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Autore: Dahlia Hawthorne    17/03/2010    1 recensioni
La cotta di maglia luccicava sotto il sole, gli anelli fitti, spezzati in alcuni punti; la mano guantata posata sull'elsa della spada, la guardia crociata ricurva verso la lama per i colpi ricevuti, il filo ormai rovinato dalla battaglia.
Il mantello bianco sporco di polvere svolazzava al tocco della brezza leggera che spirava verso ovest, macchiato di sangue scuro, in alcuni punti ancora fresco. Ad ogni passo, gli stivali di cuoio sollevavano piccole nuvole di sabbia, che si dileguavano poi lentamente nell'aria.

Aaah, le crociate, un argomento che mi sta particolarmente a cuore: per questo ho voluto scrivere una fanfiction su di esso. Buona lettura ^^.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Regno dei Cieli


Per ricordarci di ciò che è successo.

Per ricordarci di tutti coloro che hanno perso la vita.

Per ricordarci di quanto siano inutili le guerre.


Introduzione


Il sole cocente batteva sul terreno arido, sabbioso, espandendo ovunque il suo calore e la sua luce. I suoi raggi, come braccia invisibili, si allungavano in ogni angolo, accarezzando i cadaveri pallidi che giacevano silenziosamente per terra, in una sorta di tappeto steso lungo tutta la strada. Alcuni erano abbandonati accanto a un muro, altri erano ammucchiati in montagne, pronti per essere bruciati. Uomini, donne, vecchi, bambini, la guerra non aveva risparmiato nessuno.

I muri delle case erano ridotti a macerie, ricoperti di cenere, detriti e sangue; le porte di legno erano state scardinate e spezzate a metà, le loro schegge si protendevano come spine sullo stelo di una rosa, e i mobili erano carbonizzati a causa del fuoco che li aveva avvolti.

L’odore del sangue aleggiava nelle strade, contaminando ogni cosa e rendendo l’aria irrespirabile, a cui contribuiva il fumo causato dai pochi incendi non ancora spenti nella città. Ovunque si udivano i lamenti dei moribondi, i pianti dei bambini, le grida dei soldati che impartivano ordini correndo a destra e a manca, i nitriti dei cavalli che reclamavano acqua e cibo.

Tutto ciò che si vedeva e si sentiva era caotico, triste, macchiato di innumerevoli peccati che nulla avrebbe potuto lavare via dalle coscienze di ciascuno.


**


La cotta di maglia luccicava sotto il sole, gli anelli fitti, spezzati in alcuni punti; la mano guantata posata sull’elsa della spada, la guardia crociata ricurva verso la lama per i colpi ricevuti, il filo ormai rovinato dalla battaglia.

Il mantello bianco sporco di polvere svolazzava al tocco della brezza leggera che spirava verso ovest, macchiato di sangue scuro, in alcuni punti ancora fresco. Ad ogni passo, gli stivali di cuoio sollevavano piccole nuvole di sabbia, che si dileguavano poi lentamente nell’aria. Sotto la maschera d’acciaio, costrettagli addosso fino alla morte, uno sguardo stanco ma deciso si depositava ovunque ci fosse bisogno d’aiuto, e con un lieve cenno del capo, ancelle e servi accorrevano a dare il loro contributo.


Baldovino IV. Un uomo d’onore, afflitto però da una malattia che divora l’anima, e ruba l’essenza del proprio corpo, del proprio volto: la lebbra. Il Re ne soffriva da quando era giovane, da quando si sottoponeva agli allenamenti per imparare a lottare, per imparare ad utilizzare la spada… Tutti si erano sempre mostrati compassionevoli nei suoi confronti, come se a loro importasse che a un ragazzino fosse stata strappata via la propria esistenza, la propria infanzia, ricca di giochi, sorrisi, pianti, carezze amorevoli, come quella di ogni altro bambino del regno… Ma non uno era mai stato sincero. Nessuno gli aveva mai rivolto un sorriso vero, o gli aveva mai detto una parola per consolarlo. Al suo passaggio tutti si voltavano a guardarlo, e parlavano fra di loro concitati, sotto voce, scambiandosi i pettegolezzi più amari, per poi girarsi e rientrare in casa, dove riprendevano le normali attività quotidiane.


Il Re, seguito da uno stuolo di soldati ed ancelle, si infilò in uno stretto cunicolo nella parete più a sud del palazzo; appena dentro, l’ombra e l’aria fresca lo ristorarono a tal punto che si lasciò cadere pesantemente per terra. Le guardie di turno si precipitarono verso di lui, lo presero con delicatezza e lo adagiarono su un materasso, preparato nel corridoio appositamente per lui.

Una volta giunti nelle stanze del sovrano, lo deposero sul letto, facendogli vento con delle foglie, e alcune serve gli alzarono dolcemente la testa per farlo bere.

Baldovino, con un cenno della mano, allontanò tutti e disse: - Tiberias… e Sibilla… mandateli a chiamare. –

Le guardie si inchinarono e corsero fuori dalla stanza, in cerca dei due.


Il conte Tiberias, e Sibilla di Gerusalemme, la sorella del Re… Due personaggi senz’altro curiosi, ma cosa poteva volere il Re da loro?

Tutti si ponevano questa domanda, dato che era risaputo il fatto che non fossero in buoni rapporti.


Alcuni secondi dopo, una ragazza vestita di nero, con un velo semitrasparente a coprirle il viso, si affacciò alla porta e fece un inchino, seguita da un uomo di età avanzata, la barbetta incolta e il volto coperto di cicatrici.

I due si avvicinarono lentamente al letto dove Baldovino stava sdraiato, e notarono che respirava a fatica.

- Sire… C’è qualcosa che richiede la nostra attenzione? -

- Sì, Tiberias… A quanto pare… D’ora in poi dovrete imparare a cavarvela da soli -

- N-Non capisco, Mio Signore… Qualcosa la turba? -

- La mia malattia è peggiorata, non potrò più combattere… Sarai tu a dirigere l’esercito. E Sibilla, tu ti occuperai degli annunci pubblici, ma sempre sotto la mia giurisdizione. -

- Ma Sire, ne è sicuro? Voglio dire… Baliano mi sembra molto più qualificato rispetto a me, per quanto riguarda l’esercito… È ormai da molto tempo che io mi occupo dei trattati con l’estero, e credo che un’innovazione non gioverebbe ai nostri affari -

- Rifiuti ufficialmente la mia richiesta? -

- La sto solo declinando, in quanto credo che le cose andrebbero meglio se lei cambiasse opinione su di me -

- Molto bene. Sibilla, tu cosa ne pensi? -

- Sono felice che tu abbia pensato a me, Mio Signore, e sarò onorata di servirti al meglio delle mie abilità -

- Ottimo… Ora potete andare… -

I due si inchinarono, e uscirono dalla stanza, ancora un po’ titubanti per il dialogo veloce e breve che avevano avuto con Baldovino, e ripresero la loro strada.


**


Durante la notte, delle urla strazianti squarciarono l’aria. Passi di corsa risuonarono sul terreno. Tintinnii di spade riecheggiavano ovunque.

Gli uomini di Saladino erano arrivati.

 

  
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