Film > The Phantom of the Opera
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Autore: Niglia    18/03/2010    8 recensioni
Ottobre, 1878. Parigi.
Il Fantasma dell'Opera non è morto. Anzi, non è mai stato più deciso a vivere di adesso. Accompagnato da dei nuovi piani di vendetta, torna nella città dalla quale è stato costretto a fuggire due anni prima, un uomo vuoto, senz'anima, con solo un nome nella testa che lo spinge a tornare a Parigi, in quello stesso teatro che in fondo è sempre stato il suo regno, la sua casa, perchè non può essere altrimenti...
E così la storia sembra ripetersi, ma c'è sempre qualcosa con cui dimentichiamo di fare i calcoli; possibile che il Fantasma possa trovarsi di fronte ad una ragazza - incredibilmente somigliante alla sua antica musa - capace di risvegliare in lui quel qualcosa che credeva essere morto per sempre?
In uno strano miscuglio di passato e presente, la strana vicenda del Fantasma dell'Opera sembra continuare a stupire e terrorizzare anche attraverso il tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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© Avvertenze:
Storia scritta senza alcuno scopo di lucro. I personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono a Gaston Leroux, Andrew Lloyd Webber e Joel Schumacher. Per i personaggi originali, ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente accaduti è da ritenersi puramente casuale.





copertina


Prologue












Non è piacevole né rilassante la vita di chi indossa perennemente una maschera.
Seneca





Marzo, 1876. Parigi.

L’aria della città conservava ancora il gelo proprio della notte, mentre quest’ultima aveva appena iniziato a svanire per lasciare spazio ad una frizzante mattina, e il cielo si stava rischiarando lentamente. Una carrozza nera si fermò in Place de l’Opèra, silenziosa come un’ombra. Il cocchiere arrestò i cavalli davanti all’imponente scalinata del teatro, attendendo paziente che l’occupante della carrozza scendesse a terra.

La portiera dell’elegante Landau si aprì, e da esso ne scese un uomo che poteva avere una trentina d’anni, con i capelli e i baffi folti e neri e due occhi altrettanto scuri; malgrado l’abbigliamento tipicamente parigino, la carnagione scura e abbronzata tradiva le sue radici persiane. Indossò un cilindro sul capo e lo raddrizzò con un gesto deciso, richiudendo la portiera alle sue spalle e picchiettando su di essa con il pomo del bastone. Il cocchiere comprese e incitò i cavalli, spostandosi per cercare un luogo più adatto dove sostare e attendere il ritorno del signore.

Con un leggero sospiro, quest’ultimo osservò il teatro che si ergeva maestoso davanti a lui, senza tradire neppure per un istante l’emozione che provava di trovarsi di fronte ad un simile tempio dell’arte. Il suo sguardo rimase impassibile, e salì stoicamente la scalinata fino a raggiungere il portone d’ingresso, che si aprì quasi subito come se non stessero aspettando che lui.

E in effetti era proprio così. Il teatro dell’Opèra era pronto a rinascere, ed era proprio quel curioso straniero che portava con sé le carte e i documenti che avrebbero reso possibile un simile avvenimento.

Senza curarsi del suo aspetto esotico, perciò, monsieur Firmin e monsieur Andrè lo scortarono nel loro ufficio, senza quasi dargli il tempo di godersi lo spettacolo dell’Opèra deserta, che gli fecero al contrario attraversare piuttosto negligentemente.

«Presumo dunque che sappiate perché sono qui.» Esordì lo straniero, togliendo nuovamente il cappello e tenendoselo sulle ginocchia. Con lo sguardo non cessava di studiare i due direttori, mentre la sua voce profonda sembrava volerli ammaliare con i suoi accenti orientali.

«Sappiamo che siete qui in vece di monsieur Destler, oui.» Rispose pacatamente monsieur Andrè, ricambiando gentilmente lo sguardo dell’uomo di fronte a lui. «Ci ha già accennato parte delle sue intenzioni nella sua ultima lettera.»

«È stato gentile da parte sua tenerci informati con una fitta corrispondenza.» Aggiunse Firmin, versando in alcuni bicchieri del pregiato vino francese. «Gradite qualcosa da bere?» Chiese poi, rivolgendosi al persiano.

Questi fece leggermente cenno di no con la testa. «No, ma vi ringrazio. Ad ogni modo, il mio principale ci tiene a farvi sapere che non vuole porsi nessun limite alla somma da versare per sistemare nuovamente il teatro e riportarlo alla gloria e allo splendore di un tempo.»

Gli occhi dei due direttori non poterono fare a meno di brillare di gioia. Credevano che non avrebbero mai più assistito ad un momento simile; nel periodo che aveva seguito il disastro, quando avevano dovuto indebitarsi fino all’anima per riaprire e ristrutturare il teatro, avevano temuto davvero di dover porre fine alla loro miserabile vita per scampare ai creditori. E invece, adesso arrivava un nuovo mecenate come la manna dal Cielo...

«Questo è veramente splendido, monsieur.» Replicò Andrè, con un debole sorriso. «Ma sarebbe stato ancora migliore se monsieur Destler fosse stato qui insieme a voi. Non sapete quando pensa di onorarci con la sua presenza?»

Monsieur Bamdad fece un cenno di diniego col capo, prima di rispondere. «Nella sua ultima lettera, che ho ricevuto pochi giorni fa, monsieur Destler mi informava di trovarsi ancora a Boston, e di essere in procinto di finire di sistemare alcuni suoi affari prima di raggiungerci a Parigi. Credo ad ogni modo che dovrebbe essere con noi in primavera, tuttavia non preoccupatevi. Da questo momento potete già godere dei suoi finanziamenti.»

L’uomo comprese qual era il motivo di tanta premura, e riuscì a togliere i due signori da ogni imbarazzo. Tuttavia, il suo compito non poteva ancora dirsi concluso.

«È pur vero, messieurs, che c’è una condizione...»

Immediatamente monsieur Andrè e monsieur Firmin raddrizzarono la schiena e concessero la loro completa attenzione al giovane persiano, aggrottando le sopracciglia e aspettandosi qualsiasi cosa da parte sua. «Quale condizione?» Indagò cautamente monsieur Andrè.

Monsieur Bamdad non si lasciò intimidire. «Il mio principale ha chiarito più e più volte di accettare il ruolo di mecenate del Teatro Garnier solo a patto di poter intervenire sulla scelta delle opere messe in scena, e su quella delle compagnie di ballo e di attori che, peraltro, mantiene sempre lui.»

I due direttori non sembravano ancora del tutto convinti. «Quindi, in pratica? Di che cosa si tratta?»

Lo sguardo del persiano divenne ancora più penetrante rispetto a prima. «Detto in parole povere, miei cari signori, monsieur Destler desidera ricoprire il ruolo di direttore artistico dell’Opèra.»

Monsieur Andrè e Firmin si scambiarono uno sguardo silenzioso che tuttavia non lasciò trasparire nulla in favore della comprensione di monsieur Bamdad, ma entrambi stavano pensando la medesima cosa. In fondo la richiesta del nuovo mecenate non era poi così terribile, d’altronde poteva anche entrare nei suoi diritti chiedere di visionare e tenere sotto controllo le varie opere rappresentate, dato che da quel momento in poi il suo nome sarebbe apparso in quasi tutti i manifesti degli spettacoli.

Dunque i due signori annuirono, alzandosi poi in piedi e porgendo la mano al giovane segretario. Egli si alzò a sua volta e ricambiò la loro stretta, con un mezzo sorriso.

«Bene, signori. Monsieur Destler sarà lieto di aver concluso felicemente questo affare.»

Monsieur Firmin annuì. «Sono certo che il nostro orgoglio eguaglierà il suo.»

Il segretario si accomodò nuovamente, tirando fuori le varie scartoffie legali. «A questo punto, signori, non vi resta che apporre qui le vostre firme... Se voleste farmi questa cortesia... Di modo che possa inviare subito una risposta al mio principale...»

«Sicuramente, monsieur. Andrè, prendi l’inchiostro.» Affermò monsieur Firmin, tirando fuori una piccola custodia in pelle contenente un paio di occhiali dorati.

Le loro eleganti firme suggellarono definitivamente il contratto, salvando il teatro – e loro stessi – dalla rovina. L’Opèra sarebbe tornata a splendere.

   
 
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