Storia scritta senza alcuno scopo di lucro. I personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono a Gaston Leroux, Andrew Lloyd Webber e Joel Schumacher. Per i personaggi originali, ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente accaduti è da ritenersi puramente casuale.
Prologue
Marzo,
1876. Parigi.
L’aria
della città conservava ancora il gelo proprio della notte,
mentre quest’ultima
aveva appena iniziato a svanire per lasciare spazio ad una frizzante
mattina, e
il cielo si stava rischiarando lentamente. Una carrozza nera si
fermò in Place
de l’Opèra, silenziosa come un’ombra. Il
cocchiere arrestò i cavalli davanti
all’imponente scalinata del teatro, attendendo paziente che
l’occupante della
carrozza scendesse a terra.
La
portiera dell’elegante Landau si aprì, e da esso
ne scese un uomo che poteva
avere una trentina d’anni, con i capelli e i baffi folti e
neri e due occhi
altrettanto scuri; malgrado l’abbigliamento tipicamente
parigino, la carnagione
scura e abbronzata tradiva le sue radici persiane. Indossò
un cilindro sul capo
e lo raddrizzò con un gesto deciso, richiudendo la portiera
alle sue spalle e
picchiettando su di essa con il pomo del bastone. Il cocchiere comprese
e
incitò i cavalli, spostandosi per cercare un luogo
più adatto dove sostare e attendere
il ritorno del signore.
Con
un leggero sospiro, quest’ultimo osservò il teatro
che si ergeva maestoso
davanti a lui, senza tradire neppure per un istante
l’emozione che provava di
trovarsi di fronte ad un simile tempio dell’arte. Il suo
sguardo rimase
impassibile, e salì stoicamente la scalinata fino a
raggiungere il portone
d’ingresso, che si aprì quasi subito come se non
stessero aspettando che lui.
E
in effetti era proprio così. Il teatro
dell’Opèra era pronto a rinascere, ed
era proprio quel curioso straniero che portava con sé le
carte e i documenti
che avrebbero reso possibile un simile avvenimento.
Senza
curarsi del suo aspetto esotico, perciò, monsieur Firmin e
monsieur Andrè lo
scortarono nel loro ufficio, senza quasi dargli il tempo di godersi lo
spettacolo dell’Opèra deserta, che gli fecero al
contrario attraversare piuttosto
negligentemente.
«Presumo
dunque che sappiate perché sono qui.»
Esordì lo straniero, togliendo nuovamente
il cappello e tenendoselo sulle ginocchia. Con lo sguardo non cessava
di
studiare i due direttori, mentre la sua voce profonda sembrava volerli
ammaliare con i suoi accenti orientali.
«Sappiamo
che siete qui in vece di monsieur Destler, oui.»
Rispose pacatamente monsieur Andrè, ricambiando gentilmente
lo sguardo dell’uomo
di fronte a lui. «Ci ha già accennato parte delle
sue intenzioni nella sua
ultima lettera.»
«È
stato gentile da parte sua tenerci informati con una fitta
corrispondenza.»
Aggiunse Firmin, versando in alcuni bicchieri del pregiato vino
francese.
«Gradite qualcosa da bere?» Chiese poi,
rivolgendosi al persiano.
Questi
fece leggermente cenno di no con la testa. «No, ma vi
ringrazio. Ad ogni modo, il
mio principale ci tiene a farvi sapere che non vuole porsi nessun
limite alla
somma da versare per sistemare nuovamente il teatro e riportarlo alla
gloria e
allo splendore di un tempo.»
Gli
occhi dei due direttori non poterono fare a meno di brillare di gioia.
Credevano che non avrebbero mai più assistito ad un momento
simile; nel periodo
che aveva seguito il disastro,
quando
avevano dovuto indebitarsi fino all’anima per riaprire e
ristrutturare il
teatro, avevano temuto davvero di dover porre fine alla loro miserabile
vita
per scampare ai creditori. E invece, adesso arrivava un nuovo mecenate
come la
manna dal Cielo...
«Questo
è veramente splendido, monsieur.»
Replicò Andrè, con un debole sorriso.
«Ma
sarebbe stato ancora migliore se monsieur Destler fosse stato qui
insieme a
voi. Non sapete quando pensa di onorarci con la sua presenza?»
Monsieur
Bamdad fece un cenno di diniego col capo, prima di rispondere.
«Nella sua
ultima lettera, che ho ricevuto pochi giorni fa, monsieur Destler mi
informava
di trovarsi ancora a Boston, e di essere in procinto di finire di
sistemare
alcuni suoi affari prima di raggiungerci a Parigi. Credo ad ogni modo
che
dovrebbe essere con noi in primavera, tuttavia non preoccupatevi. Da
questo
momento potete già godere dei suoi finanziamenti.»
L’uomo
comprese qual era il motivo di tanta premura, e riuscì a
togliere i due signori
da ogni imbarazzo. Tuttavia, il suo compito non poteva ancora dirsi
concluso.
«È
pur vero, messieurs, che
c’è una
condizione...»
Immediatamente
monsieur Andrè e monsieur Firmin raddrizzarono la schiena e
concessero la loro
completa attenzione al giovane persiano, aggrottando le sopracciglia e
aspettandosi qualsiasi cosa da parte sua. «Quale
condizione?» Indagò cautamente
monsieur Andrè.
Monsieur
Bamdad non si lasciò intimidire. «Il mio
principale ha chiarito più e più volte
di accettare il ruolo di mecenate del Teatro Garnier solo a patto di
poter
intervenire sulla scelta delle opere messe in scena, e su quella delle
compagnie di ballo e di attori che, peraltro, mantiene sempre
lui.»
I
due direttori non sembravano ancora del tutto convinti.
«Quindi, in pratica? Di
che cosa si tratta?»
Lo
sguardo del persiano divenne ancora più penetrante rispetto
a prima. «Detto in
parole povere, miei cari signori, monsieur Destler desidera ricoprire
il ruolo
di direttore artistico dell’Opèra.»
Monsieur
Andrè e Firmin si scambiarono uno sguardo silenzioso che
tuttavia non lasciò
trasparire nulla in favore della comprensione di monsieur Bamdad, ma
entrambi
stavano pensando la medesima cosa. In fondo la richiesta del nuovo
mecenate non
era poi così terribile, d’altronde poteva anche
entrare nei suoi diritti
chiedere di visionare e tenere sotto controllo le varie opere
rappresentate,
dato che da quel momento in poi il suo nome sarebbe apparso in quasi
tutti i
manifesti degli spettacoli.
Dunque
i due signori annuirono, alzandosi poi in piedi e porgendo la mano al
giovane
segretario. Egli si alzò a sua volta e ricambiò
la loro stretta, con un mezzo
sorriso.
«Bene,
signori. Monsieur Destler sarà lieto di aver concluso
felicemente questo
affare.»
Monsieur
Firmin annuì. «Sono certo che il nostro orgoglio
eguaglierà il suo.»
Il
segretario si accomodò nuovamente, tirando fuori le varie
scartoffie legali. «A
questo punto, signori, non vi resta che apporre qui le vostre firme...
Se
voleste farmi questa cortesia... Di modo che possa inviare subito una
risposta
al mio principale...»
«Sicuramente,
monsieur. Andrè, prendi l’inchiostro.»
Affermò monsieur Firmin, tirando fuori
una piccola custodia in pelle contenente un paio di occhiali dorati.
Le loro eleganti firme suggellarono definitivamente il contratto, salvando il teatro – e loro stessi – dalla rovina. L’Opèra sarebbe tornata a splendere.