeno una volta «Muoviti, andiamo a posizionarci
sul percorso
ad ostacoli. VINCEREMO!» disse decisa, allontanandosi poi dal
gruppetto
senza più voltarsi neanche una volta. Okura
sbatacchiò le palpebre incerto.
Vincere? E va bene, che problema c'era? Impresa più semplice
di vincere una
gara scolastica non c'era, era il momento di smettere temporaneamente
di fare
lo sciocchino e rimboccarsi le maniche e, quando lo faceva, non ce
n'era per
nessuno. Si allontanò anche lui, sorridendo e fischiettando,
mentre Shiki li
guardava perplesso e Len sorrideva divertita. «Shiki, ho
l'impressione che
quel signore biondo ci regalerà uno spettacolo incredibile.
Fossi in te, non
gareggerei nemmeno, era così convinto che, sono quasi certa,
vinceranno
loro.». «Sciocchezze… »
borbottò lui atono, dirigendosi anche lui
sulla linea di partenza, dove suo padre già
l’attendeva, squadrando Okura. «Shiki!»
lo richiamò, l’aria di uno piuttosto furioso
«Guai a te se
non darai il massimo, non possiamo permetterci la figuraccia di perdere
contro
di loro! Sono stato chiaro?!». Il moro annuì
indifferente, ormai aveva
imparato a non dare peso alle parole del padre, il cui passatempo
preferito era
schernirlo e sminuirlo.
Hagumi
batté la punta delle
scarpe sul terreno, per controllare che tutto fosse a posto, quindi
alzò lo
sguardo infastidita verso il padre di Shiki: che razza
d’idiota era? Beh, poco
male, tanto stavolta avrebbe vinto lei. Anche Himiko ed Ai giunsero
sulla
pista, seguite da svariate altre coppie genitore-studente ed, infine,
anche
Natsu ed Asako. Si disposero sulla griglia di partenza, ogni coppia
aveva il
genitore sulla destra ed il figlio sulla sinistra e le loro caviglie
prossimali
erano legate da un laccio bianco, ben stretto. Sul percorso erano
disposti
innumerevoli ostacoli, ma il peggiore era l'ultimo, una grossa piscina
piena di
una sostanza vischiosa, "Muco di scimmia!" scherzò Natsu
beccandosi
uno scappellotto dalla madre, al cui interno erano immerse piccole mele
da
recuperare con la bocca: insomma, una prova al limite del possibile,
considerando che prenderle con la bocca era obbligatorio ed ogni
partecipante
aveva i polsi legati dietro la schiena, per non aiutarsi lungo i vari
ostacoli
del tragitto. Un colpo sparato segnò l’inizio
della gara, la rosetta e Okura ce
la stavano mettendo tutta, tanto che erano già in testa e
ancora non avevano
inciampato. Himiko li osservò a bocca aperta, piuttosto
seccata: e lei che
sperava di poter ridere un po’! Si domandò da dove
arrivava tutta l’agilità che
i due, che ora stavano saltando via un ostacolo in una performance
perfetta,
stavano dimostrando. Hagumi guardò al suo fianco, notando
Shiki ed Eiji che li
stavano raggiungendo, corrucciò lo sguardo.
«Muoviamoci!» ordinò al
biondo accanto a lei, totalmente agguerrita.
Natsu
e la madre erano più
arretrati rispetto agli altri, questo perché tra i due non
c'era la minima
sincronizzazione, per il semplice fatto che lui non voleva ci fosse,
anzi da lì
dietro stava tifando Hagumi, giusto perché si sarebbe
divertito un mondo a
prendere in giro Shiki per la sconfitta poi. «Quell'Okura...
non cambierà
mai!» disse sorridendo un po' affannata Ai, lei dal canto suo
era forse
imbranata più di tutti e anche con tutto l'impegno non era
proprio semplice
tenere il ritmo, ma ad Himiko non importava granché, era
più preoccupata di
doversi tuffare nel mare di "muco di scimmia". Eiji sbuffò
secco,
doveva immaginarlo che la goffaggine di Okura fosse tutta una messa in
scena,
credeva di essere furbo. Ovviamente, il padre di Shiki non poteva certo
immaginare che Okura fosse davvero imbranato e che tutta
quell'agilità gli
stesse costando uno sforzo enorme, solo per la piccola Hagumi. Comunque
i due
recuperarono terreno e raggiunsero i primi, accanto ai quali ora
correvano pari
merito. Hagumi lanciò scintille dallo sguardo verso Shiki e
gli fece una
linguaccia. Arrivarono in vista della vasca, tuffandosi in questa,
riuscendo a
pescare la mela in tempo record. Shiki e suo padre si erano bloccati da
quel
punto, non riuscendo a recuperarla. La rosetta e il biondo sorrisero
vittoriosi, uscendo ormai fradici di quel liquame verdastro, e
tagliando il
traguardo sotto lo sguardo sorpreso di tutti i presenti.
Completamente
viscidi, Okura
ed Hagumi si abbracciarono, il primo la prese persino in braccio e la
strinse
forte, sembrava il più contento tra i due, mentre anche lei
circondava il suo
collo con le braccia esili e lo ringraziava a gran voce, gioiosa.
Fermarono i
festeggiamenti quasi subito, quando anche Shiki ed Eiji uscirono dalla
vasca e
quest'ultimo urlava frustrato contro il figlio, su quanto fosse inutile
ed
incompetente e su come avessero perso a causa sua. Hagumi ed Okura si
staccarono, mentre venivano raggiunte da un Himiko piagnucolante per i
propri capelli
pieni di melma ed Ai che cinguettava contenta per la vittoria
dell'altra
figlia. Anche queste si voltarono ad osservare la scena e, mentre Eiji
si
allontanava, Hagumi chiese ad Okura di metterla giù,
correndo verso Shiki per
accertarsi stesse bene dopo quella sfuriata allucinante. Lo raggiunse,
ancora
trafelata e ricoperta di quel viscidume maleodorante, fermandosi a
pochi passi
da lui, che teneva lo sguardo basso e le mani in tasca.
«Shikichan... »
pigolò incerta, mentre si dava mentalmente la colpa per la
scena a cui aveva
assistito. Lui alzò lo sguardo verso di le e si guardarono
per qualche
interminabili istanti, prima di fare uno dei suoi sorrisi tirati.
«Complimenti, sei stata brava.» disse solo, prima
di voltare le spalle ed
allontanarsi, in silenzio. Hagumi strinse i pugni e tremò
appena, abbassando lo
sguardo mentre Len e Shin, che avevano osservato tutto dagli spalti, la
raggiungevano, quest'ultimo con in mano un asciugamano che le
appoggiò sulla
testa e col quale cercò invano di togliere la poltiglia.
«Ehi, sei stata
bravissima, piccolina!» disse dolce, senza aggiungere nulla
su Shiki e il
suo comportamento, lo stesso fece Len, Hagu aveva bisogno di essere
tirata su. «Sei andata forte, Haguchan, non ti avevo mai
vista correre così!» disse
la mora, con la stessa dolcezza di Shin, ma Hagumi non alzò
lo sguardo su di
loro. Anche Natsu, che ignorò bellamente gli insulti di sua
madre appena usciti
dalla vasca, ed Himiko si portarono accanto a lei, che fu circondata
dall'affetto dei suoi migliori amici e dei suoi fratelli.
«Hagumetta, stai
su, Shiki odia essere sminuito così dai genitori, ma vedrai
che gli passa
presto.» anche Natsu odiava essere maltrattato, ma
fondamentalmente cercava
di sbattersene e tirare avanti, forse un giorno sarebbe scoppiato o si
sarebbe
depresso come aveva appena fatto Shiki, ma quel momento per lui non era
ancora
giunto. Himiko, infine, la prese per mano. «Andiamo a darci
una pulitina,
dai.» disse affettuosamente, conducendola via da
lì, verso gli spogliatoi,
Hagumi che camminava un passo indietro e teneva un braccio sugli occhi,
cercando di cacciare indietro quelle lacrime ostinate che
già le rigavano il
viso. Entrarono nello spogliatoio femminile, avvicinandosi ai lavelli,
dove
Himiko suggerì alla confettina di sciacquarsi il viso.
«Haguchan… » la
richiamò, notandola immobile, incapace di reagire. Fece
qualche passo fino a
raggiungerla, abbracciandola forte. «Haguchan…
dai, non te la devi prendere,
in fin dei conti è normale ci sia rimasto male per come il
padre l’abbia
trattato, ma non significa che abbia qualcosa contro di te. Non capisco
perché
te ne fai una colpa… » mugolò,
percependo i sentimenti della rosetta. Lei
scosse la testa, ricambiando il gesto della sorella. «Ne sono
consapevole
ma… è come se quelle parole fossero passate
tramite lui fino ad arrivare a
ferire perfino me, proprio qui.» indicò con
l’indice destro il suo cuore «Te
l’assicuro, sorellina, giurerei di aver sentito il sentimento
che ha
percepito Shiki.».
Himiko
sorrise appena, quindi
allungò un braccio verso sinistra e prese un asciugamano di
carta dal
distributore appeso alla parete del bagno, per portarlo sul viso della
sorellina e cercare di togliere quel pasticcio di lacrime e poltiglia.
«Empatia.» disse semplicemente la rossa,
strofinando il panno su una
guancia della sorellina. «In pratica, ormai percepisci i suoi
stati d'animo,
perché il vostro rapporto sta diventando molto
profondo.» spiegò allo
sguardo interrogativo di Hagumi, che poi riabbassò.
«Vorrei che si
appoggiasse a me, anziché allontanarmi.»
sussurrò questa, tristemente,
mentre Himiko gettava il fazzoletto in un cestino e ne prendeva un
altro,
ricominciando a pulirla «Haguchan, ti sei innamorata di
Shiki?» chiese a
bruciapelo, senza tergiversare neanche un po', schietta e diretta come
solo lei
poteva fare con sua sorella. La rosetta ebbe come una fitta al cuore,
che
iniziò a battere fortemente al solo pensiero della parola
“amore” riferita al
bel moro. «Non lo so… ». La rossa
ridacchiò appena, fermandosi per un
momento, sorridendo poi radiosa percependo il suo stato.
«Tesoro mio, io
direi che ci sei dentro fino al collo e ti sei scelta anche una
relazione
piuttosto complessa, ad iniziare dai suoi modi di fare! Lui non si
lascerà mai
andare al punto di appoggiarsi a te. Shiki è il tipo di uomo
che ritiene di
essere quello che porta i pantaloni, estremamente orgoglioso da non
potersi
permettere ciò, doveroso di sostenere sempre te, soffrendo
in solitudine. Se
vuoi che lui ti veda come una spalla su cui piangere, dovrai trovare il
modo di
fargli credere che in quel momento in realtà lui sta
sostenendo te, anche se è
il contrario!» assicurò, entusiasta della cosa.
Era così felice di vedere la
sua sorellina finalmente alle prese con il mondo maschile. Hagumi
deglutì e le
fece quasi male farlo, mentre scrutava nel profondo degli occhi verdini
della
sorella, alla ricerca di una spiegazione che neanche lei stessa
riusciva a
darsi. Innamorata di Shiki; possibile? «Ma io... »
non poté terminare la
frase, che un sonoro bussare alla porta dello spogliatoio interruppe
tutto. Si
voltò ad osservare l'entrata, mentre Himiko si dirigeva
verso questa e andava
ad aprirla, per nulla sorpresa di trovare quella persona appena fuori.
«Oh,
che ci fai qui?» chiese facendo la finta tonta, mentre il
ragazzo,
appoggiato con una mano allo stipite della porta, la guardava freddo e
rispose
con fare brusco ed infastidito. «Secondo te? Voi donne siete
veramente
lente.» sbuffò, mentre Himiko rideva a quel
comportamento misogino che a
quanto pare aveva fatto colpo sulla bella gemellina.
«Sì, sì, certo, hai
ragione, ahahm... » lo liquidò, spostandosi dalla
soglia per farlo entrare,
battendosi poi teatralmente una manina sulla fronte ancora piena di
melma. «Oh, che stupidina che sono, dovevo proprio andare
a... » non si prese
neanche la briga di trovare una scusa, uscì, lo
superò e si allontanò dallo
spogliatoio, dirigendosi all'edificio universitario, dove avrebbe
trovato
sicuramente un altro bagno per darsi una pulita.
Shiki
si avvicinò alla
confettina, curvandosi il necessario per riuscire ad appoggiare la
fronte su
quella di lei, guardandola negli occhi. «Perché
piangi?» domandò, senza
però realmente attendere risposta, notando una lacrima
sfuggirle dagli occhioni
celesti. Le tirò appena una guanciotta, come a volerla
sgridare. «Non
devi.» e quando lei, a quelle parole, non poté
più trattenersi da un pianto liberatorio,
il moro l’abbracciò, cullandola fra le sue
braccia. «Hagu guardami.» le
ordinò, alzandole gentilmente il mento, liberando una mano
dalla stretta. «Se hai bisogno di sfogarti, mi sta bene, ma
non voglio che tu stia male per
miei affari personali. Il rapporto con mio padre…
» sembrò avere un momento
di smarrimento, forse a cercare le parole adatte per spiegarsi il
meglio
possibile «… è sempre stato
così, burrascoso, da quando ho memoria. Lui ha
voluto spronarmi a dare il mio massimo in ogni occasione, anche se non
era mai
abbastanza ai suoi occhi. Sono cresciuto in questo situazione, quindi
non devi
preoccuparti di come si comporta, per me è una cosa normale,
non ci faccio
nemmeno più realmente caso.».
Lei
scosse la testa
ripetutamente, alzando poi le mani ed appoggiandole sul suo volto,
accarezzandogli le guance con una dolcezza infinita «Ma ci
faccio caso
io!» rispose triste, strofinando appena la fronte sulla sua,
le punte dei
loro nasi che si sfioravano, sfregando appena ad ogni piccolo
movimento. «Non può... non deve... ma come fa? Sei
suo figlio, dovrebbe essere così
orgoglioso della persona che sei, metterti su un piedistallo e... e
ringraziare
il cielo che un essere infimo come lui abbia potuto avere un figlio
così
straordinario. Tu sei straordinario Shiki, non farti abbattere dalle
sue parole
e ti prego, ti prego… » calcò la
seconda
volta, quasi disperata la voce rotta dal pianto «…
non essere più freddo con
me. Non... non allontanarmi. Fa male... fa troppo, troppo, troppo
male.»
Infine, si aggrappò a lui con tutte le sue forze e nascose
il viso nella
maglietta bianca della sua tuta, stringendosi a lui con tutta se
stessa, anche
col cuore, ed Himiko aveva ragione, perché sentiva quel
cuore ora strabordare d’amore,
solo per lui. Il moro sembrò perdersi per un attimo nei suoi
pensieri, come se
stesse assimilando le parole della rosetta, prima di sorridere sincero,
il più
bel sorriso dei suoi rari che probabilmente la rosetta avesse mai
visto. «Ci
proverò, ma solo perché me lo chiedi
tu… » le sussurrò ad un orecchio,
mentre una mano levava le mollettine che mantenevano gli odango fissi
sulla
nuca di Hagumi, lasciando che la cascata di lunghi capelli cadesse
libera.
Affondò le mani in questi, portando le labbra
all’altezza del suo collo,
baciandoglielo passionale, mentre man mano saliva, fino ad arrivare
alle sua
labbra.
Non
la baciò ancora, le lasciò invece tanti piccoli
baci sul volto,
sulle guance, sulla punta del nasino, attorno alle labbra, in
prossimità delle
orecchie, così da provocarle qualche piccoli brivido, mentre
lei faceva scivolare
le braccia oltre la sua vita e le mani s’aggrapparono alla
sua schiena, i loro
corpi così vicini sembravano volersi fondere in un unico
essere. «Shikichan.» sussurrò, chiudendo
gli occhi, mentre lui non faceva altro
che accarezzare la pelle con le labbra calde, come a dar sollievo a
quel
piccolo rossore che si era creato quando Himiko aveva sfregato la carta
per
tirare via la sostanza viscosa della gara. «Hagu, puzzi da
fare schifo.»
decretò infine, sorridendo, e lei si trovò
d'accordo «Anche tu puzzi!»
borbottò un po' offesa, prima che lui le tappasse la
boccuccia con la propria,
travolgendola con trasporto in un bacio come mai se ne erano dati,
neanche
quella fatidica notte. Le labbra si accarezzavano, le lingue danzavano
assieme,
si sfioravano, vezzeggiavano, fino a ritirarsi, per poi rincontrarsi,
in un
gioco eccitante e provocante che in poco accese il desiderio di
entrambi. Lui
le circondò la vita con le braccia e la tirò su
abbastanza da portarla poco più
in alto di se stesso e piegò un po' il collo indietro, per
continuare a
baciarla. Camminò verso le docce e la lasciò
tornare sul pavimento solo quando
lei fu già dentro uno dei cubicoli, continuando
però a stringerla a sé e
baciarla, senza pause, senza freni, con una lussuria che nessuno dei
due
credeva possibile. L'appoggiò al muro, una mano si
allungò verso la manopola
d'acciaio collegata alle tubature, la girò e l'acqua
iniziò a battere sui loro
corpi con insistenza, lavandoli da quell'odore e quel materiale
appiccicosi.
Lei accarezzava la sua schiena con una lentezza estenuante, incredula
di quanto
potesse eccitarla solo sentire al tatto i suoi muscoli, le spalle,
più possenti
di quanto ricordasse dalla notte in cui era troppo ubriaca per notare
certi
dettagli. Il moro lasciò le sue labbra giusto per un
istante, il tempo di
perdersi nei suoi occhi celesti come a cercare un consenso, quando
portò le
mani ai lembi della sua maglietta, sfilandogliela. Non
incontrò resistenza da
parte di lei, cosa che interpretò come carta bianca.
Tornò a baciarla, a
giocare con le sue labbra, mentre cercava il laccio del reggiseno,
liberandosi
anche di questo e, quando fece per accarezzarla, Hagumi
portò le mani sul suo
viso, sfiorandoglielo in una carezza prima di appendersi al suo collo,
circondandolo con le braccine, sollevandosi per arrivare
all’altezza del suo
orecchio destro. «Ti amo Shiki… »
sussurrò, mentre il cuore ora sembrava
scoppiarle in petto, scoppiare di amore per lui. Lui non fu turbato da
quest’affermazione,
nonostante il loro fosse un amore proibito, non gli importava niente,
niente di
cosa gli altri avrebbero detto, niente di una futura guerra che avrebbe
potuto
separarli, nulla in assoluto avrebbe potuto frenare la gioia di
sentirle
pronunciare quelle parole. La strinse forte, baciandola ancora, per poi
ripetere "Ti amo" tra un bacio e l'altro, più e
più volte, suonando
alle orecchie di Hagumi quasi come una dolce cantilena, mentre le
carezze
diventavano sempre più ardite, libidinose. Non ci volle
molto perché fossero
completamente nudi, sotto l'acqua copiosa il cui getto copriva a mala
pena i
loro ansimi e i loro gemiti, respiri intrisi di amore e passione. La
prese di
nuovo in braccio, le braccia di lei scivolarono sulle sue spalle, le
mani s’incontrarono
dietro la sua testa, una andò fugacemente a sciogliergli il
codino, per poi
gettare chissà dove l'elastico ed affondare le dita nei suoi
capelli d'ebano. «Ti amo da morire.»
ripeté ormai completamente dimentica di dove fossero,
del mondo fuori che continuava a girare, avrebbe voluto che il tempo si
fermasse in quell'istante e che durasse per l'eternità.
Circondò
la sua vita con le gambe, sentiva l'eccitazione di lui, ed era
conscia della propria. Si abbandonò completamente alla sua
presa, i seni contro
il suo petto. Una mano di lui scivolò lungo i suoi fianchi,
poi più in basso,
fino a raggiungere la sua intimità, violandola con due dita,
sorprendendosi di
quanto fosse calda e già pronta ad accoglierlo. Lei emise
qualche gemito di
puro piacere, affondando il viso nel suo collo, e solo un mugolio
d'assenso, in
segno che poteva procedere. Sfilò le dita ed infine
entrò in lei, facendola
sua, due corpi in uno, per raggiungere assieme quel paradiso tanto
bramato.