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Autore: Sammael    19/03/2010    0 recensioni
Li attraggo, li affascino, li attiro intorno a me come se fossero insetti, e io il fiore. Un fiore che non ha spine, è appena nato, ma crescerà. Obbediscono a tutto ciò che dico, fanno ciò che desidero. Mi seguono correndo nel mercato, ma le mie gambe sono più lunghe, più svelte, più bianche delle loro. Li semino e li riprendo, li scaccio e li accolgo, a mio piacimento.
Ho sette anni, e mi sento il padrone del mondo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Perdita e Sorpresa

Mio padre è partito per la guerra una settimana fa. Di recente è stato promosso a comandante del battaglione d’attacco. Ho visto giovani uomini partire con lui, il terrore negli occhi e l’orgoglio nascosto. Ormai ho sedici anni. Se non fossi il concubino del Kiyan, quella sarebbe anche la mia sorte.
Non so se essere contento o sentirmi, per l’ennesima volta nella mia vita, diverso da tutti gli altri. Ma qui c’è Adel, che mi aspetta ogni giorni al di là del fiume. Lontano da tutto il resto, con le sue labbra sulle mie, riesco a scordare qualsiasi cosa.
È lui a consolarmi, quando vedo passare i giorni e i mesi, e a palazzo giunge la notizia che la battaglia è stata persa. E mio padre è morto.
Non riesco ad essere arrabbiato con il sovrano, per aver ordinato agli uomini di andare a combattere. È il suo dovere. E so che, se non fosse stato per lui, Adel non sarebbe qui, adesso. Non sarebbe qui ad accarezzarmi i capelli e a dirmi che mio padre è morto con onore. Non sarebbe qui ad asciugarmi le lacrime con le labbra.
Ma mia madre ora è sola, e triste, e vuota.
Vedo in lei ciò che io sono stato, e questo mi distrugge. Rinuncio sempre più spesso di attraversare il fiume e recarmi da Adel. Mia madre ha bisogno di me. So che non toccherebbe cibo, in mia assenza.
Sono diviso, lacerato.
Dirigo tre vite, in contemporanea, e tutte mi sono indispensabili. Ma ora sto cominciando a pensare che prima o poi una delle tre mi inghiottirà. 

«Kamal...».
Alzo la testa per guardarlo negli occhi. Ma in un istante comprendo che ciò che trova lui nei miei non gli piace affatto. Vedo le sue sopracciglia aggrottarsi un poco e avrei voglia di baciarle per far distendere la sua fronte, ma non lo faccio.
Non dice nulla, il mio Adel. Mi guarda, come se fosse in attesa. Ma cosa sta aspettando? L’ennesima rassicurazione sul mio maledetto umore?
«Per favore, Adel...» mormoro in tono vagamente supplichevole, posando ancora la guancia sulla sua pelle scura e calda. Sento il suo cuore che batte. E mi sembra quasi che sia quello a parlarmi al posto suo.
Chiudo gli occhi, ho solamente voglia di dormire. Sto per scivolare in un sonno annoiato, poco dopo, ma lui si sposta e mi toglie il sostegno. Alzo ancora il capo, e lo osservo per qualche istante.
«Devi dirmi cosa c’è che non va» dice, incatenando i miei occhi ai suoi. È serissimo, e la cosa, invece di spaventarmi, aumenta la noia e l’apatia che da qualche tempo hanno messo radici all’interno del mio essere.
Piego un braccio sotto la testa. «Non c’è niente che non va» rispondo, chiudendo ancora gli occhi. Sono perfettamente consapevole che non mi crederà mai. Ma non m’importa. Voglio smettere di pensare, perché ultimamente quel tipo di attività cerebrale mi fa bruciare gli occhi e partorisce il groppo in gola che tanto odio.
Lo sento avvicinarsi. Posa le labbra in quell’incavo appena accennato, sotto l’orecchio. «Stai mentendo» mormora, e avverto il suo respiro sulla pelle. Ma il suo tono mi fa capire che la questione sta per passare in secondo piano.
Mi viene naturale e automatico alzare una mano per accarezzargli i capelli. Scendo lungo la nuca e solletico la leggera peluria che gli ricopre il retro del collo, in punta di dita. Lo graffio delicatamente. So che gli piace ma, come ogni volta, me ne da la conferma afferrandomi un fianco con decisione, attirando il mio corpo al suo. Mi lascio sfuggire un mugolio d’approvazione, circondandogli un fianco con la gamba.
«Sei un demonio» mormora, in un sorriso, prima di infilarmi la lingua in bocca senza troppe cerimonie. Lo conduco ad un ritmo più lento e, mentre gli mordo delicatamente le labbra e la sua mano arriva lentamente alla mia schiena per pressarmi contro di sé, finalmente il mio cervello smette di funzionare. 

«Avete sete, mio signore?».
Lo vedo, grazie alla tenue e pallida luce che filtra dalla finestra, annuire. Mi sfugge un sorriso sereno, quando i miei occhi scorrono meccanicamente sul suo corpo semiscoperto, sdraiato sulla stuoia. Il contrasto fra le coperte candide e il suo torace e le sue gambe nude è qualcosa di così familiare da intenerirmi.
Mi cingo i fianchi con un pezzo di stoffa, solamente perché so che il Kiyan non vuole che nessuno mi veda nudo. I miei piedi scalzi non fanno quasi rumore, posandosi piano sul pavimento del palazzo addormentato.
L’aria all’esterno è tiepida e fresca allo stesso tempo. Qualche soffio di vento che muove le foglie degli alberi nel giardino illuminato dalla luna è l’unico rumore che riesco a percepire, mentre giungo rapidamente alla fontana e attingo l’acqua.
Solo qui a palazzo è così pulita. Nei pozzi scavati nella terra, giù al villaggio, assume sempre quel colore sporco ma familiare della sabbia persiana.
È limpida, fredda.
Ma non quanto quel qualcosa che d’improvviso sento stringermi un braccio. Il catino che ho in mano scivola lungo il bordo di pietra della fontana e cade a terra, rompendosi. Riesco a malapena a percepire l’acqua che mi sfiora i piedi nudi.
Poi mi volto.

Eccoci qui con il penultimo capitolo. ^^
Grazie a Lilandh per la sua recensione! *si inchina* Come hai visto, nemmeno questo capitolo è molto lungo, ma ho pensato fin da subito che Kamal sia più sensazioni e istinti, che parole. ^^ Spero comunque che ti abbia offerto una piacevole, seppur breve, distrazione! ^^
Grazie ai lettori e a chi continua a seguire questa storia che sta giungendo al termine. *si inchina*
Alla prossima! ^^
  
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